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CAPITOLO 6 Confronto tra i due modelli: Lean ed Information Sharing

Vengono di seguito proposti due modelli che confrontano diverse politiche di gestione della supply chain. Il primo modello elaborato da Cachon, Fisher in [8] confronta due politiche di aumento della visibilità, una politica di riduzione dei lotti di produzione ed una politica di riduzione dei lead time. Il secondo articolo di

Agrawal, Nandan Sengupta, Shanker [80] propone invece un confronto tra una politica di Information

Sharing ed una strategia volta a ridurre i lead time di riapprovvigionamento tra i vari stadi di una supply chain.

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6.1 Confronto tra IS e Lean

Cachon e Fisher costruiscono un modello formato da 1 supplier ed N retailers in cui la domanda finale del

cliente è una funzione stazionaria stocastica nota. I diversi scenari sono confrontati in funzione dei costi generati dalle scorte ed i costi associati ai backlogs. Le 4 politiche di gestione della supply chain si possono riassumere nella seguente tabella:

Politica di gestione della SC Risparmio in termini di costi

Traditional Information Sharing (ordini)

Limite inferiore 2,2% Limite superiore 12,1%

(nel caso di traditional IS si ha un 3,4% in meno) Full information sharing (stato delle scorte)

Riduzione dei LT del 50% In media 21%

Riduzione della grandezza dei lotti (e quindi consegne più frequenti)

In media 22%

Tabella 18: Cachon e Fisher – Confronto di due politiche per la gestione di una supply chain

Dallo studio condotto dai due autori risulta quindi che sia maggiormente efficiente lo scambiarsi informazioni per ridurre i tempi di processo, piuttosto che condividere informazioni per cercare di prevedere in modo più accurato la domanda. La corretta domanda da porsi non è quindi se l’IS migliora le prestazioni di una supply chain, ma in quale modo avviene tale miglioramento.

“Our results are surprising. Indeed, we undertook this research with the strong expectation that we would be able to demonstrate significant benefits to information sharing in these models.”[8]

Nel primo scneario – information sharing - gli autori costruiscono un modello di simulazione in cui le informazioni vengono utilizzare per (1) migliorare le decisioni in merito alla quantità da ordinare e (2) per migliorare le decisioni di allocazione della merce tra più retailer. Il secondo scenario – riduzione dei lead time – è invece costruito tramite dati raccolti presso la Campbell Soup Company. Dall’analisi di questi dati, gli autori concludono che se le informazioni vengono utilizzate per ridurre i LT (principalmente come conseguenza della riduzione del tempo di processamento dell’ordine) e per diminuire la grandezza dei lotti di riordino si hanno per il sistema dei risparmi rispettivamenre del 21% e del 22%. La conclusione è quindi che l’utilizzo di tecnologie informative è maggiormente utile nel velocizzare il flusso dei prodotti rispetto che accelare la trasmissione di informazioni tra i vari stadi.

Tale dato empirico trova una giustificazione teorica nella seguente argomentazione. Se il retailer detiene abbondanti scorte, allora non avendo necessità nel breve periodo, non ha informazioni di valore da condividere con il supplier. La condivisione di informazioni ha invece un valore maggiore quando le scorte del retailer sono scarse e quindi ci si aspetta a breve un ordine nuovo che può modificare le decisioni del supplier. Ma al tempo stesso proprio quando le informazioni diventano di maggior valore, allora il retailer è

87 vicino al momento di inoltro dell’ordine. In entrambi i casi quindi la condivisione di informazioni non porta molti vantaggi al supplier.

É quindi interessante studiare anche il momento temporale in cui vengono condivise le informazioni e se tale momento può essere spostato più a monte oppure, come si sostiene in questo articolo, il valore stesso delle informazioni nasce in un punto non distante dal momento in cui tali informazioni vengono rese pubbliche (ossia il momento in cui si manifesta l’ordine al supplier).

