Dipartimento di Medicina Veterinaria e Produzioni Animali Università degli Studi di Napoli “Federico II”
Il problema dell'inquinamento ambientale è di estrema attualità, anche se sono già alcuni decenni che vengono affrontati, seppur separatamente, i problemi di acqua, aria e suolo. È a tutti noto che la maggior causa di inquinamento del Pianeta è ascrivibile alle attività antropiche di sfruttamento industriale ad opera dei settori secondario e primario.
Il comparto zootecnico rilascia quantità maggiori o minori di ammoniaca in relazione al grado di diluizione dei reflui, gli inquinanti si sommano a quelli prodotti da altri settori al punto di obbligare la UE ed i vari Stati a produrre specifiche Direttive e Norme che introducono i concetti di controllo integrato dell'allevamento e controllo globale dell’inquinamento (Migliori Tecniche Disponibili MTD o BAT Best Available Techniques). Ciò significa ricorrere, tanto nella costruzione dei fabbricati quanto nella scelta di macchine e attrezzature, alle soluzioni che dimostrano di possedere il minore impatto sull’ambiente.
Per ciascuna tecnica di allevamento devono essere valutati gli effetti ambientali, l’applicabilità, gli effetti collaterali sui consumi di energia e sul benessere degli animali, i costi d’investimento e di gestione.
Poiché le due specie ritenute maggiormente coinvolte nella produzione di residui azotati sono i suini e gli avicoli allevati in stabulazione, con la Direttiva 96/61/CE viene chiesto agli allevatori del settore avicolo e suinicolo una gestione integrata degli effluenti che, garantendo il controllo dei processi produttivi, assicuri la riduzione di tutte le forme di emissioni inquinanti, nell’aria, nell’acqua e nel suolo.
L‘eccessiva produzione di azoto ha influenza sia sull'effetto serra, sia sull'inquinamento transfrontaliero che dà origine alle piogge acide le cui ricadute negative incidono sugli habitat naturali e seminaturali influenzando le componenti vegetali degli ambienti di ricaduta.
Dalla fine degli anni ’90 del Novecento, con l’evidenza del problema, si sono susseguite numerose proposte attraverso le quali gli allevatori potessero ridurre sensibilmente, i fenomeni di inquinamento con azioni che coinvolgono i fabbricati, gli impianti di stoccaggio e di trattamento dei reflui, le macchine e i metodi di distribuzione dei reflui sui suoli.
La problematica degli inquinamenti ambientali causati dal cattivo uso antropico delle produzioni agricolo-zootecnico, ha viaggiato di pari passo con l’evoluzione delle politiche comunitarie di conservazione che hanno permesso di inquadrare in maniera chiara ed univoca le strategie di
intervento da adottare nei paesi dell’Unione per la tutela delle risorse naturali e per il loro uso sostenibile. L’ipersfruttamento delle risorse naturali ha ridotto, in maniera molto significativa, gli habitat originari del Pianeta a tal punto che al Vertice sulla Terra del 1992 a Rio de Janeiro, i leader mondiali hanno concordato una strategia globale di "sviluppo sostenibile": «soddisfare le nostre esigenze garantendo, nel contempo, un mondo sano e vitale da lasciare alle generazioni future». I Paesi membri della UE sono stati i maggiori fautori della Convenzione sulla Diversità Biologica (Rio de Janeiro, 1992) ed hanno incrementato le superfici delle aree protette attraverso leggi generali (istituzione di Parchi Nazionali e Regionali) e la Rete Natura 2000 (SIC e ZPS). La nuova situazione, in particolare quella dei paesi altamente industrializzati, ha scosso le popolazioni rurali residenti all’interno delle aree protette, tanto da indurre alla costituzione di una “Associazione dei Parchi Nazionali e Regionali abitati dell’Unione Europea” che ha evidenziato le diverse difficoltà in funzione delle specifiche condizioni orografiche pedologiche e climatiche che contraddistinguono le differenti nazioni europee e le diverse regioni di ciascun paese, con particolare riferimento ai territori di pianura, di collina e di montagna.
Le direttive emanate nei settori ambiente e agricoltura si sono susseguite toccando tutti i punti principali per un’idonea conservazione delle risorse naturali ed un corretto sfruttamento agro-silvo- pastorale, con una sufficiente sensibilità per il problema dell’inquinamento.
