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In Italia, con l'applicazione della L.517/77, si rispondeva prevalentemente ad una logica dell'inserimento, poiché, sebbene si riconoscesse alle persone con disabilità il diritto di avere un posto fisico riconosciuto giuridicamente nella scuola e nella società, non si prestava la dovuta attenzione alla qualità della presenza né alle relazioni interpersonali. Si trattava di un approccio prevalentemente normativo e assistenziale che col tempo ha reso evidente che il solo inserimento scolastico non è garanzia di una qualità dell'istruzione per i minori con difficoltà (Pavone, 2011). Canevaro (2009) precisa che, nonostante il processo di inserimento operi esclusivamente sul piano della presenza fisica e non rappresenti quindi un traguardo avanzato, non si devono sottovalutare i progressi che da esso sono derivati: innanzi tutto è stato possibile interagire con individui che in precedenza venivano visti unicamente tramite il parametro della disabilità; inoltre, vivere la fase dell'inclusione ha permesso di metterne in luce tutti i limiti e ragionare su questi nell'elaborazione della prospettiva inclusiva. Non deve inoltre passare in secondo piano che è proprio grazie a questa legge che nel nostro Paese è stato possibile avviare il processo di inclusione scolastica dei soggetti con disabilità, tuttora soggetto a revisioni, modifiche ed aggiustamenti.

L'UNESCO (2005) vede le radici del concetto di inclusione nell'educazione speciale, che ha cercato di dare una risposta alle esigenze degli alunni con disabilità o difficoltà

l'adeguatezza dei sistemi educativi separati, dal punto di vista del rispetto dei diritti umani e dell'efficacia. Le pratiche messe in atto dall'educazione speciale si sono diffuse nei setting dell’istruzione comune, dando vita all’approccio conosciuto come 'integrazione'. L’applicazione di tali pratiche, però, non è stata accompagnata da un adeguamento delle strutture scolastiche, dei curricula e delle strategie di insegnamento/apprendimento; l’assenza di questi cambiamenti organizzativi è vista come la causa maggiore nella difficoltà all’implementazione di politiche inclusive. Quest’ottica implica che

‘progress is more likely if we recognize that difficulties experienced by pupils result from the ways in which schools are currently organized and from teaching rigid methods. It has been argued that schools need to be reformed and pedagogy needs to be improved in ways that will lead them to respond positively to pupil diversity- seeing individual differences not as problems to be fixed, but as opportunities for enriching learning’ (UNESCO, 2005, p. 7).

A partire dalla metà degli anni Novanta il concetto e l'obiettivo 'integrazione' sono stati accolti e condivisi a livello europeo e mondiale. Testimonianza di ciò è, ad esempio, la

Dichiarazione di Salamanca del 1994, in cui si riconoscono la necessità e l’urgenza di

fornire istruzione a tutti i bambini, giovani o adulti con necessità educative speciali, dentro il sistema comune di educazione. La Caldin (2013) ricorda come a partire da questo momento la parola inclusione compaia in tutti i documenti internazionali più importanti, proprio per indicare che tutti i bambini e gli adulti con disabilità hanno il diritto di ricevere un'istruzione nei contesti comuni. Segnala inoltre che nella

Convention of Rights of Persons with Disabilities del 2006 si fa presente che il concetto

di inclusione è pertinente all'affermazione dei diritti umani, ed è il percorso privilegiato per combattere ogni forma di discriminazione. Anche nella Madrid Declaration (2002) il concetto di inclusione è sempre strettamente legato alla sfera dei diritti umani: lo slogan del documento è Non discrimination plus positive action results in social

inclusion. Non discriminazione infatti significa eguali diritti, non uguale trattamento o

risposta, proprio perché la diversità può essere trattata con approcci diversi garantendo gli stessi diritti, nel modo più appropriato per ogni persona ed in base al contesto in cui questa vive.

In relazione alla frequenza degli studenti con disabilità nelle scuole comuni il termine

integrazione viene utilizzato spesso come sinonimo di inclusione, soprattutto nel

contesto italiano; in realtà tra i due concetti vigono differenze sostanziali sulle quali è importante soffermarsi.

