• Non ci sono risultati.

Il mito di Medea in Daniel Deronda

5.1 Inquadramento storico

Nel suo ultimo romanzo, pubblicato nel 1876, George Eliot focalizza la sua attenzione sul tema dell’esclusione sociale, reso attraverso l’analisi della questione ebraica e della Woman Question, trattati in due filoni narrativi che giungono poi ad intrecciarsi.

La parte del romanzo che si concentra sugli ebrei è frutto delle ricerche di George Eliot sulla storia ebraica e sui movimenti sionisti finalizzati alla riconquista dell’identità nazionale semitica, che caratterizzarono la seconda metà dell’Ottocento. In questo periodo in Inghilterra erano presenti un numero rilevante di ebrei: alcuni di essi si erano integrati e detenevano cariche pubbliche, ma la maggior parte viveva nei ghetti svolgendo la mansione di usurai e suscitando non solo la disapprovazione della borghesia inglese ma anche l’intolleranza e il pregiudizio. Come alcune nazioni europee stavano cercando di conquistare l’identità nazionale (Grecia, Italia, Germania), così anche il popolo ebraico cercava di ritornare nella Terra Santa da dove era stato esiliato e rifondare una nazione propria. Di tale ideologia, detta sionismo, è rappresentante il protagonista da cui prende il nome il romanzo. Attraverso il mito dell’esilio si fa spazio il riferimento a Medea, che, come gli ebrei, sperimenta la sofferenza dell’assenza di una patria e la discriminazione per la diversità etnica.

Le conoscenze di George Eliot sulla storia, la cultura e la religione ebraica che emergono nel romanzo provengono dall’amicizia con lo studioso talmudico Emanuel Deutsch, che la scrittrice incontrò per la prima volta nel 186675. Nello stesso anno essa visitò alcune sinagoghe, come quelle di Francoforte e Amsterdam, e a partire dal 1873 si dedicò allo studio della storia ebraica, della lingua e della religione, aiutata da Deutsch. Eliot lesse alcune storie sulla vita nel ghetto e acquistò l’opera enciclopedica di Graetz sulla storia degli ebrei (Geschichte der

Juden), che le servì come fonte primaria per redigere la parte del romanzo che ha

a che fare con la questione ebraica. La scrittrice lesse e ammirò inoltre le opere di

82 Leopold Zunz, uno studioso ebreo che si impegnò nel campo letterario e storico per diffondere e rivalutare l’importanza della cultura ebraica76.

Inoltre, anche le opere dello scrittore ebreo tedesco Heinrich Heine rappresentarono una risorsa importante per George Eliot77. In un articolo pubblicato sulla rivista Westminster Review, Eliot aveva scritto un commento positivo su di lui, chiamandolo «one of the most remarkable men of this age; no echo, but a real voice, and therefore, like all genuine things in this world, worth studying»78. Per quanto riguarda la parte filosofica George Eliot lesse Kusari di Jehuda Halevy, un poeta e filosofo ebreo del X secolo, di cui venne a conoscenza tramite Heine79.

Nel romanzo il quadro che George Eliot offre degli ebrei, della cultura semitica e della ricerca di un’identità nazionale contrasta con la grettezza, l’arroganza e i pregiudizi della borghesia inglese vittoriana nei confronti della figura dello straniero. Il popolo ebraico riesce a superare l’esclusione sociale e ottiene la possibilità di trovare la propria dimensione grazie a Deronda e alla patria che egli si prefigge di fondare.

Nella parte del romanzo in cui viene dedicata attenzione alla figura della donna e al suo ruolo, George Eliot mostra ancora una volta come la via d’uscita dall’oppressione ideologica e dalla discriminazione che la società maschilista vittoriana esercita sulle donne non sia la ribellione, ma il cambiamento graduale, poiché le donne che sfidano apertamente i dettami sociali vengono ostracizzate. L’universo femminile viene descritto da George Eliot attraverso il ricorso al mito di Medea: la scrittrice modella su Medea le figure femminili che vengono abbandonate dagli amati, escluse per la loro diversità (etnica e morale) e che presentano uno spirito ribelle e anticonformistico. I riferimenti al mito e ai testi classici, in particolare a Euripide, vengono stabiliti tramite un parallelo diretto: George Eliot paragona esplicitamente la situazione dei suoi personaggi a quella dei protagonisti del mito, mettendone in evidenza la somiglianza.

