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CONSEGUENZE DELLA VIOLAZIONE DELLE NORME LEGISLATIVE E REGOLAMENTARI IN MATERIA D

INDIRETTA DEL CREDITO.

4. CONSEGUENZE DELLA VIOLAZIONE DELLE NORME LEGISLATIVE E REGOLAMENTARI IN MATERIA D

CONFLITTI DI INTERESSE.

Gli interventi regolamentari si inquadrano nell’ambito delle norme pubblicistiche cui devono conformarsi le attività negoziali e di mercato degli operatori.

Da un primo punto di vista, le conseguenze di una loro violazione sono riconducibili alle sanzioni amministrative erogate dalle Autorità di vigilanza.

Com'è noto, il sistema introdotto dal d.lgs. 146/2007, attuativo della dir. 2005/29/Ce, mediante novellazione del titolo terzo (artt. da 18 a 27-quater) del Codice del consumo, prevede all'art. 27 una tutela amministrativa e giurisdizionale di tipo collettivo affidata all'Autorità garante della concorrenza e del mercato e basata su poteri di indagine, di inibizione e di irrogazione di sanzioni pecuniarie. Analogamente le violazioni delle disposizioni introdotte nel Codice delle Assicurazioni e relative agli obblighi a carico delle banche in qualità di intermediari assicurativi sono sanzionate con sanzione amministrativa dell’IVASS e sanzione disciplinare262.

Ma quid iuris per quanto attiene alle sorti del contratto? Trattasi

                                                                                                                         

262 Dalla diversità di autorità di vigilanza consegue anche una differenza sul piano sanzionatorio. Nel primo caso, infatti, l'AGCM per le pratiche scorrette può imporre sia sanzioni pecuniarie, le quali possono arrivare anche a 500.000 euro per violazione, sia provvedimenti inibitori la cui inottemperanza è punita con una sanzione pecuniaria fino a 150.0000 euro. Nel secondo, invece, l'intermediario è passibile di sanzione pecuniaria fino a 10.000 euro, oltre alle sanzioni disciplinari previste dall'art. 62 Regolamento.

invero di una questione dibattuta sin dall’entrata in vigore della normativa sulle pratiche scorrette posto che, per espressa previsione del legislatore comunitario, la normativa sulle pratiche commerciali non pregiudica l’applicazione delle norme interne in materia contrattuale263. Il

legislatore europeo ha quindi scelto, sia pure in un contesto di armonizzazione, di lasciare ampio spazio agli Stati membri in merito alla soluzione da adottare con riguardo all’incidenza di tali pratiche sulla validità dei contratti.

All’albo dell’entrata di vigore della direttiva, la dottrina si è interrogata sull’incidenza, in punto di contratto, della normativa264. Sembra invero da escludere l’ipotesi della nullità nella misura in cui la violazione del divieto non penetri nel contenuto del contratto. Ciò non toglie che la tesi della nullità sia stata accolta e articolata differentemente: si è fatto riferimento, ad esempio, al contratto irrazionale, ipotizzando come rimedio la nullità di protezione265. Sotto

                                                                                                                         

263 Art. 3.2 dir. 2005/29/CE: «La presente direttiva non pregiudica l’applicazione del diritto contrattuale, in particolare delle norme sulla formazione, validità o efficacia di un contratto».

264 Ex multibus, Nuzzo, Pratiche commerciali sleali ed effetti sul contratto: nullità di protezione o annullabilità per vizi del consenso?, in Le pratiche commerciali sleali, direttiva comunitaria ed ordina- mento italiano, a cura di Minervini-Rossi Carleo, Milano, 2007, 235 ss.; Costa, Pratiche commerciali sleali e rimedi: i vizi della volontà, ibidem, 245 ss.; Bartolomucci, Le pratiche commerciali sleali ed il contratto: un’evoluzione del principio di trasparenza, ibidem, 255 ss.; Bortone, Pratiche commerciali sleali, obblighi di informazione e responsabilità precontrattuale, ibidem, 295 ss., Di Nella, Prime considerazioni sulla disciplina delle pratiche commerciali aggressive, in Contr. impr. e Europa, 2007, 39 ss.

265 Gentili, Codice del consumo ed esprit de géométrie, in questa Rivista, 2006, 171 parla di «una irrazionalità (e quindi invalidità) nascente dall’abuso e intesa a rimediarvi, perciò operante in modo unilaterale». Cfr. altresì De Cristofaro, La difficile attuazione della direttiva 2005/29/CE concernente le pratiche commerciali sleali nei rapporti fra imprese e consumatori: proposte e prospettive, in Contr. Impr./Europa, 2007, 30; Di Marzio, Codice del consumo, nullità di protezione e contratti del consumatore, in Riv. dir. priv., 2005, 837; Bilotta-Della Bianca, Pratiche commerciali scorrette nel settore finanziario e assicurativo e tutela individuale, in Riv. dir. comm., 2012, 1, 135 ss.; Palmigiano, Pratiche commerciali scorrette: la legittimazione ad agire delle associa- zioni di consumatori ed utenti ex art. 139 ed il relativo procedi- mento ex art. 140 del

altra angolazione, si è ipotizzata la nullità come rimedio alla violazione degli obblighi informativi; ma questa impostazione non tiene conto del fatto che l’ordinamento risponde in maniera diversa e articola- ta alla violazione dei suddetti obblighi. Le considera- zioni svolte non consentono però di escludere che, in taluni casi, possa invocarsi un’ipotesi di nullità, sub specie di nullità per indeterminatezza dell’oggetto, allorquando, ad esempio, manchi l’indicazione del prezzo o il riferimento alle caratteristiche del prodotto. Ciò perché alcune delle informazioni “rilevanti” sono in realtà elementi in assenza dei quali il contratto sarebbe nullo ex art. 1346 c.c. per indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto266.

