Col concludersi della presentazione delle prove attraverso le testimonianze di entrambe le parti, si arriva alla chiusura del dibattimento giudiziario. Questo momento è sancito dalla richiesta da parte della Corte di pronunciare le dichiarazioni conclusive. Con un certo stupore da parte dell’audience e degli stessi attori del processo, la dichiarazione dell’accusa riprende in maniera sostanziale le argomentazioni addotte al principio del procedimento e sembra ignorare audacemente la scarsità di prove effettive a sostegno di tale tesi riuscite a raccogliere nell’arco della lunga fase di testimonianze. «The Prosecution alleged that within the attacks of Rakovica, Jezestica, Fakovici, Bjelovac, Kravica and the surrounding hamlets that crimes took place. And there is not any reasonable doubt that these villages were destroyed, that they were burned, that the inhabitants could not come back and live in those villages after the attacks. The Prosecution has shown that the attacks were organised, they were planned, they were carried out from one location, with soldiers moving from Srebrenica to attack the village»101. La tesi dell'accusa, dunque, rimane fondata sulla convinzione dell'esistenza di una struttura di comando di natura militare delle forze bosniacomusulmane operante al momento dei fatti, che aveva il suo nucleo operativo a Srebrenica. L'Armed Forces Staff, e Naser Orić quale suo comandante, avrebbe avuto di conseguenza il controllo sulle azioni dei vari gruppi armati sul suo territorio e il compito di coordinarne e pianificarne i movimenti. Per sostenere tale ragionamento l'accusa si è dovuta confrontare con la tesi della difesa che presentava la mobilitazione
a tutti i casi dell'ICTY, fra difesa e accusa: se, infatti, le squadre della difesa spesso partivano da una non conoscenza del contesto e da una scarsità di personale per studiare nel dettaglio le varie prove presentate, l'OTP poteva godere di una squadra di esperti che sviluppavano le proprie competenze di caso in caso e avevano a loro disposizione un elevato numero di collaboratori per poter analizzare nel dettagli l'intero materiale probatorio.
bosniaca come un sollevamento popolare spontaneo dovuto alle circostanze tragiche che avevano colpito l’area. In maniera perentoria si sostiene che:
«Now, we would like to remind the Trial Chamber in several different manners that these were not attacks led by civilians rising en masse. This is not a levee en masse to
defend themselves from invading forces. That's the reason that we are using the word
specifically. They were attacking forces. These were not incidents of spontaneous uprisings, they are incidents of planned, organised attacks»102.
Nella presentazione della sua tesi l'accusa individua un momento che divide in maniera perentoria la sollevazione popolare in risposta all’occupazione serba di Srebrenica e dei villaggi circostanti e la creazione di una vera e propria forza militare. Questo momento, secondo l'Ufficio del Procuratore, è da individuare nella creazione della Difesa Territoriale di Srebrenica durante l'incontro dei comandanti bosniaci avvenuto presso Bajramovici:
«a levee en masse does not have a command structure due to its spontaneous nature. A levee en masse is preorganisation. The thenfighters in Srebrenica decided to become soldiers, more organised combatants, and hence the levee en masse in Srebrenica ends in the Prosecution's point of view certainly, for certain groups, on the 20th of May. Now, the Srebrenica fighters, after the 20th of May, decided to do two things that levee en masse certainly does not countenance. They decided to name a commander, decided to set up a staff, decided to give themselves a name, Territorial Defence. 25 days later they decided to incorporate more people, more groups, within their organisation and start to set up detachment services, military police, military war hospital, communication system. That's not a levee en masse, Your Honours»103. Nel momento in cui le forze bosniache hanno manifestato la volontà di dar vita ad una struttura organizzativa – militare e civile – sulla base delle indicazioni provenienti dal governo di Sarajevo, esse non potevano più essere considerate forze popolari. Con questo atto si sarebbero istituite come una componente ufficiale dell'esercito bosniaco e in quanto tali avrebbero dovuto assumere le responsabilità delle proprie azioni in guerra e rispettare la legislazione vigente in materia. Il sostituto procuratore si giustifica specificando come non si vuole negare il diritto
