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3 Modello non-lineare della carica di Gate

3.4 Condensatori non-lineari

Il problema della modellizzazione della carica è formalizzabile nei termini della formulazione della relazione che rappresenta la legge costitutiva che pone in relazione le grandezze di controllo – tensioni – e la carica riferita ad un particolare terminale del dispositivo. Il contributo di corrente reattiva nel nodo del circuito dovuto alla variazione di carica è quindi descritto dalla relazione funzionale di derivazione rispetto al tempo della carica come:

𝐼(𝑡) 𝑑𝑄(𝑡)

𝑑𝑡

𝑑𝑄(𝑉(𝑡))

𝑑𝑡

3-1

È immediato trasporre una tale situazione nella struttura del Gate del HFET. In regime di sollecitazione tempo-variante, la struttura del Gate del HFET in esame è assimilabile ad un condensatore a piatti piani paralleli le cui armature sono il Gate e i terminali di Source e Drain tra cui vi è interposto il semiconduttore. La possibilità di effettuare misurazioni di parametri di Scattering in alta frequenza garantisce la disponibilità delle informazioni necessarie a ricavare i parametri della matrice delle ammettenze di corto circuito, utili a quantificare le entità dei contributi reattivi di tipo capacitivo del transistore. Da queste è possibile risalire ai contributi capacitivi di interesse mediante la tecnica di estrazione diretta ed è pertanto su queste informazioni che bisogna costruire il modello in questione. Quindi i presupposti per derivare il modello della carica sulla base dell’approccio empirico sono favorevoli. Preliminarmente alla formulazione del modello è però necessario affrontare alcuni temi legati alle problematiche teoriche e pratiche che risiedono nella modellizzazione della carica di Gate nei transistori.

Da un punto di vista della modellizzazione sotto forma di circuito equivalente, è conveniente cominciare ad analizzare un caso semplificato che consiste del solo diodo di Gate con le relative cariche come elemento a 2 terminali. Il comportamento del condensatore non-lineare associato alla giunzione rettificante, è riconducibile alla relazione che associa correnti reattive a variazioni di carica la cui legge costitutiva risulta, nel caso quasi-lineare, mediante sviluppo in serie di Taylor arrestato al primo ordine come:

𝐼

(𝑡) 𝑑𝑄

(𝑡)

𝑑𝑡

𝑑𝑄

(𝑉(𝑡))

𝑑𝑡

𝜕𝑄

𝜕𝑉

𝑑𝑉

𝑑𝑡

(𝑉

)

𝑑𝑉

𝑑𝑡

3-2

L’entità della capacità associata al componente linearizzato è da intendersi riferita ad una particolare condizione di polarizzazione:

(𝑉

)

𝑑𝑄

(𝑉)

𝑑𝑉

|

con l’assunzione che il contributo all’eccitazione tempo-variante sia di entità molto inferiore alla tensione di polarizzazione continua – statica. Nel dominio della frequenza, per la proprietà della trasformata di Fourier, la (3-3) equivale a:

𝐼

𝑗𝜔𝑄

𝑗𝜔

𝑉

3-4

Avendo inoltre assunto che la legge di controllo di carica sia di tipo non-lineare:

𝑄

(𝑉)

3-5

ne consegue che con stimoli di ampio segnale:

𝐼

(𝑡) 𝑑𝑄𝑑𝑡(𝑡)

𝜕𝑄𝜕𝑉(𝑉)𝑑𝑉𝑑𝑡

(𝑉)𝑑𝑉

𝑑𝑡

(𝑉)

𝜕𝑄

(𝑉)

𝜕𝑉

3-6

a cui corrisponde, per la proprietà della trasformata di Fourier, il prodotto di convoluzione:

𝐼

𝑗𝜔𝑄

𝑗𝜔

(𝑉) ∗ 𝑉

3-7

La formulazione di un modello per questo tipo di componente non-lineare, seguendo l’approccio di modellizzazione empirico, introduce una difficoltà legata all’impossibilità di effettuare misurazioni dirette di cariche in alte frequenze. Inoltre da un punto di vista implementativo, dalla (3-7) risulta che è necessario descrivere elementi non-lineari capacitivi come cariche per evitare problemi di implementazione. Non risultando possibile effettuare misurazioni dirette di carica (Q), è necessario individuare una strategia adeguata a svolgere questo compito. Considerando che C(V) sia rappresentativa della capacità incrementale, è possibile misurare questa sperimentalemente applicando un segnale sinusoidale al variare della polarizzazione statica V e conseguentemente questo consente di misurare indirettamente Q attraverso la relazione funzionale di integrazione. L’alternativa, qualora fosse nota l’espressione della Q, consiste nel praticare il fitting dei coefficienti della funzione che, mediante derivazione, consente di ottenere la funzione rappresentativa la C(V).

