• Non ci sono risultati.

Considerazioni conclusive

Nel documento Conclusioni (pagine 32-39)

AMBIENTE PRODUTTIVO

1.8 Considerazioni conclusive

Dai dati mostrati in questo capitolo emerge con chiarezza il consolidamento di una situazione di crisi, sia strutturale che congiunturale, del sistema economico della Sardegna. Un’economia debole come quella sarda vede acuirsi in una fase congiunturale così critica le difficoltà strutturali del suo sistema produttivo, sia a livello regionale che provinciale. La ricchezza prodotta diminuisce, cala la do- manda interna e diminuiscono gli investimenti. La spesa pubblica in conto capi-

tale ha un peso marginale sul PIL sardo e decresce progressivamente soprattutto in settori strategici per la competitività regionale. L’interscambio commerciale con l’estero conferma la forte dipendenza dal settore petrolifero e non mostra segnali di ripresa nei settori a più alto valore aggiunto.

Secondo le previsioni di Prometeia, rilasciate nell’ottobre 2012, i primi se- gnali di ripresa dovrebbero arrivare nel 2014, periodo per il quale ci si attende una variazione del PIL del +0,6% grazie al contributo dei consumi finali interni e degli investimenti fissi lordi, all’intensificarsi dei ritmi di crescita dell’export e alla minor contrazione delle importazioni (Servizio della Statistica Regionale, 2013). In attesa e nella speranza che tali previsioni trovino un riscontro empiri- co, i dati sembrano ancora preoccupanti.

A partire dallo studio del quadro internazionale, emerge come tutte le regioni italiane siano in forte difficoltà. Fatta eccezione per la Provincia Autonoma di Bolzano, tra il 2007 e il 2010 tutte le altre perdono posizioni in termini di PIL pro capite rispetto all’Europa a 27. La crisi economica coinvolge l’intero siste- ma Paese e la Sardegna vede confermare il suo divario con l’Europa. Dall’analisi del quadro nazionale emerge un progressivo calo della ricchezza prodotta. Tra il 2007 e il 2011 la Sardegna, così come il resto del Paese, fa regi- strare decrementi medi del PIL pro capite di oltre l’1%. I consumi delle famiglie continuano a diminuire con un tasso di variazione medio annuo per lo stesso pe- riodo di -1,03% e tra il 2010 e il 2011 cresce di 3 punti percentuali l’indice di povertà relativa (pari al 21%). Si assiste ad un brusco calo degli investimenti fissi lordi pro capite (-6,7%), in completa controtendenza rispetto a quanto suc- cede nel resto del Paese dove tra il 2009 e il 2010 si registra un incremento dell’1,6%. Sul fronte della struttura produttiva si aggrava la crisi del settore in- dustriale, caratterizzata da una flessione della domanda, dal marcato rallenta- mento dell’attività produttiva e da una conseguente progressiva perdita di valore aggiunto. Sembra invece tenere il comparto dei servizi, che soffre tuttavia di una crisi profonda in particolare nel settore immobiliare e commerciale.

In generale il tessuto economico della Sardegna ha subito significativi rallen- tamenti per via della recessione, a cui hanno contribuito l’indebolimento della domanda interna e la ridotta attività d’investimento delle imprese, connessa con la crescente incertezza e con il peggiorare delle condizioni finanziarie (Banca d’Italia, 2012a). In tal senso il ruolo del soggetto pubblico può essere assai im- portante nel dare impulso ad un tessuto economico in difficoltà. Tuttavia, l’analisi della spesa pubblica in conto capitale mostra come le risorse stanziate siano ad oggi piuttosto limitate. Subiscono un calo rispetto agli anni precedenti e soprattutto resta ancora tanto da fare rispetto a settori strategici che stimolano la competitività, quali ad esempio Ricerca e Sviluppo, Formazione e Istruzione che fanno registrare quote di spesa pubblica ancora troppo marginali. Un contri- buto importante in termini di crescita dell’economia isolana potrebbe essere

rappresentato dal grado di apertura ai mercati esteri. Tuttavia, la ormai fisiolo- gica dipendenza delle esportazioni dal settore petrolifero, fa sì che appena il 6% delle esportazioni sia rappresentato da settori ad alto valore aggiunto, facendo emergere la limitata competitività del sistema economico isolano.

Infine, l’analisi delle province sarde mostra quali siano le aree più in diffi- coltà, dal punto di vista della localizzazione delle imprese e della condizione la- vorativa della popolazione, ma anche in termini di ricchezza prodotta. La forte disomogeneità che emerge dall’analisi fatta nel tema di approfondimento rap- presenta un elemento di ulteriore difficoltà nel definire politiche di sviluppo di cui il territorio ha bisogno, politiche che dovranno tener conto di caratteristiche strutturali specifiche, spesso radicate nel tempo, con limitate possibilità di solu- zione nel breve periodo.

Policy Focus

Alla ricerca di un sentiero di sviluppo alternativo per l’economia isolana: l’esempio del Galles

Attualmente il CRENoS sta portando avanti un lavoro di ricerca avente come oggetto un’analisi di benchmarking della Sardegna rispetto alla regione britannica del Galles, volta ad evidenziare le similitudini e le differenze di struttura economica, di policy e di percorso storico delle due regioni, al fine di prevedere una trasferibilità di politiche di successo e di percorsi di sviluppo nel tessuto produttivo isolano.