102 Sellers, 03.09.2006, 16119. 103 Ibidem, 16123-24.
della popolazione di Srebrenica a difendersi, ma ribadisce come avrebbero dovuto farlo all'interno delle normative internazionali: «they are denied the right to destroy wantonly. There is a right to detain persons of the enemy during an armed conflict. There is no right to mistreat them, including murder»104. Ancora una volta le circostanze vengono messe in secondo piano, «whether you be a levee en masse, whether you be a regularly formed army» il rispetto del diritto internazionale umanitario deve rimanere al centro degli interessi di giudizio del Tribunale, perché questo è il suo compito primario. «It is how you conduct yourself in war that we examine in terms of war crimes. The Defence would have the justification for attack, which is not part of our Statute. We do not have the crime of aggression, although the war in this instance has already started. The Defence would have you look at that to be the justification for anything that occurred during the attack. But we know, Your Honours are well aware, I preach to the choir here, that you cannot deliberately attack civilian objects»105. Ciò che deve essere materia di dibattito e oggetto di sentenza non sono le premesse o le conseguenze dei fatti in analisi, ma quanto accaduto e la condotta tenuta dalle forze in campo durante le azioni militari oggetto del processo. In quest'ottica Naser Orić, in quanto comandante dell’esercito della BiH nella regione, è il diretto responsabile delle violazioni del diritto internazionale commesse da lui stesso e da suoi sottoposti sotto la sua autorità. Per quanto si possano ritenere non ufficiali gli incontri che hanno portato all'elezione di Orić quale comandante, l'accusa si appella al fatto che il suo incarico sia de jure valido in quanto riconosciuto e ratificato dalle autorità superiori dello Stato bosniaco: «no matter how much the Defence might say, raising your hand, just being voted in a small house in Bajramovici, having a couple local groups around you, there are so many other independent players. Well, from Sarajevo's point of view, on the 27th of June, 1992, Naser Orić is the commander of the Srebrenica municipality TO, to be carried out immediately. He's a superior, de jure, de facto, recognised»106. In risposta alla dichiarazione conclusiva dell’accusa, la difesa riparte anch’essa da quanto affermato fin dal principio del dibattimento: è assolutamente necessario 104 Ibidem, 16132. 105 Ibidem, 16129. 106 Ibidem, 16145.
allo scopo di fare giustizia guardare alle responsabilità individuali di Naser Orić calandole nel contesto in cui esso si è trovato ad operare. Le condizioni in cui versava Srebrenica rappresentano per la difesa la ragione stessa delle azioni perseguite dalle forze bosniacomusulmane e in quanto tali non potevano essere relegate sullo sfondo: «the greatest mistake one can make in describing the situation is to consider it to be merely a background, as if starvation, a refugee crisis and disease are only scenery, scenery behind the stage, immovable, whilst actors tread the stage»107. Elemento fondamentale della condizione in cui versano Srebrenica e i villaggi circostanti è il suo essere direttamente collegata al progetto espansionistico serbo nella regione, che include l'esplicita volontà di eliminare la presenza musulmana nell'area. Quello che la difesa vuole far emergere è il carattere difensivoresistenziale delle azioni oggetto del processo, che non possono essere giudicate a sé stanti senza privarle della loro ragione di esistenza: «every fact in this case is directly and specifically connected with the ethnic cleansing by Serbs and the humanitarian catastrophe that was the result of the ethnic cleansing. The phenomenon of a soldier/citizen or levee en masse, lack of communications»108. A conferma della centralità della strategia militare serba nella comprensione dei fatti avvenuti nella zona di Podrinje la difesa si sofferma sulla capillare accettazione e promozione da parte della popolazione di etnia serba del territorio della propaganda intorno alla costruzione di una Grande Serbia. Il soggetto definito come vittima all'interno del processo contro Orić, viene messo in dubbio dalla difesa proprio per questa ragione: come possono essere ritenuti affidabili testimoni che negano quel quadro di emergenza umanitaria e superiorità militare che è emerso in maniera schiacciante dalle prove portate all'attenzione della Corte? A tal proposito non manca un'accusa diretta alla fondatezza delle dichiarazioni rilasciate da alcuni testimoni dell'accusa: «You referred to the siege of Srebrenica and the enormous military predominance of Serbs. What, then, of the credibility of Serb witnesses who came here and denied all that? It has to be and is disrupted by the fact that they refused to acknowledge the reality»109. Il tentativo operato dall'accusa di presentare la comunità serba attaccata quale comunità rurale e indifesa, che è 107 Vidović, 05.04.2006, 16304. 108 Ibidem, 16306. 109 Ibidem.
stata costretta a difendersi da attacchi esterni, viene commentata in tono ironico dalla difesa:
«The Prosecution claims that the local Serbs were peaceloving and that they were only defending themselves. In a way, Your Honours, they were indeed defending themselves. The Serbs were in their villages, surrounded by their minefields, with their
guns and artillery, and they really could believe that they were only defending themselves. But if one besieges a people, cutting off their food supply, and on top of
that you keep shelling them, you're doing something incredibly violent, threatening their very lives. Whilst those who lay the siege wait for the enemy to starve to death, they indeed have this attitude of defending themselves but nonetheless a lethal one»110.
