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Condizionamento sociale e «la logica culturale del tardo capitalismo»

“Fabula rasa”: poetica e retorica del Nuovo Romanzo

M. H EIDEGGER Il problema del valore della verità

2.2.3 Condizionamento sociale e «la logica culturale del tardo capitalismo»

Nelle Gommes Robbe-Grillet inserisce numerosi momenti di sospensione dell’indagine. Momenti apparentemente morti, in cui l’agente speciale Wallas passa dall’analisi dei propri pensieri, relativi al caso che sta tentando di risolvere, e che, lo sappiamo, beffardamente risolverà, alla visione e interazione con la quotidianità. Immerso nello stretto e labirintico reticolo di viuzze di una città che non conosce, o meglio, che non ricorda di conoscere, egli si scontra con la propria sostanziale inca- pacità di relazionarsi con gli altri. Da cosa ciò derivi non è certo: da un lato, innega- bilmente, Wallas è un personaggio problematico. Privo di memoria, egli si muove quasi casualmente all’interno del tessuto urbano nel quale si trova a operare, tra fan- tasmi personali rimossi e necessità d’interazione con gli altri. Dall’altro lato è però lo stesso ambiente ad apparire disumanizzato, meccanico e stereotipico. Sintomatico di una sensazione sia macchinale che automatizzante, tanto da comprendere l’intero spettro delle percezioni fisiche dei personaggi nel loro rapporto con gli oggetti, è il pranzo di Wallas presso un “ristorante automatico”:

revenu sur ses pas, Wallas avise, de l’autre côté de la rue Janeck, un restaurant auto- matique de dimensions modestes mais équipé des appareils les plus récentes. Contre les murs s’alignent les distributeurs nickelés; au fond, la caisse où les consommateurs se munissent de jetons spéciaux. La salle, tout en longueur, est occupée par deux rangées de petites tables rondes, en matière plastique, fixée au sol. Debout devant ces tables, une quinzaine de personnes – continuellement renouvelées – mangent avec des gestes rapides et précis. Des jeunes filles en blouse blanches de laborantines des- servent et essuient, au fur et à mesure, les tables abandonnées. Sur les murs laqués de

blanc, une pancarte maintes fois reproduite :

«Dépêchez-vous. Merci»325.

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La descrizione dell’ambiente rivela già di per sé una forte carica spersonalizzante. Il dominio del colore bianco rende il quadro asettico, ed esaspera l’effetto di mo- struosa geometrizzazione dello spazio. I cartelli con cui si raccomanda agli avventori di consumare il pasto rapidamente, poi, evidenziano una deprivazione volontaria del tempo individuale non lavorativo, la cui buona dose di assurdità, di certo percepita all’epoca, appare oggi ben più problematica, e si pensi al planetario successo del fast- food. È tuttavia l’interazione di Wallas con i macchinari e l’osservazione dell’effetto reificante che tale interazione ha sugli altri esseri umani, a dare la cifra esatta dell’azione che si esercita nella società robotizzata:

Wallas fait le tour des appareils. Chacun d’eux renferme – placées sur une série de plateaux de verre, équidistants et superposés – une série d’assiettes en faïence où se reproduit exactement, à une feuille de salade près, la même préparation culinaire. Quand une colonne se dégarnit, des mains sans visage complètent les vides, par der- rière.

Arrivé devant le dernier distributeur, Wallas ne s’est pas encore décidé. Son choix est d’ailleurs de faible importance, car les divers mets proposés ne diffèrent que par l’arrangement des articles sur l’assiette; l’élément de base est le hareng mariné326.

Riproduzione, serializzazione e denaturalizzazione del cibo appaiono qui condi- zioni che sopravanzano l’aspetto “inessenziale” dell’alimentazione nella società dei consumi. Siamo cioè oltre quel “di più” come plusvalore del necessario (la cottura, la manipolazione327) denunciato poi da un maître à penser del Sessantotto come Nor-

man Brown nel celebre La vita contro la morte328. Lì, infatti, s’insiste sulla confusione

tra il superfluo e il primario, sulla maschera, cioè, attraverso cui, in definitiva, l’irrazionale diventerebbe razionale, l’uomo acquisterebbe un’anima come supple- mento del corpo, l’escremento si farebbe commestibile. Qui, al contrario, il cibo se- rializzato, che Wallas vede scorrere davanti agli occhi spostandosi da un distributore all’altro, pertiene l’ambito dell’universalizzazione di tale irrazionalità, dell’irreversibile condizionamento sociale che la merce esercita sul soggetto sociale:

326 Ibidem.

327 È forse superfluo ricordare a questo proposito il fondamentale Il crudo e il cotto di Claude Lévi- Strauss.

