04. La comunicazione sociale a supporto dell’alimentazione
4.1 La comunicazione sociale sui DCA
4.1.1 La comunicazione per le ONP
Delle associazioni e delle ONP se n’è parlato nel capitolo precedente. Il loro apporto a livello sociale è indiscutibile, tanto che operano anche in strutture pubbliche e in modo intenso all’interno del tessuto sociale.
Sono da farsi diverse precisazioni però in ambito comunicativo-culturale: ad oggi chi si occupa di solidarietà difficilmente riesce ad occuparsi di comunicazione a livelli professionali; vi è una scarsa attenzione alle potenzialità degli strumenti e, avendo un budget molto basso, si considera essa una spesa piuttosto che un investimento. 7
In questo caso porteremo alla luce campagne “fatte in casa” da associazioni piccole e locali, come anche tratteremo delle grandi multinazionali sociali che lottano contro i DCA in Italia.
7 Puggelli e Sobrero (2010) pag. 31 Fig. 31 (pagina successiva).
Poster orizzontale per campagna “Food Subtitles”, ABA, 2008
a. Le campagne ABA
Del ruolo dell’ABA nel panorama nazionale se n’è parlato sufficientemente nel capitolo precedente. Ora verranno affrontate due delle campagne simbolo della comunicazione dell’associazione.
La prima campagna dal titolo: Food Subtitles è del 2008, realizzata dallo studio DDB. Si articola in una serie di poster e uno spot che raccontano il disagio di chi soffre dei disturbi alimentari, e utilizza il cibo per comunicare qualcosa, che difficilmente viene compreso.
Questo concetto è raccontato nel seguente modo:
• Headline: “Molti usano il cibo per comumicare un bisogno di aiuto. Pochi
lo capiscono”.
• Visual: Fotografico, una ragazza sempre in primo piano, con una
vignetta in stile minimale, al cui interno sono inserite delle immagini di cibo al posto delle parole.
• Bodycopy: “Di anoressia, bulimia e obesità di può guarire. Chiamaci al
800165516. www.bulimianoressia.it”.
Nella sua complessità di concetto, la sua minimale rappresentazione visiva è interessante e importante per far comprendere le problematiche espresse.
Fig. 32. (in basso) Poster verticale per campagna “Food Subtitles”, ABA, 2008
Fig. 33 (a lato) e fig. 34 (in basso). Poster campagna sensibilizzazione, ABA, 2012 Fonte: bulimianoressia.it
La seconda campagna per ABA è stata pensata in forma gratuita da Ogilvy. Si tratta di una metafora in cui un segno distintivo della bulimia viene messo in relazione con il segno della vittoria. È una campagna per la rivalsa di chi è uscito dai disturbi alimentari, e si sente una vincente. Anch’essa si articola con dei poster così strutturati:
• Headline: “Io non le uso più per vomitare”, riferito alle due dita della
mano che solitamente sono usate per pratiche di espulsione.
• Visual: fotografico, una ragazza in piano americano che fa un segno di
vittoria.
• Bodycopy: cambia di volta in volta: il nome e l’età della ragazza, l’anno
in cui ha chiamato ABA e il perché l’ha fatto; sottolineando come adesso sia guarita perfettamente.
La campagna, del 2012, ancora oggi è utilizzata senza l’headline, poiché, come riferito direttamente dalla dottoressa Chiozzi, è diventata riconoscibile senza più essere esplicita.
b. L’Ospedale San Raffaele e i Videogame
Sempre più bambini abusano di televisione e videogiochi a discapito
dell’attivià fisica; l’Ospedale San Raffaele grazie ad una produzione Fargofilm, ha realizzato un cortometraggio in computer grafica in cui l’ambientazione è quella di un videogame.8 Essendo un FPS (First Person Shooting) non si vede mai il protagonista, ma solo la sua arma; egli si ritrova a dover inseguire il nemico all’interno di una struttura composta da rampe e scale. Arrivato all’ennesima rampa, scoraggiato, si ferma poiché affaticato, si guarda i piedi e rende partecipe lo spettatore della sua obesità.
A questo punto appare il copy: “Videogames are one of the principal causes of child obesity. Encourage children to play outside.”
Il messaggio è chiaro, ma il linguaggio è decisamente interessante e innovativo, con alto coefficiente di immedesimazione da parte dei ragazzi.
8 www.pubblicità progresso.org Fig. 35/40 (in basso).
Sequenze dallo spot per la campagna “Videogame”, Pubblicità Progresso, 2008. Fonte: pubblicitàprogresso.org
Fig. 41/46 (pag. successiva). Sequenze dal video per la campagna “L’obesità è una patologia complessa: togliti un peso, fatti aiutare”, FIDA, 2013. Fonte: Canale Youtube FIDA
Sul filone delle campagne sui videogiochi è anche interessante il video sviluppato per Fida da Maurillo Design nella campagna “L’obesità è una patologia complessa: togliti un peso, fatti aiutare”.
Questa volta il protagonista è Snake, un videogioco degli anni ‘90 conosciuto da tutti. Il serpente digitale mangiando dei cubi in modo vorace accresce il suo corpo, fino a rimanere incastrato in sé stesso.9 La metafora dell’obesità è palese e riscontrabile. Forse meno efficace è il pay-off , ma prova a restare in tema con il concetto di gioco e partita; invita lo spettatore a capire quale sia il problema della sua sofferenza, e di stare attento alle sue azioni, perché la vita è unica e non è recuperabile.
c. Dontdieforadiet.com e lo spot Scarytale
Il video di dontdieforadiet.com è forse tra i più forti e cruenti che inserisco in questa tesi, insieme ad un altra campagna che verrà analizzata più avanti, quando tratteremo della comunicazione sociale d’impresa.