Nel tentativo di delineare i confini fattuali dell'autorità di Naser Orić sul territorio e conseguentemente le sue effettive responsabilità individuali, la difesa ribadisce i suoi dubbi riguardo l'autenticità di numerose fonti documentarie presentate dall'accusa concernenti la struttura militare delle forze bosniaco musulmane. In primo luogo sono ritenute non affidabili le autorità che hanno emesso e conservato tale documentazione: sotto il mirino della difesa finiscono in particolare gli uffici della Republika Srpska in quanto soggetto ritenuto dallo stesso Ufficio del Procuratore in altri casi fazioso e reticente a collaborare con la giustizia internazionale111. Al di là dell'autenticità dei documenti presentati, si fa pressione ancora una volta sul contesto per domandare alla Corte fino a che punto può essere preso alla lettera ciò che è stato sì scritto, sì ratificato, ma durante un assedio, in una città isolata territorialmente e a livello di comunicazioni, priva quindi di contatti con l'esterno e in piena crisi umanitaria.
«It is not hard to imagine people under siege, people who are trapped, who have already lost many friends and family members, who have seen the Serbs set fire to Srebrenica, elderly people being burnt alive in their homes, people trying to strengthen themselves and their decisiveness by announcing a grand plan to establish a TO staff or by celebrating the anniversary of that staff. However, did it really
110 Ibidem, 16310.
111 Il riferimento è alla stesura del report sui fatti di Srebrenica imposto dalle autorità internazionali al governo della RS nel quale viene ripetutamente negato l'occorrere di un massacro all'interno della città. La difesa contesta la schizofrenia nel ritenere affidabile per il processo in corso un'istituzione che ha prodotto documenti apertamente negazionisti.
function? […] Did the unified command actually function in practice? Only witnesses can give you the answer to that. And they have given the answer. They said
decisively that the unified command never actually came to life»112.
Una volta ribadita nuovamente la propria visione riguardo le responsabilità individuali di Orić, Jones chiude il suo intervento ponendo l'attenzione sulla sentenza proposta dall'Ufficio del Procuratore. Nella sua dichiarazione finale, infatti, l’accusa non ha ribadito né sottolineato l'entità della sua proposta. Sulla base di quanto emerso durante il procedimento il procuratore del ICTY, Carla Del Ponte, ha richiesto 18 anni di incarcerazione per l’imputato. Nel sottolineare l'entità della proposta la difesa fa emergere come la scarsità di prove in grado di confermare oltre ogni ragionevole dubbio la tesi dell'accusa, e la parziale assoluzione concessa, la rendono assolutamente sproporzionata e inconcepibile alla luce degli avanzamenti fatti nel corso del dibattimento:
«In the final brief of the Prosecution, there is not one line, not an ounce of recognition, of anything which the Prosecution considers mitigating, just a cold hearted demand for the most Draconian sentence. I trust that the world the world will judge the credibility of this Prosecutor, Ms. Carla Del Ponte, on this record, for asking for such a sentence in a case based on the facts and the evidence that we've all seen»113. Inevitabile il confronto con altre proposte di sentenza presentate dallo stesso Ufficio del Procuratore in altri casi trattati dal Tribunale: in particolare viene citato il caso Deronjić, il quale, in quanto presidente del Crisis Staff di Bratunac, diede l'ordine di attaccare il villaggio bosniacomusulmano di Glogova. Durante quest'azione persero la vita 65 civili e la difesa non manca di sottolineare il paradosso generato dal fatto che per questo caso l'Ufficio del Procuratore aveva richiesto 10 anni di prigione, confermati dalla Corte, ma scontati solo in parte in seguito alla morte dell'imputato.
«In this case, the Accused is charged with six murders and cruel treatment and wanton destruction. One would understand from this that Serb property is more important than Muslim lives. If the Prosecution's sentencing policy were based on a
112 Ibidem, 16346.
concern for victims, you would never see such a disparity»114.
