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La pronunzia premette che i fatti accertati consentono di addebitare la responsabilità colposa tout court a tutti i garanti, poiché tra i loro compiti vi era quello di informarsi e di accertarsi su quale fosse divenuta effettivamente la realtà della fabbrica torinese e su quelli che erano stati i sintomi premonitori, provenienti da varie fonti, del rischio di incendio. Peraltro, si aggiunge, la ricchezza del materiale probatorio consente di mettere bene a fuoco le singole posizioni.

23.1. E.H..

Per ciò che riguarda E.H. si propone un lunghissimo elenco di condotte che lo rivelano quale informato protagonista di tutte le scelte aziendali che condussero alla formazione di documenti di valutazione del rischio non corrispondenti alla realtà ed alle scelte aziendali finalizzate al massimo risparmio in vista della chiusura dell'impianto torinese. Egli è in definitiva il massimo autore delle violazioni antinfortunistiche che hanno causato gli eventi di incendio e morte. Non vi è dubbio che adempiendo alle condotte doverose avrebbe impedito la consumazione dei reati. La qualificazione soggettiva di tale comportamento è oggetto di separata e contestata valutazione di cui si dirà in appresso.

23.2. P.G.e Pu.M..

Richiamando quanto esposto in precedenza quanto alla sopravvivenza sostanziale del board, se ne rimarca il ruolo decisorio sulle questioni più importanti, compresa la prevenzione degli infortuni sul lavoro.

Vengono menzionati diversi documenti che mostrano l'informazione sui fatti, il coinvolgimento nella violazione dei loro obblighi, omettendo di far valere la loro capacità decisionale anche in tema di sicurezza del lavoro. Si tratta di verbali del board e di documenti nei quali si discute della sorte dello stabilimento, dei problemi della sicurezza, dell'utilizzazione dei fondi straordinari per la prevenzione degli incendi,

dell'attuazione degli investimenti relativi alla sede ternana e non a quella torinese.

Essi, pur sprovvisti di poteri decisori autonomi, avevano il potere-dovere di segnalare. Non lo esercitarono perché erano d'accordo con l'amministratore e condivisero dunque con lui le decisioni assunte dalla società. Certamente la capacità operativa massima si accentrava nell'amministratore ma essi avrebbero potuto segnalare la necessità di altri comportamenti. In particolare essi avrebbero potuto almeno

rappresentare che in presenza di un forte allarme per la sicurezza, in presenza di abbondanza di fondi da destinare alla prevenzione antincendio, non era sufficiente decidere di fare solo una conferenza stampa, non era comunque il momento di far slittare a dopo la chiusura di Torino le opere prevenzionali già attuate per gli impianti di Terni.

Si dà atto che i difensori hanno messo in discussione la possibilità che una segnalazione avrebbe di fatto cambiato le decisioni della società nella materia della sicurezza sul lavoro. La risposta, per la Corte di merito, non può che essere positiva tenendo conto che la verifica della causalità può essere soddisfatta anche solo nella forma di apprezzabili significative probabilità della condotta doverosa di scongiurare il danno: non si dimentichi il valore che in tutta la holding aveva l'organismo del board che era garante della ponderatezza e interdisciplinarità delle decisioni. Come è dato leggere nei verbali sequestrati, le decisioni venivano assunte collettivamente dopo discussioni paritetiche e non a caso a volte esse erano rinviate se non adeguatamente istruite e sviscerate, cioè applicando alla lettera il modello decisionale adottato nella delibera del consiglio di amministrazione del 25 luglio 2001. Non vi è dubbio, secondo la Corte territoriale, che l'amministratore delegato innanzi alla segnalazione di un consigliere delegato, fra l'altro formalizzata come la delibera imponeva, della necessità di interventi prevenzionistici nello stabilimento di Torino, l'avrebbe senz'altro recepita dialetticamente, non foss'altro che per le gravissime ripercussioni che ne sarebbero potute nascere.

23.3. M.D. .

La sentenza ripete, ampliandole, le considerazioni già svolte a proposito del ruolo di garanzia, circa il ruolo centrale di tale imputato. Costui non solo cumulava diversi, cruciali incarichi formali, ma era anche il pianificatore degli investimenti in materia di sicurezza antincendio. Ha una competenza tecnica talmente sofisticata da essere il progettista dell'impianto di spegnimento in Terni dopo i fatti di Torino. E' il tecnico di fiducia di E.H. per ciò che riguarda tutte le decisioni in tema di sicurezza e gestione dei relativi investimenti. Si ricostruisce il ruolo complessivo alla stregua di numerosi documenti, che vengono analiticamente esposti in sentenza. Conclusivamente, si considera che se è vero che egli non avrebbe potuto da solo impedire gli eventi per il limite di budget e di capacità decisionale autonoma, tuttavia anche per lui vale la

considerazione che egli aveva poteri e doveri residuali, quale appunto quello di segnalare la necessità di operare in senso prevenzionale che gli è stato contestato. Per ciò che riguarda I' efficienza causale della sua condotta omissiva si fa un ragionamento analogo a quello proposto sopra circa le apprezzabili, significative probabilità di scongiurare il danno. M.D. avrebbe potuto segnalare, con cognizione di causa e

l'autorevolezza che l'amministratore gli riconosceva ricorrendo a lui per le decisioni che coinvolgevano aspetti tecnici e finanziari, la necessità di utilizzare anche per lo stabilimento di Torino, come faceva per quello di Terni, i fondi stanziati per la prevenzione di incendi sulle linee.