In questo senso quindi la condivisione di informazioni andrebbe ad agire soprattutto su ciò che riguarda il ritardo che solitamente si ha, principalmente a seguito dei processi di supporto di gestione degli ordini, nella trasmissione di un ordine dal retailer al supplier.

Ritorna quindi il concetto già trovato in “Information Sharing in a Supply Chain: A note on its value when

demand is nonstationary”[71] dove viene chiaramente esemplificato dagli autori che la condivisione di

informazioni ha un beneficio solo se il comportamento del retailer non è prevedibile dallo studio della serie storica degli ordini da lui inoltrati nel tempo al supplier (ossia in presenza di politiche di marketing, sconti ed altro..).

Il secondo articolo [80] propone invece un modello maggiormente quantitativo per la valutazione di due opposti scenari:

(1) condivisione di informazioni lungo la supply chain

(2) riduzione dei lead time necessari al riapprovvigiona mento

Il sistema modellizzato è limitato dai seguenti confini e dalle seguenti ipotesi:

Ipotesi alla base del modello:

I. Funzione di domanda: la domanda finale del consumatore è modellizzabile come un auto- regressive process del primo ordine AR(1).

II. forecasting model: minimizzare l'errore quadratico medio

III. replenishment policy: stesso tempo di riordino per tutti gli stadi (trascorso un intervallo di tempo T in funzione della domanda futura che prevedo e del livello delle scorte, si decide l'entità dell'ordine da trasmettere alla stazione a monte)

88 Modellizzazione:

rt

qt

zt

LT = K

yt

LT = L

xt

Il processo avviene secondo la seguente sequenza di operazioni:

(1) si osserva l’arrivo degli ordini (per il retaler rappresentati da rt); (2) si determinano le quantità da ordinare (il retaler ordina qt);

(3) si ricevono gli ordini piazzati L (K per il manufacturer) periodi prima;

Previsione della domanda:

All’istante di tempo t la domanda si realizza, il retailer controlla il livello delle scorte e piazza un ordine .

)

I

Supplier Warehouse Retailer Customer

89 La quantità tra parentesi esprime la domanda che mi aspetto durante il LT di attesa (replenishment):tale quantità è data dalla differenza tra la domanda che mi aspetto nel futuro e la domanda che avevo previsto prima di vedere l’ordine .

Gli autori modificano quindi nella formulazione matematica da loro proposta prima la lunghezza dei LT di trasporto tra uno stadio e l’altro, poi la grandezza dei lotti ed infine assumono che tutti gli stadi della catena possano vedere la domanda del cliente (e quindi tutte le previsioni sono fatte sulla base di questa domandae non sugli ordini del rispettivo cliente a valle). La conclusione a cui pervengono è che la riduzione dei LT ha un beneficio maggiore rispetto alla condivisione di informazioni.

Di parere opposto, Kaipia [46] costruisce un modello in cui confronta due strategie: l’uso di tecniche JIT (aumento della frequenza delle consegne) e l’introduzione di un sistema di VMI. Confrontando le performance di una supply chain a cui viene applicata alternativamente una delle due strategie usando come metrica principale il tempo a disposizione del supplier per consegnare la merce al retailer risulta che un sistema di VMI, in cui il supplier ha la responsabilità e l’autorità nelle decisioni di riapprovvigiona mento, è migliore rispetto ad una situazione in cui si aumenta la frequenza delle consegne, ma gli ordini sono gestiti dal retailer. Tale vantaggio si fonda sull’ipotesi che nel primo caso il supplier ha un tempo di pianificazione15 della produzione maggiore rispetto al secondo caso.

15

Nell’articolo si definisce Time benefit = RT2 – RT1; dove RT2 rappresenta il tempo tra l’istante in cui il supplier vede il livello delle scorte ed il tempo in cui si potrebbe verificare uno stock out; RT1 esprime, invece, il tempo che il supplier impiega per rispondere ad un ordine.

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PARTE II:

OBIETTIVI DEL LAVORO E COSTRUZIONE