Tabella 1. Dall’agricoltura intensiva di sfruttamento alle pratiche sostenibili di uso delle risorse ai fini antropici. Sottolineate le azioni di politica di conservazione ambientale e di produzione sostenibile
Azione anno Effetto
Trattato di Roma 1958 L’agricoltura entra nel MEC
Agricoltura 1980 1968 I piano Mansholt: costruzione della PAC
Direttive socio-strutturali 1972 Squilibrio tra gli agricoltori di pianura e di montagna Politica ecologica 1973 Programma di azione in materia di ambiente Riflessioni sulla PAC 1980 Identificazione di nuovi programmi
Libro Verde Reg.797/85 1985
Programmi integrati mediterranei.
Agricoltura fondata su aziende a conduzione familiare Salvaguardia Spazio rurale –
Reg. 1760/87 1987
1) Conversione di colture e allevamenti
2) Zone svantaggiate e conservazione ambiente e paesaggio Futuro del mondo rurale 1988 1) Pressione della evoluzione moderna2) Declino rurale
Agricoltura e Ambiente 1988 Esigenza giusto equilibrio tra sviluppo agricolo e necessità, talvolta opposte, di conservazione dell’ambiente rurale Produzioni biologiche -
Reg. 2328/91
1991 Interventi specifici a favore della conversione delle produzioni agricole e degli allevamenti
Produzione biologica dei prodotti Agricoli Reg. 2092/91
1991
- Prodotti vegetali e zootecnici non trasformati - Animali
- Prodotti costituiti da uno o più ingredienti di origine animale o vegetale
Legge quadro 394/91 sulle aree protette
1991
Aree con uno o più ecosistemi intatti o anche parzialmente alterati da interventi antropici di rilievo nazionale o internazionale per valori naturalistici; scientifici; estetici; culturali; educativi; ricreativi…
Rio de Janeiro Summit 1992
- Convenzione sulla Diversità Biologica - Summit UN su ambiente e sviluppo Incentivi agli agricoltori
Reg. 2078/92 Reg. 2079/92 Reg. 2080/92
1992
- Misure agro-ambientali
- Imboschimento dei terreni agricoli - Prepensionamento
Legge 157/92 1992 Norme per la protezione della fauna selvatica Omeoterma e per il prelievo venatorio
Kyoto Summit
Conferenza ONU cambiamenti climatici
1997 Trattato internazionale in materia ambientale riguardante il surriscaldamento globale
Zootecnia biologica Reg. 1804/99
1999 Allevamento naturale e benessere animale
D.Leg.vo 11/5/99 n. 152 1999
Disposizioni su tutela acque dall’inquinamento e recepimento direttiva 91/271/CEE concernente acque reflue urbane e direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole.
Agenda 2000 POR 2000-2006 LIFE natura - ambiente
2000
Mezzi finanziari (misure specifiche) per realizzare: a) ricostituzione di una presenza faunistica ottimale; b) coltivazioni per alimentare la fauna;
c) ripristino di zone umide e fossati; d) differenziazione colture;
RIO +10 2002 Summit mondiale sullo sviluppo sostenibile Confereza delle Parti sul clima
Parigi COP 21 2015 Forum sull’innovazione sostenibile
Confereza delle Parti sul clima
Katowice COP 24 2018 Regole per rendere operativo l'Accordo di Parigi
UN Decade on Biodiversity Aichi, 2010
2011-2020 Intraprendere azioni per la biodiversità
Nella tabella 1 si riporta l’iter che, dalla stipula del Trattato di Roma e dall’istituzione del Mercato Europeo Comune (MEC), ha condotto, attraverso l’applicazione delle politiche ambientali, l’agricoltura da un regime di sovrasfruttamento dei terreni e delle risorse all’applicazione di pratiche sostenibili per la produzione e l’uso delle risorse ai fini antropici.
I programmi di Conservazione della Biodiversità nei Paesi industrializzati, non possono prescindere dall’analisi dei diversi territori considerati e della destinazione d’uso ad essi attribuita dalle politiche internazionali che guardano con maggiore attenzione al settore ricerca industriale o del terziario per l'innovazione, al fine di assicurare il necessario sostegno alle produzioni primarie (agricoltura, zootecnia, risorse naturali). Dalle esigenze di produzione agro-zootecniche nascono i differenti usi dei suoli così, appaiono evidenti le differenti classificazioni agronomiche e le relative distribuzioni percentuali nelle diverse zone altimetriche. Nei territori di pianura i programmi di conservazione saranno molto più difficili da applicare rispetto alle zone di collina e di montagna dove le attività di prelievo operate dall’uomo sono più lente per la presenza di percentuali crescenti di superfici boscate. Nelle zone in cui l’agricoltura stenta a crescere per il ritardo tecnologico e per lo scarso interesse politico, i piani di conservazione faunistici assumono un’importanza strategica fondamentale e, pertanto, possono beneficiare di forme di compensazione non agricole per attenuare le difficoltà di produzione e puntare all’incremento del settore faunistico venatorio. La estensivazione di ampie superfici da destinare ad attività di conservazione ed incremento della biodiversità prevede alti costi legati alla lenta riconversione delle coltivazioni preesistenti su proprietà molto piccole. L’incentivazione di tali sistemi appare necessaria per ripristinare l’originale relazione Uomo-Ambiente ed i sistemi di raccolta e di dominio sui cicli produttivi al fine di controllare e contenere i fenomeni di contaminazione, di erosione e di perdita della biodiversità.