76 Cfr. Anderson 1997: 40. 77 Cfr. Handley 1984: X.

78 ‘German Wit: Heinrich Heine’, Westminster Review, LXV (1856). 79 Cfr. Handley 1984: X.

83 Dal momento che Medea rappresenta l’archetipo dell’ outsider (è una donna dalla natura forte che sfida le convenzioni morali e sociali ma è anche straniera e barbara e in quanto tale sottoposta a discriminazioni) essa funge da trait d’union tra le due questioni affrontate da George Eliot nel romanzo.

5.2 L’intreccio del romanzo

A differenza di Adam Bede e Felix Holt, Daniel Deronda è ambientato solo dieci anni prima rispetto al presente, cioè tra il 1864 e il 1866, ed è articolato in due sequenze narrative, unite dal personaggio che dà il titolo al romanzo.

Il racconto inizia con l’incontro tra Daniel Deronda e Gwendolen Harleth durante una partita al gioco della roulette in una città tedesca, a Leubronn. I due non si scambiano parole, ma sguardi: Daniel osserva Gwendolen mentre si concentra per battere gli avversari ed è allo stesso tempo attratto e insospettito dalla ragazza, che davanti a lui perde tutte le sue vincite; Gwendolen invece è infastidita dalla presenza del giovane, che sembra misteriosamente farle perdere la concentrazione e dunque il gioco. Il giorno seguente Gwendolen riceve una lettera da sua madre, che la informa della rovina economica della famiglia e la scongiura di tornare a casa. Disperata per aver perso tutti i suoi soldi, Gwendolen decide di impegnare una delle sue collane al gioco della roulette per recuperare il denaro perduto. Mentre è in camera però, un portiere le riconsegna la collana (accompagnata da un biglietto che lei attribuisce a Deronda) ed intuisce che è stato proprio Deronda a riscattarla per lei, poiché egli l'aveva vista mentre impegnava la collana. Gwendolen torna in Inghilterra e, con la madre, le quattro sorelle e la governante, si trasferisce in una residenza più modesta. La famiglia è protetta dai parenti Gascoigne, che hanno una figlia, Anna, dell'età di Gwendolen, e due figli, Rex e Warham, di cui il primo studia ad Oxford mentre l'altro è in procinto di partire per l'India. Nel nuovo ambiente Gwendolen attira l’attenzione sia per la bellezza sia per le arie di ostentazione che l’accompagnano; essa si dimostra una figlia altezzosa, ma affezionata: in società è ammirata per la sua bellezza, ma guardata con sospetto a causa delle sue osservazioni ironiche e del suo comportamento autoritario.

84 Tornato a casa per una breve vacanza, Rex s'innamora di Gwendolen senza essere corrisposto; dopo aver sofferto per la delusione, ritorna a studiare ad Oxford. I Gascoigne e la madre di Gwendolen progettano un buon matrimonio per la ragazza, in modo tale da compensare la crisi economica che la famiglia sta attraversando. L’occasione viene offerta dall'arrivo di Henleigh Grandcourt, un uomo taciturno e autoritario che è il nipote e l’erede del barone Sir Hugo Mallinger Grandcourt. Henleigh Grandcourt, attratto dalla bellezza di Gwendolen, inizia a corteggiarla, ma non è corrisposto. Quando lo zio Gascoigne riesce a convincere la ragazza ad accettarlo come marito dal momento che è un ottimo partito, si presenta un ostacolo: Gwendolen ha un colloquio con una donna, Lydia Glasher, la precedente amante di Grancourt, la quale le racconta la propria storia, persuadendola a non sposare Grandcourt. Lydia rivela a Gwendolen che anni prima aveva lasciato il marito per intraprendere una relazione con Grandcourt, dal quale aveva avuto quattro figli. Lydia aggiunge che il diritto di sposarlo spetta a lei, poiché egli le aveva promesso da molto tempo che avrebbe reso legittima la loro relazione tramite il matrimonio. Gwendolen è sconvolta dalla notizia e decide di non sposare Grandcourt (senza svelarne il motivo alla madre e ai parenti), e di partire per la Germania. Grandcourt la insegue, accompagnato dall'amico Lush, e durante il viaggio incontra lo zio Hugo e Daniel Deronda.

