• Non ci sono risultati.

Siamo arrivati alla fine di questa dissertazione chiudendo, così, il cerchio del lungo discorso che è stato sviluppato in questa tesi. Abbiamo, perciò, parlato del concetto di classe creativa di Florida e delle caratteristiche che un territorio deve avere per attrarre questo tipo di classe.

Abbiamo provato a capire se l’Italia è un paese che attrae ancora questa classe

creativa, ed è stato sviluppato sia attraverso l’analisi teorica fatta nel secondo

e terzo capitolo, sia in concreto attraverso le esperienze dirette dei nostri intervistati che operano nel territorio veneziano, nel capitolo quarto.

All’inizio del nostro discorso, ci chiedevamo se fosse stato possibile, in senso metaforico, inserire all’interno della loro carta d’identità come professione

artista. Questo perché, come abbiamo visto nei primi capitoli della tesi, sono

state adottate delle azioni, come l’intento di volere impartire il concetto di

classe creativa di Florida al territorio italiano, affinché la società e le

istituzioni ne riconoscessero un ruolo anche professionale.

Alcuni degli intervistati, effettivamente, hanno avvertito l’esigenza di essere riconosciuti dalla società come degli artisti professionisti, affinché il loro messaggio possa essere percepito in modo efficace dal territorio in cui operano. Inoltre, abbiamo visto che l’essere riconosciuti come dei professionisti permetterà agli artisti di essere identificati dalle altre professioni in un ruolo specifico, in altre parole quello per cui sono specializzati come fotografo, pittore, scrittore, ecc. Questo gli consentirà di assumere un ruolo per cui saranno riconosciute e attribuite delle qualifiche. Queste ultime saranno necessarie al presunto artista perché la sua specializzazione, gli servirà

144

quando vorrà collaborare con altre professioni. Dalle indagini, infatti, è risultato che gli intervistati auspicano di collaborare non solo con altri artisti di settori differenti ai loro, ma anche con professionisti che non sono dell’ambito artistico.

Nello stesso tempo, però, abbiamo constatato che vi sono degli intervistati che nonostante operano attraverso l’arte non riescono a riconoscersi nel ruolo di artista. Il riconoscersi in questo ruolo, infatti, sarebbe non compatibile con il loro modo di essere. Perché secondo questi, l’artista è parte integrante dell’essere della persona che sarà, pertanto, incompatibile con l’essere etichettato, definito o classificato. Se fosse classificato, si perderebbe l’essenza della moltitudine delle sfaccettature dell’essere stesso dell’artista. Sfaccettature che sono essenziali affinché l’artista possa diventare l’anello di congiunzione tra la società, l’idea di coerenza e tolleranza.

La preoccupazione di questi intervistati nel non voler essere etichettati o nel non voler essere riconosciuti in modo prescritto in questo ruolo, ovvero quello dell’artista, risulterà essere in contradizione con l’idea di classe creativa stilata da Florida. Come si evince dalle interviste di queste persone, che operano all’interno del territorio veneziano attraverso l’arte e la cultura, sarà perciò un’incoerenza inserire la parola “artista” all’interno di questo tipo di classe se neanche loro si riconoscono e voglio essere classificati in questo tipo di categoria.

Tuttavia, è un controsenso inserire in un’unica classe professionalità che non hanno lo stesso riconoscimento sociale ed economico, in questo senso vi è una netta differenza tra un ingegnere e un artista, anche il modo in cui interagiscono con il territorio e le opportunità che potrebbero creare all’interno di esso.

145

Inoltre, la parola “artista” è stata miticizzata per giustificare le azioni dei vari stakeholder che avevano interessi del tutto speculativi. Questo ha reso l’artista ripugnante o allergico alla parola stessa.

Tuttavia l’artista anche se volesse rimanere fuori dalle regole del mercato, se vuole operare attraverso la sua creatività facendola diventare non solo uno stile di vita ma anche una fonte di sostentamento economico, deve trovare un compromesso tra quello che è il suo lato artistico e quello che il mercato gli chiede per entrare e operare. Compromesso che spesso non combacia con la sua etica e il suo stile di vita.

Durante l’analisi di questi incontri è risultato che questi intervistati desidererebbero vivere completamente della loro arte e che non riuscirebbero a fare lavori diversi da quelli legati all’arte stessa. Alcuni degli intervistati, infatti, si sono trovati a svolgere attività non legate né all’arte né alla creatività, lavorando per lo più nella ristorazione. Altri, invece, hanno scelto di lavorare sempre nell’ambito artistico ma non come protagonisti ma come organizzatori o come giornalisti o blogger.

Pertanto quello che risalta dalle loro interviste è che non riuscirebbero a fare un lavoro per cui bisogna timbrare un cartellino. Ciò nonostante, questi intervistati non riuscirebbero a fare un lavoro da dipendenti, che richiederebbe degli orari e una frequenza costante. La soluzione, allora, sarebbe stata quella di diventare loro stessi degli imprenditori. Perché un imprenditore è chi

s’intraprende in una sua attività, in cui da solo gestisce il proprio lavoro e i

propri orari. Un imprenditore, inoltre, fornisce o crea dei servizi o dei beni che possono essere utili alla società del territorio in cui opera.

Alla domanda se si sentivano degli imprenditori della loro attività, gli intervistati si sono schierati in due tipi di gruppi: il primo gruppo afferma che

146

è necessario esserlo almeno all’inizio, perché poi andando avanti con gli anni e aumentando la propria reputazione viene difficile riuscire a conciliare le due cose, ovvero lavoro artistico e lavoro burocratico; il secondo gruppo, invece, afferma che non riuscirebbe a fare le due cose contemporaneamente, perché sono troppo immersi nella loro attività artistica per dedicarsi anche ad altro. Tuttavia, forse servirebbero delle figure qualificate e specializzate nell’aiutarli in questa loro attività, per assisterli nell’avvio della loro “impresa”. Impresa, però, che sarà diversa da quella di altri tipi di beni, perché nel nostro caso gli artisti avrebbero come unica risorsa per la loro produzione l’ispirazione, che non arriva né a orari né attraverso la formazione.

Possiamo, quindi, inserire nella loro carta d’identità alla voce professione la parola artista? E quindi essere etichettati come appartenenti alla classe

creativa di Florida? Gli intervistati risponderebbero no, loro non si sentono

artisti, agiscono nel territorio attraverso la creatività perché è la loro natura che gli esprime l’esigenza di comunicare il quel modo. L’artista è l’essenza stessa della persona creativa. È solo il suo stile di vita e una scelta di vita. Un rischio simile all’imprenditorialità ma con la differenza che rischiano non per raggiungere una ricchezza economica ma perché è una esigenza che ti conduce a vivere solo per lei: l’arte.

147

Allegato: