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Complessità del pensiero del restauro secondo Abū Ḥayyān at-Tawḥīdī

1.2 Il pensiero artistico su cui è basato il pensiero della conservazione e del restauro

1.2.5 Complessità del pensiero del restauro secondo Abū Ḥayyān at-Tawḥīdī

Il filosofo Abū Ḥayyān at-Tawḥīdī, aveva affrontato il concetto del gusto estetico e lo aveva definito come una specie di attrazione e di integrazione tra lo spettatore (il riguardante brandiano) dell’opera d’arte e l’oggetto d’arte. Allora, però se l’opera d’arte presenta qualche difetto o mancanza di parti, la realizzazione di quell’unione tra lo spettatore ed essa è disturbata e incompleta, nel restauro, ciò che è valido per lo spettatore è valido anche per il restauratore.

Tramite la spiegazione di Abū Ḥayyān al-Tawḥīdī della complessa operazione del restauro nella letteratura, si rivela l’importanza di tale speciale cura del patrimonio culturale ereditato dal passato (il restauro appunto) nel pensiero arabo classico51, e secondo Abū Ḥayyān al- Tawḥīdī in generale si può affermare che il restauro è riducibile solo alla materia dell’opera d’arte e ciò dimostra la prevalenza in questo pensiero dell’istanza storica su quella estetica. Per i letterati la creazione di un testo nuovo è più facile del restauro tarqīʿ di uno vecchio. A questo proposito Abū Ḥayyān al-Tawḥīdī dice:

Ho sentito lo scrittore al-Ḫawarizmī52 che domandava ad Abū Isḥaq al-Ṣābī ibn Hayṯam ibn Hilāl: perché se si chiede a uno scrittore, a un autore, a un poeta, oppure ad un oratore ḫatīb nel caso di una scrittura che ha qualche difetto di parole, oppure un verso sbilanciato, o per qualche voce incerta, se può indicarci una parola, un significato, o una voce alternativa, costui rimane sbigottito e le sue abilità si bloccano a causa delle difficoltà di far ciò e se invece si chiede alla stessa persona di creare qualche testo nuovo di poesia o di scrivere una lettera nuova, ciò sarà per lui molto più facile e più veloce da realizzare?

نب بياصلا قحسا بيلأ لوقي بتاكلا يمزراولخا تعسم

بيطخ وأ بتاك وأ فنصلم ليق اذإ لم :للاه نب مثيه

و هنم ءيش لتخا دق و ملاك نم ةملك في رعاش وأ

اذه لدب تاه :هناكم قلق ظفل و همظن لنحا دق تيب

اذه عضوم و ةملك ةملكلا هذه لدب و اظفل ظفللا

هتوق تتفاته ؟نىعم نىعلما

ل ع ب و هفلكت هيلع بعص و

و ؟هيأر كلذ ةلوازبم)عنصي ام ردي ملف راح و شهد(

،ةحترقم ةلاسر يربتح وأ ، ةدرفم ةديصق ءاشنإ مار ول

؟لجعأ ابه هضونه ناك و ،لقأ هيلع اهرسع ناك

51 EI2 (s.v. “Abū Ḥayyān at-Tawḥīdī”, al-Mukābasāt (Bombay 1306, Cairo 1929—both very faulty editions), a collection of 106 conversations on various philosophical subjects, Mukābasa 12, p. 153.

52 Il suo nome è Abū Bakr Muḥammad b. al-ʿAbbās al-Ḫawarizmī (323/935- 383/993): è il figlio della sorella di Abū Ǧaʿfar muḥammad b. Ǧarīr al-Tabarī, Imām nella lingua, letteratura e genealogia.

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Abū Isḥaq al-Ṣābī ibn Hayṯam ibn Hilāl ha risposto allo scrittore al-Ḫawarizmī, interpretando la difficoltà concettuale che affronta un restauratore dinanzi all’incompletezza dell’immagine del pensiero con cui era stata realizzata l’opera d’arte.

al-raqʿ il restauro ha bisogno di una certa progettazione che presenta inizialmente un difetto dall’autore originale dell’opera, quello che è stato il padre vero dell’opera; questo per un restauratore rende l’operazione simile alla prescienza [...] perché il testo di prima non era stato pensato dalla sua mente e non lo ha mai predisposto con il suo pensiero, altrimenti non sarebbe stato cosi difficile per il restauratore restaurarlo; potrebbe essere impossibile se costui non fosse pronto per affrontare questa difficoltà [...].

هلوأ تاف دق يربدت لىإ جاتيح يهو ام عقر :لاقف

ك و هب لىوأ ناك نم و لولأا هبحاص ةهج نم

نا

بيغلا ملعب هيبش كلذو هل بلأا

]...[

نكي لمو

ي لم هيلع ضورعم ملاك في هلاح اذكه

طق سجه

ائيش هل دعأ لاو ،هسفن في

هزجعي دقف ،هركف نم

بهأتي لمام

هل

]...[

.

Poi riassume tutto ciò affermando in generale che: Il restauratore non riuscirà mai a rifare l’opera esattamente come l’aveva fatta e voluta l’artista in origine; infatti l’artista procede verso la perfezione mentre lo scopo del restauratore è provare ad inseguire lo scopo originario riuscendo però soltanto a raggiungere un alternativo.

Tutto ciò ci offre la possibilità di considerare due modi con cui si interviene sull’opera per restaurarla e che concordano con il pensiero di Gustavo Giovannoni (1873-1947) quando afferma che ogni integrazione della lacuna andava eseguita con linee semplici e ben distinguibili e offre due definizioni rilevanti:

- Restauro di completamento: in cui nessun elemento nuovo si può aggiungere all’opera d’arte, se non nel rispetto del suo stile originario.

- Restauro di rinnovamento: in cui è possibile aggiungere elementi nuovi tali che consentono di terminare un’opera in cui manca interamente una parte essenziale o si debba adattare la costruzione a mutate condizioni di praticabilità e di ambiente artistico53.

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Questo spiega la difficoltà che affronta il restauratore quando si pone davanti un’opera d’arte che richiede un restauro e con il pensiero di Abū Ḥayyān at-Tawḥīdī, ci appare evidente che è

difficile intervenire al di là della materia dell’opera d’arte, cioè quanto è difficile restituire

l’immagine nella sua configurazione integrale, e pertanto si restaura solamente la materia dell’opera d’arte secondo l’istanza storica, in quanto sarebbe impossibile restaurarla secondo l’istanza estetica; questo si nota nella presenza di diverse operazioni di conservazione e di restauro nel medioevo che hanno apportato tante modifiche alla condizione originaria. Tutto ciò non concorda molto con il pensiero di Cesare Brandi quando afferma che è possibile intervenire sull’opera d’arte in due modi: sulla materia in quanto “veicolo dell’immagine” oppure sulla materia “supporto”.

Un esempio è costituito dalle operazioni di riparazione e di restauro delle tessere cadute dei mosaici della moschea omayyade a Damasco, fatte eseguire dal sultano Mamelucco Baybars: secondo la testimonianza del viaggiatore damasceno Ibn Faḍl Allah al-ʿUmarī (700/1301- 749/1349) come è riportato nella sua opera Masālik al-Abṣār. Le nuove tessere restaurate si distinguevano dalle originali per la purezza del colore: le tessere della parte originale erano perfettamente omogenee, mentre le tessere di restauro mostravano differenze di colore. Ciò da un lato conferma la difficoltà di rifare le tessere esattamente come erano prima, e dall’altro lato permette — probabilmente in modo involontario — di distinguere la parte rinnovata da quella originale; quasi come avviene in un restauro moderno.