Daniel è un giovane uomo che aveva avuto un’infanzia singolare; i suoi genitori erano morti quando lui era bambino ed era stato cresciuto da Sir Hugo, che lui chiamava zio. Aveva ricevuto lezioni da un maestro privato finché lo zio non gli aveva comunicato la sua intenzione di farlo studiare all’università di Cambridge. Il rapporto tra Sir Hugo e Daniel era molto profondo e filiale, tanto che crescendo si era insinuata in Daniel l’idea di essere il figlio illegittimo di Sir Hugo. A scuola e all’università Daniel si era rivelato un ragazzo altruista e un bravo studente, propenso in particolare per la matematica, ma aveva poi preferito interrompere gli studi per viaggiare.

Pochi giorni dopo l’incontro con Grandcourt, Daniel salva Mirah Lapidoth, una ragazza ebrea che vuole suicidarsi, e l’affida alla madre di Hans (un amico dell’università) e alle sue sorelle. Mirah racconta la propria storia, cioè di essere fuggita dal padre, il quale l'aveva separata dal fratello e dalla madre per portarla

85 con sé nelle sue peregrinazioni in cerca di fortuna in Europa; qui viveva in modo nomade sfruttando le qualità canore della figlia. La ragazza aggiunge di essere alla ricerca della madre e del fratello e ottiene la collaborazione di Daniel. I due diventano molto amici: Mirah gli comunica le sue conoscenze sull’ebraismo, suscitando l’interesse di Deronda.

Nel frattempo Gwendolen torna a casa, dove scopre che, a causa di uno sfortunato investimento, i soldi della madre sono andati perduti. Dopo aver inizialmente rifiutato la proposta di matrimonio con Grandcourt, essa declina anche il posto di governante che le era stato offerto. Gwendolen decide che il modo in cui si procurerà i soldi sarà consono al suo rango: vuole diventare attrice e cantante. Quando la ragazza si accorge però che si tratta di un’attività non redditizia e difficile, capisce che l’unico modo per salvare la famiglia dalla miseria è accettare l’offerta di matrimonio di Grandcourt, nonostante la promessa fatta a Lydia di non sposarlo.

Grancourt invita Gwendolen a un pranzo nella sua dimora e qui la ragazza conosce di persona Deronda e parla con lui, rimanendo affascinata e incuriosita. Poco prima di sposarsi, Grandcourt si reca da Lydia per chiederle la restituzione dei gioielli di famiglia che lui le aveva regalato molti anni prima. Appresa la notizia ufficiale del suo matrimonio, Lydia cerca di non dare a vedere la sua rabbia mista a tristezza e annuncia a Grandcourt che provvederà lei stessa a fare avere i monili alla sposa il giorno delle nozze. Dopo il matrimonio, Grandcourt e Gwendolen si trasferiscono in una nuova dimora e Gwendolen riceve i gioielli da Lydia come promesso. Ma il dono causa in Gwendolen una reazione isterica: esso è accompagnato da un biglietto in cui Lydia riversa il proprio odio contro di lei, maledice i gioielli e il nuovo matrimonio.

Deronda si interessa al caso di Mirah e inizia a cercarne la madre e il fratello. Durante le sue ricerche, Daniel incontra l’ebreo Mardocheo, con il quale stringe amicizia e trascorre del tempo approfondendo le proprie conoscenze sull’ebraismo. Mardocheo dichiara il suo desiderio che il popolo ebraico conservi un'identità nazionale e che un giorno ritorni alla “Terra Promessa”. Egli vuole inoltre che Daniel sia il suo erede intellettuale, che continui a portare avanti il suo sogno e diventi un sostenitore del popolo ebraico. Nonostante sia fortemente attratto dal

86 sapere di Mardocheo, Deronda esita a impegnarsi per una causa che non sembra avere nessuna relazione con la sua identità. Il desiderio di Daniel di abbracciare la visione di Mardocheo diventa più forte quando scopre che egli è il fratello di Mirah. Tuttavia Deronda non è ebreo e non riesce a far coincidere il suo affetto e il suo rispetto per Mardocheo con una vita dedicata alla difesa del popolo ebraico. Nel frattempo Gwendolen, che pensava di poter imporre la sua volontà a Grandcourt una volta sposati, è oppressa dal marito, che si rivela un uomo crudele. Gwendolen riversa le sue angosce su Daniel, con il quale stabilisce un rapporto sempre più confidenziale: i due si incontrano regolarmente (suscitando l’irritazione e la gelosia di Grandcourt) ed egli le fornisce consigli e suggerimenti su come comportarsi con il marito.