Più congruo appare invero il sistema dell’annullabilità. Se l’avere “tipizzato” le pratiche scorrette ha ovviamente semplificato il giudizio di rilevanza del comportamento ed inciso sull’onere della prova sol- levando il consumatore dal provare l’efficacia determinante rispetto alla sua scelta, occorre invero stabilire a quale, tra le cause di annullamento, possa ricorrersi in presenza della pratica de qua. Indiscutibilmente l’istituto bancario versa in una condizione di maggiore forza, ben potendo, in assenza di adeguate garanzie, rifiutare l’erogazione del mutuo. La sotto- scrizione di una polizza assicurativa con clausola di vincolo a favore della banca, pertanto, lungi dall’essere una libera scelta del cliente, appare diversamente come frutto di una “coercizione”; è infatti probabile che il consumatore, posto dinnanzi alla scelta tra la sottoscrizione della polizza e il diniego del mutuo, decida di assicurarsi.

È pertanto plausibile sostenere che tale condotta possa trovare collocazione nell’alveo della violenza morale267 o della minaccia di far

                                                                                                                                                                                                                                                                                                          d.lgs. 206/2005, in Riv. dir. priv., 2012, 251 ss.

266 D’amico, voce Formazione del contratto, in Enc. dir., Mi- lano, 2009, 587. 267 Posizione di Pirilli, Le polizze assicurative connesse, cit., 946.

valere un diritto268.

Ne´ l’art. 28, 1º co., d.l. n. 1/2012, ne´ il reg. Isvap n. 40/2012 precisano le conseguenze derivanti dalla violazione del contenuto minimo dei contratti di assicurazione sulla vita connessi ai contratti di credito.

E` lecito interrogarsi in ordine alla sorte del contratto che non rispetti i requisiti fissati in via generale dall’Autorità di regolazione. La questione involge una problematica di carattere generale, quella della sorte delle clausole del contenuto negoziale incompatibili con un provvedimento di regolazione del mercato adottato da un’Autorità indipendente: tecnicamente, a livello di fonti di disciplina del contratto, l’atto eteronomo di fonte secondaria si pone, difatti, allo stesso livello dell’atto negoziale, sia quanto al contenuto della misura (particolare e concreta, al pari della clausola negoziale), che quanto al grado della fonte di produzione (regolamento o atto amministrativo).

La soluzione dell’antinomia tra atto di regolazione di fonte secondaria e atto negoziale rappresenta un aspetto cruciale nella corretta definizione dei limiti del potere delle Autorità indipendenti di conformazione degli atti dei privati: ci si chiede, in buona sostanza, se all’attribuzione, alle Autorità indipendenti, del potere di regolamentazione di un dato settore economico, si accompagni, implicitamente, anche la possibilità di fissare i limiti di validità dell’autonomia negoziale, tipizzando specifiche cause di nullità contrattuale.

Il tema appare strettamente legato al fondamento dei poteri riconosciuti alle Authorities e alla loro idoneità ad incidere sulle situazioni giuridiche soggettive private.

La fattispecie in esame non integra un’ipotesi del tutto inedita nel

                                                                                                                          268 Riva, 287

panorama della disciplina dei mercati bancari e finanziari.

Si pensi al potere di prescrizione del contenuto concreto dei contratti bancari che l’art. 117, 8º co., TUB, affida alla Banca d’Italia.

In questa ipotesi e`, pero`, lo stesso legislatore a prevedere la sanzione della nullità dei contratti eventualmente difformi dal modello predefinito in via regolamentare: il fenomeno appare, cosı`, agevolmente collocabile nell’ambito della delegificazione delle regole del settore bancario e la previsione dell’invalidità, sotto il profilo delle fonti, è comunque da ricondurre ad una norma primaria fondativa del potere stesso di regolazione.

Ne´ pare che, nel caso di specie, il discostamento del contenuto concreto del contratto dalle condizioni fissate dall’Autorità possa essere immediatamente compensato dalla sostituzione automatica di clausole secondo il modello dell’art. 1339 c.c. per la natura non primaria della fonte eteronoma.

La questione è se possa discorrersi di una norma di «nullità in bianco», suscettibile di essere riempita e specificata, nel suo tenore, dalle determinazioni dell’Autorità, alla stregua di una vera e propria sanzione civilistica, pure evocata nell’ambito della fase di pubblica consultazione sul reg. Isvap n. 40/2012.

Fondamentale, a tal fine, è capire quanto all’organismo di governo di un certo ambito economico possa competere la valutazione degli interessi protetti dalla normativa primaria e fissare, a loro tutela, dei limiti all’agire privato.

In senso positivo si osserva come la conclusione di un atto normativo da parte dell’Autorità indipendente, determinativo di una causa di invalidità, se volto a realizzare l’interesse della parte debole, potrebbe rappresentare non uno strumento di restrizione, ma di salvaguardia dell’autonomia privata.

all’Autorità indipendente si accompagni anche la valutazione degli interessi da proteggere con la sanzione dell’invalidità potrebbe apparire in sintonia con la natura imperativa degli atti provenienti dalle Autorità indipendenti che «ai privati s’indirizza e comanda, eteronoma nel senso che i destinatari ricevono la regola dall’esterno e non la producono con la loro volontà».

Tale ricostruzione potrebbe dirsi, altresì, coerente con la qualificazione del contratto nel settore dei servizi e dei prodotti assicurativi alla stregua di un «contratto con fonte autoritativa», come icona di un contratto non più soggetto al mero controllo269.

5. PROBLEMATICHE CONNESSE ALLA ETEROGENEITÀ

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