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confermare la diffusione di testi croceschi nel repertorio tradizionale di docu mentazione recente, e ai fini di un futuro allestimento di un’edizione filologica-

Nel documento Giulio Cesare Croce autore plurilingue (pagine 109-113)

mente sorvegliata dello Sgarmigliato (o Smisurato) nella quale si dia conto an-

che dei due frammenti citati e delle altre testimonianze di questo componimento

nel repertorio tradizionale di documentazione contemporanea, se ne presenterà

di seguito un’altra testimonianza tratta da fonti orali, finora non segnalata

78

. Si

tratta di una versione trascritta nell’estate del 1931 dal letterato Enrico Bianchi

a San Pellegrino in Alpe, sul crinale appenninico al confine tra Garfagnana e

montagna modenese. Il testo verbale (privo, come purtroppo ci si attende, di una

trascrizione musicale) fu trasmesso a Michele Barbi, che lo inserì nella propria

Raccolta di Canti e musiche popolari

79

. Se ne dà di seguito il testo, numerando

strofi e versi, omettendo le ripetizioni della ripresa (v. 5), stampata in corsivo,

e intervenendo soltanto nella distribuzione dei segni interpuntivi; le variazioni

nella misura dei versi sono indicate da un diverso incolonnamento. Seguono due

apparati di servizio: puramente diplomatico il primo, dedicato a un commento

sintetico il secondo.

i Smisurato fu gigante

Della schiatta di Morgante: Era ben dieci anni avante

Di suo padre generato. 4

Oh, quant’era smisurato!

lo G 248 della Biblioteca dell’Archiginnasio, in cui però la stampa del Gigante è evidentemente mutila): il testo raccolto da Giannini ne presenta undici, quello citato da Gradi solo quattro (la ri- presa è esclusa dal conteggio).

78 Un’edizione di questo tipo si attende anche per la già citata Canzonetta vaga in lode del

bel mese di maggio, adoperata ancora oggi a Riolunato, nell’Appennino modenese, come canto di

questua per la vigilia di maggio, e anche in questo caso in una redazione scorciata rispetto al te- sto tràdito dalle edizioni antiche (cfr. le testimonianze novecentesche censite in Borghi – Vezzani 2004 e la registrazione sonora del 1957 citata e parcamente commentata in Bonvicini 2009: 218, incisa come traccia 33 del CD 1 accluso alla pubblicazione). La paternità crocesca del testo fu se- gnalata per la prima volta da Nascimbeni 1911. Un frammento dello Smisurato raccolto da fonti orali in Istria è registrato in Ive 1877: 257, n. 9.

79 Pisa, Centro Archivistico della Scuola Normale Superiore (= CASNS), fondo Michele Bar-

bi, Raccolta Barbi di Canti e Melodie Popolari (in fase di indicizzazione e riordino a cura di chi scrive), Serie Numerata, sez. F, 394-395, 2 cc. sciolte scritte solo sul r. con numerazione originale (6-7); lungo il margine inferiore di c. 7, di mano di Barbi, una nota relativa alla provenienza geo- grafica del testo. La data di raccolta si ricava dalla lettera con cui la trascrizione fu trasmessa al fi- lologo (CASNS, fondo Michele Barbi, Carteggio, fascicolo Bianchi, Enrico, missiva dell’11 ago- sto [19]31).

ii In un buco di un suo dente

Ci stacea dimolta gente:

Al pallon tenean giocato. 8

iii In un buco di un’orecchia

Ci andò un asin con la cesta, E ci andò gente apparecchia

Per veder dov’era andato. 12

iv Ed invece di capelli

Avea boschi e selve e uccelli, I pidocchi eran vitelli

Che tenevan pascolato. 16

v Sotto all’ugne dei piedini

Oste sta coi magazzini:

Ci facevano il mercato. 19

vi E per farli le scarpette

Ci andò centotrentasei vacchette:

Li stringevan da ogni lato. 22

vii E per farli una mutanda

Ci andò tutta la seta dell’Olanda:

Gli va stretta da ogni lato. 25

viii E per farli un camicino

Ci andò tutta la tela di Torino:

Gli va stretta da ogni lato. 28

7. stacea] segue, in linea, della stessa mano del trascrittore, la glossa (sic) 26. un

camicino] da una camicia, con -a depennata e -cino ricalcato su -cia; entrambi gli inter-

venti sono da attribuire al trascrittore

Note di commento

[1] → Smisurato: la trasformazione del nome del protagonista si deve alla pressione eserci-

tata dall’aggettivo menzionato nella ripresa. [5] La ripresa monostica si presenta come «sbocco discorsivo» e «conclusiva sentenza» delle strofi: tratto tipico delle frottole-barzellette di fine Quat- tro e inizi Cinquecento, qui presente in forma fossile (cfr. Gallico 1987: 305, da cui si cita). [7] →

stacea: ‘stava’, forma rifatta su facea (su conii analogici di questo tipo cfr. Schmid 1949: 67, 74,

80). → dimolta: agg. indefinito di uso (in età contemporanea) prettamente toscano (cfr. GDLI, s.v. dimolto). [8] → tenean giocato: il sintagma, già presente nelle edizioni a stampa più antiche, è da analizzare come una perifrasi imperfettiva equivalente a ‘giocavano’. Alcune attestazioni crocesche di questo tipo sintattico sono segnalate in D’Onghia 2015: 181, dove si rimanda alla documentazione dialettale settentrionale, e in particolare piemontese, raccolta da Ricca 1998. Cfr.

anche l’it. tener osservato ‘osservare’ (GDLI, s.v. tenere, § 24). [11] → apparecchia: il contesto e la lezione dei testimoni antichi a stampa (genti parecchie, in rima con orecchie e secchie) sug- geriscono di interpretare la forma come un agg. indefinito sovrapponibile a parecchia e da questo, probabilmente, derivato per agglutinazione della prep. semplice a (cfr. dimolto, v. 7). [16] →

tenevan pascolato: ‘pascolavano’ (cfr. l’analogo v. 8). [18] → Oste sta: l’omissione dell’atteso

articolo indeterminativo un sembra motivata da ragioni metriche: consente infatti al verso di pre- servare la misura ottonaria e il regolare accento di 3ª. [21] → vacchette: pezzi di pellame di vacca, usati tipicamente per la confezione di calzature (cfr. GDLI, s.v. vacchetta1). [22, 25, 28] → da

ogni lato: la ripetizione del sintagma nella volta delle strofi vi-viii, estesa nelle due finali all’intero

verso, con ogni probabilità non è originaria (nulla del genere si riscontra negli esemplari a stampa confrontabili grazie alla raccolta digitale OGC). [23] → mutanda: il termine è commentato dal trascrittore, residente nei medesimi luoghi di raccolta del componimento (lo dichiara lui stesso nella missiva di invio): «Mutanda: vestito completo; voce anche oggi in uso quassù; diverso da

mutande». [24] → seta dell’Olanda: lezione derivata dalla corruttela del verso «Quanta tela era

in Olanda». La tela d’Olanda, realizzata in lino, era adoperata soprattutto nella produzione di len- zuola (cfr. DI, s.v. Olànda, § 2.a, rr. 12 e segg.).

Nella poesia popolare, nella letteratura popola- resca, così da parte degli autori come del pub- blico, non si guarda tanto per il sottile alla pa- ternità originale degli spunti, delle situazioni, descrizioni e accessori. Derivazioni, imitazioni, contaminazioni sono moneta corrente1.

L’Abbatimento di Rugiero e Rodomonte, trasposizione e rielaborazione in

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