Grandcourt diventa sempre più ostile nei confronti di Deronda e rimprovera la moglie per il tempo che trascorre con lui; per allontanarla da Daniel, Grandcourt progetta una crociera nel Mediterraneo.

Sir Hugo comunica a Deronda che sua madre, la principessa Leonora Halm- Eberstein, è viva e lo vuole incontrare a Genova. Deronda si reca nella città italiana e conosce sua madre, che gli rivela che è ebreo e che il suo vero cognome è Alcharisi. La donna racconta poi la propria storia: il nonno di Daniel era un ebreo conservatore e autoritario che le aveva imposto la rigida educazione ebraica e l’aveva obbligata a sposarsi con il cugino, mentre lei desiderava intraprendere la carriera di cantante d'opera. Morti suo padre e suo marito, la donna si era trovata libera e, per prima cosa, si era assicurata che il figlio Daniel crescesse come un gentiluomo inglese nella dimora di Sir Hugo, evitando che patisse le sofferenze che lei, in quanto ebrea, aveva dovuto sopportare; la donna si era poi dedicata al canto e in seguito si era risposata con un nobile, diventando la principessa Halm- Eberstein. Da un lato Daniel prova dispiacere per essere stato rifiutato, ma dall’altro lato è felice di avere finalmente scoperto le sue origini e in particolare di aver appreso di essere ebreo, perché può sperare nell'amore di Mirah e diventare l’erede spirituale di Mardocheo.

A Genova Deronda incontra casualmente i Grandcourt, che avevano fatto tappa in città durante la crociera sul Mediterraneo. Grandcourt, furioso per la coincidenza, trascina la moglie in mare aperto, ma la gita gli è fatale: durante una manovra

87 sulla barca, cade in acqua e muore. Daniel assiste Gwendolen, che è in preda allo shock e ai rimorsi: essa si sente colpevole della morte del marito sia perché l'ha desiderata, sia perché ha esitato a gettargli la corda che avrebbe potuto salvarlo. Disperata per il proprio futuro, Gwendolen si stringe sempre più a Deronda. Il padre di Mirah e Mardocheo chiede aiuto ai due figli ed essi decidono di ospitarlo nella loro casa. Hans ha capito che Mirah è innamorata di Daniel e nell'apprendere che Deronda è ebreo intuisce che non vi sono speranze per lui, che nutriva affetto per la ragazza. Nonostante sia dispiaciuto, Hans spiega a Daniel i sentimenti di Mirah, così Deronda può dichiararsi a lei, certo d'essere corrisposto. Per Daniel si rivela difficile comunicare a Gwendolen la sua scelta di sposare Mirah, poiché essa si è attaccata a lui, ritenendolo la sua guida per il futuro. Deronda si reca a trovare Gwendolen e le parla delle proprie origini, della sua decisione di andare in Palestina e le dice che sta per sposare Mirah. Gwendolen è devastata dalla notizia, ma giunge a una svolta nella sua vita: riflettendo su ciò che Deronda le ha detto, cerca la forza per andare avanti e progredire. La ragazza manda una lettera a Daniel il giorno del suo matrimonio e gli dice di essere felice e di non pensare alla sua tristezza poiché lei sarà una persona migliore.

Nel finale apprendiamo che Gwendolen ritorna a vivere con la madre e le sorelle, ma non viene rivelato cosa ne sarà di lei; Daniel e Mirah, dopo essersi sposati, si apprestano a partire con Mardocheo per l'Oriente, dove Deronda e l’amico vogliono fondare la nazione del popolo ebraico. Mardocheo però muore prima della partenza, affidando la missione al discepolo Deronda e alla sorella Mirah.

