• Non ci sono risultati.

IL COMPORTAMENTO INNOVATIVO AL LAVORO

ANTECEDENTI INDIVIDUALI DELL’INNOVAZIONE E COMPORTAMENTO INNOVATIVO AL LAVORO

2.1 IL COMPORTAMENTO INNOVATIVO AL LAVORO

Il comportamento innovativo al lavoro è definito da come “l’intenzionale

generazione, introduzione, e applicazione di un’idea all’interno di un ruolo lavorativo, di un gruppo o di un’organizzazione, al fine di apportare benefici alla performance di ruolo, del gruppo o dell’organizzazione” (Janssen, 2000). Questa definizione aggiunge

un elemento importante alla definizione precedentemente data di innovazione di ruolo di Farr e Ford (1990), e ciò consiste nel fatto che in essa si fa riferimento alle fasi del processo d‟innovazione individuale.

2.1.1 Le fasi del comportamento innovativo al lavoro

Quando si parla di comportamento innovativo al lavoro ci si riferisce ad esso sempre in termini di processo (Janssen, 2000; Kanter, 1988; Scott & Bruce, 1994) e il modello a cui più comunemente si fa riferimento per descrivere tale processo è

l’activity-stage model (King & Anderson, 2002). Questo modello si focalizza sulle

attività concrete che conducono alla realizzazione di un‟innovazione e prevede la suddivisione del processo in un certo numero di fasi. Di tale modello ne esistono diverse varianti e la più semplice è quella in cui il processo è suddiviso in due sole fasi:

32

l‟inizializzazione e l‟implementazione: l‟inizializzazione, è una fase divergente che comprende attività come l‟individuazione di opportunità o di problemi, la loro analisi e la generazione delle idee; l‟implementazione, invece, è una fase convergente diretta allo sviluppo e diffusione dell‟innovazione.

Un modello comunemente accettato è quello che descrive il processo d‟innovazione come composto da tre fasi distinte che corrispondono a tre differenti azioni che l‟individuo mette in atto (Janssen, 2000; Scott & Bruce, 1994): la generazione di idee, che consiste nella produzione di nuove e utili idee (Amabile, 1996; Kanter, 1988); la promozione delle idee, che è la fase in cui la persona che ha generato l‟idea si impegna nella sua divulgazione e nella ricerca di alleati per promuoverla ai vari livelli dell‟organizzazione (Kanter, 1988); la realizzazione, che consiste nell‟implementare l‟idea innovativa all‟interno del proprio ruolo lavorativo, gruppo di lavoro o organizzazione (Kanter, 1988). Bisogna, però, precisare che il processo non è necessariamente sequenziale, infatti, i processi d‟innovazione sono spesso caratterizzati da interattività (Kanter, 1988; Schroeder, Van de Ven, Scudder, & Polley, 1989), nel senso che può accadere che l'individuo si trovi a mettere in atto contemporaneamente uno o più dei comportamenti sopramenzionati (Scott & Bruce, 1994).

Di seguito, vista l‟importanza per le finalità del presente studio, vengono descritti in maniera più approfondita le fasi sopraindicate.

La fase di generazione delle idee

Tutti i processi d‟innovazione all‟interno di un‟organizzazione hanno inizialmente una natura individuale, ossia prendono vita dalla creatività di un individuo, e quindi dalle tre componenti individuate da Amabile (1983), ed in seguito la creatività individuale si trova ad interagire con la creatività di gruppo e con le caratteristiche organizzative.

La fase di generazione di un‟idea è caratterizzata dalla creazione di una nuova ed utile idea da parte dell‟individuo (Amabile, 1996; Kanter, 1988; Woodman et al., 1993) e può riguardare lo sviluppo di nuovi prodotti, servizi o processi a livello del proprio ruolo lavorativo (Amabile, 1988; Farr & Ford, 1990; Van de Ven, 1986; Zaltman et al., 1973).