Queste brevi considerazioni indicano le strade sostenibili da seguire e evidenziano che piuttosto che cercare di fare sopravvivere artificialmente e con enorme dispendio economico da parte delle amministrazioni pubbliche un’attività agricola sofferente è consigliabile istruire un programma di tutela basato sulla differenziazione di prodotti particolari ricercando l’originalità e la qualità basate su strategie di sviluppo basate essenzialmente su attività secondarie e terziarie. Se si prendono come strumenti di gestione della biodiversità i sistemi alimentari degli animali con i quali si producono le derrate alimentari, questi si riducono a tre:
1) il sistema Pascolativo (nella dieta giornaliera, gli animali utilizzano circa il 90% dell’alimento proveniente dal pascolo);
2) sistema Agricolo Misto (nella dieta giornaliera, gli animali utilizzano almeno il 10% di foraggi coltivati e di sottoprodotti aziendali);
3) Sistema Agricolo Industriale (nella dieta giornaliera, gli animali utilizzano meno del 10% di foraggi prodotti in azienda).
I sistemi sostenibili, che tutelano la biodiversità, escludono il Sistema Agricolo Industriale che viene esercitato con una elevata pressione sugli ambienti nei quali si insediano le attività mentre con gli altri due sistemi si riesce a programmare un buon management dell’agro-ecosistema attraverso a) la diversificazione dei rischi; b) il miglioramento dell’efficienza lavorativa; c) l’attribuzione di un valore aggiunto alle coltivazioni e/o ai sottoprodotti aziendali.
L’impiego misto di coltivazioni e di allevamenti animali risulta essere il mezzo potenziale per mantenere in equilibrio l’ecosistema e controllare la sua salute.
I sistemi di produzione misti, oltre a garantire produzioni eco-compatibili, sono i più rappresentati nel mondo.
I sistemi di produzione misti permettono di ottenere: 1. Mantenimento della fertilità dei suoli;
2. Rotazioni delle colture;
3. Aumento dei terreni maggesati, dei pascoli e delle arbustive; 4. Conservazione della biodiversità;
5. Conservazione delle acque; 6. Ripristino degli habitat;
La gestione per la tutela della salute dell’agro-ecosistema prevede almeno 5 tappe fondamentali: 1. Descrizione sistemica degli agro-ecosistemi;
2. Identificazione delle decisioni da prendere e azioni su cui puntare;
3. Definizione dei risultati dopo aver individuato gli elementi di valutazione; 4. Identificazione e realizzazione delle modifiche da apportare;
5. Monitoraggio degli indicatori selezionati.
Ne deriva quindi che, con il management dell’ecosistema, utilizzando i sistemi agro-zootecnici misti ed in particolare quelli basati sullo sviluppo di attività non convenzionali nel settore primario, è possibile raggiungere gli obiettivi segnati inizialmente dalla Convenzione di Rio de Janeiro (1992) e successivamente da quella di Aichi (2010) e che consistono:
• nella ricostituzione dell’equilibrio ecologico;
• nel recupero di aree abbandonate o in via di abbandono;
• nello sfruttamento di risorse alimentari naturali altrimenti inutilizzate; • nella salvaguardia della fauna autoctona o naturalizzata;
• nella rivalutazione di allevamenti tradizionali adattati agli ambienti per il recupero del territorio; • nella giusta collocazione con i settori secondario e terziario.
Tra le aziende non convenzionali in grado di perseguire gli obiettivi della conservazione della biodiversità si possono considerare, in forma singola o associata:
1) le aziende familiari; 2) le aziende biologiche; 3) le aziende agri turistiche;
4) le aziende agri-turistico-venatorie; 5) le aziende faunistico venatorie;
Per alimentare la crescente popolazione umana del nostro pianeta è necessario individuare i migliori mezzi tecnici da utilizzare per produrre, dalle risorse trofiche naturali, cibi di alta qualità. La produzione degli alimenti di qualità deve aumentare riducendo gli sprechi ed i prodotti di scarto considerati inquinanti. Questo obiettivo si pone come una sfida indispensabile per il futuro considerando gli oramai accertati cambiamenti climatici globali.
