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Il concetto di filostorgiva filostorgiva filostorgiva filostorgiva in Plutarco.

d) De sollertia animalium.

1) Il concetto di filostorgiva filostorgiva filostorgiva filostorgiva in Plutarco.

In Ag. et Cleom. 17, 4, la filostorgiva è il «sentimento di affetto» che induce Chilonide, figlia di Leonida e moglie di Cleombroto, a chiedere pietà, per suo marito, al cospetto del padre.214 In virt.

mor. 451 E 215 la filostorgiva è la « carità naturale», inscindibile dall’amicizia. In frat. am. 498 C è «l’amore tenero» dell’allevatore verso il proprio cavallo.216In frat. am. 489 C è «l’amore compassionevole», fatto d’indulgenza, che spinge l’uomo a perdonare il proprio fratello per una qualsivoglia colpa, prima ancora di ricevere le scuse.217In soll. anim. 962 A - B si confrontano le abitudini degli uomini con quelle degli animali: Soclaro rileva l’assenza di un’esplicita volontà degli animali che sia rivolta alla virtù (in vista della quale la ragione stessa esiste), nonché la mancanza di un progresso nella virtù e di un’inclinazione alla medesima. Perché la natura ha fornito gli animali del principio razionale, se essi non possono raggiungere il fine di quest’ultimo? Il dubbio di Soclaro sembra trovare una soluzione nelle parole di Autobulo, il quale, confutando la convinzione stoica che gli animali non possiedono la ragione, sostenendo che gli animali hanno una virtù imperfetta e impura (dovuta alla debolezza della loro ragione), afferma che esistono diversi gradi di intelligenza fra gli esseri animati. Gli Stoici considerano la filostorgiva il principio della vita associata e della pratica della giustizia, ma, sebbene vedano che tale amore è presente negli animali in maniera assai spiccata, negano che gli animali conoscano la giustizia. A questo punto dell’operetta l’autore procede per exempla, miranti ad attestare la veridicità della sua opinio: il fine della persuasio plutarchea è mettere in evidenza come gli Stoici contraddicano se stessi, riconoscendo agli animali il principio dell’affetto parentale, pur negando che esso abbia un fine, la giustizia. La natura mostra nei muli come possa esistere un principio (gli organi sessuali) senza che esso realizzi il proprio fine (la procreazione). Analogamente può esistere la ragione senza che essa raggiunga il proprio fine, ossia la virtù.218 In soll. anim. 970 E Autobulo elenca alcune fondamentali virtù degli animali: egli ribadisce che la liberalità degli animali emerge in modo chiaro dall’affetto 214Qαυµαζόντων δὲ πάντων καὶ δακρυόντων ἐπὶ τῇ χρηστότητι καὶ φιλοστοργίᾳ τῆς γυναικός, ἁψαµένη τῶν πέπλων καὶ τῆς κόµης ἀτηµελῶς ἐχόντων, “τοῦτο” εἶπεν “ὦ πάτερ ἐµοὶ τὸ σχῆµα καὶ τὴν ὄψιν οὐχ ὁ Κλεοµβρότου περιτέθεικεν ἔλεος, ἀλλ' ἀπὸ τῶν σῶν κακῶν καὶ τῆς σῆς φυγῆς µεµένηκέ µοι σύντροφον καὶ σύνοικον τὸ πένθος. 215Xρησιµώτερα τὰ τῶν παθῶν θρέµµατα τῷ λογισµῷ συµπαρόντα καὶ συνεντείνοντα ταῖς ἀρεταῖς, ὁ θυµὸς τῇ ἀνδρείᾳ, µέτριος ὤν, ἡ µισοπονηρία τῇ δικαιοσύνῃ καὶ ἡ νέµεσις ἐπὶ τοὺς παρ' ἀξίαν εὐτυχοῦντας, ὅταν ἅµ' ἀνοίᾳ καὶ ὕβρει φλεγόµενοι τὴν ψυχὴν ἐπισχέσεως δέωνται. φιλίας δὲ φιλοστοργίαν ἢ φιλανθρωπίας ἔλεον ἢ τὸ συγχαίρειν καὶ συναλγεῖν εὐνοίας ἀληθινῆς οὐδὲ βουλόµενος ἄν τις ἀποσπάσειεν οὐδ' ἀποτήξειεν. 216Oὐχ ἧττον δὲ τοῦ διδόναι συγγνώµην ἁµαρτοῦσι τὸ αἰτεῖσθαι καὶ λαµβάνειν αὐτοὺς ἁµαρτόντας εὔνοιαν ἐµφαίνει καὶ φιλοστοργίαν. 217Gὰρ µάτην καὶ πρὸς οὐθὲν ἡ φύσις ἡµῖν ἔδωκε πραότητα καὶ µετριοπαθείας ἔκγονον ἀνεξικακίαν, ἢ µάλιστα χρηστέον τού τοις πρὸς συγγενεῖς καὶ οἰκείους. οὐχ ἧττον δὲ τοῦ διδόναι συγγνώµην ἁµαρτοῦσι τὸ αἰτεῖσθαι καὶ λαµβάνειν αὐτοὺς ἁµαρτόντας εὔνοιαν ἐµφαίνει καὶ φιλοστοργίαν. 218Ἀλλὰ τοῦτο µὲν οὐδ' αὐτοῖς ἐκείνοις, ὦ Σώκλαρε, τοῖς ἀνδράσιν ἄτοπον εἶναι δοκεῖ· τὴν γοῦν πρὸς τὰ ἔγ- γονα φιλοστοργίαν ἀρχὴν µὲν ἡµῖν κοινωνίας καὶ δικαιοσύνης τιθέµενοι, πολλὴν δὲ τοῖς ζῴοις καὶ ἰσχυρὰν ὁρῶν- τες παροῦσαν, οὔ φασιν αὐτοῖς οὐδ' ἀξιοῦσι µετεῖναι δικαιοσύνης.