Con il termine integrazione ci si riferiva a problemi che sembravano appartenere ad una minoranza; 'il successo dell'integrazione è quasi sempre misurato a partire dall'efficacia con cui si riesce ad 'adattare il bambino' a un sistema che non è stato costruito per lui avendo lui e i suoi bisogni in mente' (Dovigo, 2007, p. 37). Ciò si traduce in un ‘collocamento’ del bambino diversamente abile nel contesto scuola, ma ponendo ben poca attenzione alla qualità di questo processo. L'enfasi è sul dove sta l'alunno, non sulle sue esperienze educative. Inoltre, ciò che caratterizza il concetto di integrazione è l'ottica assimilazionista, che vede l'appartenenza come impegno a divenire come gli altri. Si sottende quindi una negazione delle differenze, e si contribuisce ad etichettare negativamente chi è per qualche ragione diverso. Usando le parole di Canevaro, si può sostenere che 'l'integrazione non riesce a disfarsi del mito del gruppo omogeneo' (Canevaro, 2009, p. 418), tanto che operare seguendo questa prospettiva ha spesso portato ad interpretare direttive e indicazioni organizzative in favore di una presunta ma inesistente omogeneità del gruppo. Un esempio palese di ciò è l' 'affidamento' di chi è 'disomogeneo' a un insegnante particolare (di sostegno) (idem).

Il cambiamento dalla prospettiva dell'integrazione a quella dell'inclusione implica il superamento dell'idea che sia sufficiente offrire maggiori opportunità ai soggetti con BES, a favore di una maggiore considerazione della loro piena partecipazione ai processi educativi. Secondo la prospettiva inclusiva è sottinteso un radicale insieme di cambiamenti che trasformano la struttura educativa della scuola in favore di tutti gli allievi, con il necessario coinvolgimento di tutti. La realizzazione di un'educazione inclusiva ha ricadute sulla costruzione del curriculum e delle strategie organizzative nelle scuole, a cui si richiede di diventare sensibili alle diversità degli alunni; il principio della normalizzazione degli studenti con disabilità viene rimpiazzato dall'idea di partecipazione. Dovigo propone il seguente confronto tra gli elementi caratterizzanti l'approccio tradizionale e quello inclusivo.

Approccio tradizionale Approccio inclusivo

Educabilità degli studenti

Gli studenti sono collocati attraverso un sistema di gerarchie di abilità

Ogni studente ha illimitate potenzialità di apprendimento Definizione del contesto Collocazione in un programma speciale Creazione di un ambiente accogliente e supportivo Risposte della scuola

Il sostegno allo studente serve a colmare le lacune del singolo studente

Il sostegno all'apprendimento avviene revisionando il curricolo e sviluppando l'attenzione educativa in tutta la scuola

Teoria della

competenza nell'insegnamento

Il docente competente è colui che possiede conoscenza di tematiche specifiche

Il docente competente è impegnato

nella promozione della

partecipazione attiva di tutti gli

studenti al processo di

apprendimento Modello

curricolare

Ai meno capaci va offerto un curricolo alternativo

A tutti gli studenti è offerto un curricolo comune

Visione dell'intervento

L'intervento è centrato sull'alunno in funzione della classe

L'intervento è centrato sulla classe in funzione dell'alunno

Modalità di

valutazione

La valutazione dell'alunno è fortemente dipendente dallo specialista

La valutazione è frutto di un esame dei fattori di insegnamento e

apprendimento non solo

specialistici Risultati attesi Orientamento a diagnosticare e

prescrivere i risultati

Orientamento ad acquisire

competenze collaborative e diffuse Spiegazione dei

fallimenti educativi

Le difficoltà di apprendimento dipendono dalle carenti difficoltà dell'alunno

Le difficoltà di apprendimento dipendono dal un'elaborazione del curricolo non sufficientemente adeguata

(Dovigo, 2007, p. 39)

E' possibile individuare sostanziali analogie tra quanto riportato nella tabella e le differenze individuate tra i due sistemi secondo la D'Alessio (2005, in Caldin, 2013), la quale riporta che il concetto di integrazione:

 fa riferimento in senso stretto all'ambiente di apprendimento e agli studenti disabili individualmente;

 si interviene in primo luogo sugli studenti e poi sul contesto;

 prevalgono un modello psicologico e compensativo della disabilità, facendo appello ad una risposta di tipo specialistico.

