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Massimo Cestaro *

Nel documento 1. Il lavoro autonomoe il lavoro agile (pagine 107-111)

luogo di lavoro tra il potere del datore di lavoro e il diritti costi-tuzionali del lavoratore e delle rappresentanze sindacali.

Oggi le cose sono profondamente mutate: il diritto del lavo-ro è diventato, per lo più, materia per esperti. Basta leggere il nuovo articolo 18 e confrontarlo col vecchio; lo stesso dicasi per l’articolo 4 sul controllo a distanza: al di là del merito – su cui il giudizio è già stato dato – ciò che appare, confrontando i testi, è che i vecchi erano di immediata comprensione da parte di chiunque, mentre i nuovi hanno bisogno di essere interpretati e spiegati; oppure basta pensare al fatto che si allarga sempre più la zona grigia nella quale non si può più dire con certezza se, in quell’ambito, il lavoro sia subordinato o autonomo e dove il po-tere organizzativo del datore di lavoro può occultamente essere esercitato attraverso un algoritmo. Questo – e molto altro anco-ra – è il frutto della destruttuanco-razione del diritto del lavoro che si è consumata negli ultimi due decenni. Da qui l’intuizione poli-tica di «aggiornare» la legge 300 del 1970 attraverso la propo-sta della Carta universale dei diritti di lavoratrici e lavoratori. Natu-ralmente quel lavoro – che, giustamente, abbiamo definito di rango costituzionale – è stato possibile attraverso il contributo straordinario della Consulta giuridica.

È evidente che un percorso che voglia incrociare il mondo del lavoro «non standard» appare immediatamente colmo di diffi-coltà. Si prenda, per esempio, il tema della formazione.

Da ogni parte viene rilevato come la formazione abbia assun-to – e sempre più assumerà – una funzione rilevante e centrale per il mondo del lavoro in relazione alla crescita esponenziale dello sviluppo tecnologico (tanto che ormai sempre più si parla di formazione legata alla «capacità di apprendere» piuttosto che formazione incentrata sull’evoluzione di «singole» e «speci-fiche» mansioni). Se questo è vero per le imprese e per i propri dipendenti, lo è ancor di più per quei lavoratori con rapporto di lavoro «non standard» per i quali la permanenza nel mercato del lavoro è data – direi esclusivamente – dalla possibilità di in-traprendere percorsi formativi e di apprendimento permanen-te per l’inpermanen-tero corso della propria vita lavorativa. In sinpermanen-tesi, se per un lavoratore «standard» la formazione può essere un’op-portunità, per il lavoratore «non standard» essa rappresenta un’assoluta necessità. Ciò risulta, tra l’altro,

inequivocabilmen-te, da una serie di indagini/questionari realizzati da alcune ca-tegorie e dalla Fondazione Giuseppe Di Vittorio, rivolti al mon-do del lavoro autonomo.

Tra l’altro è utile riportare qualche dato relativo al tenore della formazione scolastica che evidenzia come in tutta Europa gli appartenenti alla fascia di età 25-34 anni che al massimo hanno completato la secondaria di primo grado sono scesi, men-tre da noi sono tornati a salire registrando un’inversione di ten-denza dopo 15 anni; il livello di preparazione per industria 4.0 ci pone al di sotto della media europea dopo Repubblica Ceca e Slovacchia, ponendoci al 18° posto e, infine, va segnalato come siano in forte contrazione le lauree scientifiche. Inoltre, sempre sul versante della formazione, un’analisi più dettagliata dei dati manifesta una forbice sempre più ampia tra Nord e Sud.

In questo quadro appare evidente come una possibile rispo-sta al tema della formazione rivolta agli «autonomi» chiami in causa un profondo cambiamento dei criteri finora seguiti e coin-volga anche – ma non solo – il ruolo delle categorie nazionali nella contrattazione collettiva.

Questo solo per citare la formazione. Se poi aggiungiamo gli altri punti individuati dai questionari realizzati, la complessità aumenta. Infatti le esigenze manifestate dagli intervistati ri-guardano le protezioni sociali, le coperture previdenziali e assi-stenziali per i periodi di non lavoro, il recupero crediti in parti-colare verso la Pubblica Amministrazione: temi sui quali la Con-sulta può svolgere un ruolo importante a sostegno dell’azione sindacale.

Chiudo dicendo che, fermo restando il percorso legislativo, sulla Carta occorre superare la fase della «convegnistica». Vi so-no esperienze importanti realizzate in diversi punti della so-nostra organizzazione che provano a dare risposte positive ai cambia-menti del mondo del lavoro. Queste esperienze vanno messe «a sistema», socializzate e fatte diventare patrimonio condiviso dell’intera organizzazione.

Mi pare del tutto superfluo sottolineare l’importanza dell’in-formazione, del coinvolgimento e soprattutto della partecipazio-ne di quei lavoratori ai quali la Carta, in larga parte, si rivolge.

Nel 2009 il compagno Davide Imola fonda la Consulta della professioni. Le associazioni che aderirono a quel progetto chie-devano fondamentalmente due cose: welfare ed equo compenso. Ed ecco, noi oggi, nel 2017, siamo a discutere in merito a due norme – approvate – su welfare ed equo compenso, e siamo qui a parlarne male, e magari ognuno ha le sue ragioni per farlo, non lo metto in dubbio. Sul welfare, sul d.lgs. 81/2017, vorrei fa-re un appunto ad un pfa-recedente fa-relatofa-re che sostiene che il

welfare per gli autonomi nella legge 81/2017 sia stato toccato solo collateralmente, ed ha sostenuto – in parte a ragione – che le prestazioni per gli autonomi sono ancora parcellizzate. Rac-conto una storia. Lavoravo all’INCA e cercammo con la presi-denza di instaurare un protocollo tra CEPA e le casse profes-sionali. Ci recammo quindi dall’allora presidente ADEPP avvo-cato De Tilla – da poco scomparso – con una bozza di proto-collo. Lui ci ricevette e ci disse chiaramente: «A noi casse pro-fessionali i patronati non servono, di avvocati possiamo occu-parcene solo noi Cassa Forense; guardate, neanche l’INPS potrà mai occuparsene, grazie della proposta» – che neanche lesse –, ci regalò due suoi libri sul diritto del condominio e ci congedò.

Quello che voglio dire è che in questa stanza, in questo pa-lazzo o in qualunque papa-lazzo romano non credo che ci sia in questo momento qualcuno che sia davvero in grado di riunifi-care il welfare di tutti i professionisti e autonomi, degli iscritti

* Responsabile Consulta delle professioni della CGIL.

Nel documento 1. Il lavoro autonomoe il lavoro agile (pagine 107-111)