328 N. O. Brown, La vita contro la morte, Milano, Adelphi, 20022, p. 322 e sgg. Federico Fastelli

dans le vitre de celui-ci Wallas aperçoit, l’un au-dessus de l’autre, six exemplaires de la composition suivante; sur un lit de pain de mie, beurré de margarine, s’étale un large filet de hareng à la peau bleu argenté; à droite cinq quartiers de tomate, à gauche trois rondelles d’œuf dur; posées par-dessus, en des points calculés, trois olives noires. Chaque plateau supporte en outre une fourchette et un couteau329.

Così assieme agli oggetti, gli uomini stessi appaiono riproduzioni seriali: à la table voisine trois hommes sont installés, trois employés des chemins de fer. De- vant eux, toute la place disponible est occupée par six assiettes et trois verres de bière.

Tous les trois découpent des petits cubes dans trois disques de pain au fromage. Les trois autres assiettes contiennent chacune un exemplaire de l’arrangement hareng- tomate-œuf dur-olives dont Wallas possède également une copie. Les trois hommes, outre leur uniforme identique en tout point, ont la même taille et la même corpu- lence; ils ont aussi, à peu de chose près, la même tête330.

Nello stesso modo in cui al cibo viene sottratta la propria essenza naturale, il proprio aspetto e il proprio gusto, nello stesso modo in cui esso viene ridotto a icona e dunque serializzato dall’industria, gli esseri umani, anche loro, si rivelano cloni l’uno dell’altro. Non è più solamente la “divisa” a determinare la sostanziale sperso- nalizzazione del soggetto: vi è invece un’identica fisicità tanto esasperata da riguar- dare persino “la testa”331. Identità che non può perciò non rispecchiarsi nelle voci,

ormai indistinguibili le une dalle altre, e nelle storie – l’atto del narrare rimanendo pur sempre specifico dell’uomo – ormai infinitamente replicate e replicabili:

329 A. Robbe-Grillet, Les Gommes, cit., p. 160. 330 Ivi, pp. 160-161.

331 Ciò si riscontra, ovviamente, anche in area italiana. M. Borelli, sulla scorta della teorizzazione debe- nettiana, ha sostenuto: «la narrativa sperimentale negli anni Sessanta adotta dunque un personaggio espropriato di sé, privato della “signoria” della propria integra interiorità, la cui esperienza si porrà tutta dentro uno spossato “vissuto di spossessamento”. È dunque attraverso questo cinico abbandono dell’umano […] a favore di un corpo-marionetta disarticolato, metamorfico, plurimo, proprio di una condizione nucleare […] che, per varie strade, viene oltrepassato il personaggio uomo». Cfr. M. Borelli, Personaggio, in Id., Prose dal dissesto, cit., p. 111.

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ils ont tous les trois des mines graves, mais sans passion; ils parlent d’une voix égale et neutre, comme s’ils n’accordaient pas trop d’attention à leurs propres paroles. Sans doute s’agit-il d’une chose de peu d’intérêt – ou bien dix fois rabâchée déjà332.

Cos’è allora Les Gommes se non una di queste storie? Cos’è Les Gommes se non una riproduzione serializzata di un romanzo giallo che, calata la propria maschera, si offre per ciò che è, presentandosi appunto come una “histoire à la gomme”? E non starà forse proprio in questo il suo legame col mito di Edipo? Non dipenderà proprio da questo il rapporto privo di memoria, sostanzialmente disseminato, differente nel- lo spazio e nel tempo tra Wallas e Edipo?

Lo sdoppiamento dello stesso Wallas, per la verità, sembra dipendere dal ruolo bicefalo che questi assume non soltanto al primo grado del racconto, e di ciò abbia- mo già riferito, ma anche al secondo. Qui la sua presenza pertiene evidentemente la necessità di ristabilire un ordine perduto. Ordine che non riguarda l’intreccio ma il significato, comunque duplice, della sovrapposizione tra carattere stereotipico e mi- tico dei personaggi stessi. Allo stesso modo non sono pochi i “Nuovi Romanzi” che mettono in scena protagonisti scissi tra la propria origine mitica e la propria presen- za stereotipata333. La prima dipende dalla tradizione, l’altra dalla serializzazione: sot-

toposto a due diversi tipi di pressione, uno interno alla diegesi e uno metanarrativo, il protagonista del Nuovo Romanzo è in genere chiamato a reagire ad un oblio della