Mentre, per quanto riguarda il concetto di inclusione:

 il focus è sugli ambiti educativo-socio-politico intesi globalmente;  considera tutti gli studenti;

 interviene dapprima sul contesto, e poi sull'individuo;

 trasforma una risposta e specialistica in ordinaria, facendo riferimento al modello sociale della disabilità e al senso di empowerment che pone la persona disabile e la sua famiglia al centro dei processi decisionali.

Secondo il principio dell'inclusione la persona con disabilità entra a pieno titolo nella comunità, e le specificità (includendo in questo termine anche quello di diversità) di tutti e di ciascuno permeano la vita d'aula. Il termine inclusione è stato adottato come traduzione del termine inglese inclusion, che significa 'essere parte di qualcosa', e quindi rispecchia un modo di vivere in comunità nella convinzione che ognuno ne è una componente e vi apporta valore. Nell'ottica inclusiva è il sistema scolastico, al pari della politica e della società più in generale, a doversi adattare alle diversità degli individui; si giungerebbe al superamento del sistema scolastico tradizionale in favore di una scuola centrata sullo studente e sul costruttivismo, sulla community of learners e sul bisogno di appartenenza e di comunità, con riferimento ad un modello complesso della disabilità e con la costruzione di opportunità per creare conoscenze finalizzate alla costruzione di network che siano di supporto ai processi di apprendimento: si presuppone una conoscenza mediata, legata a situazioni problematiche che sviluppino l'essere protagonisti, la creazione di rappresentazioni personali e sociali e riducano gli stereotipi. Per questo il concetto di inclusione ha primariamente una connotazione sociale (Pavone, 2011; Caldin, 2013).

Critiche ai sistemi integrativi con un riferimento specifico all'Italia sono giunte da Ainscow nel 2000, con l'osservazione che il processo di integrazione implementato nei contesti comuni e centrato sulle necessità individuali non ha mai tentato di operare sulla riorganizzazione del contesto né sull'identificazione di obiettivi di apprendimento e abilità di insegnamento che fossero utili a tutti gli studenti, come dovrebbe essere in un'ottica inclusiva (Caldin, ibidem; Begeny e Martens, 2007). In maniera più generica e con riferimento ai contesti internazionali, osservazioni analoghe sono presenti nelle

pratiche proposte dall'educazione speciale non siano state accompagnate da cambiamenti paralleli nell'organizzazione scolastica, nei currucula e nelle strategie di insegnamento/apprendimento. Ciò ha costituito uno dei maggiori ostacoli al successo delle politiche di istruzione inclusive, e si è giunti alla considerazione che spesso le difficoltà degli alunni sono generate dall'organizzazione delle scuole e dalle modalità troppo rigide di insegnamento; si sostiene l'esigenza di una riforma diffusa della scuola e di un progresso della pedagogia, in modo che la sinergia tra questi fattori porti a rispondere positivamente alle diversità individuali, viste non come problemi da risolvere ma come opportunità per l'arricchimento dei processi di insegnamento/apprendimento (UNESCO, 2005).

Le stesse Linee Guida propongono un discorso articolato e completo che in parte riprende ed in parte integra quanto visto finora: l'inclusione è un processo di individuazione e risposta alle diversità nelle esigenze di tutti i discenti, attraverso un incremento nella partecipazione all'apprendimento, alle culture e alle comunità, e mediante la riduzione dell'esclusione nei e dai processi educativi. Sono sottintesi cambiamenti nei contenuti, negli approcci, nelle strategie e nelle strutture, secondo una visione condivisa che abbracci tutti i bambini di una determinata fascia d'età e nella convinzione che sia responsabilità del sistema di istruzione regolare dare un'istruzione a tutti i bambini. Il concetto di inclusione per l'UNESCO ha a che fare con il fornire risposte adeguate alle diverse esigenze di apprendimento in contesti formali e informali; è un approccio che guarda al come trasformare i sistemi educativi e altri contesti di apprendimento per rispondere alle diversità di tutti. Mira a dare a insegnati e studenti gli strumenti per sentirsi a proprio agio con la diversità, e vedere questa come un'opportunità arricchente. Si dà importanza alle opportunità per una equa partecipazione per le persone con disabilità nei contesti comuni, comunque con la possibilità di operare scelte personali di assistenza e mezzi/strutture specialistiche per chi ne avesse bisogno.

