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Tracce di storia e geografia del Giappone

3. Geografia Linguistica

Oltre che dal punto di vista storico, politico, economico, sociale e religioso, la geografia di un paesaggio può essere studiata anche dal punto di vista linguistico, considerando la lingua come uno dei fattori principali di un paese.

La geografia linguistica ha una lunga storia in Giappone a cominciare dall’indagine sulla fonetica e grammatica orale avviata nel 1903 dal ministero dell’educazione. I risultati di questa indagine sono stati pubblicati nel 1905 sottoforma di un atlante con ventinove mappe accompagnate da un volume che le interpretasse. Nel 1906 è stato pubblicato un altro atlante linguistico con trentasette mappe e un volume di commento. Nel 1930 lo studioso di folklore

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Kunio Yaganita ha pubblicato Kagyūkō, considerato il primo lavoro monografico di geografia linguistica in Giappone. Yaganita ha fatto una ricerca in tutto il Giappone sulle diverse varianti della parola “lumaca”, dalla quale è emerso che le parole più nuove erano vicine alla città di Kyoto, e man mano che ci si allontanava, si trovavano parole di origine più lontana. Forme simili del termine furono trovate alle estremità dell’arcipelago, mentre nuovi termini nascevano dal centro geografico e culturale del paese. Sono stati svolti altri studi nel campo della geografia linguistica in Giappone, ma l’apice è stato giunto solo dopo la seconda guerra mondiale, intorno al 1955, con gli studi del professor Takesi Sibata, con un grande numero di monografie e di saggi che hanno segnato la ricerca linguistica giapponese. Il professor Sibata ha avuto un ruolo fondamentale nella realizzazione dell’atlante linguistico del Giappone (LAJ), che ha portato a termine nel 1974. Nei suoi lavori, incentrati in particolare sullo studio dialettale della lingua, il professor Sibata è stato molto influenzato dall’incontro con il reverendo Willem A. Grootaers, che giunto dall’Olanda in Giappone nel 1950, ha introdotto la metodologia occidentale della geografia linguistica. L’atlante linguistico Giapponese incentrato sull’analisi lessicale della lingua giapponese, è composto di 300 mappe e si è basato su una ricerca condotta in 2400 località dell’arcipelago. Il professor Sibata ha collaborato anche nella creazione di un altro atlante linguistico giapponese, Atlante linguistico

di Itoigawa (LAI), incentrato su un’area più piccola, quella della città di Itoigawa, nella

prefettura di Niigata. Inoltre molti dei lavori sull’analisi geografica della linguistica sono stati raccolti nell’opera Metodologie di linguistica geografica, del 1964, con la quale il professor

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Sibata segnò in definitiva la linguistica geografica del Giappone. Nel suo lavoro ha definito la geografia linguistica come il metodo di deduzione e ricostruzione della storia di una lingua mediante l’analisi delle varianti geografiche della lingua parlata. Infatti, i suoi studi si sono concentrati in modo particolare sulle divisioni dialettali e sulla percezione dei confini che i dialetti proiettano sulla geografia del paesaggio. La linguistica geografica non è altro che uno dei metodi di studio della storia di una lingua. 62 Il lavoro di Yoshio Mase (1996), sullo studio della linguistica geografica o geografia linguistica, ha dato una forma concreta a quel legame tra la parola e il paesaggio che avevo percepito e su cui avevo riflettuto. Lo spazio non è solo costruito, abitato, percepito e sentito, ma in un certo senso è anche parlato. Nell’atto di parlare, le nostre parole definiscono, costruiscono e modificano l’ambiente che ci circonda. Lo spazio è soggetto alle parole non solo come luogo in cui esse sono dette; lo spazio stesso è descritto attraverso le parole. 63 Secondo la mia opinione questo rapporto non è unilaterale, se le parole hanno potere sullo spazio, quest’ultimo influisce allo stesso modo su di esse. Questo ragionamento ha seguito quella che è stata un’analisi linguistica dell’atto di abitare la casa in giapponese, analisi che ho ritenuto necessaria per capire a fondo le dinamiche emerse dalla ricerca che ho svolto sullo spazio domestico nel villaggio giapponese di Showa mura, nel Tohoku.

家に住む Questa frase è composta dal sostantivo “casa” 家 e dal verbo “abitare” 住む.

62 Mase 1996:162.

63 Questo avviene in modo particolare nella pratica dello Storytelling, di cui poi parlerò in maniera più

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Il sostantivo e il verbo sono uniti dalla particella grammaticale “ni” に la quale è utilizzata

nella grammatica giapponese per vari motivi: indica lo stato in luogo, moto a luogo e un’azione che termina in un luogo. Esprime il collocarsi di un evento in un determinato punto o spazio, ma quando segue un’espressione temporale, serve a collocare l’evento anche nel tempo. In questa sua funzione ho percepito il legame tra tempo e spazio, la temporalità dello spazio, e la spazialità del tempo, fondamentale all’interno della mia ricerca. Inoltre la particella “ni” può avere altre valenze che si rivelano molto interessanti nello studio dello spazio domestico: seguita da verbi come “diventare”, “cambiare”, “trasformare” può indicare il cambiamento in qualcosa. Il cambiamento si trova alla base dello studio dello spazio domestico e dell’antropologia del paesaggio in generale; sono prodotti umani e per questo in continua costruzione, trasformazione e ridefinizione. Ai fini della mia analisi ho trovato molto interessante anche l’utilizzo della particella “ni” per esprimere il passivo e il causativo passivo: nella frase in questione, la casa subisce l’azione e l’influenza dell’atto dell’abitare, la casa è abitata. Questo studio dal punto di vista linguistico, esprime perfettamente il modo in cui l’uomo modifica, plasma, e agisce sullo spazio domestico, con il semplice atto di abitarlo attraverso le pratiche e le attività quotidiane. In questo modo la valenza linguistica può costituire uno dei molteplici fattori che vanno a influire in quella che può essere considerata una sensibilità dell’abitare il paesaggio, di cui tratterò in maniera più approfondita nel capitolo successivo.

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Capitolo II