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Conseguenze delle violazioni degli assiomi sulla teoria della scelta

Capitolo 1 Expected Utility Theory 13

1.9 Conseguenze delle violazioni degli assiomi sulla teoria della scelta

Per tentare un primo bilancio dei risultati di queste tre situazioni sperimentali “paradossali” (Allais, Ellsberg, preference reversal) e delle ricadute che hanno sulla teoria dell’utilità attesa è importante fare chiarezza sulla natura della teoria stessa che si propone di servire sia come modello normativo di come un agente pienamente razionale sceglierebbe, sia come fondamento per teorie predittive dei comportamenti effettivi di scelta di persone reali in contesti economici, politici e sociali51. Questa caratterizzazione propone sia un’interpretazione normativa sia un’interpretazione descrittiva della teoria dell’utilità attesa. Il punto però è che queste due prospettive indicano compiti diversi che difficilmente possono essere svolti da una stessa teoria, dato che si riferiscono a due diversi soggetti: rispettivamente all’agente ideale e all’agente reale.

Nel primo caso la teoria della scelta razionale intende definire, a partire da criteri a priori di razionalità formalizzati dagli assiomi, le modalità di comportamento di un’agente ideale, astraendo sia dalle caratteristiche specifiche e dai limiti cognitivi della razionalità umana sia dalle diverse componenti emotive che influenzano i comportamenti effettivi di scelta. Di conseguenza, la teoria non avrà un diretto potere predittivo sul comportamento degli agenti reali, ma fornirà piuttosto un modello di

51 R. Sugden, How people choose, in Shaun Hargreaves Heap, The theory of choice: A

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comportamento a cui conformarsi per quanto possibile, e cioè compatibilmente con i limiti umani strutturali e con le conoscenze di cui si può disporre. Un noto esempio di Friedman e Savage52 fa notare che le complesse equazioni della meccanica dei corpi rigidi assieme alla geometria piana sono in grado di prevedere perfettamente il modo in cui dei giocatori esperti di biliardo vanno in buca, anche se i giocatori sono del tutto a digiuno di meccanica e geometria. La ragione è che il modello geometrico riesce a cogliere e a rappresentare efficacemente quello che i giocatori tentano di fare, dal momento che si tratta di giocatori esperti, che hanno alle spalle anni di allenamento e di riscontri che li hanno messi in condizione di arrivare molto vicino al comportamento ottimale. Questa analogia però è stata giudicata di scarso valore53, dal momento che la maggior parte delle persone non è esperta di economia e inoltre imparare dai riscontri non è affatto semplice né automatico nel caso delle decisioni quotidiane, dove l’incertezza e la variabilità dei contesti frappongono troppi ostacoli alla possibilità di imparare dall’esperienza. L’idea era comunque che il comportamento di scelta degli agenti potesse essere rappresentato come conforme agli assiomi, e cioè ai requisiti di coerenza e transitività, quasi che – “as if” – gli agenti li utilizzassero consapevolmente per le proprie decisioni.

52 M. Friedman e L. Savage, “The utility analysis of choices involving risk”, The Journal of

political economy, 1948, 56, pp. 279-304, p. 298.

53 Fra gli altri R. Thaler, “Toward a positive theory of consumer choice”, Journal of

Economic Behavior & Organization, 1980, 1, pp. 39-60, p. 22. “The orthodox economic

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Se invece, come nel secondo caso, il riferimento è l’agente reale, una teoria che voglia essere “fondamento” per previsioni di scelte reali dovrà probabilmente rinunciare a una forte assiomatizzazione, e far posto ad altri fattori che hanno un ruolo rilevante nei comportamenti effettivi. La differenza fra le due impostazioni si riflette anche nel modo di interpretare i “fallimenti” della razionalità mostrati dalle violazioni degli assiomi.

Le situazioni sperimentali di scelta come quelle appena esaminate potrebbero non essere paradossali se gli errori possono essere interpretati in termini di bounded rationality54

, e cioè provocati dai vincoli, di tempo, conoscenze, capacità computazionali, che sono propri della natura umana. Se le cose stanno così, gli agenti, dopo avere ascoltato le spiegazioni dello sperimentatore e analizzato con maggiore attenzione la situazione, saranno disposti a riconoscere l’errore compiuto e a modificare le proprie scelte. In questo caso saremo di fronte a errori di prestazione (performance) che non metterebbero in discussione la competenza. La stessa competenza dimostrata dal giocatore professionista di biliardo nei confronti delle leggi della fisica (ancorché non esplicita) non può comunque impedirgli di incorrere in qualche errore. Se però,come accade nella maggior parte dei casi, l’agente reale non è disposto a modificare la sua scelta, si può ipotizzare che i paradossi rivelino delle insufficienze della stessa teoria della scelta. Ad esempio, quando la scelta viene fatta in condizione di incertezza, come nel paradosso di Ellsberg, la teoria dell’utilità attesa non sembra in grado di operare un calcolo razionale che individui l’esito ottimale.

