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3 Modello non-lineare della carica di Gate

3.8 Fit del modello

Dopo aver effettuato l’estrazione dei principali parametri del modello sulla base dei dati sperimentali, è necessario proseguire con la successiva e ultima fase dell’estrazione del modello che consiste nel fitting dei dati. Quest’ultima operazione consente di far corrispondere al modello analitico i particolari dati sperimentali mediante l’individuazione dei coefficienti che meglio approssimano il comportamento del dispositivo sull’intero dominio di misura. Considerata la natura non lineare dei modelli in questione, una soluzione con approccio diretto a questo compito difficilmente è ottenibile. Un metodo per svolgere quest’ultima fase della formulazione del modello consiste in un problema di ottimizzazione non lineare.

Il problema dell’ottimizzazione non lineare implica la minimizzazione (o massimizzazione) di una specifica funzione obiettivo, che in questo caso assume il significato di funzione di errore che rende conto della differenza tra i dati sperimentali e i dati riprodotti dal modello. A partire dalla definizione del modello analitico per la carica di Gate e dai principali parametri del modello ottenuti attraverso osservazione dei dati sperimentali, si cambiano, entro certi limiti (caso dell’ottimizzazione vincolata), i parametri del modello finché si individua una soluzione a cui corrisponde un errore minimo. La funzione obiettivo (3-103) sarà quindi una funzione dipendente dalle incognite del problema X che in questo caso sono i parametri del modello.

( ) 3-103

I metodi di ottimizzazione vincolata di tipo indiretto sfruttano le derivate della funzione obiettivo rispetto le incognite del problema per raggiungere la soluzione ottima. Definendo il gradiente della funzione obiettivo:

( ) ( ) 3-105

se la funzione F(x) è continua e derivabile almeno due volte è definibile la matrice delle derivate parziali che prende il nome di matrice Hessiana:

( ) [ 𝜕 𝜕 ⁄ 𝜕 ⁄𝜕 𝜕 𝜕 𝜕 𝜕 ⁄ 𝜕 𝜕 ⁄ ] 3-106

Queste due quantità sono gli elementi che consentono all’algoritmo di ottimizzazione di individuare il set di variabili che minimizza la funzione obiettivo. Lo scopo di individuare il minimizzatore (x) globale richiede, nel caso di algoritmi basati sul metodo del gradiente, di individuare prima la combinazione di parametri che determina una g(x) pari a zero e, affinché questa condizione sia rappresentativa di un minimo, è necessario che tutte le derivate seconde manifestino un incremento se disturbate con una variazione infinitesimale delle corrispondenti variabili. Qualora si verificasse invece che questa situazione fosse osservabile soltanto per una delle variabili del problema, il minimo individuato sarà rappresentativo di un minimo locale rispetto la particolare variabile. Algebricamente questo concetto si formalizza come di seguito:

( ∗) ( ) 3-107

( ∗) 3-108

Questo tipo di metodo richiede il calcolo della derivata seconda della funzione di errore e si rivela efficace per problemi la cui funzione obiettivo sia di tipo quadratico rispetto alle variabili del problema. Questo metodo di ottimizzazione è ammissibile nel caso specifico in quanto, potendo contare su una condizione iniziale robusta poiché molti dei parametri del modello sono ottenuti direttamente dai dati sperimentali (la cui validità è garantita dal significato fisico che ciascuno di questi ha rispetto i principi fisici di funzionamento), questo consente di essere confidenti rispetto alla vicinanza di questa condizione iniziale dalla soluzione ottima. Nel caso in cui la condizione iniziale non sia molto affidabile, invece, bisogna approcciare il problema della ottimizzazione seguendo un approccio di tipo randomico (di tipo diretto o indiretto), oppure basato su algoritmi genetici o ancora basato sul metodo del simplesso. Quest’ultimo ha il vantaggio rispetto a gli altri di essere molto robusto ed efficiente da un punto di vista computazionale poiché, trattandosi di un metodo diretto, non implica calcolo di derivate della funzione obiettivo. Queste possibili soluzioni non garantiscono il raggiungimento di una soluzione ottima e a volte non garantiscono neppure la minimizzazione dell’errore e pertanto richiedono di limitare gli intervalli entro cui far variare

i valori dei parametri. In generale questi ultimi metodi si rivelano utili per una prima identificazione dei valori dei parametri ottenibili solo da fitting e successivamente si passa ad una seconda ottimizzazione con metodo indiretto in cui si ricerca la soluzione nell’intorno di una condizione più rappresentativa.