33

Alcuni autori fanno precedere la fase di elaborazione dell‟idea da una fase preliminare caratterizzata dall‟individuazione dei problemi, la ricerca di opportunità e il riconoscimento della necessità di un cambiamento. Infatti, la percezione di problemi, incongruenze, discontinuità e opportunità spesso innescano il processo di generazione delle idee (Basadur, 2004). Dopo questa fase esplorativa e di presa di coscienza di opportunità o di problemi inizia la fase di generazione delle idee vera e propria che include comportamenti finalizzati alla generazione di soluzioni ai problemi o al raggiungimento di un‟opportunità percepita nella precedente fase.

La fase di generazione delle idee è inevitabilmente quella più fortemente caratterizzata dalla creatività e un elemento chiave di essa è la combinazione e la ricombinazione delle informazioni e delle conoscenze preesistenti. Rothenberg (1996), in uno studio sui vincitori di premi Nobel, ha trovato che la ricombinazione di conoscenze spesso è alla base dell‟avanzamento della scienza. Similmente, Mumford, Baughman e Reiter-Palmon (1997) hanno trovato che la capacità di rielaborazione e di ricombinazione dei concetti è uno dei maggiori predittori della performance creativa.

La fase di promozione delle idee

La fase successiva alla generazione è quella di promozione delle idee, nella quale il soggetto o il gruppo che ha generato l‟idea si concentra nel farla conoscere e nel promuoverla all‟interno del gruppo o dell‟organizzazione, sottolineandone le caratteristiche positive ed evidenziandone l‟utilità (Kanter, 1988). Questa fase è caratterizzata da un‟intensa attività sociale da parte dell‟individuo volta a far conoscere l‟idea ed a cercare alleati per formare coalizioni che lo sostengano nella sua attività di promozione (Kanter, 1988). Un‟idea, infatti, per quanto buona non necessariamente viene accettata dal gruppo o dall‟organizzazione in base alle sue qualità intrinseche. Solitamente solo le idee marginali o che non richiedono molto impegno aggiuntivo per essere adottate, hanno una certa possibilità di essere implementate con facilità (Kanter, 1988). Nella maggior parte dei casi, invece, le idee incontrano spesso delle resistenze da parte dei membri di un‟organizzazione, in quanto le innovazioni sono associate a nuovi compiti o nuovi modi di fare le cose e quando un'idea viene proposta coloro che ne saranno coinvolti sono spinti a valutare come questa idea influenzerà il proprio modo di

34

lavorare e la propria condizione lavorativa in generale, è ciò facilmente genera resistenza nei confronti del cambiamento che si vuole introdurre.

Ancor prima della resistenza, però, un‟idea deve fronteggiare anche un altro ostacolo per essere accettata, e cioè deve riuscire ad essere presa in considerazione. Infatti, gli individui tendono a percepire selettivamente l'ambiente in cui vivono e in maniera consistente con i propri punti di vista, e ciò comporta che idee estremamente innovative possono essere poco considerate proprio perché estremamente diverse rispetto al comune modo di interpretare e risolvere i problemi.

Un‟altra fonte di resistenza è costituita dalla tendenza da parte degli individui a preferire tutto ciò che è loro familiare e a ritornare ai comportamenti abitudinari. Questa tendenza è un ostacolo ad ogni tipo di cambiamento sia a livello di presa in considerazione che di presa in carico del cambiamento.

Di conseguenza diventa necessario per l'individuo che intende promuovere un'idea cercare di formare delle coalizioni che lo supportino in questo compito. Alcuni autori hanno introdotto la figura del “campione” nel senso di persona che mette in atto sforzi finalizzati alla promozione di un'idea. I “campioni” sono individui che sentono un forte commitment personale nei confronti di una determinata idea e sono capaci di “venderla” agli altri. Essi, in maniera informale, spingono perché le idee creative vincano le resistenze organizzative (Shane, 1994). Il comportamento di “championing” è collegato alla capacità di trovare supporto e di costruire coalizioni in modo tale da persuadere e influenzare gli altri membri dell'organizzazione ad adottare una certa idea (King & Anderson, 2002; Van de Ven, 1986; Zaltman et al., 1973).