332 A. Robbe-Grillet, Les Gommes, cit., pp. 162-163.

333 David Hayman ha parlato di “double-distanced text” a proposito dell’opera di diversi autori apparte- nenti a una categoria che il critico definisce, in perfetta conformità con i termini che abbiamo posto nel presente lavoro, “avanguardia postmoderna”. Farebbero parte di tale categoria, oltre a Robbe-Grillet, autori come Philippe Sollers, Maurice Roche, Kurt Vonnegut, William Gass e Donald Barthelme Cfr. David Hayman, Double-Distancing: An Attribute of the "Post-Modern" Avant-Garde, in «NOVEL: A Fo- rum on Fiction», Vol. 12, No. 1, Autunno 1978, pp. 33-47. Si veda in particolare p. 47: «the first of these narratives brilliantly modifies the Robbe-Grillet approach to stereotyped fears; the second reverses the focus of the flood myth and the impact of the dialect tale to allegorize the atomic age. Each in its way oscillates between ready melodrama and all too visible manipulation. However, this essay is not dealing in analogies, or in schools, or even in tendencies, but in techniques and in a particular tactic capable of creating a wide range of effects. We are concerned, that is, with a reactive mechanism symptomatic of an age given to scrutinizing its forms and distrusting but not discarding its predecessors' means. The dou- ble-distanced text is not nearly so open as it would seem at first glance, not nearly so alien to the aesthet- ic universe; it is simply more openly self-aware. At its worst it may become self-involved and self- indulgent like the late films of Fellini and Wells, but at its best it will exhibit the sort of control we expect of our classics».

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memoria individuale che non ha niente di panico né di trascendente. Tale oblio ha invece a che fare con la scrittura, con la posteriorità della scrittura rispetto all’azione, con il differire inteso come condizione stessa dello scrivere, con la resa della stessa scrittura al proprio carattere finzionale, post-esperenziale, superficiale, con il differi- re, in altri termini, della storia in quanto storia della scrittura, o, per usare un gioco di parole, della storia del suo raccontarsi come storia. Sono molti i personaggi che lottano con una sorta di privata ed estesa amnesia, la quale amnesia corrisponde, spesso, ad una incapacità di gestire, organizzare ed esplorare lo spazio: Wallas nelle Gomme ricorda ad intermittenza di essere già stato nella città in cui è stato inviato come agente speciale; il commesso viaggiatore Mathias, ne Le Voyeur, non ha che istantanee vaghe della topografia dell’isola nella quale si reca per vendere la propria merce, e dove, pure, egli è nato; Giuseppe detto Giuseppe, narratore protagonista di Salto mortale334 di Luigi Malerba, non si identifica più con l’ambiente in cui vive a

causa dell’invasione dell’industria moderna; il venditore di francobolli protagonista de Il serpente stenta a riconoscere nella Roma industriale l’antica città che fu. E gli esempi potrebbero essere molti altri.

È in questo senso che si determina uno stacco tra scrittura ed esperienza, tra po- tenzialità e atto, tra immaginazione e realtà all’interno della diegesi stessa: il marito narratore ne La gelosia tenta di ricostruire i movimenti della moglie e del presunto amante Frank, ma la cronologia che offre è piena di incongruenze, salti, disconnes- sioni; il protagonista de la Messa in scena di Claude Ollier, Lasalle, scrive un diario ma non riesce a dare alla scrittura la giusta continuità e dunque si trova costretto a ricordare gli eventi prima di trascriverli rendendo finzionale la realtà, così conti- nuamente reinventata da un presente che modifica con la propria consapevolezza il passato; la stessa cosa succede a Jaques Ravel ne L’impego del tempo di Butor: il sog- giorno nella cittadina inglese di Bleston è via via registrato da un diario scritto però a 5 mesi di distanza rispetto alle esperienze vissute inizialmente, e dunque non rispon- dente al reale dispiego degli eventi335. Anche nel Capriccio italiano di Sanguineti, per

334 Cfr. infra II,3.

335 Cfr. M. Butor, Butor su Butor, in Id., Lezioni e risposte sulla letteratura [1985], Milano, Franco Angeli, 1988, p. 151: «nell’Emploi du temps un personaggio passa dodici mesi in una cittadina inglese, e li narra nello spazio di cinque. Durante il primo mese però ne racconta uno, durante il secondo due, il terzo tre,

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un altro verso, il trattamento del tempo assume i tratti dello scacco all’ordine della fabula. Attraverso l’ambientazione onirica e ad un linguaggio appropriato a tale pat- tern, infatti, gli eventi si accavallano, si inframezzano e si confondono rendendo im- pensabile una loro ricostruzione all’interno dell’ordinamento linguistico conscio e razionale336.

Affronteremo il problema della topologia del Nuovo Romanzo nel capitolo 4.

2.2.4 Strutture circolari e irreversibilità del tempo: per una mitologia postmo-