È il primo analizzato a non essere italiano, ma britannico, e datato 2007. La sua drammaticità è da cercarsi nel linguaggio visivo con cui 2AM Films racconta la storia e le abitudini di una ragazza anoressica. Immagini di vita vera, in cui si mostrano le forme scheletriche, il rifiuto del cibo, e gli atti di compensanzione e espulsione. Risulta poi essere sconcertante il copy: “Questi sono i suggerimenti dei siti pro-anoressia. Per dei consigli migliori visita un sito differente”10. Ho usato la parola sconcertante, perché ci sarebbe molto da dibattere in merito a queste parole; ma di questo parleremo alla fine del capitolo, dove si tireranno le somme di ciò che reputo corretto e ideale per una campagna contro i disturbi dell’alimentazione. In questo caso mi limiterò a fare un’analisi oggettiva.
Questo tipo di comunicazione, è la più efficace per creare quella tensione emotiva necessaria ad indurre all’azione; basilare nella comunicazione sociale.11 L’immagine cruenta crea un sentimento all’interno del destinatario, e il copy spinge a fare ciò che sarebbe corretto. In questo caso però la frase: these are tips from a pro anorexia websites, potrebbe coinvolgere in modo negativo l’utente, portandolo a reagire in modo differente, come ad esempio, non andare in quel sito. In soccorso a questo malinteso il bodcopy cita
semplicemente il sito di riferimento dopo aver sottolineanto come esistono siti differenti. Ad oggi però non vi è più traccia di dontdieforadiet.com, il sito non è più visitabile e quindi non si hanno più informazioni in merito.
10 “These are tips from a pro-anorexia websites. For a better advice, visit a different website.” 11 Fabris (2002).
Fig. 47/52. Sequenze dello spot pubblicitario “Scarytale”, dontdieforadiet.com, 2007. Fonte: 2AM Films
d. Le piccole ONP
Il numero sempre più crescente di Organizzazioni No Profit e Associazioni Onlus ha creato un’evidente frammentazione del settore dedicato.12 Un fenomeno che risulta essere anche evidente nell’ambito dei DCA. Infatti il grande numero di enti rende difficile un investimento univoco da parte di chi vuole sostenere la causa. In questo modo i budget per strutturare dei piani di comunicazione sono poco adeguati, e gli effetti sulla professionalità delle campagne risulta essere talvolta evidente.13
Un esempio di ciò è Donna Onlus, che, nonostante i buoni propositi, il risultato finale sembra essere piuttosto scadente dal punto di vista strutturale e estetico. Nonostante ciò il messaggio della campagna “Uniti contro i disturbi alimentari” sembra chiaro (fig. 53):
• Headline: “Stop ai disturbi alimentari”.
• Visual: La foto di una donna dalle forme generose, coperta solamente da
un velo, quindi non si vergogna di ciò che è.
• Bodycopy: “PACE: Peso, Alimentazione, Corpo, Emozioni”; in realtà
il motivo per cui ci sia l’anagramma non è molto chiaro, e non viene chiarito in nessun modo; si potrebbe pensare che il senso sia da ricercare nella possibilità di guarire da un disturbo alimentare, attraverso, prima di tutto, l’accettazione di se stessi e delle proprie forme fisiche.
Nonostante ciò esistono esempi interessanti in ambito pubblicitario, sia per il concept sviluppato, che per l’elevata professionalità degli artefatti.
È il caso di Forum Crisalide, un associazione che oggi non opera più per via di alcune truffe ad opera delle strutture a cui l’associazione era legata.
12 Puggelli e Sobrero (2010) pag 31 13 Ibi
L’utilizzo però del budget per quanto riguarda la comunicazione, sembra giustificabile, per via dell’estrema qualità con cui sono state realizzate le campagne: “Scales” e “Reverse”. I progetti sono stati eseguiti dallo studio Leo Burnett di Milano, e dimostrano un accurato senso della metafora e degli strumenti.
Come testimonianza di seguito riporto delle immagini tratte dagli spot pubblicitari dei due progetti di comunicazione. In Scales, datato 2005, il primo piano ad una bilancia digitale mostra il numero 52, una volta allargato il campo esso effettua una rotazione facendo notare allo spettatore che il numero era il 25, e la comparsa di un copy in cui si tenta di far immedesimare lo spettatore in quello che ha appena visto: “Chi soffre di anoressia, non riesce a vederla. Chiamaci”.
In Reverse, anch’esso del 2005, si fa gioco sul tempo. Una ragazzina mangia un piatto di pasta, ma invece che ingerire, toglie dalla sua bocca il cibo. Una volta che la madre chiama, il tempo ricomincia a scorrere nel verso giusto, facendo intuire come la necessità di un supporto familiare sia importante nella lotta ai DCA.
Fig. 53/55 (sequenza in alto). Sequenza spot tv campagna “Reverse”, Forum Crisalide, 2005. Fonte: pubblicitaprogresso.org Fig. 56-57 (seq. in basso). Sequenza spot tv campagna “Scale”, Forum Crisalide, 2005. Fonte: pubblicitaprogresso.org
Fig. 58.
Banner Web e poster della campagna “Uniti contro i disturbi alimentari”, Donna Onlus Italia, 2010 Fonte: donnadonnaonlus.org