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Conclusioni di Tania Scacchetti *

Nel documento 1. Il lavoro autonomoe il lavoro agile (pagine 131-136)

Anche per questo riteniamo utile rafforzare anche il rappor-to tra Consulta e Rivista Giuridica, per l’apporrappor-to che quesrappor-to può determinare anche di sostegno all’attività vertenziale.

La partecipazione a questa giornata, per quantità numerica dei presenti e per qualità delle analisi fatte, ci conforta nel ten-tativo che proponiamo.

Sul merito della nostra discussione sono stati sollevati molti temi di alto spessore e complessità, come il rapporto tra con-trattazione e legislazione, la necessità di proporre un cambia-mento nelle protezioni sociali rispetto a quelle storicamente de-finite, la necessità di rapportarsi con temi quali quelli del sala-rio minimo o del reddito di cittadinanza. Temi che non pos-siamo affrontare in gruppi ristretti.

Il tema della considerazione dedicata al lavoro autonomo, dopo la riflessione che il 20 ottobre abbiamo dedicato alle sfide e alle contraddizioni proposte dalla gig economy, non è stato scel-to a caso.

Il lavoro autonomo ha subito forti contraccolpi dalla crisi economica e dalla richiesta di flessibilità incontrollata e pochi aspetti della libertà e della responsabilità ed autonomia indivi-duale rimangono caratteristiche tipiche di questi lavoratori.

Anche il lavoro subordinato è stato impoverito nella sua tu-tela e nel riconoscimento di adeguati strumenti a tutu-tela della li-bertà del lavoratore, perché quello che è andato in crisi in que-sti anni è il rapporto tra la partecipazione al sistema economico e la protezione dai rischi che questa partecipazione ha storica-mente determinato.

Per questo il sindacato confederale che ha avuto molto chiari i confini della sua rappresentanza oggi naviga in un mare ‘a-perto’ e deve affrontare alcune questioni. La prima riguarda il fatto di far comprendere anche all’esterno che esiste una titola-rità del sindacato a rappresentare questi lavoratori, che spesso sono i primi a non riconoscerci questo, anzi a volte ci identifi-cano come uno dei soggetti che hanno contribuito alla loro con-dizione di debolezza.

La seconda questione riguarda quindi la capacità di afferma-re la Carta dei diritti come un punto di svolta, da afferma-rendeafferma-re per-corribile, anche sugli elementi che non sono immediatamente traducibili in coerenti enunciati legislativi.

Mi fa piacere che qualcuno l’abbia definita una bozza legisla-tiva semplice, sottolineando una cosa che probabilmente diamo per scontata, cioè la necessità di definire un perimetro di diritti riconosciuto a tutti i lavoratori indipendentemente dalla tipo-logia e dalle caratteristiche del loro lavoro.

Semplicità è esattamente il contrario delle valutazioni che sono state date sulla Carta, a partire da quelle di Confindustria che ne contesta la volontà di ingessare o di regolamentare ec-cessivamente i rapporti, complicando le relazioni e le strumen-tazioni. A dire il vero, se c’è stato in questi anni qualcosa di non semplice è la continua stratificazione di norme che ha reso sempre più incerta la categorizzazione delle persone e i diritti ad essa collegata, eppure, nella differenza tra propaganda e realtà, non c’è un governo che non proponga la necessità di una riforma del lavoro, continuando in tal modo ad alimentare disuguaglianze.

Siamo stati in presenza in questi anni di un pensiero unico, neoliberista. Certamente vanno sottolineati alcuni punti di a-vanzamento in questo contesto, tra cui vorrei evidenziare l’im-portanza del Pilastro sociale dei Diritti, importante per il tema che propone all’attenzione, che può essere considerato un cam-bio di rotta radicale nelle politiche europee, anche se l’otti-mismo finisce presto perché chi lo propone è lo stessa istituzio-ne europea che chiede di ratificare il Fiscal Compact istituzio-nei bilanci degli Stati.

Il d.d.l. lavoro autonomo a cui abbiamo dedicato attenzione oggi, pur essendo una normativa con moltissimi limiti, compre-so il fatto che alcuni diritti per come compre-sono posti compre-sono vere e pro-prie armi spuntate, ha però il pregio di costituire per la prima volta una dimensione identitaria chiara per questi lavoratori. Lavoratori a cui guardiamo anche noi con la Carta, che assume la necessità di costruire un perimetro di maggiori tutele per le professioni non regolamentate e per il lavoro autonomo con dipendenza economica.

A maggior ragione rimettere al centro il tema dell’allarga-mento dei diritti è essenziale in un contesto in cui si pone il te-ma della prestazione gratuita del lavoro, nel caso limite qui proposto della pubblica amministrazione, ma di fatto ‘sdogana-to’ nella più ampia concezione dell’opinione pubblica.

Discutiamo spesso della Carta in riferimento all’ambizione che la stessa ha di riscrivere le norme di diritto del lavoro, tut-tavia la stessa Carta ha come strumento di attuazione non solo l’intervento legislativo ma anche l’azione contrattuale attraverso la pratica della contrattazione inclusiva.

Anche da questo punto di vista non ci sono meno difficoltà di quelle che incontriamo nell’interlocuzione politica, sia per le difficoltà esterne (spezzettamento dei cicli produttivi, dumping contrattuale, frammentazione delle nostre controparti e proli-ferazione dei contratti) sia per nostre difficoltà, dettate da espe-rienze differenti e da titolarità differenti. Troppo spesso, men-tre tra di noi discutiamo di chi si deve occupare di questi lavo-ratori, li lasciamo soli.

Abbiamo aperto una buona interlocuzione con le associazioni dei professionisti ma non è automatico che le richieste che ven-gono dalle associazioni siano in piena sintonia con le nostre proposte perché noi ci poniamo il tema della coerenza con una visione complessiva delle tutele sociali. Questo direi in riferi-mento al tema delle norme sulla maternità citate da Treves nel suo intervento.

La ‘frontiera’ della contrattazione inclusiva con cui tentiamo di allargare i riconoscimenti a tutti i lavoratori presenti nei cicli produttivi non è oggi nell’agenda delle nostre controparti, non ha adeguata cittadinanza nel dibattito pubblico e per noi è resa complessa da una stagione in cui ha prevalso la necessità di fendere la contrattazione ed il ruolo dei corpi intermedi, di di-fendere il contratto collettivo nazionale di lavoro ed il sistema delle relazioni sindacali.

Per queste ragioni il d.d.l., figlio della sollecitazione continua delle parti, è comunque importante e risponde alla necessità di riconoscere cittadinanza a migliaia di lavoratori autonomi ai quali anche noi con la Carta vogliamo dare una risposta forte e innovativa.

Nel documento 1. Il lavoro autonomoe il lavoro agile (pagine 131-136)