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che nutrono per la prole, mentre la docilità si manifesta nella nobiltà d’animo; inoltre, rileva Autobulo, l’astuzia e l’intelligenza sono inscindibili dall’ardore e dal coraggio.219Non è possibile, afferma Autobulo, reperire con facilità un’azione degli animali, naturalmente dotati d’ingegno, che riveli in loro soltanto una virtù; si pensi alle virtù descritte in soll. anim. 971 C, la deiliva e l’ajndreiva, prove inconfutabili di filostorgiva degli animali verso la prole. L’autore, attraverso quattro exempla di filostorgiva, rende la sua persuasio più incisiva.

a) La filostorgiva e la pevrdix220: le pernici avvezzano i piccoli, che non sono in grado di fuggire, a buttarsi a terra supini quando vengono inseguiti, e a mettere sul proprio corpo una zolla e dei rifiuti come copertura. Le madri poi depistano gli inseguitori e li distraggono, facendo convergere l’attenzione su se stesse: svolazzano fra i loro piedi e si levano in volo di poco, finchè, dando l’impressione di poter essere catturate, non li riescono a trascinare lontano dai piccoli.

b) La filostorgiva e la lagwvς221: le lepri, quando tornano alla tana per riposarsi, mettono a dormire i leprotti in ordine sparso, spesso anche alla distanza di cento piedi l’uno dall’altro, in modo tale che non corrano pericolo tutti insieme, nel caso in cui si avvicinino un uomo o un cane. Esse stesse, poi, lasciano le proprie tracce in più posti, correndo qua e là, e alla fine, con un grande balzo, si portano molto distanti dalle impronte e così si mettono a dormire. c) La filostorgiva e l’evjlafoς: le femmine dei cervi danno preferibilmente alla luce i propri

piccoli accanto alla strada, dove gli animali carnivori non si avvicinano.222

d) La filostorgiva e l’ejχi~noς: ingegnosa è la previdenza del porcospino nei confronti dei suoi piccoli. Durante l’autunno, esso si introduce sotto le viti, scuote con le zampe gli acini d’uva e vi si avvoltola, raccogliendoli sugli aculei. Il porcospino si introduce nella tana e consegna il carico ai suoi piccoli, perché possano goderne e lo ricevano staccandolo dal suo stesso corpo.