Una proposta di tale entità diviene comprensibile, agli occhi della difesa, unicamente se si legge il processo contro Orić quale tassello necessario al procuratore per perseguire la volontà di operare attraverso il Tribunale una giustizia distributiva. Volontà che si traduce nel condurre alla sbarra, in numero più paritario possibile, membri di tutte le etnie allo scopo di punire sì coloro che avevano commesso violazioni delle norme internazionali, ma senza dare una connotazione etnica alla violenza perseguita nella regione. Rilanciando sulla necessità di rifuggire una strumentalizzazione del momento giudiziario, la difesa sottolinea come l'accusa non era tenuta a difendere l’esercito serbo e serbo bosniaco per portare avanti questo caso, ma il fatto che ciò è stato necessario per portare alla sbarra un membro della resistenza bosniaca: «it's a potent warning that those who say these trials are free of politics are not correct. A political agenda in this trial does indeed hang over this trial to lay the blame for the 1995 genocide at the doorstep of the Muslims. And history will deliver its own verdict on that agenda. […] Why is the Prosecution so furious about the picture presented of the chaos in Srebrenica and of the lack of structure in the armed forces? Why is it such a heresy to tell the truth about Srebrenica? Because the world failed Srebrenica, the UN, the Dutch, the west, everyone who could have stepped in to save the people and did not, and the accused, as a symbol of Srebrenica's resistance is an inconvenient reminder of that fact»115. La difesa, nel processo ad Orić, richiede alla Corte di fare attenzione a non dare spazio, attraverso sue sentenze, a quelle ricostruzioni del passato che vogliono porre sullo stesso piano aggressori e vittime. Preoccupazione questa fondata sulle dichiarazioni e sui dibattiti che nella regione avevano accompagnato l'intero procedimento. L'accusa di operare una giustizia distributiva non è isolata a questo processo, ma il caso Orić rappresenta uno degli esempi più ampiamente riportati in questo senso: se l'ICTY fosse stato in grado di processare tutti coloro che avevano commesso violazioni del diritto internazionale, le accuse mosse al comandante della difesa di Srebrenica non sarebbero state seguite da nessuna critica di
114 Ibidem, 16470. 115 Ibidem, 16475.
legittimità; ma, come abbiamo visto, la giustizia ha dovuto fare i conti con un elevato livello di selettività che non sempre è coinciso, a causa della non collaborazione degli Stati della regione, con l'incriminazione dei maggiori responsabili di gravi violazioni.
Dopo quasi tre mesi per arrivare ad un accordo sui termini del caso, la Corte pronunciò il 30 Giugno 2006 la sentenza in aula. Il corposo testo che costituisce l'argomentazione del giudizio raggiunto dai giudici, presenta una premessa di estremo interesse. Viene esplicitato come la Corte abbia tentato in un primo momento di costruire la propria decisione basandosi sullo studio della casistica precedente del Tribunale. Il tentativo, però, non ha avuto successo a causa della specificità del caso in oggetto; la Corte arriva, infatti, alla conclusione che:
«in the present case, the Trial Chamber has found little assistance in previous decisions on sentence. The main reason is that the present case is unique in its particulars and no real comparison can be drawn with other previous cases both in regard to the Accused’s very limited responsibility and the extraordinary circumstances in which he operated.116»
Di conseguenza la stessa sentenza che la Corte è chiamata a stilare deve necessariamente fare i conti con questa «uniquely limited criminal responsibility». Fra le osservazioni del capitolo IX della sentenza finale si sottolinea uno dei principi statutari del Tribunale, il senso di operare una giustizia retributiva che sia proporzionata e giusta:
«retribution is not to be understood as fulfilling a desire of revenge but as a duly expressing the outrage of the international community at these crimes. It is means to reflect a fair and balanced approach to the exaction of punishment for wrongdoing. This means that penalty must be proportionate to the wrongdoing»117. Si ribadisce poi la necessità che la sentenza abbia un valore deterrente sufficiente a dissuadere altri dal commettere simili efferatezze e infine si fa riferimento allo scopo principe delle sentenze del tribunale, cioè l'affermazione che ogni individuo che si è macchiato di crimini di guerra o contro l'umanità ne deve rispondere di
116 Trial Chamber Judgment, para.780. 117 Trial Chamber Judgment, para. 719.
fronte alla giustizia internazionale.
Il secondo fattore che abbiamo visto essere preso in considerazione per il raggiungimento di un accordo intorno alla sentenza sono le «extraordinary circumstances» in cui l'imputato avrebbe commesso questi crimini. Il contesto trova così legittimazione e spazio all’interno delle premesse della sentenza, nelle quali la Corte si dilunga nel descrivere le condizioni in cui versava Srebrenica al tempo dei fatti e le premesse che hanno condotto allo scoppio del conflitto nella zona circostante la città. Viene assunto, inoltre, dalla Corte il legame causale fra il progetto espansionistico serbo nella Bosnia Orientale e le disperate condizioni degli abitanti di Srebrenica. «It was a situation which became worse by the day» a causa, secondo i giudici, di una concatenazione di eventi fra cui viene individuata proprio l’escalation dell’offensiva portata avanti dall’esercito serbobosniaco nell'area. La crisi umanitaria in atto a Srebrenica viene descritta come un «total breakdown of society in Srebrenica including a collapse of law and order» ed è all'interno di questo vuoto d'autorità che l'imputato Naser Orić fu nominato comandante della