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Utilizzazione di sistemi semiologici preesistent

“Fabula rasa”: poetica e retorica del Nuovo Romanzo

M. H EIDEGGER Il problema del valore della verità

2.2.1 Utilizzazione di sistemi semiologici preesistent

Les Gommes, abbiamo detto, è costruito a partire dalla struttura canonica del romanzo poliziesco: gioca con i cliché del genere, ne mina lo svolgimento, ma di fatto ne accetta le modalità, le trame e perfino il linguaggio. Accettazione che propone in maniera distaccata e scientemente aliena una sorta di riscrittura nella quale l’effetto di irrisione nei confronti del modello di partenza se c’è è solo indiretto. Se, insomma, la struttura del romanzo è riconducibile alla saga del Maigret di Simenon, oltre che ai gialli americani cui allude il nome vagamente anglicizzato del protagonista Wallas, la “decostruzione” operata da Robbe-Grillet al momento dell’applicazione, diciamo prendendo a prestito il vocabolario di Doležel, della texture ad un mondo finzionale pre-esistente305, assume la forma di ciò che Jameson ha definito “parodia bianca” o

pastiche306. Come in un quadro di Warhol, infatti, si “mette in scena” un “oggetto”

che è già noto a livello di immaginario collettivo e ciò impone al fruitore un rapporto

305 Cfr. L. Doležel, Heterocosmica. Fiction e mondi possibili [1998], trad. M. Botto, Milano, Bompiani, 1999.

306 Cfr. F. Jameson, La logica culturale del tardo capitalismo, in Id., Il postmodernismo, cit., p. 34: «in que- sta situazione la parodia si viene a trovare priva di una sua vocazione; ha fatto il suo tempo e quella stra- na cosa che è il pastiche viene a prendere lentamente il suo posto. Il pastiche è, come la parodia, l’imitazione di una particolare maschera, un discorso in una lingua morta: ma è una pratica neutrale di questa mimica, senza nessuna delle ulteriori motivazioni della parodia, monca dell’impulso satirico, pri- va di comicità e della convinzione che accanto a una lingua anormale presa momentaneamente in presti- to esista ancora una sana normalità linguistica. Il pastiche è dunque una parodia bianca, una statua con le orbite vuote».

Federico Fastelli

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sostanzialmente inedito con l’opera307. Superficialmente, infatti, il romanzo di Rob-

be-Grillet altro non è che un romanzo giallo. Più concretamente, però, esso si pone, per così dire, come un “romanzo di un romanzo giallo”, con una mise en abîme che riguarda da principio l’“oggetto libro”. Ora, un’operazione del genere non solo adot- ta una tanto raffinata quanto complessa strategia narrativa, ma denuncia evidente- mente una disposizione dell’artista al momento della realizzazione dell’opera, alme- no laddove si voglia assumere, per esempio con Marina Mizzau, che «una delle carat- teristiche fondamentali del romanzo contemporaneo sia questo porsi su un piano “n+1” rispetto al romanzo stesso, lavorando a livello non del linguaggio oggetto ma del metalinguaggio»308. Disposizione, questa, che caratterizza specificamente la pro-

duzione robbe-grillettiana e che pare raggiungere – lo vedremo meglio nel prossimo capitolo – una sorta di punto di non ritorno con la Jalousie. Qui infatti, sebbene il modello di partenza non sia più offerto dalla letteratura poliziesca ma dal romanzo coloniale, il significato profondo dell’operazione non solo non cambia, ma viene anzi esaltato da tutta una serie di riferimenti allegorici interni alla narrazione. Anche La Jalousie si pone in primo luogo come “un romanzo di un romanzo coloniale”, ma in esso, per di più –avremo modo di ritornarci – la mise en abîme all’interno della die- gesi narrativa si materializza, per così dire, nel libro che i protagonisti sono impegna- ti a leggere, appunto un romanzo coloniale, nel quale, specchiati, sono riproposti gli stessi cliché che segnano la narrazione di primo grado309. Questo effetto, che poi è

soprattutto una sorta di forzata presa di distanza rispetto al materiale narrativo che lo scrittore stesso dispone e ordina, si riverbera allora dal mondo finzionale anche alla natura dei personaggi. Sia Wallas ne Les Gommes che Mathias, il commesso viaggiatore protagonista de Le Voyeur, appaiono, perciò, funzioni predeterminate del mondo finzionale prescelto, piuttosto che personaggi dotati di spessore psicolo- gico e di autentica interiorità. Non a caso Adriano Spatola, già nel 1964, si domanda-

307 Cfr. A. C. Danto, A trent’anni dalla fine dell’arte, in Id., Dopo la fine dell’arte, cit., p. 36: «fino al XX secolo vigeva la tacita convinzione che un’opera d’arte fosse sempre identificabile; il problema filosofico oggi è spiegare perché qualcosa è un’opera d’arte. Con Warhol diviene chiaro che non c’è nessuna carat- teristica specifica che un’opera d’arte debba possedere, può assomigliare a una scatola di Brillo o a una lattina di zuppa pronta».