Nel normale funzionamento del transistore si ha che i terminali di Source e Drain non sono equipotenziali, pertanto la rappresentazione appropriata per la struttura in esame è quella di un elemento a tre terminali. I terminali assunti sono rappresentativi del Gate, Source e Drain intrinseci del HFET. Questa situazione implica che la carica di Gate dipenda da più di una tensione e la differenza con il caso analizzato precedentemente non è irrilevante nei confronti della possibilità di modellizzare accuratamente e in modo consistente questo elemento. La carica associata al terminale di controllo, come detto in precedenza, è bilanciata dalle cariche fisse dovute alla regione di svuotamento e dalle cariche mobili presenti nel canale. Mediante l’applicazione di tensioni ai 3 terminali è possibile esercitare un controllo delle

cariche nel HFET. In altri termini la carica di Gate è funzione della differenza di tensione tra ciascuna coppia di terminali considerati. Da un punto di vista fisico, al pari del caso del dispositivo a 2 terminali, resta valido il principio di neutralità e conservazione della carica anche per questo tipo di elemento. Da un punto di vista operativo, la rappresentazione introdotta che implica la dipendenza della carica da due diverse quantità determina che la corrente di tipo reattivo Ig in questo caso risulti:

𝐼

(𝑡) 𝑑𝑄

(𝑡)

𝑑𝑡

𝑑𝑄

(𝑉

(𝑡), 𝑉

(𝑡))

𝑑𝑡

3-8

Lo sviluppo in serie di Taylor arrestato al primo ordine, valido per casi quasi-lineari risulta:

𝐼

(𝑡) 𝑑𝑄

(𝑡)

𝑑𝑡

𝑑𝑄

(𝑉(𝑡), 𝑉

(𝑡))

𝑑𝑡

𝜕𝑄

𝜕𝑉

𝑑𝑉

𝑑𝑡

𝜕𝑄

𝜕𝑉

𝑑𝑉

𝑑𝑡

(𝑉, 𝑉

)𝑑𝑉

𝑑𝑡

(𝑉

, 𝑉)

𝑑𝑉

𝑑𝑡

3-9

Ne consegue che, linearizzando tale carica dipendente da due quantità, si otterranno due contributi capacitivi e per ciascun punto di polarizzazione i singoli contributi capacitivi saranno:

(𝑉

, 𝑉) 𝜕𝑄

(𝑉, 𝑉)

𝜕𝑉

,

(𝑉, 𝑉

)

𝜕𝑄

(𝑉, 𝑉

)

𝜕𝑉

3-10

Le precedenti espressioni affermano la presenza di un contributo capacitivo principale e uno secondario: quest’ultimo assume il nome di trans-capacità, in analogia con la parte resistiva del FET, dalla cui linearizzazione si ottengono la conduttanza di uscita e la trans-conduttanza. Questa situazione è infatti tipica per quei componenti circuitali che dipendono da due o più grandezze che una volta linearizzati trovano rappresentazione sottoforma di due elementi rappresentativi di una azione diretta e una remota dovuta alle grandezze di controllo. Questa situazione quindi differisce dal caso del condensatore non-lineare a due terminali per la presenza della trans-capacità. Questa quantità risulta essenziale per una modellizzazione corretta del componente poiché la consistenza con i principi fisici e in particolare con il principio di conservazione della carica [3.20, 3.21]. Questo elemento infatti garantisce il rispetto del principio di conservazione di carica terminale e quindi dell’energia.

La formulazione di un modello per questo tipo di componente, seguendo l’approccio di modellizzazione empirico, evidenzia una difficoltà legata all’impossibilità di effettuare misurazioni dirette di cariche in alte frequenze a cui si somma l’ulteriore difficoltà di separare i due contributi ∂Q/∂V1 e ∂Q/∂V2 per poi poter effettuare il passaggio di

integrazione e infine giungere alla forma di Q. Non risultando possibile effettuare misurazioni dirette di Q, è necessario individuare una strategia adeguata a svolgere questo compito.