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C) Captazione attraverso lo strumento tecnologico

7. Conservazione dei verbali e delle registrazioni

L’art. 269, 1 co c.p.p. dispone che i verbali e le registrazioni siano conservati integralmente presso l’ufficio del pubblico ministero che ha disposto l’intercettazione.

Tale formulazione è stata foriera di dubbi interpretativi, specialmente con riferimento al tipo di materiale da conservare. Non è mancato chi ha sostenuto che le comunicazioni stralciate non debbano essere conservate presso l’ufficio del pubblico ministero, ma vadano custodite in un archivio appositamente istituito (123).

Viceversa, si è invece sostenuto che l’avverbio “integralmente” usato dal legislatore, tenda a includere sia il materiale acquisito ex art. 431 c.p.p., sia quello stralciato.

Semmai, il materiale acquisito al fascicolo per il dibattimento potrà essere conservato sotto forma di copia (124).

Le registrazioni vengono di regola – costituendo eccezione le ipotesi di inutilizzabilità, con conseguente distruzione ex art. 271, 3 co c.p.p. – conservate fino al passaggio in giudicato della sentenza.

Ciò nonostante, il secondo comma dell’art. 269 c.p.p. aggiunge, a questa prima previsione, un’ipotesi di distruzione anticipata: quando la relativa documentazione non sia necessaria per il procedimento,

“gli interessati possano chiederne la distruzione, a tutela della

                                                                                                               

(123) C. TAORMINA, Diritto processuale penale, G. Giappichelli, Torino, 1991, p 331.

riservatezza, al giudice che ha autorizzato o convalidato l’intercettazione”.

I soggetti legittimati ad avanzare tale istanza (gli interessati) sono coloro i quali dimostrano di avere interesse ad evitare che le conversazioni intercettate, estranee al thema decidendum, non siano divulgate, sia che essi siano parti, sia che non lo siano.

Invero, la stessa Consulta riteneva “auspicabile” la creazione di un “compiuto sistema – anche a garanzia di tutte le parti in causa – per

l’eliminazione del materiale non pertinente” (125).

Inoltre, sempre a parere della Corte Costituzionale (126), in virtù della rilevanza del diritto sacrificato (quello alla riservatezza), è ben possibile che la distruzione del materiale probatorio irrilevante sussegua a una richiesta formulata dal pubblico ministero, contestuale all’istanza di archiviazione del procedimento.

                                                                                                               

(125) Corte Cost., 21 marzo 1973, n. 34 in Giur. Cost., 1973, 617.

(126) Corte Cost., 30 dicembre 1994, n. 463, in Riv. Pen., 1995, 315: “È ben vero che la norma delegata fa riferimento solamente all’ipotesi che siano i soggetti interessati a richiedere la distruzione della documentazione relativa alle intercettazioni telefoniche che li riguardino, una volta che nel corso del processo siano venuti a conoscenza dell’esistenza di tali intercettazioni e queste ultime non siano considerate necessarie per il procedimento stesso. Ed è, altresì, vero che la distinta ipotesi che sia il pubblico ministero a richiedere la distruzione di quel materiale all'atto della istanza di archiviazione del procedimento, pur frequente nella prassi applicativa, non è espressamente prevista dall’art. 269, comma 2, c.p.p., come non ha mancato di osservare il giudice rimettente. Tuttavia - ed è ancora il giudice a quo ad ammetterlo - la disposizione contestata può essere interpretata - e, di fatto, è stata interpretata dalla Corte di Cassazione - in modo tale da comportare l’applicabilità del rito camerale disciplinato dall’art. 127 c.p.p. alla decisione sulla richiesta di distruzione del materiale documentale relativo alle intercettazioni telefoniche anche nell’ipotesi in cui tale richiesta sia avanzata dal pubblico ministero, anziché dagli interessati, contestualmente all’istanza di archiviazione del procedimento. Contrariamente a quel che suppone il giudice a quo, siffatta interpretazione, non solo non è contraria alla Costituzione, ma, in dipendenza del fatto che nell’ipotesi in esame vengono in considerazione valori e interessi non diversi da quelli coinvolti nell’ipotesi espressamente contemplata nell’art. 269, comma 2, seconda proposizione, c.p.p., è anzi l’unica compatibile con la salvaguardia dei principi costituzionali.

È indubbio, infatti, che la decisione giudiziale sulla richiesta, da chiunque formulata, relativa alla distruzione del materiale documentale attinente a intercettazioni telefoniche incide in ogni caso sopra un diritto costituzionale - quello alla riservatezza delle proprie comunicazioni - che è stato dichiarato più volte da questa Corte come un diritto inviolabile ai sensi dell’art. 2 della Costituzione e, in quanto tale, restringibile dall’autorità giudiziaria soltanto nella misura strettamente necessaria alle esigenze di indagine legate al compito primario concernente la repressione dei reati.”.

Anche laddove la distruzione sia richiesta nel corso nel processo, il magistrato competente è sempre il giudice per le indagini preliminari, che decide in camera di consiglio a norma dell’art. 127 c.p.p..

Sul punto, a seguito di un’eccepita questione d’illegittimità costituzionale dell’art. 269, 2 co., ultima proposizione, c.p.p., la Corte Costituzionale ha osservato che nel caso di specie l’applicazione del rito camerale assicura alle parti il diritto di essere sentite in relazione all’eventuale utilità di uno strumento probatorio, acquisito con sacrificio della propria sfera di riservatezza, nel quale in futuro, in caso di riapertura delle indagini, potrebbe fondarsi, ad avviso delle parti medesime, un giudizio di non colpevolezza a proprio vantaggio (127).

Infine, preme menzionare l’art. 240, 2 e 3 co. c.p.p., relativo alle c.d. intercettazioni illegali (128), il quale prescrive che il pubblico

ministero disponga l’immediata secretazione e la custodia in luogo protetto dei documenti, dei supporti e degli atti concernenti dati e contenuti di conversazioni o comunicazioni, relativi a traffico telefonico e telematico, illegalmente formati o acquisiti. Di essi è vietato effettuare copia in qualunque forma ed in qualunque fase del procedimento ed il loro contenuto non può essere utilizzato. Inoltre, una volta acquisiti tali documenti e supporti, il pubblico ministero dovrà chiedere al giudice per le indagini preliminari di disporne la distruzione.

Quest’ultimo, a sua volta, fissata l’udienza camerale ex art. 127 c.p.p. e datane avviso alle parti interessate, laddove ricorrano i presupposti di cui al 2 co., dispone la distruzione di documenti e supporti, dandovi esecuzione immediatamente, alla presenza di pubblico ministero e difensori. Delle suddette operazioni è redatto apposito                                                                                                                

(127) Corte Cost., 30 dicembre 1994, n. 463 in Cass. Pen,. 1995, 829.

(128) Articolo così sostituito ex d.l. 22 settembre 2006, n. 259, conv. in l. 20 novembre 2006, n. 281.

verbale, nel quale si dà atto dell’avvenuta intercettazione o detenzione o acquisizione illecita dei documenti, dei supporti e degli atti di cui al 2 co., nonché delle modalità e dei mezzi usati oltre che dei soggetti interessati, senza alcun riferimento al contenuto degli stessi documenti, supporti e atti.