308 M. Mizzau, La logica della finzione, in Gruppo 63. Critica e teoria, cit., p. 222. 309 Cfr. infra II,3.3

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va se «è forse possibile che Robbe-Grillet si serva del voyeur come di un personaggio già esistente, appropriandosene, e adempiendo così al suo dovere di scrittore d’avanguardia, costretto a tener conto degli eroi che la realtà produce e che si offro- no alle sue manipolazioni già confezionati, già pronti per l’uso?»310. E aggiungeva, a

corollario di ciò: «in verità, non è il puro e semplice trarre personaggi tipici dalla realtà che caratterizza lo scrittore: lo scrittore è caratterizzato dall’uso che fa di questi personaggi. Essi non possono essere per lui che delle pedine da spostare a piacimen- to su una scacchiera»311. L’utilizzo della mise en abîme assume evidentemente tratti

vertiginosi che, nondimeno, funzionano come fondamenta per l’architettura formale del Nuovo Romanzo. E se ne Le Voyeur ciò è esasperato dalla scelta del titolo, poiché resta ambigua denominazione di “guardone”, utilizzabile sia per Mathias che per al- tri personaggi della vicenda, ne Les Gommes si trovano addirittura tracce diegetiche di un sospetto, per così dire, di “prefabbricazione” del protagonista Wallas. Si pensi a questo dialogo tra Bona e Garinati:

- et ce Wallas qu’on nous envoie, qu’a-t-il fait depuis son arrivée?

Garinati expose ce qu’il sait: la chambre au Café des Alliés, rue des Arpenteurs; le départ, ce matin de très bonne heure…

- Vous l’avez laissé s’échapper. Et vous n’avez pas retrouvé sa trace?312

È evidentemente ricercata l’ambiguità di quel «qu’on nous envoie», non solo perché non si specifica se Wallas sia stato inviato “contro” o “a favore” dell’associazione di Bona – e, per inciso, il fatto che sarà proprio questi a compiere veramente l’omicidio non fa che aumentare il sospetto –, ma anche perché l’insistenza sul carattere di “straniero” dell’agente speciale appare consona alla ricer- cata “superficialità” con cui egli è delineato. Privo di passato, privo di memoria, Wal- las è un puro meccanismo verbale, una costruzione chiamata a far funzionare il “si- stema romanzo”.

Questa disposizione artistica votata al riuso, non è di dominio esclusiva- mente robbe-grillettiano. Essa in realtà appare diffusa in gran parte della letteratura e

310 A. Spatola, Dibattito, in Gruppo 63. Il romanzo sperimentale, cit., p. 88. 311 Ibidem.

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nel cinema di quegli anni. A proposito di ciò, a metà degli anni Sessanta, Susan Son- tag rilevava che:

molti scrittori contemporanei, nella ricerca di forme atte a ravvivare il romanzo, si sono fermati proprio sui tipi di narrazione più calcificati, più consueti, più “chiusi” (ciò che è veramente banale diventa a maggior ragione disponibile per un’utilizzazione originale). Un esempio è l’uso del racconto di fantascienza da parte di Burroughs. Altro esempio: l’uso del “romanzo spionistico” in V di Thomas Pynchon dove le convenzione della suspense e le particolari regole di comportamen- to di questo genere sono riempite di mistificazioni filosofiche e storiche. (In modo analogo i registi cinematografici francesi si sono serviti degli schemi del film gang- ster e del film B americano; così Truffaut per Tirez sur le pianiste)313.

L’elenco della studiosa è notevolmente estensibile, ma sarà sufficiente ri- cordare, per ciò che riguarda il contesto italiano, almeno i “gialli” di Malerba, il “ro- manzo epistolare” approntato da Alberto Arbasino ne L’Anonimo Lombardo se non la particolarissima forma di “romanzo-catalogo pop” tentata da Sanguineti ne Il Giuoco dell’Oca. La trattazione particolareggiata di tali esempi sarà affrontata nel ca- pitolo 3.