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2. L’analisi in chiave economica dell’assistenza infermieristica

2.3 Le componenti di un sistema di pagamento a prestazione

Tale paragrafo non sarà esaustivo nel trattare proprio “tutte” le componenti di tale sistema, ma ho ritenuto opportuno soffermarmi su quelle che fanno salire a “galla” i problemi connessi alla professione infermieristica.

Unità di Transizione:

“Prestazione” è un termine un po’ ambiguo, con cui possono essere designati “servizi” a livelli di aggregazione e di complessità estremamente diversi. Infatti il range di servizi designati con il termine Prestazione può oscillare su:

I. Sulla singola attività o prestazione o procedura direttamente rivolta al paziente, come po’ essere una glicemia o mantenimento della pervietà delle vie aeree;

II. Sul servizio reso per affrontare un determinato problema clinico, come ad esempio il ricovero ospedaliero che include tutti i servizi forniti al paziente durante la degenza;

III. Su un intero episodio di assistenza, che comprende tutte le attività assistenziali che si sono rese necessarie durante un episodio di malattia, incluse le visite specialistiche ambulatoriali ed i ricoveri ospedalieri.

La definizione operativa dell’unità di prestazione assunta come unità di pagamento, rappresenta quindi la decisione più complessa e delicata nel disegno di sistema di pagamento a prestazione.

Essa infatti determina: “l’entità e il tipo di rischio finanziario imposto al produttore e contestualmente, quello che il finanziatore si assume l’intensità degli incentivi all’aumento del volume di attività impliciti in tutti i sistemi di pagamento a prestazione e in larga misura, la possibilità del loro controllo; la fattibilità e l’effettiva gestibilità del sistema di rilevazione del volume e del tipo di prestazioni su cui il sistema è basato”20.

20 Taroni F. DRG/ROD e nuovo sistema di finanziamento degli ospedali, Roma, Il Pensiero

Fig n°3 Rischi finanziari legati all’unità di transizione Rischio per il Finanziatore • Fattori produttivi 1 (spesa storica) • Fattori produttivi 2 (costi standard) • Prestazione elementare (glicemia) • Singolo accesso (visita, ricovero) • Accesso << pesato>> (APG,DRG) • Episodio di malattia • Quota capitaria Rischio per il produttore

L’unità di pagamento del sistema di finanziamento dell’attività di ricovero adottato dal SSN, a partire dal primo gennaio 1995, è rappresentata dal “Complesso dei Servizi” resi al paziente durante la degenza per affrontare il problema clinico che ha determinato il ricovero. Pertanto, tale sistema è profondamente diverso da sistemi già presenti in Italia nel settore privato regolati da tariffe specifiche per tipo di intervento effettuato o la singola giornata di degenza. Le tariffe corrispondenti alle categorie di ricoveri che qualificano l’unità di prestazione elementare hanno l’obiettivo di remunerare i costi complessivi mediamente sostenuti dall’ospedale per assistenza a tutti i pazienti ricoverati e attribuiti a una determinata categoria di prestazione, così come è definita dal sistema DRG. Il rischio finanziario, implicitamente imposto all’ospedale da questa definizione di unità di transizione, riguarda sia il “volume” ed il “tipo di risorse” utilizzate durante il ricovero, che dipende dall’appropriatezza dei profili di cura adottati dai clinici per l’assistenza, sia il loro costo unitario, in parte legato all’efficienza economica.

La definizione del “Ricovero” come unità di pagamento induce l’ospedale quanto meno a tendere verso il “pareggio di bilancio” tra costi di produzione e ricavi (tariffe) e entrambi legati al numero di ricoveri.

“Se infatti nel nuovo sistema di finanziamento un ospedale può aumentare i ricavi semplicemente aumentando il numero dei ricoveri (così come accadeva nel precedente sistema di finanziamento), nel caso in cui oltre un certo livello di attività i costi per ricovero dell’ospedale siano superiori ai ricavi garantiti dalle tariffe predeterminate, un ulteriore aumento dei ricoveri non farebbe altro che aggravare la sua perdita qualunque sia il volume dei suoi ricavi”21.

Se invece la prestazione alla base fosse stata definita come i “singoli servizi” resi al paziente, il rischio finanziario del produttore sarebbe stato limitato non solo al costo di produzione dei singoli servizi, che comprende il costo unitario degli input utilizzati ma anche all’efficienza economica della loro trasformazione e all’appropriatezza nella loro utilizzazione. Infatti scegliere di definire l’unità di prestazione con i singoli servizi, avrebbe eliminato qualsiasi incentivo a contenere i costi complessivi del ricovero, che sarebbero aumentati a causa di un incentivo opposto, causa di un forte aumento del volume dei servizi resi.

