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L’αijvjv ijvjvijvjvijvjvξ in metafora.

Nel documento Il lessico zoologico plutarcheo: lettera α (pagine 127-130)

τράγος, bruta anim 990 C-D (ἐπιθυµία).

3) L’αijvjv ijvjvijvjvijvjvξ in metafora.

a) L’αijvijvijvijvξ metafora della brama di ricchezze: in aud. poet. 27 B Plutarco spiega che la poesia non sempre è portavoce di modelli di perfezione etica e morale. Spesso, infatti, la poesia è specchio della realtà e come tale riflette i costumi corrotti della società, le passioni ed i sentimenti più riprovevoli e bassi che appartengono agli uomini. Per supportare la propria opinio, il Cheronese continua la narrazione con una serie di exempla tratti da Omero e da altri poeti: Ulisse, vedendo i ricchi doni dei Proci per la bella Penelope, non fa altro che rallegrarsi del guadagno81, rivelando un’indole più avida di ricchezze di quella di Poliagro, che allevò la capra Amaltea, fonte di immensi beni e di guadagni.

b) L’ αijvijvijvijvξ come metafora della dignità degli animali: in soll. anim. 965 A si ribadisce che la difesa della vita e della dignità dell’animale inizia con l’eliminazione del pregiudizio, tutto umano, secondo il quale gli animali sono schiavi degli uomini.

c) L’αijvijvijvijvξ e la metafora dell’ejgkravteiaejgkravteiaejgkravteiaejgkravteia nel mondo animale: in Bruta anim. 989 A, per dimostrare quanto la temperanza nei comportamenti sessuali degli animali sia

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L. Bodson ( a cura di), La prière pour les animaux, in L. Bodson, L’expérience religieuse dans les grandes religions, Actes du colloque de Liège-Louvain-la-Neuve, 22-23 novembre 1978, Louvain-la-Neuve, Centre d’histoire des religions, 1980, pp. 149-172.

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Cfr. J. N. Bremmer, Scapegoat Rituals in Ancient Greece, in R. Buxton (ed.), Greek Religion, Oxford, OUP, 2000, pp. 271-293. Uno studio approfondito sulla simbologia del sacrificio della capra in W. Burkert, Greek tragedy and sacrificial

ritual, «GRBS» 7 (1966), pp. 87-121. Cfr.inoltre.W. Burkert, Anthropologie des religiösen Opfers. Die Sakralisierung der Gewalt, Monaco, 1984. Cfr. Inoltre sul tema del sacrificio. W. Burkert, Wilder ursprung. Opferritual und mythos bei den griechen, Berlino, 1990 ed anche W. Burkert, Creation of the Sacred: Tracks of Biology in Early Religions, Mass,

Cambridge, 1996.

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superiore a quella umana si riporta l’esempio del caprone di Mendes,82 che rifiuta di unirsi ad esseri viventi che non appartengono alla propria specie. Rinchiuso insieme con molte belle donne, non è disposto ad unirsi a loro, ma è preso da un desiderio ardente per le capre, così come Ulisse ha goduto dei piaceri d’amore, rifiutando di unirsi ad una dea. In Bruta anim. 990 C-D si ritorna sul tema dell’ejgkravteia nel mondo animale: l’αijvξ (così come altri animali) diventa simbolo della purezza e della spontaneità dell’amore tra gli animali, che è scevro da lascivia, inganni e frode, fortemente presenti nell’amore tra esseri umani83.

d) L’αivjivjivjivjξ e la metafora della suvnesisuvnesisuvnesisuvnesiςςςς: in soll. anim. 974 D si discute sulla capacità degli animali di ricorrere all’arte chirurgica. Si racconta che le capre cretesi, mangiando il dittamo84espellono con facilità le frecce confitte nel loro corpo. In

Bruta anim. 991 F, per dimostrare l’intelligenza degli animali, Plutarco riporta

l’esempio della testuggine, che si purga con l’origano se ha mangiato una vipera e delle capre cretesi che, se colpite da frecce, mangiano dittamo per espellerne le punte85.

e) L’αijvijvijvijvξ come metafora della paraskeuhvparaskeuhvparaskeuhvparaskeuhv nel mondo animale: in soll. anim. 974 F si discute sulle capacità aritmetiche e delle cognizioni astronomiche degli animali. Le capre si volgono ad Oriente per preannunciare il levarsi dell’ astro Sothis ed il suo ritorno periodico86.

f) L’αijvijvijvijvξ metafora del fardello della povertà: in vit. aer. al. 830 A87 si discute della povertà e di come contrarre debiti possa ulteriormente aggravare la posizione del povero. Per rendere più efficace il concetto Plutarco utilizza ironicamente la metafora dell’uomo che, dopo aver caricato sulle spalle una capra, afferma di non aver difficoltà a caricare anche un bue. La capra rappresenta il fardello della povertà.

g) L’αijvijvijvijvξ e la funzione antonomastica: per l’importanza che ebbero greggi ed armenti nella loro società, i Romani chiamarono il loro patrimonio peculio, da pecus e diedero ai loro figli nomi di animali quali Suillio, Bubulco, Caprario e Porcio.