Si aggiunge che la costanza con la quale l'amministratore lo coinvolse sempre con un ruolo di primo piano nelle decisioni trova una definitiva conferma nella sua consultazione prima della decisione finale di far slittare a dopo il trasferimento a Terni l'utilizzo dei fondi straordinari stanziati. M.D. lo ha confermato. Ciò attesta senza dubbio che l'amministratore lo riteneva persona la cui adesione gli era necessaria per adottare, nello specifico campo antinfortunistico, le sue decisioni.

23.4. S.R..

Anche per S. R. la sentenza rinvia a quanto esposto in precedenza sul ruolo di garanzia. Egli era sicuramente privo di qualunque autonomo potere decisionale rispetto alla dirigenza di Terni nel campo della sicurezza: non decideva ma si limitava a girare a Terni le richieste protese ad operare le scelte. L'imputato era tenuto ad obblighi giuridici che discendevano dalla posizione che aveva scientemente accettato; ma ha anche operato in concreto aderendo alle decisioni assunte a Terni in tutti i campi della mancata prevenzione che sono stati già analizzati. A lui è particolarmente ricollegabile una diretta responsabilità delle condizioni di degrado cui erano giunti gli impianti grazie alle politiche di risparmio operate nella sede ternana. Egli

vedeva tutti i giorni l'entità dei ricorrenti incendi e focolai che si verificavano; sapeva che flash fire si erano già verificati in azienda, come riferito dalle squadre di emergenza. Aveva assistito alle varie visite fatte nello stabilimento anche in connessione con le problematiche assicurative ed aveva girato le relative proposte all'amministratore senza indicare alcuna preferenza. Egli aveva visto il risultato della restrizione nel campo della manutenzione, dell'uscita di lavoratori esperti, nonché della carenza di pulizia e di procedure di sicurezza. Tali comportamenti, non esclusivi, non sono meramente passivi ma pienamente adesivi alla strategia ternana di spendere il meno possibile per Torino, tentando di conservare però una regolarità amministrativa formale.

La documentazione difensiva attestante l'attività sul fronte della prevenzione non è rilevante perché riguarda condotte poste in essere fino al 2006 o adempimenti assunti verso organi di controllo ancora in fieri e che riguardavano siti distanti dalla linea APL5 ovvero simulazioni di incendio in zone diverse. Nulla che contraddica, dunque, il totale disinteresse per il rischio di flash fire. Gli è stato contestato di non aver segnalato la necessità degli interventi prevenzionali che erano doverosi e che, se fossero stati realizzati avrebbero scongiurato gli eventi. A tale dovere egli si è sottratto a partire dal 2007. Gli interventi di sollecitazione si fermano infatti al 2006.

Si dà conto delle obiezioni difensive circa l'idoneità causale di eventuali iniziative di segnalazione. Esse tuttavia trova risposta secondo il paradigma dell'alto grado di credibilità razionale. Si scorgono condotte che avrebbero potuto ragionevolmente scongiurare gli eventi. Ci si riferisce soprattutto alla passiva accettazione dei documenti di valutazione del rischio generico e specifico di incendio con annesso piano di emergenza ed evacuazione formato da C.C. . Se nel documento fossero stati correttamente indicati i rischi effettivi degli impianti, alla dirigenza ternana non sarebbe stato possibile protrarre la strategia gestionale di risparmio decisa in vista della chiusura della sede di Torino, non sarebbe stato possibile far slittare per ben due volte l'utilizzo di quei fondi già stanziati che la casa-madre sollecitava a usare subito per salvare la vita delle persone con tolleranza zero.

23.5. C.C. .

Si rammenta che costui aveva posizione di garanzia legata al ruolo di dirigente di fatto: sovraintendeva all'organizzazione ed esecuzione della manutenzione degli impianti ed all'organizzazione dell'emergenza. Si tratta dell'organizzazione di due settori che riguardano due concause che determinarono gli eventi di danno. Anche quanto alla sua posizione la sentenza fa riferimento ai poteri e doveri subordinati di segnalazione.

Pure nei suoi confronti alle obiezioni difensive si ribatte che le condotte di stimolo in chiave

prevenzionistica si arrestano al 2007, epoca dalla quale egli tenne un comportamento acquiescente rispetto alle decisioni di risparmio elaborate a Terni; ed anzi positivamente adesivo e funzionale alle stesse. Nelle sue funzioni di dirigente preposto al settore strategico della manutenzione degli impianti egli adotta modelli via via riduttivi delle ispezioni programmate in piena simmetria con le riduzioni di personale. Nelle funzioni di dirigente preposto all'emergenza egli adotta, d'accordo con S.R., l'accorpamento progressivo di tali funzioni in singole persone fisiche già gravate della responsabilità della produzione e manutenzione. Ma la sua responsabilità emerge anche in relazione al suo ruolo di responsabile del servizio di prevenzione e protezione: è in tale veste che egli prepara e redige i tre documenti formali di cui si è già detto, il cui contenuto e mancato aggiornamento furono indispensabili alla giustificazione e copertura delle decisioni di Terni.

Confutando le deduzioni difensive in tema di nesso causale si argomenta che una diversa formulazione del documento di valutazione del rischio sarebbe stato di ostacolo, quantomeno sul piano della significative probabilità di scongiurare il danno, al datore di lavoro che avesse voluto non intraprendere alcuna delle misure di protezione che lo stesso documento avrebbe indicato.