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Considerazioni di antropologia del paesaggio: lo studio dello spazio antropico

Paesaggi costruiti e cultura

1. Considerazioni di antropologia del paesaggio: lo studio dello spazio antropico

L’antropologia del paesaggio può essere intesa come lo studio e l’analisi antropologica dello spazio, dell’ambiente d’insediamento di una data comunità, inteso sia in senso materiale e sia simbolico, dove è fondamentale la relazione uomo – spazio, attiva, viva e dinamica, connotata da una reciproca forza di adattamento e trasformazione nel tempo.2

Inizialmente il termine landscape indicava il paesaggio dal punto di vista estetico:

Il vocabolo landscape è stato introdotto nella lingua inglese alla fine del sedicesimo secolo come termine tecnico dei pittori. Derivava dall’olandese Landschap e per un po’ di tempo era tradotto in inglese come Landskip.3

In seguito, il paesaggio, inteso come prodotto sociale e culturale, divenne una fondamentale chiave di lettura nello studio antropologico di una data società e delle sue pratiche.

There is thus the landscape we initially see and a second landscape which is produced through local practice and which we come to recognize and understand through fieldwork and through ethnographic description and interpretation.4

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Braudel in Wallerstein, vol. I, 1978:9.

2 In Ingold 1993 è stata analizzata la temporalità dello spazio. 3 Hirsch 1995:2.

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In questo modo Eric Hirsch riconosce la presenza di due tipi di paesaggio nello stesso ambiente: il paesaggio che si presenta alla nostra vista, e il paesaggio inteso come prodotto delle pratiche locali, oggetto di studio etnografico. Secondo la mia opinione, queste due realtà non possono essere nettamente distinte: sia l’aspetto estetico, e sia quello simbolico del paesaggio, sono coinvolti nel processo dinamico che caratterizza il nesso uomo-spazio. Uomo – paesaggio estetico – paesaggio simbolico, si adattano e si trasformano a vicenda.

Nell’analisi del termine, Landscape, combina la parola land(terra) con un verbo di origine germanica, scapjan -shaffen(trasformare, modellare): quindi esprime il concetto di “terre trasformate”. «While the land does not change, the living people change».5 Personalmente non condivido la posizione di Hirsch: è sicuramente nota la capacità dell’uomo di adattare il paesaggio alle proprie esigenze, tuttavia fin dal primo insediamento anche l’uomo si dovette adattare al paesaggio. «Gli spazi agiscono sulle persone, perché le persone agiscono in essi».6 È un processo dinamico di adattamento reciproco: la comunità innesta un meccanismo di adattamento dell’ambiente d’insediamento alle proprie necessità, l’ambiente trasformandosi va poi a influire sulle stesse esigenze e pratiche messe in atto dalla comunità, le quali andranno a modificarsi e a trasformare nuovamente il paesaggio, in un ciclo costante. Se la comunità cambia, anche il paesaggio cambia; se il paesaggio cambia, la comunità lo farà a sua volta. Da questo punto di vista è interessante l’analisi degli effetti dei disastri naturali e artificiali sull’ambiente, che si riflettono inevitabilmente sulla percezione del paesaggio.

5 Hirsch 1995:67. 6 Ligi 2003:260.

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L’ambiente è soggetto alle azioni umane, ma «noi subiamo il mondo che ci circonda».7 Nello studio delle società umane e di ogni loro prodotto, mi riconoscono nell’impostazione di Pierre Bourdieu nella sua teoria della pratica, dove è fondamentale il concetto di autopoiesi, per cui gli enti si fanno da sé.8 Se consideriamo la società umana come autopoietica, lo stesso paesaggio, poiché prodotto umano deve essere considerato come tale.

C’è uno scambio tra cultura e ambiente, forse un continuo scambio dialettico, se nell’adattarsi la cultura trasforma il suo paesaggio e quindi deve di nuovo rispondere ai mutamenti che essa stessa ha messo in moto.9

Questo scambio è il principale oggetto di studio dell’antropologia del paesaggio, la quale include non solo l’ambiente esterno, ma anche lo spazio domestico, inteso come costruzione sociale e culturale del paesaggio, sul quale si proietta una densa rete di relazioni. Ciò che è analizzato è il modo in cui una data società legge, percepisce, interpreta e interiorizza il suo spazio, e come il mondo esterno è percepito fisicamente, socialmente, psicologicamente; sia a livello individuale e sia collettivo.

I principali problemi di ricerca che si pone l’antropologia dello spazio sono: interpretare in prospettiva trans-cuturale i significati simbolici conferiti allo spazio dalle varie società umane e soprattutto spiegare la funzione che questi significati svolgono nello strutturarsi dei rapporti interpersonali dell’individuo, all’interno e all’esterno delle abitazioni; nel processo di acquisizione della cultura; nella percezione e nell’organizzazione culturale del territorio; nella appropriazione e gestione delle risorse; e in generale in ogni processo di azione sociale.10

7 Turri 1983:41.

8«L’organizzazione auto poietica è la specifica proprietà con cui un sistema autonomo non lineare rende

inseparabili l’essere e l’agire perché si riproduce continuamente e costruisce se stesso». De Angelis 1996:49 cit. in Ligi 2003:252.