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Del caprone di Mendes parlano svariati scrittori, tuttavia solo Plutarco accenna alla sua ejgkravteia ed alla naturale predilezione per le capre. Cfr. anche E. Meyer, Lexicon der Mythologie, vol. II, pp. 2770 - 2775, per gli studi sul caprone venerato come divinità.

83

In am. prol. 493 F - 494 A sono espresse considerazioni analoghe sull’ eJgkravteia nel mondo animale. 84 In Plin. N. H., XI, 283, i cervi espellono col dittamo la freccia conficcata nel loro corpo.

85

Arist., HA. 612 a 3 sgg.; Plin., N. H., XXV, 92. 86

Arist., HA.611 a2; Plin., N. H., VIII, 203. 87

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h) h) h)

h) L’αijvijvijvijvξ e la funzione realistica: in aet. rom. 290 A-B Plutarco affronta il seguente quesito: dιὰ τί δὲ καὶ κυνὸς καὶ αἰγὸς ἐκέλευον ἀπέχεσθαι τὸν ἱερέα, µήθ' ἁπτόµενον µήτ' ὀνοµάζοντα; Ci si chiede perché il sacerdote venga tenuto lontano dal cane e dalla capra. Le risposte al quesito sono varie: forse per la natura intemperante ed immonda della capra (πότερον τῆς µὲν αἰγὸς βδελυττόµενοι τὸ ἀκόλαστον καὶ δυσῶδες) o perché essa è fonte di malattie (ἢ φοβούµενοι τὸ νοσηµατικόν); sembra infatti che la capra trasmetta l’epilessia sia a chi ne mangia la carne sia a chi la tocca (δοκεῖ γὰρì ἐπιληψίᾳ καταλαµβάνεσθαι µάλιστα τῶν ζῴων καὶ pροsαναχρώννυσθαι τοῖς φαγοῦσιν ἢ θιγοῦσιν). Sull’associazione epilessia-capra si dà una spiegazione paradossale: essa sarebbe determinata dal fatto che gli uomini affetti da epilessia emettano una voce simile al belare delle capre (καὶ γὰρ ἀνθρώπων ὅσοις ἐπιληπτίζουσι συµβαίνει φθέγγεσθαι µηκασµῷ παραπλησίαν φωνὴν ἀφιᾶσι). 88In quaest. conv. 662 D si discute sulla scelta di prediligere un’alimentazione variegata rispetto ad un’alimentazione basata sull’assunzione di un unico cibo. Si riflette sul fatto che gli animali, mangiando in modo più semplice e meno vario, siano apparentemente più sani degli uomini, che, al contrario, hanno una dieta varia e ricca. Tuttavia tale opinione, di cui è portavoce Filino, è smantellata da Plutarco (εὐθὺς οὖν περὶ τὸ πρῶτον, ὦ Φιλῖνε, τῶν ἐπιχειρηµάτων δοκεῖς µοι διεψεῦσθαι, τὰ θηρία τῶν ἀνθρώπων ἁπλουστέραις τροφαῖς χρῆσθαι καὶ µᾶλλον ὑγιαίνειν ὑποτιθέµενος. οὐδέτερον γὰρ ἀληθές ἐστιν) attraverso l’esempio delle capre di Eupoli89, le quali hanno una alimentazione mista e varia, costituita da molteplici piante (ἀλλὰ τῷ µὲν αἱ παρ' Εὐπόλιδος αἶγες (fr.14) ἀντιµαρτυροῦσιν, ὑµνοῦσαι τὴν τροφὴν ὡς παµµιγῆ καὶ ποικίλην οὖσαν, οὕτως πως λέγουσαι βοσκόµεθ' ὕλης ἀπὸ παντοδαπῆς). In quaest. conv.700 D si parla di fatti eccezionali ed inspiegabili riguardanti il mondo animale: quando una capra mangia l’eringio accade qualcosa di incredibile, tutto il gregge si ferma come ammaliato e riprende il suo percorso solo nel momento in cui il capraio sottrae l’erba dalla bocca dell’animale (τὸ ἠρύγγιον, ὃ µιᾶς αἰγὸς εἰς τὸ στόµα λαβούσης ἅπαν ἐφίσταται τὸ αἰπόλιον).

88

Plin., N.H., XXVIII, 16 dice al contrario che la carne di capra viene mangiata per curare l’epilessia. 89

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Scheda VI

ajlevktwr, ajlektorivς

Nel documento Il lessico zoologico plutarcheo: lettera α (pagine 127-130)