I coltivatori e gli allevatori dovranno focalizzare le migliori caratteristiche delle colture e degli animali scelti per aumentarne i potenziali di produzione. Le nuove tecnologie devono essere sviluppate per accelerare l’allevamento (tempi e quantità di produzione) attraverso i metodi di miglioramento genotipico e fenotipico, nonché con l’incremento della disponibilità della diversità genetica nelle banche e nelle fattorie del germoplasma. I maggiori vantaggi verranno dall’applicazione di queste tecnologie nei Paesi in via di sviluppo, ma solo se queste si renderanno economicamente accessibili e realmente disseminabili. Il miglioramento delle coltivazioni attraverso l’allevamento, assumerà un valore economico immenso relativamente agli investimenti e offre un approccio effettivo al miglioramento della sicurezza alimentare.
Alimentando i 9 miliardi di uomini che abiteranno il pianeta nel 2050 sarà necessario un cambiamento senza precedenti. La sfida da vincere è quella di esaminare gli ostacoli, trovare le soluzioni e raggiungere la sicurezza alimentare globale. Le tecnologie sono perfezionate e innovate dai ricercatori che le forniscono agli allevatori ed ai coltivatori che, da sempre, cercano nuove strade per aumentare i raccolti e le produzioni, soprattutto nei paesi in via di sviluppo.
L’allevamento di tutti gli animali da reddito, al pari di tutte le attività antropiche influiscono, in maniera significativa, sugli equilibri ambientali sia a livello locale sia a livello globale. Quanto maggiore è la tendenza alla intensificazione industriale delle produzioni, tanto maggiore sarà l’influenza sui componenti dell’ecosistema: aria, acque, suoli, clima, biodiversità, paesaggio.
In Italia uno strumento che permette di regolare le pressioni antropiche di produzione primaria sugli ambienti è rappresentato dal “Codice di Buona Pratica Agricola” (D.M. MIPAAF 19/04/1999) che, attraverso la gestione delle scorie azotate, classifica un allevamento a basso o ad alto impatto ambientale. Tuttavia, la buona conoscenza del metabolismo azotato di ciascuna specie in produzione è insufficiente e non è in grado di quantificare l’efficienza di utilizzazione dell’azoto da parte del terreno cui andrà la parte eccedentaria di azoto né, tantomeno di valutare la capacità portante dei territori, unico indicatore reale di sostenibilità per la biodiversità.
Studi neanche così tanto approfonditi sono stati condotti, allo stato attuale, solo sulle specie di maggiore interesse zootecnico e, come detto, la sola valorizzazione zootecnica del territorio non è in grado di assicurare una sufficiente capacità portante. Si rendono pertanto necessarie azioni collaterali a quelle agricole principali necessarie al controllo dello stato di salute degli agro- ecosistemi, tra questi ben si collocano le aziende apiare quali indicatori di biodiversità.
Come può essere quindi conciliabile la necessità di produrre alimenti in grandi quantità rinunciando ai sistemi classici di agricoltura e zootecnia intensivi e garantire la protezione delle risorse naturali? Come possono essere conciliabili le produzioni animali nell’ambito delle aree protette?
A partire dagli anni ’90 del Novecento le politiche agricole e quelle ambientali hanno iniziato a camminare unite per ottenere risposte valide ai due quesiti e lo hanno fatto attraverso:
• l’adozione, a livello comunitario, di regolamenti adeguati;
• la diffusione delle conoscenze circa il corretto significato di ecocompatibilità; • l’incentivazione delle tecniche di produzione che non danneggiano l’ambiente;
• l’incentivazione alla trasformazione delle piccole e medie aziende di montagna in aziende di elevate dimensioni in grado di garantire la conservazione delle attività agro-zootecniche tradizionali, abbattendo i costi di gestione sulle grandi superfici;
• lo sviluppo di aziende agro-zootecniche non convenzionali; • la conoscenza della debolezza del sistema produttivo; • una idonea articolazione strutturale;
• una perfetta conoscenza della legislazione vigente e delle sue modifiche; • un idoneo uso dei fondi disponibili;
• una sincronia delle competenze interdisciplinari; • l’assunzione di responsabilità degli organi di gestione.
In conclusione, per valorizzare l’agricoltura conoscendo la biodiversità, è necessario ben applicare il concetto di sostenibilità proveniente dalla letteratura scientifica e naturalistica che definisce “sostenibile la gestione di una risorsa se, nota la sua capacità di riproduzione, non si eccede nel suo sfruttamento oltre una determinata soglia.
Bibliografia
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PAGGI G., Europa verde, Bologna, Edagricole, 1976.