La fase di realizzazione delle idee

L‟ultima fase del comportamento innovativo al lavoro è quella della realizzazione delle idee, e corrisponde al momento in cui un individuo si fa carico della realizzazione dell‟idea o di un prototipo di essa, e tale applicazione dell‟idea può riguardare il ruolo lavorativo, il gruppo o l‟intera organizzazione (Kanter, 1988). La realizzazione di un'idea richiede numerosi sforzi per predisporre tutto ciò che è necessario per riuscire a trasformarla in realtà e ciò comporta la messa in atto di comportamenti quali sviluppare concretamente nuovi prodotti e processi lavorativi, testarli e modificarli (Kanter, 1988; Van de Ven, 1986; West & Farr, 1990). Per la realizzazione di semplici innovazioni può

35

essere sufficiente l'impegno solo della singola persona che ha proposto l'idea, mentre per le innovazioni più complesse di solito è richiesto il coinvolgimento di gruppi di lavoro e la presenza di persone che occupano specifici ruoli lavorativi e possiedono specifiche conoscenze e competenze (Kanter, 1988).

Una caratteristica individuale che favorisce il comportamento innovativo è la self-

efficacy, o senso di auto-efficacia da parte di un individuo relativamente alle proprie

capacità di produrre e di regolare gli eventi della propria vita (Bandura, 1982) ed è associato alla percezione che il cambiamento possa essere implementato con successo in una data situazione (Farr & Ford, 1990). Un alto livello di self-efficacy porta l'individuo ad approcciarsi ai compiti con entusiasmo, con impegno per portare a termine i compiti e con persistenza nel cercare di superare gli ostacoli (Parker et al., 2006). Dato che l'innovazione può comportare sia incertezze per i risultati futuri che resistenze da parte degli altri membri del gruppo o dell'organizzazione, coloro che possiedono un basso livello di self-efficacy facilmente non si impegneranno nell'implementare delle innovazioni (Farr & Ford, 1990).

2.1.2 Il comportamento innovativo come comportamento extra-ruolo

Un ulteriore elemento importante da sottolineare riguardo al comportamento innovativo è che i comportamenti che un individuo può mettere in atto nelle tre fasi descritte per essere considerati comportamenti innovativi è necessario che siano intenzionali e discrezionali, cioè, messi in atto senza un‟esplicita richiesta da parte di qualcuno o dell‟organizzazione, o che siano esplicitamente previsti dalla mansione. In altre parole i comportamenti innovativi sono comportamenti extra-ruolo, in quanto non sono comportamenti attesi in base alla descrizione formale del ruolo lavorativo, ma sono puramente discrezionali e non sono formalmente riconosciuti nel sistema di retribuzione (Katz, 1964; Katz & Kahn, 1978; Organ, 1988), oltre a non essere soggetti a sanzioni qualora non fossero messi in atto dato che formalmente i lavoratori non stanno violando nessun esplicito contratto con l'organizzazione. Ciononostante, l'impegno da parte dei dipendenti in tali comportamenti può spesso portare beneficio all'organizzazione, al gruppo o alla singola persona.

In un certo senso il comportamento innovativo può essere inteso come il risultato di motivazioni intrinseche all'individuo e della propria percezione di cosa voglia dire

36

ottemperare al contratto psicologico che ha stipulato con la propria organizzazione (Ramamoorthy et al., 2005).

È evidente, quindi, che il comportamento innovativo è legato alla componente motivazionale, specialmente alla motivazione intrinseca e al commitment affettivo, oltre ad altri fattori che possono favorire l‟intenzione a mettere in atto un comportamento di questo tipo, quali ad esempio la giustizia organizzativa o il supporto organizzativo.