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In conclusione, si può affermare che il mito di Medea, attestato nelle fonti classiche e affrontato da più punti di vista dagli autori greci e latini (Euripide, Apollonio Rodio, Ovidio e Seneca), assume notevole rilevanza nell’Ottocento vittoriano, in particolare nelle opere di George Eliot. Fervente appassionata e studiosa dei classici, la scrittrice riserva ampio spazio alla figura di Medea in tre dei suoi romanzi, Adam Bede, Felix Holt e Daniel Deronda.

Nei romanzi eliotiani la ripresa del mito di Medea e i paralleli con i classici rivelano l’erudizione di George Eliot e arricchiscono le descrizioni dei sentimenti e delle vicende dei personaggi.

Nei tre romanzi George Eliot sviluppa diversi aspetti della figura e della storia di Medea: credendo nella funzione didattica della letteratura, la scrittrice si occupa di questioni che contraddistinguono la società a lei contemporanea, come l’infanticidio, la Woman Question, l’inserimento dello straniero nel tessuto sociale. Dall’analisi del modo in cui George Eliot riprende il mito di Medea nelle tre opere, si può concludere che esso acquista sempre maggior spazio e definizione: partendo da un riferimento implicito alla figura e alle vicende di Medea in Adam

Bede, la scrittrice chiarisce e intensifica i paralleli tra il mito e i suoi personaggi in Felix Holt, per delineare poi una completa e precisa corrispondenza in Daniel Deronda.

In Adam Bede la tematica dell’infanticidio crea il collegamento con il mito: le corrispondenze vengono stabilite attraverso parallelismi tematici e strutturali, senza che i personaggi del mito vengano mai nominati esplicitamente. La nuova Medea è rappresentata da Hetty, che, analogamente alla principessa colchica, viene sedotta e abbandonata da un uomo meschino come Giasone, ovvero Arthur. Hetty ha dei tratti in comune non solo con Medea, ma anche con Creusa: essa riunisce in sé le due donne poiché è vittima della vanità come Creusa e della seduzione maschile come Medea.

Come Medea, Hetty si macchia del crimine di infanticidio: rispetto alla principessa colchica, il cui gesto scaturisce dalla volontà di vendicare il tradimento e l’abbandono subìti da parte del marito, la ragazza si vede costretta a

120 far morire il figlio a causa della disperazione, della miseria e della vergogna. Inoltre, se nel mito l’uccisione dei figli è violenta, nel romanzo è meno cruenta, dal momento che Hetty provoca la morte del figlio limitandosi ad abbandonarlo in una fessura e a coprirlo con della legna.

L’infanticidio descritto da George Eliot presenta un’ulteriore particolarità rispetto a quello di Medea: esso diventa l’atto che permette di allontanare la donna infanticida e quindi di fondare una nuova società, epurata da tutti gli eccessi.

In Felix Holt la trattazione del mito di Medea perde il collegamento con la tematica dell’infanticidio che aveva caratterizzato Adam Bede. Esso si presenta ora in modo attenuato e si manifesta nel disprezzo che Mrs. Transome prova prima per il figlio primogenito, poi per il secondogenito e nel rimpianto per averli dati alla luce.

In questo romanzo la ripresa del mito si lega in particolare alla Woman Question, ovvero alle discussioni sull’emancipazione femminile: in qualità di non attivista politica George Eliot concepiva il miglioramento delle condizioni della donna non nei termini dell’ottenimento del diritto di voto né di un cambiamento radicale, bensì auspicava una trasformazione graduale che garantisse alle donne un’ educazione migliore, poiché, come rivelano i finali dei romanzi eliotiani, la società vittoriana finisce per prevalere su coloro che pretendono di essere diversi e modificare bruscamente lo status quo.

Il rapporto con il mito di Medea si stabilisce sia attraverso collegamenti diretti alle fonti classiche, in particolare a Euripide, che tramite richiami espliciti ai protagonisti del mito. Jermyn, che ripudia Mrs. Transome per contrarre un matrimonio più vantaggioso con un’altra donna, ricorda quanto Giasone fa con Medea e viene paragonato dal narratore al personaggio greco: entrambi, non sentendosi in debito verso l’amata, non si fanno scrupoli ad abbandonarla.

In Daniel Deronda la ripresa del mito di Medea e in particolare le sue connotazioni di donna, straniera e outsider, sono funzionali alla problematica con cui George Eliot si confronta, ovvero l’esclusione sociale, resa attraverso l’attenzione per due categorie, le donne e gli ebrei (vittime dell’emarginazione). Mentre le protagoniste femminili che cercano di essere eccezionali e di affermarsi vengono schiacciate dalla società, gli ebrei trovano la loro dimensione e

121 acquistano sempre più spazio grazie alla loro capacità di saper attendere il cambiamento graduale.

Come in Felix Holt, anche in questo romanzo la tematica del’infanticidio è attenuata rispetto ad Adam Bede: esso assume la connotazione di abbandono, che si riflette in Lydia, la quale non esita a lasciare il figlio e il marito per seguire l’amante Grandcourt, e in Leonora, che preferisce disfarsi del figlio e perseguire i propri interessi.

In Daniel Deronda il rapporto con il mito di Medea trova una corrispondenza completa e dettagliata: esso viene stabilito da un personaggio (Mr. Vandernoodt), il quale paragona il rapporto che lega Gwendolen, Grandcourt e Lydia a quello che si instaura tra Creusa, Giasone e Medea. Grandcourt, come Giasone, è diviso tra due donne, ovvero Lydia, la precedente amante, che viene allontanata come accade a Medea, e Gwendolen, che diventa la nuova moglie, come Creusa. Inoltre il parallelo con il mito emerge attraverso la riproposizione del “dono di morte”: come Medea vendica l’onta subita inviando a Creusa dei doni avvelenati che la uccidono, così Lydia invia a Gwendolen i gioielli di Grandcourt che le spettavano di diritto con le nozze e li accompagna con la sua maledizione nei confronti del nuovo matrimonio e della nuova sposa.

Il mito emerge poi nuovamente nella seconda parte del romanzo, anche se in maniera meno esplicita, e coinvolge Gwendolen, Deronda e Mirah. Daniel, come Giasone, è conteso tra due donne: Gwendolen, che viene rifiutata (come Medea) e Mirah che, come Creusa, Daniel sceglie di sposare per convenienza sociale e politica. Gwendolen (come già Hetty) rappresenta sia Medea che Creusa: questo simboleggia che Gwendolen è una vittima come loro. Dietro questo doppio accostamento si può cogliere il suggerimento di Eliot che in ogni donna sono racchiuse caratteristiche sia di Creusa che di Medea.

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