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In definitiva, sembra che una teoria che voglia proporsi come fondamento per teorie predittive dei comportamenti effettivi di scelta, oltre a definire a priori i parametri di razionalità attraverso gli assiomi, debba dar conto dei diversi meccanismi psicologici (nonché dei limiti cognitivi, informativi, ecc.) che intervengono sia nella rappresentazione del contesto della scelta, sia nella prefigurazione degli esiti possibili condizionando le decisioni dei soggetti reali. Un esempio è il regret, che sarebbe responsabile della violazione dell’assioma di indipendenza, ma la cui influenza sulla scelta può comunque essere prevista e quantificata55. In generale, le violazioni degli assiomi possono offrire uno strumento importante per correggere e arricchire il modello di comportamento previsto dalla teoria.

La definizione di “razionalità” della scelta costituisce una differenza significativa fra queste due diverse prospettive. La teoria dell’utilità attesa fa riferimento a un agente ideale a cui è attribuita una razionalità, in linea di principio illimitata, definita dalla coerenza delle sue scelte effettuate in base a calcoli che hanno come obiettivo la massimizzazione dell’utilità attesa. Rinunziando ad avere un contenuto empirico, questa teoria può essere descritta come un insieme di principi formali che riguardano la relazione fra proposizioni sulle preferenze o scelte56. Da questa prospettiva la razionalità della scelta non è altro che la conformità con gli assiomi. Ma per una teoria incentrata sull’agente reale questa definizione di razionalità può apparire insoddisfacente, non solo perché, come si è già detto, non tiene conto delle

55 Della regret theory si parla nel capitolo 4. 56 R. Sugden, cit., p. 47

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limitate capacità umane, ma anche perché lascia fuori molti altri fattori che permetterebbero di rappresentare – e prevedere – meglio le scelte effettive. Come vedremo nel secondo capitolo, la behavioral economics si propone appunto di delineare un modello in un certo senso più realistico del comportamento di scelta, e questo comporta per un verso un indebolimento degli assiomi e in generale dei requisiti di razionalità, e per altro verso la volontà di fare posto a quei meccanismi psicologici non necessariamente razionali che, come gli esperimenti mettono in luce, hanno un’influenza determinante nelle scelte.

I due diversi compiti - quello di servire sia come modello normativo di come un agente pienamente razionale sia come fondamento per teorie predittive dei comportamenti effettivi di scelta di persone reali - andrebbero tenuti distinti pur essendo per molti versi complementari. Distinguere le due prospettive aiuta anche a comprendere la differenza di prospettive fra le interpretazioni delle situazioni sperimentali di scelta proposte dagli economisti che difendono la validità del nucleo teorico della EUT e quelle degli psicologi che al contrario la ritengono inadeguata.

La tendenza dei primi è quella di proporre modifiche o riforme della teoria57, facendo a meno ad esempio dell’assioma di indipendenza (Machina) o

57 M. Machina's, “Expected utility”analysis without the independence axiom”,

Econometrica, 1982, 50, pp. 277-323;

S. Chew and K.R. MacCrimmon, ”Alpha Utility Theory, lottery composition, and the Allais paradox”, Working paper, University of British Columbia, Vancouver, 1979; J. Quiggin, “A theory of anticipated utility”, Journal of Economic Behavior and Organization, 1982, 3(4),

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indebolendo l’assioma di transitività (Broome). Ma la caratteristica principale del modello dell’utilità attesa è comunque data dal fatto che la razionalità dell’agente ideale è considerata indipendente dai diversi fattori che compongono il contesto della scelta (cioè dalle scelte alternative, o dalla rappresentazione o framing del problema, dai processi psicologi, emotivi). Anche l’ipotesi di Broome58 di darne conto, ad esempio aggiungendo il sentimento di disappunto ai payoffs monetari, sembra insoddisfacente – lo stesso Broome cerca di difendersi dall’accusa che si tratti di un’ipotesi ad hoc - dato che l’incidenza del disappunto o del rammarico porta a considerare anche le possibilità controfattuali, modificando in modo sostanziale il modo in cui interpretiamo la scelta. La prospettiva degli psicologi – integrata nella behavioral o cognitive economics – cerca di ridefinire le basi della teoria attraverso una più approfondita comprensione dell’intelligenza umana. Si tratta di riconsiderare l’incidenza di questi fattori non in quanto elementi di disturbo, ma per il ruolo sicuramente rilevante che rivestono nel processo decisionale. Le divergenze all’interno di questa prospettiva, come vedremo, riguardano la relazione fra il piano della razionalità e quello dei fattori psicologici o emotivi, e cioè se vanno considerati alternativi o invece complementari.

pp. 323–43 ; M. Yaary, “The dual theory of choice under risk”, Econometrica, 1987, 55, pp.95–115.

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