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L’International Classification of Functioning,

Il XXI secolo ha visto il raggiungimento, sul piano internazionale, dell'importante traguardo dato dal nuovo sistema di classificazione prodotto dall'OMS nel 2001 (pubblicato in Italia nel 2002), ovvero l'International Classification of Functioning,

Disability and Health (2001, d'ora in poi ICF), riconosciuto dalle Nazioni Unite come

una delle classificazioni internazionali e riferimento per i documenti di politica dei diritti dell'uomo in legislazioni comunitarie e nazionali, che fornisce un vocabolario e un apparato descrittivo rinnovati e più adeguati a dare conto delle condizioni di difficoltà della popolazione con problemi legati alla salute.

Lo scopo generale dell'ICF è quello di fornire un linguaggio standard e unificato che serva da modello di riferimento per la descrizione della salute e degli stati ad essa correlati. Essa definisce le componenti della salute e alcune componenti ad essa correlati (come l'istruzione e il lavoro). I domini contenuti nell'ICF possono, perciò, essere visti come domini della salute e domini a essa correlati. Questi domini sono descritti dal punto di vista corporeo individuale e sociale in due elenchi principali: Funzioni e Strutture Corporee e Attività e Partecipazione. (OMS, 2002, p.11)

L'ICF, accettato da 191 Paesi tra i quali l'Italia, sostituisce l'ICIDH (International

Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps) del 1980, che descriveva

l'individuo sulla base della classificazione tra menomazione, disabilità ed handicap. Al sistema dell'ICIDH col tempo vennero attribuite diverse limitazioni perché, ad esempio, non prospettava la possibilità di una disabilità temporanea e prendeva in considerazione solo fattori patologici e non ambientali, adottando un approccio perciò di tipo esclusivamente medico. Il modello proposto dall'ICF rappresenta un salto di qualità poiché, come osserva Canevaro, il concetto di salute viene rapportato a numerosi altri fattori, tra i quali l'istruzione e il lavoro; esso non è 'dimensionato unicamente sulla malattia/non malattia, star bene/star male, ma implica bensì una visione più ampia della

Francia, Finlandia, Inghilterra, Irlanda, Lussemburgo, Lituania, Liechtenstein, Estonia, Lituania e Repubblica Ceca, Polonia e Slovenia. Infine, al sistema bidirezionale appartengono Svizzera e Belgio. Germania e Paesi Bassi sono avviati verso l'adozione di un sistema multidirezionale.

qualità della vita e la possibilità di mantenerla anche se vi fossero possibili malattie, che esigono una riorganizzazione della quotidianità' (Canevaro, 2006, p. 17).

Il modello medico vede la disabilità come un problema della persona, causato direttamente da malattie, traumi o altre condizioni di salute che necessitano di assistenza medica sotto forma di trattamento individuale da parte di professionisti (…). Il modello sociale della disabilità, d'altro canto, vede la questione principalmente come un problema creato dalla società, e in primo luogo nei termini di una piena integrazione degli individui nella società (…). L'ICF è basato sull'integrazione di questi due modelli opposti. Per cogliere l'integrazione delle varie prospettive di funzionamento, l'approccio utilizzato è di tipo 'biopsicosociale' (OMS, 2002, p. 23).

La Pavone richiama, come ulteriori elementi di innovazione rispetto al passato, il fatto che il paradigma dell'ICF non si rivolge ad una determinata categoria di persone, ma è applicabile a tutti; spariscono termini con connotazione negativa quali handicap e

disabilità, in favore di concetti quali partecipazione sociale e attività; vi è un

rovesciamento della prospettiva tradizionale con cui si guardava a un individuo con minorazione: se prima si metteva in luce la disfunzione, ora l'attenzione è sulle abilità del soggetto in rapporto ai diversi contesti di vita; è presente infine la necessità di ricorrere ad una pluralità di osservatori, dovuta alla molteplicità e complessità della situazione da descrivere a cui si fa fronte con questo nuovo approccio. Per una descrizione completa degli aspetti di vita personali, ambientali e sociali si richiede il concorso di diversi punti di vista: sanitario, familiare e dello stesso soggetto, di professionisti, educatori, volontari ecc.. (Pavone, 2006).