La funzione di errore deve essere definita rispetto alle quantità misurate e, una possibile forma è la seguente:

∑( ( ) 𝑑 ( )) ( )

3-109

dove Meas rappresenta la quantità misurata, Model la quantità rappresentata dal modello e N il numero totale di misure che corrisponde al numero totale di punti di polarizzazione considerati in fase di caratterizzazione. Nel caso specifico, la definizione della funzione obiettivo dovrà rendere conto della natura del problema in cui si cercano i parametri di una funzione dipendente da due variabili (VGS, VGD). Però, come detto nei paragrafi precedenti,

dati sperimentali sulla carica di Gate utili per i nostri scopi non sono disponibili con le attuali tecniche di caratterizzazione. Allora bisognerà formulare la funzione obiettivo tenendo come riferimento quelle che sono le informazioni relative alla quantità di interesse. Nello specifico si tratta dei contributi capacitivi rappresentativi delle derivate parziali della carica di Gate ottenute elaborando i parametri della matrice delle ammettenze ricavata dalle misure di parametri di Scattering durante l’operazione di estrazione del modello a piccolo segnale. Per la modalità in cui il modello è stato formulato, si presentano due alternative rispetto alla metodologia di procedimento del fitting dei parametri del modello. Queste consistono nell’utilizzare le espressioni analitiche delle derivate parziali dell’espressione analitica formulata per la carica di Gate oppure nell’utilizzare le derivate parziali in forma numerica della carica stessa. I parametri nei due casi sono coincidenti data la relazione funzionale di derivazione/integrazione che sussiste tra le due rappresentazione, ma introduce una ulteriore problematica di origine formale. Dovendo operare su dati sperimentali in cui le variabili libere variano in modo discreto, risulta conveniente operare l’approssimazione sull’operatore di derivata piuttosto che sulla funzione “incognita”. La funzione obiettivo si definisce nel seguente modo:

∑ ∑ [ ( 𝑄 ( , 𝑗) 𝑉 ( ) ⁄ ( , 𝑗)) ( 𝑄 ( , 𝑗) 𝑉 ( ) ⁄ ) ( 𝑄 ( , 𝑗) 𝑉 (𝑗) ⁄ ( , 𝑗)) ( 𝑄 ( , 𝑗) 𝑉 (𝑗) ⁄ ) ] 3-110 dove 𝑄 𝑉 𝑄 (𝑉 ( ) , 𝑉 (𝑗)) 𝑄 (𝑉 ( )) 3-111

𝑄 𝑉

𝑄 (𝑉 ( ) ) 𝑄 (𝑉 ( )) 3-112

in cui l’entità del passo con cui si calcolano le derivate parziali discrete è nell’ordine di 10-2 -

10-3 è in generale sufficientemente piccolo in relazione alle variazioni delle tensioni di

polarizzazione misurate. In questo modo il fitting della carica di Gate viene effettuato rispetto alle quantità osservabili/misurabili, le sue derivate parziali, cosa che si accorda con quanto viene fatto per la formulazione del fitting del modello non lineare I-V per il quale la quantità misurata è la corrente.

Per svolgere operativamente il fitting dei parametri del modello è stato sviluppato un algoritmo software nel linguaggio Matlab che, in modo semi-automatico consente all’operatore di individuare i principali coefficienti iniziali per la successiva procedura di ottimizzazione. La routine attraverso la richiesta all’utente delle tensioni di interesse rispetto cui è possibile individuare i parametri estraibili direttamente dalle misure, conduce alla determinazione delle condizioni inziali e degli intervalli entro cui far variare queste durante la procedura di ottimizzazione il cui risultato finale è l’insieme di coefficienti del modello della carica di Gate. Si sottintende che, qualora l’errore non venisse minimizzato al variare dei parametri, il set di condizioni iniziali fornite all’algoritmo potrebbe non essere ottimale oppure, caso ben più grave, il modello analitico non corrisponderebbe ad una corretta rappresentazione del dispositivo che si tenta di modellizzare.