Il “ricovero” come unità di prestazione è ideale per condizioni “acute”, a pronta e completa risoluzione, in cui il ricovero esaurisce l’episodio di malattia e coincide con l’episodio di assistenza, non altrettanto per condizioni “croniche”, poiché si realizza una dissociazione fra episodio di malattia ed unità di finanziamento che rappresenta solo una parte, spesso minore dal punto di vista clinico ed economico dell’intero episodio di assistenza.

I determinanti del costo dell’unità di transizione:

La scelta del “ricovero” come unità di transizione, apparentemente, ci può apparire come la scelta più “equa e esaustiva” e in grado di “fotografare” l’intero episodio clinico ed assistenziale. Ma l’impressione di chi scrive è quella che, se ci avviciniamo alla “foto”, e cerchiamo di riconoscere i volti riusciamo a cogliere persino l’espressione del volto di coloro che sono in prima fila (i medici), siamo in grado di contare benissimo quella “moltitudine indistinta” (gli infermieri) in seconda fila, ma non riusciamo a capire “chi sono”.

Quando sappiamo benissimo che la “carta di identità” di una categoria professionale non è determinata dal solo numero degli appartenenti.

Per capire questa mia affermazione, occorre aprire una breve parentesi sui concetti che stanno alla base della “Matrice della Contabilità Analitica”. Il processo di “aziendalizzazione” ha scandito il passaggio da una logica di “contabilità finanziaria” ad una logica di “contabilità economico-analitica” dove il concetto di “spesa” non viene più calcolato come la differenza tra flussi in entrata e flussi in uscita, ma identifica l’effettivo utilizzo del “fattore produttivo” utilizzato rispetto all’attività svolta.

Alla base della “contabilità analitica” poggiano importanti concetti quali: • Il costo: “…è un concetto a contenuto generico che evoca un

consumo di fattori produttivi e la traduzione di questi in un sacrificio economico, è una visione orientata all’input (fattore produttivo) e che trascura, invece, la destinazione del sacrificio (output)”22;

• L’oggetto di costo: l’elemento gestionale o strutturale di cui vuole conoscere il costo;

• Costi speciali: quelli relativi a fattori produttivi il cui consumo può essere correlato direttamente all’oggetto di costo, questo avviene quando i fattori produttivi sono esclusivi per quell’oggetto, ed il cui consumo è sempre in relazione all’oggetto di costo specifico e può essere misurato in modo obiettivo;

• Costi comuni: quelli per i quali la correlazione diretta non è ipotizzabile, riferendosi congiuntamente a più oggetti di costo. Ai costi comuni sono collegati due ordini di problematiche, quali la valutazione dell’opportunità della loro ripartizione (o allocazione) tra i diversi oggetti di costo, e in secondo luogo la scelta del criterio di ripartizione, che meglio risponda all’esigenza di pervenire a grandezze finali che siano espressive dei fattori produttivi effettivamente impiegati nelle singole attività.

Nella realtà dei fatti i “costi” in oggetto vengono rilevati per unità utilizzatrice e quindi assumono la configurazione di costi indiretti, si giunge a calcolare il costo del prodotto attraverso un approccio “per processo” nel quale il costo unitario rappresenta un costo medio. E proprio sulla base di quest’ultima riflessione nella prassi si suole distinguere anziché tra costi speciali e costi comuni, tra “costi diretti e indiretti”: alla distinzione concettuale si sostituisce quella sostanziale, dove, per costi diretti si

intendono quelli per i quali esiste la possibilità effettiva di una misurazione del consumo del fattore produttivo.

Un’altra distinzione dei costi è basata sul “regime di variabilità” che distingue:

• Costi variabili : appartengono a questa categoria quei costi che mostrano un andamento variabile al variare dei volumi di produzione, ad esempio i costi per il consumo del materiale sanitario ;

• Costi fissi : appartengono a questa categoria quei costi insensibili alle variazioni dei volumi di produzione, possiamo ricordare il costo del personale (a certe condizioni) o le quote di ammortamento delle attrezzature e dei macchinari. Vale la pena di sottolineare che “nessun costo è fisso in assoluto”, può esserlo sino al punto limite in cui, definita la struttura produttiva, i volumi di produzione variano senza eccedere la capacità precostituita.

Aggregando, diversamente le varie categorie di costi, può essere calcolato, con riferimento ad uno specifico oggetto di costo:

1) Il costo variabile; 2) Il costo diretto;

3) Il costo di produzione; 4) Il costo pieno.

Nella prima configurazione si tiene conto esclusivamente delle componenti variabili, nella seconda i costi direttamente imputabili all’oggetto, sia quelli a carattere variabile sia quelli a carattere fisso, le configurazioni al punto tre e quattro includono, invece, anche una quota dei costi indiretti, in particolare quelli della funzione di produzione nel caso, appunto, del costo di produzione, quelli di tutte le funzioni aziendali nel caso del costo pieno. Nella determinazione del costo del prodotto (o della prestazione) vi era il problema dei “costi indiretti”, collegato al fatto che non sempre risulta possibile istituire una relazione con i prodotti stessi, tale da consentire una ripartizione basata su criteri razionali. Nasce quindi l’approccio basato sui

“centri di costo” con l’obiettivo di ridurre le distorsioni connesse alla ripartizione dei costi comuni tra le diverse produzioni 23.