9 Sahlins 1973:123-124 cit. in Ligi 2003:25. 10 Ligi 2003:243.

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Una problematica insita dell’antropologia dello spazio ricade nel varco che inevitabilmente si crea tra il paesaggio studiato da esperti esterni e il paesaggio vissuto nella quotidianità dagli abitanti. L’attività di abitare uno spazio è cognitiva 11, per cui il fare proprio un posto è un processo umano, ed il paesaggio diviene così un fatto sociale totale.12 «L’esserci in quanto essere-nel-mondo è sempre spaziale nel senso che ha sempre a che fare con dei luoghi». 13 In questo senso ogni costruzione, fisica o simbolica, dello spazio, in quanto prodotto umano, assume complesse valenze simboliche che nel loro insieme costituiscono una densa rete di significati.14 Il paesaggio antropico, ossia antropizzato, è considerato tale non solo dal mero punto di vista fisico, come contenitore, ma come spazio in continua trasformazione, sede e parte integrante di complesse relazioni interne ed esterne, dove gli esseri umani sono «organismi biologici immersi in una rete di relazioni ecologiche e come persone sociali costituite all’interno di una rete di relazioni sociali».15 È questa densa

rete di relazioni ecologico - sociali che definiscono e costruiscono il paesaggio antropico. Questa idea di paesaggio, ormai diffusa e radicata, è stata spiegata efficacemente dall’antropologo Tim Ingold, noto per un’ottica ecologico-relazionale del rapporto uomo – paesaggio, caratterizzato da un dialogo costante e biunivoco. Nel 1993 conia il termine

Taskscape come concetto esteso di paesaggio relazionale e sensoriale nel quale siamo

immersi nel nostro agire: «Just as the landscape is an array of related features, so – by analogy

11 Ogni attività cognitiva è dotata di una natura mutevole. 12

Termine utilizzato da Marcel Mauss.

13 Heidegger 1976 cit. in Remotti 1993:32. 14 Mi riferisco all’ideologia di Geertz.

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– the Taskscape is an array of related activities».16 Il termine Task indica le azioni, pratiche e attività umane che prendono letteralmente luogo e forma nel paesaggio così ridefinito e continuamente costruito nel tempo, attraverso la pratica e la performance. 17 È una costruzione

sociale (antropizzazione) dello spazio resa possibile da un processo di interiorizzazione, e incorporazione (embodiment) di valori, saperi e conoscenze tramandate di generazione in generazione, messe in pratica e rese attuali nelle pratiche e attività quotidiane all’interno di uno spazio e di un tempo ben definito.18 L’insieme di queste pratiche costituisce l’idea di abitare (dwelling), la cui esperienza ha luogo solo usando l’agire come principale mezzo di relazione con il mondo.19 In breve, il Taskscape è la rete in cui esercitiamo l’azione dell’abitare e prendono forma i prodotti del nostro agire quotidiano..20 «L’uomo-abitante è un uomo immerso in uno spazio antropico, vale a dire uno spazio costituito da relazioni sociali, vicende storiche e condizionamenti naturali». 21 Nel processo di antropizzazione del paesaggio va continuamente a influire un complesso di fattori storici, demografici, sociali, economici, religiosi e politici, i quali non devono essere analizzati singolarmente, ma presi nella loro complessità all’interno di un dinamico meccanismo di consequenziale reciprocità.22

Un luogo antropologico, non può mai essere neutro: su di esso si proiettano tutti i

16 Ingold 2000:195.

17 Ingold pone l’accento sul legame tra paesaggio e temporalità nel concetto di Taskscape.

18 «Nel suo senso più ampio, utilizziamo il termine “incorporazione” per riferirci alla fissazione di certi valori e

disposizioni sociali nel corpo e per mezzo del corpo». Andrew Strathern e Pamela Steward 1998:273, cit. in Ligi 2008:15.

19 Ingold 2004:13. 20 Ingold 1993:153. 21

Ligi 2003: pp. 116, 22.

22 Lai 2000, La sua è un‘interpretazione del territorio che tiene conto dell’insieme dei fattori simbolici, culturali,

economici e politici, i quali elementi nella loro interazione contribuiscono a costituire il paesaggio come un complesso prodotto culturale.

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sistemi di classificazione simbolica che la società adotta, attraverso di esso possiamo leggere lo stesso sistema sociale, e con esso il sistema si concretizza e si ri-fonda, ma può anche essere riverso, continuamente. Il paesaggio è l’embodiment, l’incorporazione materiale della comunità che lo abita, delle sue pratiche, sei suoi valori. «The real dwelling plight lies in this, that mortals ever search anew for the nature of dwelling, that they must ever learn to dwell».23 La stessa attività di abitare diviene un sapere, una conoscenza e capacità, messa in pratica nella vita di tutti i giorni, nell’essere-nel-mondo. Franco La Cecla (1993) parla di uno “spazio sentito”, per cui la forma di un insediamento è una costruzione culturale, una mappa mentale che solo gli abitanti sono in grado di tenere in vita. «Vi sono soglie invisibili ma solide quanto porte o mura».24 Il paesaggio non è neutro, è dotato di emozioni, di una densa struttura di sentimento, e di uno spessore storico-emozionale, e si articola in una serie di nodi mai neutri che costruiscono e ricostruiscono una rete di relazioni sociali ed ecologiche nel paesaggio antropico.