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Capitolo III: Il pari

3. La scommessa: linee di continuità nel il pensiero pascaliano

3.3 La struttura della scommessa

3.3.1 La coppia finito-infinito

Pascal, prima di proporre al suo interlocutore la scommessa, si preoccupa di fare chiarezza su due termini chiave che saranno al centro dell’argomento. In questo passaggio

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emergono alcuni elementi di quella che in precedenza abbiamo chiamato l’epistemologia di Pascal; l’importanza che lui attribuisce alla definizione chiara dei termini utilizzati di cui aveva scritto nell’Art de persuader vengono applicate all’inizio di questo frammento. I due termini introdotti in questa parte sono quelli di “finito” e “infinito”. Scrive il filosofo di Clermont:

L’uno unito all’infinito non l’aumenta in niente, non più che un piede ad una misura infinita; il finito si annienta a cospetto dell’infinito e diventa un puro niente […]. Sappiamo che esiste un infinito e ignoriamo la sua natura, come sappiamo che è falso che i numeri siano finiti. Dunque è vero che esiste un infinito di numeri, ma non sappiamo cosa sia […] Conosciamo dunque la natura e l’esistenza del finito perché siamo finiti ed estesi come lui. Conosciamo l’esistenza dell’infinito e ignoriamo la sua natura, perché ha estensione come noi, ma non limiti come noi. Ma non conosciamo né l’esistenza né la natura di Dio, perché è privo sia di estensione sia di limiti129.

Il filosofo di Clermont propone al suo interlocutore di compiere preliminarmente una riflessione sul concetto di infinito matematico. L’infinito matematico, pur essendo dai noi colto e compreso, sfugge alla nostra capacità di esaurirlo poiché sfugge alla nostra comprensione perché noi esseri finititi ci «annientiamo al cospetto dell’infinito», siamo in maniera incommensurabile distanti da questo. Questo limite non ci impedisce di stabilire la sua esistenza poiché siamo in grado di stabilire in ambito matematico e geometrico che, per esempio, esiste una serie infinita di numeri naturali.

A questo Pascal sottopone il problema centrale, che sarà più avanti il cardine della scommessa, al suo interlocutore: «Se vi è un Dio, è infinitamente incomprensibile, poiché non avendo né parti né limiti, non ha nessun rapporto con noi. Siamo dunque incapaci di conoscere sia ciò che egli è, sia se egli è»130. Dunque nei confronti di Dio ci troviamo di

129PASCAL, Pensieri, fr. 418(233), pp. 413-415. 130 Ivi, p. 415.

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fronte ad un’incomprensione ancora più grande di quella che potevamo avere nei confronti dell’infinito matematico. Poiché a partire dalla nostra finitezza non siamo in grado di stabilire, non soltanto la sua natura, ma prima ancora la sua esistenza.

In questo passaggio preliminare il nostro autore espone il presupposto di partenza per l’avvio della scommessa. Non verrà mostrata la ragionevolezza dell’ammissione dell’esistenza di Dio - che è imprescindibile per dimostrare la validità della religione cristiana-a partire dalla natura di Dio stesso dai suoi attributi; bensì a partire dalle conseguenze che l’assunzione della sua esistenza comporta.

3.3.2 Il pari

Il libertino è stato condotto dalle argomentazioni del filosofo di Clermont fino a questo punto. Molti interpreti infatti leggono l’argomento della scommessa come punto di arrivo dell’apologetica. Pascal nell’architettare la sua apologetica è consapevole del fatto che, non potrà arrivare fino al punto di suscitare un moto di fede nel cuore del suo interlocutore- amico; lui stesso ha vissuto sulla sua pelle l’importanza dell’incontro personale con il “Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe e di Gesù Cristo” per poter leggere sotto una nuova luce la propria vita e il proprio percorso spirituale. Proprio per questo alcuni leggono il pari come l’apice del percorso apologetico dopo il quale Pascal si fa più teologo che filosofo, convinto della necessità di portare ulteriori elementi a sostegno della religione cristiana.

Tuttavia si può leggere il pari come un bivio che si presenta al lettore e che lo pone di fronte ad una scelta, che è ineluttabile dal momento in cui ci si è mostrati disposti «a trovare qualche lume»131. Dall’esito di questa scommessa conseguirà il prosieguo o l’interruzione

nella lettura dell’opera apologetica. Ad un interlocutore non disposto a scommettere, o peggio che scommettesse contro la proposta di Pascal, sarebbe vano proporre alcun argomento di carattere teologico; giunti a quel punto si sarebbe persa ogni presa persuasiva

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nei confronti dell’interlocutore e l’apologetica si ridurrebbe ad uno sforzo di carattere prettamente proselitistico.

Dunque, l’argomentazione non è semplicisticamente un tentativo originale messo in campo del nostro autore che, come dice Guardini, «ha trovato più attenzione che comprensione»132; piuttosto si tratta del punto di svolta del dialogo tra il filosofo di

Clermont e il suo interlocutore. Ecco come prende avvio l’argomento:

Dio è o non è; ma da quale lato propenderemo? La ragione non può determinare nulla. Vi è un caos infinito che ci separa. Si gioca una partita all’estremità di questa distanza infinita, dove uscirà testa o croce. Che cosa scommetterete? Secondo ragione non potere fare né l’una né l’altra scelta; secondo ragione non potete difendere nessuna delle due […]. No, ma li biasimerò di aver fatto non quella scelta, ma una scelta, poiché, per quanto colui che sceglie testa e l’altro siano nello stesso errore, sono tutti e due in errore; il giusto è di non scommettere133.

Il primo elemento da sottolineare di questo passaggio è la sua evidente componente dialogica presente anche nel resto dell’argomentazione; una lettura attenta restituisce un vero e proprio alternarsi di voci, di stili, botte e risposte, incalzanti che fanno emergere la tensione che si andava creando tra le parti.

È un dato quasi scontato che la scommessa verta sull’esistenza o meno di Dio; e subito emerge la replica dell’interlocutore che ha seguito attentamente le precedenti riflessioni dell’Apologie e cerca di interrompere in principio questo dialogo, ricordando a colui che propone la scommessa che la ragione non può stabilire con certezza quale delle possibilità sia quella giusta. L’errore per lo scettico sta nel prendere parte alla scommessa, a quel punto qualsiasi scelta è indifferente: entrambe sono passibili di errore. A questo punto la scommessa potrebbe arrestarsi immediatamente se colui che l’ha proposta non rilanciasse

132GUARDINI,Pascal, p. 186.

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ancora la posta: «Oui, mais il faut parier. Cela n’est pas volontaire, vous êtes embarqués»134. Pascal

risponde che la situazione in cui si trova lo scommettitore è la medesima di colui che si trovi su di una barca; una barca che solca «gli infiniti spazi» e da cui non è possibile scappare. A chiunque è chiesto di decidersi sulla direzione da far prendere a questa barca, sulla rotta da intraprendere. Le parole dello scettico perdono fortemente il loro valore poiché stando a quanto dice il filosofo di Clermont non è possibile evitare la scommessa, su qualcosa bisogna puntare e l’indifferenza non è una strada percorribile per l’uomo che si pone in ricerca.