88

5.3 I riferimenti classici in Daniel Deronda

George Eliot sceglie di non inserire citazioni dirette dagli autori antichi, come ha fatto in Felix Holt, ma costruisce la narrazione stabilendo paragoni con figure e situazioni narrate nei testi classici (in particolare tragedie).

Tra i collegamenti più emblematici spicca quello con il Prometeo Incatenato di Eschilo nell’epigrafe del capitolo XXXVIII, nel quale viene descritto Mardocheo:

There be who hold that the deeper tragedy were a Prometheus Bound not after but before he had well got the celestial fire […]: trust by the Kratos and Bia of instituted methods into a solitude of despised ideas, fastened in throbbing helplessness by the fatal pressure of poverty and disease —a solitude where many pass by, but none regard. (Daniel Deronda, p. 390).

Il riferimento a un Prometeo incatenato e reso immobile ancora prima di sacrificarsi per l’umanità rubando il fuoco, descrive la sofferenza che il visionario Mardocheo prova nel rimanere metaforicamente immobile e non poter agire in aiuto del suo popolo a causa della malattia e della povertà a cui il destino l’ha condannato. Il parallelo suggerisce che anche nel presente profeti e sognatori che vogliono compiere grandi cose per l’umanità sono intrappolati e incatenati dalle circostanze.

Come in Adam Bede, George Eliot non si limita a stabilire confronti con i classici, ma si interroga anche sull’utilità del sapere classico e della conoscenza del greco attraverso discussioni tra i personaggi riguardo all’argomento. Sir Hugo Mallinger discute con Daniel Deronda della sua formazione ed esprime la propria opinione sulla conoscenza del greco:

‘I am glad you have done some good reading outside your classics, and have got a trip of French and German. The truth is, unless a man can get the prestige and income of a Don and write donnish books, it’s hardly worthwhile for him to make a Greek and Latin machine of himself and be able to spin you out pages of the Greek dramatists at any verse you’ll give him as a cue. That’s all very fine, but in practical life nobody does give you the cue for pages of Greek’. […] ‘What I wish you to get is a passport in life. I don’t go against our university system: we want a little disinterested culture to make head against cotton and capital, especially in the House. My Greek has all evaporated: if I had to construe a verse on a sudden, I should get apoplectic fit. But it formed my taste. I dare say my English is the better for it’ (Daniel Deronda, p. 146).

Sir Hugo mette in evidenza l’importanza della conoscenza dei classici nell’educazione di un individuo, ma ritiene che essi non svolgano una funzione concreta nella vita dell’uomo, a meno che non si tratti di un docente universitario,

89 il quale, avendo un ruolo e uno stipendio, può concedersi il lusso di dedicarsi interamente agli studi. Attraverso la figura di Sir Hugo, George Eliot difende il vantaggio di una formazione classica, ma sottolinea anche il fatto che il sapere antico nella sua epoca è limitato all’ambito accademico, in quanto non ha un fine pratico e non garantisce ad un uomo vantaggi economici.

L’influenza che lo studio dei classici esercita sul modo di pensare di un individuo viene esemplificato quando Deronda (nel capitolo XVII) medita sulla sua scelta di affidare Mirah alle cure della famiglia del suo amico Hans, costituita dalla madre e dalle sorelle. Nel sottolineare la loro bontà e generosità, Daniel richiama alla mente una storia narrata da Plutarco nel trattato Virtù delle donne, contenuto nei

Moralia, a proposito delle donne della Focide 80 (Eliot le chiama donne di Delfi) e stabilisce un parallelo tra loro e la madre e le sorelle di Hans:

‘They are too good to have any fear about taking her in’, thought Deronda […] He was going on a strange errand – to ask shelter for this waif. Then there occurred to him the beautiful story Plutarch somewhere tells of the Delphic women: how when the Maenads, outworn with their torch-lit wanderings, lay down to sleep in the market-place, the matrons came and stood silently round them to keep guard over their slumbers; then, when they waked, ministered to them tenderly and saw them safely to their own borders. He could trust the women he was going to for having hearts as good (Daniel Deronda, p. 161).

L’accostamento con le donne della Focide serve non solo a mettere in luce la premura e la bontà d’animo della madre e delle sorelle di Hans nei confronti della

Documenti correlati