La filostorgiva non designa esclusivamente l’amore per la prole: si pensi alla storia narrata in soll.

anim. 972 F in cui indica «l’amore passionale» di un serpente per una donna. 223In soll. anim. 982 A Plutarco rende la sua persuasio più incisiva presentando al lettore l’exemplum dello squalo amorevole verso la prole. È evidente che quanto più l’esempio è paradossale, tanto più esso genera

219Οὐκ ἀγνοῶ δ' ὅτι <τὸ> τῶν παραδειγµάτων ὑµῖν φανεῖταί τι ποικίλον· οὐκ ἔστι δὲ ῥᾳδίως τῶν εὐφυῶν ζῴων πρᾶξιν

εὑρεῖν µιᾶς ἔµφασιν ἀρετῆς ἔχουσαν· ἀλλ' ἐµφαίνεται καὶ τῷ φιλοστόργῳ τὸ φιλότιµον αὐτῶν καὶ τῷ γενναίῳ τὸ θυµόσοφον, ἥ τε πανουργία καὶ τὸ συνετὸν οὐκ ἀπήλλακται τοῦ θυµοειδοῦς καὶ ἀνδρώδους.

220

Cfr. am. prol. 494 E; Arist. HA. 613a7; Plin. N.H., X, 103; Ael. N.A., IIII, 16; XI, 36.

221Cfr. Ael. N.A., XIII, 11; inoltre sull’abitudine delle lepri di confondere le proprie tracce prima di ritirarsi nella tana, cfr. Ael. N.A., VI, 47.

222Arist. HA. 611a15; Ael. N.A.,VI, 3.

223Oὐκ ἦλθεν ἀλλ' ὡς ἔοικε περιῄει ζητῶν καὶ πλανώµενος· µόλις δέ πως ἐξανευρὼν καὶ περιπεσὼν οὐ πρᾴως ὥσπερ εἰώθει

ἀλλὰ τραχύτερον τῷ µὲν ἄλλῳ σπειράµατι τὰς χεῖρας αὐτῆς ἔδησε πρὸς τὸ σῶµα, τῷ δ' ἀπολήγοντι τῆς οὐρᾶς ἐµαστίγου τὰς κνήµας, ἐλαφράν τινα καὶ φιλόστοργον καὶ πλέον ἔχουσαν τοῦ κολάζοντος τὸ φειδόµενονὀργὴν ἀποδεικνύµενος.

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nel lettore un grado maggiore di stupore e di pathos: il fine dell’autore è, attraverso la descrizione dell’absurdum, commovere il pubblico; la narrazione dell’aneddoto si apre con un’affermazione rilevante: l’amore degli squali per i propri piccoli non è inferiore a quello degli animali più mansueti, quanto all’intensità dell’affetto e della tenerezza. Essi depongono un uovo, quindi allevano il piccolo e lo portano non all’esterno ma all’interno del proprio corpo, come dovesse nascere una seconda volta. Quando esso è diventato più grande, lo lasciano uscire e gli insegnano a nuotare nelle loro vicinanze; poi lo accolgono nuovamente attraverso la bocca e gli offrono il proprio corpo come luogo da abitare, assicurando al tempo stesso nutrimento e riparo, finché i piccoli non divengono sufficientemente forti per potersi soccorrere da soli. 224

Entrambi gli aneddoti (soll. anim. 972 F e 982 A) sono incentrati sulle storie di animali comunemente temuti per la loro ajgriovthς: la persuasio dell’autore si attua attraverso la contestazione di un’opinio communis ed attraverso l’eccezionale e paradossale attribuzione ad animali feroci di qualità e virtù comunemente incompatibili con la loro indole.