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Capitolo IV: Il diritto di credere

4. La ricerca della verità

4.2 Il concetto di “credenza”

Prima di affrontare il punto di vista di James, quel emerge in The Will to Believe, ci sembra utile proporre un’analisi sul concetto di credenza in senso lato, per poter declinare successivamente quanto detto nell’ottica del pragmatismo jamsiano e delle sue linee di continuità con il pari pascaliano164.

Riccardo Fanciullacci nel testo Volontà e assenso affronta la critica al volontarismo doxastico. Anche agli scopi del nostro lavoro è utile soffermarsi sulla posizione proposta dal volontarismo doxastico, cioè di quella posizione per cui la volontà del soggetto è in grado o può essere in grado di stabilire le credenze del soggetto «attraverso decisioni volontarie». Si tratta, per coloro che appoggiano questa posizione, di sostenere la centralità della volontà del soggetto nel momento dell’acquisizione o del mantenimento della credenza. Secondo una prima considerazione, si potrebbe senza troppe difficoltà annoverare il filosofo di Clermont nella cerchia di coloro che sostengono questa tesi. A bene vedere, infatti, Pascal propone di scommettere sull’esistenza di Dio, di aprirsi a questa credenza, a partire da un atto di volontà del soggetto.

162 Ivi, p. 46.

163 Per evitare fraintendimenti è bene sottolineare che qui non si vuole certo annoverare Pascal quale pragmatista ante litteram; piuttosto ci è sembrato opportuno sottolineare alcune linee di pensiero comune che rendono la scommessa del filosofo di Clermont non un unicum nella storia della filosofia.

164 Un’opera che abbiamo preso come riferimento per l’introduzione del concetto di credenza è quella di

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Come vedremo in seguito il volontarismo doxastico fa sua un’idea di credenza molto più ampia rispetto a quella che comunemente noi consideriamo; inoltre, per evitare di inserire Pascal in questa corrente di pensiero, è bene anticipare come quella particolare tipologia di credenza che è la fede religiosa sfugga – almeno secondo Riccardo Fanciullacci - alle critiche rivolte al volontarismo doxastico. L'atteggiamento doxastico non coglie la specificità di quel particolare tipo di credenza, che è la fede, e nel nostro caso particolare la fede cristiana. La volontà non interviene, nella Fede cristiana, in seconda battuta per supplire ad una mancanza di evidenze. Piuttosto è chiamata ad assumere la Fede come un'ipotesi di lavoro iniziale su cui investire la propria vita per verificare in seguito la bontà dell'ipotesi stessa. La volontà, così come considerata nei "Pensieri", assume un ruolo specifico, è in fin dei conti l'equivalente della raison che deve comprovare quanto il coeur ha colto per via diretta. L’autore di “Volontà e assenso” in una nota su Pascal motiva la differenza che separa la credenza del filosofo di Clermont da quella del volontarismo doxastico, scrive:

Spesso si ritiene di trovare in Pascal uno dei padri del volontarismo doxastico: egli, si dice, non offre forse delle ragioni prudenziali per decidere di credere in Dio […]? Mi pare che lo spirito della sua scommessa non sia offrire una ragione prudenziale per decidere di credere, ma una ragione prudenziale per decidere di tenere i contenuti della fede come se fossero veri. Ma che senso avrebbe decidere di “tenere- come–se-fosse-vero” il messaggio cristiano? Una possibile risposta è quella accennata nella nota precedente: la fede religiosa è anche una pratica di vita, adottarla dapprima strumentalmente è esporsi alla possibilità di scoprirne l’intrinseca validità, è esporsi alle esperienze in cui è incontrabile la verità del messaggio165.

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L’ interpretazione che questo autore da della fede, quale particolare tipologia di credenza, concorda con la definizione di credenza che dà William James:

Una credenza è uno stato di adesione ad una proposizione (cioè a un contenuto articolato – non necessariamente, però, un contenuto formulato attraverso una frase linguistica) in cui alla proposizione si aderisce come ad una verità e dunque come a un’informazione sul mondo o la realtà […]. La credenza in una proposizione è dunque lo stato intrattenendo il quale si è coinvolti in un’adesione a quella proposizione, cioè in un tenerla-per-vera166.

Tuttavia le credenze possono venire distinte in tre ulteriori categorie che sono: le credenze di cui non siamo immediatamente consapevoli, i giudizi e l’accettazione. È utile distinguere questi differenti livelli per il motivo che essi non sono tutti sotto la nostra volontà diretta. Infatti, le credenze «implicite negli habitus pratici» possono rimanere credenze a cui noi non assentiamo in maniera consapevole, ma che tuttavia teniamo-per- vere167. Diverso è il caso per i giudizi o atti d’assenso che diventano accettazione ovvero

«sono quegli stati di impegno di verità che hanno avuto inizio grazie ad un atto di giudizio»168. È possibile dunque per il soggetto esprimere il proprio assenso per ogni

credenza, tuttavia per alcune credenze il soggetto si trova a dare loro valore di verità anche inconsapevolmente.

Per riassumere quanto emerso in questa chiarificazione sul concetto di credenza è importante evidenziare come sia necessario sgomberare il campo da un equivoco; la credenza non è esclusivamente quella di contenuto religioso ma è un atteggiamento epistemico che riguarda qualsiasi ambito in cui il soggetto si impegna a ritener per vero

166RICCARDO FANCIULLACCI, Volontà e assenso, Orthotes Editrice, Napoli 2012, p. 42. 167 Fanciullacci cita l’esempio paradigmatico della non-compenetrazione degli oggetti. 168 Ivi, p. 43.

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qualcosa. Altro chiarimento essenziale della credenza ci dice che essa non è sempre sotto il dominio della volontà ma può essere vera pur rimanendo esclusa dalla nostra consapevolezza. Quanto al modo corretto di leggere il pari - proposta di tenere-per-vero un dato che è volontario solo nel momento dell’assenso. Lo scommettitore non può volontariamente decidere su che cosa scommettere, l’oggetto della scommessa così come la posta in gioco è già posta; a lui è chiesto di impegnare la propria esistenza nell’avvalorare questa verità.