Dopo aver chiarito la logica dell’approccio ai costi, occorre focalizzarla sul calcolo del costo della prestazione. L’analisi economica assume una piega trasversale all’intero processo di erogazione. Il concetto di “attività” assume un ruolo centrale, con tale termine possiamo fare riferimento: “ad una qualunque sequenza di operazioni, poste in essere da un soggetto o da un gruppo di soggetti, mediante i quali si perviene ad un output, destinato ad un cliente interno o esterno”24.

Il Ricovero come “Processo” viene scandito da “classi di attività” configurate come “cost pool”, a contenuto eterogeneo.

In Ogni “cost pool” vengono misurati attraverso i “cost drivers”, rappresentano concettualmente l’unità di misura nella quale può essere espresso l’output generato da ciscuna attività.

Nella definizione dei “cost driver” occorre tenere conto: • Del fattore che determina l’assorbimento delle attività; • Del livello di output al quale si colloca l’attività

In considerazione del primo punto si distingue tra driver basati sul numero di transizioni (transaction drivers), driver basati sul tempo o sulla durata (duration drivers) e driver basati sull’intensità (intensity drivers).

L’Attività di Assistenza Infermieristica viene letta (nell’attuale sistema di finanziamento) con un “Driver di Durata” in ore di assistenza, ma oggi sappiamo benissimo che il numero di ore di assistenza per caso, non rispecchia il grado di assorbimento dei costi. A questo punto spero di aver chiarito l’immagine di quella “foto” iniziale.

Diversamente, quando ai DRG saranno associati, dati significativi della “complessità infermieristica”, la loro capacità di previsione dei costi reali sanitari, viene fortemente aumentata, così come viene aumentata la loro potenzialità quali strumenti di programmazione e gestione del personale.

23 L’art.5 del D.Lgs.502/92 prescrive, che le regioni devono emanare norme per la gestione

economico finanziaria e patrimoniale prevedendo, tra l’altro “la tenuta di una contabilità per centri di costo e responsabilità che consenta analisi comparative dei costi, dei rendimenti e dei risultati”.

I sistemi di classificazione dei pazienti:

I principali “determinanti” delle risorse utilizzate nell’assistenza ospedaliere e dei suoi risultati finali sono classicamente riconducibili a tre grandi aree25:

I. La gravità clinica e la complessità assistenziale della patologia presentata dai pazienti ricoverati;

II. I profili di cura scelti per soddisfare i bisogni di assistenza;

III. La capacità tecnologica dell’ospedale e la sua efficienza e la sua efficienza operativa nel mettere a disposizione dei professionisti i beni e i servizi previsti dai profili di cura adottati.

Fig n°4 I determinanti delle risorse assistenziali

Paziente

Gravità clinica e Condizioni sociali

Infermiere?

Ospedale Medico

Capacità tecnologica Strategie assistenziali

Efficienza operativa

Nessuna di queste determinanti è adeguatamente compresa dalla “giornata di degenza”, che continua tuttavia ad essere implicitamente utilizzata come unità di misura del prodotto ospedaliero (nel caso dei DRG rappresenta una “variabile dipendente” del sistema). Il Numero di Giornate di Degenza, ha rappresentato nel passato, una misura adeguata fino a che il consumo di risorse dei pazienti era relativamente omogeneo in intensità e natura, indipendentemente dal luogo del ricovero e dalla loro

25 Taroni F. DRG/ROD e nuovo sistema di finanziamento degli ospedali, Roma, Il Pensiero

Scientifico editore, 1997, pag.127.

Risorse assistenzial i

“complessità assistenziale” e “gravità clinica”. La progressiva espansione delle possibilità diagnostico-terapeutiche e la diffusione di profili di trattamento più specifici, hanno reso il consumo di risorse umane e tecnologiche durante la degenza sempre più variabile e differenziato secondo la caratteristiche cliniche dei pazienti, configurando “ la giornata di degenza come la media fittizia” di un range molto più ampio di risorse assorbite e di costi sostenuti.

Per poter tenere adeguatamente conto della “gravità clinica” e della “complessità assistenziale” dei pazienti sono stati sviluppati numerosi sistemi di misura della casistica ospedaliera che si propongono come obiettivo quello di individuare, un “livello di specificazione”, descrittivo delle risorse assorbite.

