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3.4 Proposte migliorative

3.4.3 Didattica

Prendendo in esame riferimenti più specifici all’incremento della qualità della didattica, D’Alonzo propone delle ‘direttive’, che possono essere integrate con gli indicatori elaborati da Cottini.

'Direttive' per realizzare un'azione educativa-didattica di qualità (D’Alonzo, 2004):

• soddisfacimento del bisogno di successo: le attività educativo-didattiche devono essere alla portata delle capacità dell'allievo;

• generalizzazione della differenziazione: l'individualizzazione del percorso formativo deve riguardare tutti gli allievi della classe, non essere prerogativa del soggetto disabile;

• impegno relazionale-affettivo: il rapporto fra educatore e educando disabile deve essere intenso e basato su un'attenzione alla persona colma di accettazione e rispetto.

Indicatori per la qualità dell'integrazione scolastica (Cottini, 2003):

• progressi specifici sugli obiettivi definiti dal PEI • modalità utilizzate per valutare questi progressi • generalizzazione degli apprendimenti acquisiti

• connessioni tra la programmazione individualizzata e quella della classe • tempo che l'allievo trascorre all'interno della classe

• coinvolgimento dei compagni nell'integrazione

Secondo Ianes (2013) la didattica sarà inclusiva in maniera direttamente proporzionale a quanto la scuola sarà in grado di riconoscere le modalità di 'funzionamento' individuali e particolari attraverso l'approccio bio-psico-sociale, come proposto dall'ICF (in riferimento a tutti gli alunni). Secondo lo studioso i principi che devono guidare l’insegnamento sono quello dell’equità (a) e dell’efficacia tecnica e della piena

partecipazione sociale (b). In accordo con il primo principio, la valorizzazione delle

differenze arriva dopo il loro riconoscimento e la loro conoscenza, che permettono di capirle e poi agire in maniera efficace e partecipativa. Riconoscere pari valore e dignità alle differenze significa lavorare per cercare di raggiungere situazioni di pari opportunità e uguaglianza sostanziale tra gli alunni. Sulla base dell’efficacia tecnica e

sviluppare il potenziale apprenditivo degli alunni nel loro contesto naturale e comprendendo una buona dose di partecipazione collaborativa-cooperativa. L'efficacia e l'efficienza delle strategie educativo-didattiche devono essere provate sul campo (approccio evidence-based).

Il lavoro di personalizzazione non può basarsi sul singolo alunno; l'idea di classe inclusiva si concentra piuttosto su come l'insegnante può lavorare a livello di gruppo grazie all'applicazione di approcci metodologici efficaci per una didattica inclusiva, che la ricerca ha decretato essere, ad esempio, le facilitazioni disciplinari, l'adattamento degli obiettivi curricolari e dei materiali didattici, l'apprendimento cooperativo, l'uso delle tecnologie, l'approccio metacognitivo, la diversità degli alunni come risorsa, strategie e strumenti compensativi, tutoring, didattica laboratoriale ecc. e, ai livelli più alti, le formule combinate scuola-lavoro. E' importante precisare che la creazione di un team docente che si dedichi in modo specifico alla progettazione inclusiva non può tradursi in una delega che autorizzi gli altri insegnanti a disinteressarsi della questione. Infatti il processo di inclusione implica la consapevolezza che:

• tutti gli insegnanti contribuiscono all'apprendimento degli alunni;

• studenti, personale, famiglie e amministratori partecipano allo sviluppo e alla gestione della scuola inclusiva;

• tutti i membri hanno un'opinione in merito e si deve garantire la possibilità di dare voce a tutti.

Moliterni (2013) suggerisce che si debba giungere a un'educazione e una didattica 'normali', che abbiano come elemento strutturale il 'massimo valore inclusivo' possibile, come afferma Ianes (2006), facendo leva sul contesto nelle sue valenze sociali e organizzative e sui processi di mediazione didattica e formativa.

La realizzazione dei processi d'integrazione necessiterebbe di quelle che Bernstein (1971) chiama pedagogie invisibili; queste, a differenza degli schemi e delle classificazioni rigide che caratterizzano le pedagogie visibili, fanno uso di schemi e classificazioni dai legami deboli; hanno un modo di trasmissione implicito e criteri diffusi e, sempre a differenza delle pedagogie visibili, che creano strutture sociali a solidarietà organica individualizzata latente e solidarietà meccanica patente, esprimono una solidarietà organica patente e solidarietà meccanica latente.

Iosa (2013) si propone a favore di quella che egli definisce la pedagogia

dell'eterogeneità: in maniera consona a chi si occupa di pedagogia, è il momento di

aprire un fronte di ricerca per attivare una visione pedagogica e didattica che abbia come fulcro l'eterogeneità dei ragazzi, piuttosto che le polarità sano/malato, adeguato/inadeguato. L'eterogeneità educativa è formata dalla conoscenza ermeneutica degli altri, capace di superare le classificazioni e fare gruppo per ricomporre armonia e scambio.

L’applicazione di pedagogie inclusive dovrebbe essere un’istanza richiesta universalmente, dato che più studi dimostrano come essa generi ricadute positive sia sui soggetti con BES che con quelli con sviluppo tipico (Mc Donnel et al., 2003, DeVore e Russel, 2007), dal punto di vista degli apprendimenti o delle abilità sociali. Atay (2005), ad esempio, ha effettuato una ricerca dalla quale è risultato che alunni normodotati inseriti in contesti di apprendimento inclusivi, oltre a sviluppare atteggiamenti più comprensivi, attenti ed amorevoli nei confronti dell’altro, assumono una prospettiva rispettosa e realistica verso le differenze individuali; ancora, una ricerca che analizzava gli esiti dell’inserimento di alunni affetti da sordità nelle classi comuni (Poyraz-Tuy, 1999) ha evidenziato come in questi, a differenza dei loro pari inseriti in classi differenziali, si sviluppassero un miglioramento delle abilità sociali ed una riduzione dei comportamenti problematici.

Mediante apposite scale di valutazione utilizzate all’inizio ed alla fine di un anno di frequenza, Vakil et al. (2009) hanno studiato gli effetti dell’educazione inclusiva su alunni della scuola dell’infanzia con disturbi dello spettro autistico e con sviluppo tipico; è emerso un incremento in tutti gli alunni dei livelli di sensibilità ed accettazione, che è andato di pari passo con la diminuzione di atteggiamenti di vittimizzazione e bullismo.

Infine, si riportano i risultati di una ricerca effettuata in Turchia (Ogelman e Secer, 2012) in cui sono stati messi a confronto due gruppi di alunni in età prescolare: in uno erano inseriti alunni con disabilità e venivano portate avanti attività inclusive, mentre l’altro, composto di soli alunni senza difficoltà, portava avanti un curriculum non focalizzato sull’inclusione. Anche in questo caso, a differenza del gruppo di controllo,

comportamento pro sociale, sugli atti di vittimizzazione, nonché una maggiore capacità di gestione della rabbia, di adattamento ai cambiamenti e accresciute capacità di autocontrollo e di completamento dei compiti.