Dettori (2005) sottolinea come l'ICF costituisca un modello interattivo complesso, che prevede interazioni multiple fra le persone, il loro stato di salute e il loro ambiente: con ciò si intende che anche una condizione di salute può divenire disabilità a seconda della risposta dell'ambiente. La disabilità non è più un modo di essere del soggetto, ma è l'incontro tra individuo e situazione, uno svantaggio più o meno invalidante a seconda dell'interazione tra la persona e l'ambiente, poiché è lo stesso contesto ambientale a determinare la riduzione delle possibilità di azione, la dipendenza dall'altro, l'esclusione

Operativamente, l'ICF si avvale della descrizione, concettualizzazione e verbalizzazione degli elementi presenti in alcuni domini prioritari, affrontati da tre punti di vista (corporeo, individuale e sociale): 1) Funzioni Corporee, 2) Strutture Corporee, 3) Attività e Partecipazione.

L'ICF si propone dunque di:

-fornire una base scientifica alla comprensione e allo studio della salute e degli stati ad essa correlati;

-stabilire un linguaggio comune;

-consentire il confronto tra i dati raccolti in diversi Paesi, in tempi diversi e da varie discipline;

-fornire uno schema sistematico di codici per i sistemi informativi internazionali;

Per effetto di ciò, si propone come:

-strumento statistico, e di raccolta dei dati (epidemiologici, semiologici, ecc.)

- strumento di ricerca;

-strumento clinico, per le azioni di assessment, trattamento, orientamento, valutazione, ecc.;

-strumento di politica sociale, per i sistemi previdenziali, assicurativi ecc.; -strumento educativo, a sostegno della progettazione e dell'azione educativa (Crispiani e Giaconi, 2009, p.71)

Si presuppone, in sostanza, che dal momento dell'elaborazione dell'ICF 'la valutazione di uno stato di salute non si potrà più effettuare ignorando i complessi rapporti esistenti tra corpo, mente, ambiente, contesti e cultura' (Ianes, 2004).

Negli anni successivi alla sua pubblicazione sono emerse difficoltà di applicabilità alle caratteristiche dei soggetti in età evolutiva, come effetto del fatto che le conseguenze di un deficit in questa fase della vita sono diverse da quelle che si producono nell'adulto. Si è perciò resa necessaria l'elaborazione della versione per bambini ed adolescenti, denominata ICF-CY (traduzione italiana del 2007), in cui viene dato maggiore spazio all'attività del gioco, inteso sia nella sua versione educativa che come veicolo primario

di apprendimento. In considerazione del fatto che l'attività ludica ha luogo in diversi contesti nella vita di un bambino o adolescente, è parte permeante delle dinamiche relazionali, anche con il ricorso a oggetti e tecnologie, questa voce viene inserita anche nella descrizione dei Fattori Ambientali.

Le critiche principali mosse al paradigma dell'ICF provengono dagli studiosi francesi, che danno voce alle persone disabili che chiedono di 'essere conosciute non solo come

bios, come produttori integrati o da integrare- per cui il paradigma è fondamentale- ma

anche di essere ri-conosciute come soggetti protagonisti d'azione e di relazione. Inoltre, muovendosi all'interno di un universo di impronta comportamentista, questo modello tenderebbe a lasciare in ombra alcune dimensioni personali essenziali quali desideri,

aspirazioni, aspettative, progetti ma anche 'fantasmi' quali frustrazioni, invidia, rancore: in poche battute, il campo dell'interiorità, dello psichismo' (Stiker, cit. in

Pavone, 2010, p.77). E' la stessa Pavone a fornire una risposta a queste osservazioni, con la replica che, sebbene fattori personali quali forma fisica, stile di vita, abitudini, educazione ricevuta, esperienza ecc.. non sono esplicitati nell'ICF a causa della grande variabilità sociale e culturale a questi associata, essi sono comunque tenuti in grande considerazione all'interno dei Fattori Contestuali, come 'pagina bianca' che deve essere responsabilmente scritta dagli estensori (Pavone, 2010) e quindi, coerentemente con quanto riportato nello stesso documento, riconoscendo che 'possono giocare un ruolo nella disabilità a qualunque livello' e in questo senso fornire un 'contributo che può influire sull'esito di vari interventi' (OMS, 2002, p. 14 e 21).