“La funzione sociale dell’istituzione ospedale è la <<cura>> dei ricoverati, in termini operativi la sua attività si esplica producendo risorse diagnostiche terapeutiche ed assistenziali. Pertanto l’esito finale (Outcome) dell’assistenza concettualizzato in termini di quantità di salute aggiunta ai pazienti ricoverati, il prodotto (Output) può essere identificato con i servizi messi a disposizione del paziente che sono diagnostico, clinici”26 e sottolineo si sono dimenticati assistenziali.

Appare quindi palese, l’obiettivo di individuare un insieme di caratteristiche cliniche socio demografiche dei pazienti, predittive dei profili di assistenza adottati, da utilizzare come “indicatori” di una famiglia di linee di produzione che definiscono il consumo di risorse imposto all’ospedale dal trattamento di gruppi di pazienti omogenei per caratteristiche cliniche , che hanno profili di trattamento e quindi anche risorse e costi simili (non altrettanto sul piano della complessità assistenziale infermieristica).

Distinguiamo due Sistemi di Classificazione quali:

1) Sistemi iso-gravità: classificano i pazienti in base alla gravità clinica; 2) Sistemi iso-risorse: classificano i pazienti in base alla quantità di

risorse assorbite dal profilo di cura, e quindi relativamente ai costi. I primi, trovano indicazione principale, nell’ambito di programmi di promozione della qualità dell’assistenza per una valutazione comparativa dei risultati finali dell’assistenza prestata, tenendo conto della gravità dei pazienti trattati nelle diverse unità a confronto. I secondi sono sistemi

orientati alla descrizione della complessità e dei costi dell’assistenza utilizzati per analizzare la variabilità nella durata della degenza o nei costi dell’assistenza di diversi reparti o ospedali.

Fig n°5 Sistemi di classificazione

Gravità della malattia Disease Staging

Sistemi Iso-gravità

Gravità del paziente Computerized Severity Index

Complessità della Diagnosis Related Assistenza prestata Group (DRG)

Sistemi Iso-risorse

Complessità della Patient Management Assistenza necessaria Categories (PMC)

Questi sistemi differiscono tra di loro anche riguardo ai criteri di classificazione e rispetto alla quantità e al tipo delle informazioni necessarie ed alla fonte informativa utilizzata. I sistemi “iso-gravità” fanno uso di parametri clinici e fisiologici normalmente presenti nella cartella clinica del paziente o recuperabili dai sistemi gestionali dei servizi di supporto (laboratorio, radiologia..). I sistemi “iso-risorse” sono basati su informazioni “cliniche” contenute nella scheda nosologica (SDO). Il limite principale dei primi, risiede nella necessità di personale appositamente addestrato per l’analisi della cartella clinica e la codifica dei dati clinici significativi. Viene quindi compromessa l’affidabilità del sistema (cioè la sua capacità di produrre risultati uguali quando operatori diversi o lo stesso operatore in momenti diversi estraggono i dati dalle medesime cartelle). Analogamente, i sistemi di classificazione basati sui codici delle diagnosi riportate nella scheda di dimissione risentono dei limiti intrinseci

del sistema ICD-9 e dell’appropriatezza della sua utilizzazione, e della completezza e accuratezza della sua compilazione. Sia l’omissione di codici di diagnosi così come la presenza di errori nella codifica possono compromettere una accurata assegnazione dei ricoveri alla categoria appropriata per quei sistemi di classificazione diagnosi-specifici che si basano sui dati riportati nella SDO.

Il problema di combinare “validità e fattibilità” pratica nei sistemi di classificazione che si propongono di misurare “la gravità o la complessità” di tutti i ricoveri in tutte le “aree di attività” dell’ospedale sembra quindi quello di conciliare due necessità apparentemente incompatibili. Un sistema di classificazione dei pazienti dimessi da un ospedale per acuti dovrebbe essere in grado di soddisfare i seguenti “criteri di valutazione”:

• Le categorie di pazienti individuate sono buoni descrittori dell’attività clinica ed assistenziale e buoni predittori della quantità e del tipo di risorse consumate nel processo clinico assistenziale?

• Il sistema di classificazione copre adeguatamente tutte le aree di attività dell’ospedale?

• Le singole categorie cliniche ed il sistema nel suo complesso sono facilmente intellegibili da parte dei clinici e amministratori?

• Le informazioni necessarie all’attribuzione dei pazienti alle singole categorie sono facilmente ottenibili dal sistema informativo disponibile?

• Il sistema di classificazione è sufficientemente <<robusto>> rispetto alla quantità delle informazioni disponibili?

Per soddisfare adeguatamente le necessità di un sistema di finanziamento basato su unità di pagamento definite dalle categorie finali del sistema di classificazione, così come le più sofisticate esigenze della gestione interna dell’ospedale, un sistema di classificazione dovrebbe essere in grado di fornire una misura adeguata di tutta la casistica trattata e di tutte le aree di attività.

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