L'inclusione riguarda L'inclusione NON riguarda

 L'accoglienza della diversità

 La creazione di benefici per tutti, non solo per coloro a rischio di esclusione  Alunni che potrebbero sentirsi

emarginati a scuola

 Eguali opportunità di accesso all'istruzione a determinate categorie di bambini senza escluderli

 Una riforma esclusiva

dell'educazione speciale, ma una riforma sia dei sistemi educativi formali che informali

 Solo le diversità, ma il

miglioramento della qualità dell'istruzione per tutti i discenti  Scuole speciali, ma piuttosto

sostegni aggiuntivi per gli studenti all'interno dei sistemi comuni di istruzione

 Il solo andare incontro alle esigenze di alunni con disabilità

 Il rispondere alle esigenze di qualcuno a spese di qualcun altro

La concettualizzazione dell'idea di inclusione è caratterizzata fortemente da questi quattro elementi chiave:

Inclusione come processo: si tratta di una ricerca continua di modi sempre migliori per

rispondere alla diversità; ha a che fare con l'imparare a vivere con la differenza e come imparare da questa. Di conseguenza, le differenze vengono viste positivamente come uno stimolo per promuovere l'apprendimento, tra bambini ed adulti.

L'inclusione si occupa dell'identificazione e della rimozione delle barriere: perciò

sottende la raccolta, la sistematizzazione e la valutazione di informazioni da una varietà di fonti, così da pianificare miglioramenti nella politica e nelle prassi. Ha a che fare con l'uso di prove di varia origine per stimolare creatività e problem-solving.

L'inclusione riguarda la presenza, la partecipazione e il successo di tutti gli studenti.

Con la parole 'presenza' si fa riferimento al luogo in cui i bambini ricevono un'istruzione e all'affidabilità e puntualità con cui frequentano. 'Partecipazione' si riferisce alla qualità delle esperienze che si vivono secondo l'ottica di colui che 'impara', e 'successo' ha a che fare con i risultati dell'apprendimento lungo il curriculum, non confinati ai risultati delle verifiche o degli esami.

L'inclusione comprende un'enfasi particolare per i gruppi di discenti a rischio di emarginazione, esclusione o di rendimento inferiore alle attese. C'è pertanto una

responsabilità morale verso il monitoraggio dei gruppi statisticamente più a rischio e verso l'esigenza di compiere passi significativi per assicurarsi della loro presenza, partecipazione e successo nel sistema di istruzione (UNESCO, 2005).

Il passaggio dall'esclusione all'inclusione viene sintetizzato come segue: la negazione (della differenza, del 'problema') genera esclusione;

l'accettazione, che si manifesta sotto forma di benevolenza e/o carità, genera segregazione;

la comprensione genera integrazione ed istruzione per bisogni speciali; la conoscenza genera istruzione per tutti (educazione ed istruzione inclusive).

L'assunzione di un'ottica inclusiva fa si che vi sia uno spostamento di prospettiva che consente di passare da un bambino percepito come problema al problema che invece risiede nel sistema educativo, e che può essere 'aggiustato' attraverso approcci inclusivi:

Il problema risiede nel bambino Il problema sta nel sistema di istruzione

E' diverso dagli altri Non è equipaggiato per gestire le diversità

 metodi rigidi  curricula rigidi

 i genitori non sono coinvolti

 numerosi casi di abbandono o ripetenze

Ha bisogni speciali

 necessita di attrezzature specifiche  necessita di un ambiente 'particolare'  necessita di insegnanti specializzati

Carenza di supporti all'insegnamento e formazione

Non è in grado di imparare, non fornisce risposte

Il sistema non fornisce risposte, non è capace di insegnare

Il bambino viene escluso dalla scuola Ambienti inaccessibili che escludono i bambini dalla scuola

3. L’inclusione scolastica in Italia