Entrambe le regioni sono periferiche rispetto agli Stati di cui fanno parte, ma centrali nello scenario economico e decisionale dell’Europa, sia da un punto di vista territoriale - morfologico, che da un punto di vista economico. Similmente alla Sardegna, l’economia del Galles si caratterizza per il suo passato minerario ed industriale. Infatti dalla metà del IX secolo sino alla Seconda Guerra Mondiale l’industria dominante era quella dell’estrazione e dell’esportazione di carbone. Successivamente iniziò il cambiamento strutturale che portò al trasferimento di migliaia di posti di lavoro ai settori pubblico e terziario. Ad oggi oltre i due terzi del valore aggiunto e dell’occupazione gallesi sono prodotti dal settore dei servizi, mentre le produzioni industriali tradizionali svolgono un ruolo di secondo piano. Il turismo ha un peso fondamentale nell’economia della regione, mentre grandi centri come Swansea, Newport e Cardiff sono diventati centri con un’alta concentrazione di servizi finanziari e di business. La disoccupazione in Galles è di poco superiore alla media britannica, mentre il livello di reddito pro capite, seppur inferiore alle aree più ricche del resto del Paese, ha conosciuto una crescita costante dagli anni ’90, fino all’esplosione della crisi economica e finanziaria nel 2008 (fonte Eurostat). Negli anni ‘90 il Galles è stato capace di attrarre importanti linee d’investimento dall’estero e di attivare una politica economica di rinnovamento indirizzata allo svilup- po di alcuni settori chiave. Questi sono gli stessi che troviamo attualmente in cima all’agenda politica ed economica sarda: le Information and Communication Technolo- gies (ICT), lo sfruttamento delle risorse energetiche rinnovabili, l’uso dei nuovi materia- li, le biotecnologie, i servizi professionali e finanziari, l’agroindustria ed il turismo (WAG 2001). Tali politiche mirano ad uno sviluppo sostenibile con un’alta qualità della vita e delle condizioni lavorative.

Nell’ambito del lavoro di ricerca è stata dunque svolta un’analisi dettagliata di con- fronto tra Galles e Sardegna, mediante l’utilizzo di una serie di indicatori che descrivo- no la ricchezza pro capite, la produttività e l’innovazione, il mercato del lavoro e il li-

vello di istruzione12. I risultati emersi mostrano che se da un lato il livello di reddito pro

capite nelle due regioni si può considerare analogo, gli altri indicatori di performance mostrano un certo divario e un ritardo della Sardegna rispetto alla media europea. Il PIL pro capite in Parità di Potere d’Acquisto della Sardegna e del Galles nel 2009 è simile: rispettivamente 18.800 euro e 18.700 euro, in entrambi i casi l’80% del PIL pro capite

12 Gli indicatori utilizzati sono di fonte Eurostat. Per un dettaglio dell’analisi si veda Commissio-

dell’UE a 27. Se consideriamo poi il PIL pro capite medio tra il 2007 e il 2009 si regi- stra un valore pari a 19.400 euro per la Sardegna e 20.100 euro per il Galles. Osservan- do gli indicatori disponibili riguardanti la produttività e l’innovazione, notiamo che il Galles ha registrato un crescita della produttività dal 2002 al 2008 pari allo 0,75%. Al contrario, la Sardegna registra nello stesso periodo una diminuzione dello 0,6%. Inoltre in Sardegna nel 2010 solo il 35,9% dei lavoratori era impiegato in settori knowledge- intensive, contro il 38,5% della media UE 27 ed il 45% del Galles. Ma l’indicatore più importante a nostro parere riguarda la quota di spesa in Ricerca e Sviluppo, pari all’1,7% in Galles e invece molto contenuta in Sardegna (0,7%). Sul fronte del mercato del lavoro, nel 2011 la Sardegna ha un tasso di occupazione pari al 55,6%, più basso della media Europea a 27 di oltre 10 punti percentuali, ed inferiore del livello del Galles di oltre 15 punti. Per quanto riguarda il tasso di disoccupazione, la situazione migliore si registra in Galles, con un tasso dell’8,2%, contro un livello UE 27 di 9,6% ed il livello isolano che raggiunge il 13,5%. Inoltre abbiamo che circa la metà di questi disoccupati in Sardegna sono di lunga durata, contro un valore dell’Europa a 27 pari al 4,1% e quel- lo del Galles di appena il 2,6%. Considerando infine il livello di istruzione, la percen- tuale degli individui tra i 30 ed i 34 anni che hanno un livello di istruzione pari almeno alla laurea per la Sardegna è pari al 17%, contro il 33% della media europea e il 41% del Galles. Infine abbiamo che i NEET, gli individui che non studiano ne lavorano, in Sardegna sono 8 punti percentuali in più rispetto al Galles (rispettivamente 27,4% e 19,5%, contro il 16% della media europea).

Quali sono state dunque in Galles le politiche implementate che possono aver favori- to uno sviluppo più equilibrato? Come la politica regionale ha saputo riconvertire una economia basata sul settore industriale in un sistema maggiormente diversificato e com- petitivo? Esistono delle best practice che potrebbero trovare applicazione nel contesto sardo?

Il cambiamento strutturale del Galles, che portò ad abbandonare le produzioni tradi- zionali nel campo dell’industria pesante e dell’estrazione mineraria, fu determinato dal massiccio flusso di investimenti diretti esteri. La crisi economica degli anni ’70 spinse nel 1976 il governo Britannico alla creazione di Agenzie di Sviluppo Regionale (Regio- nal Development Agencies - RDA), seguita dall’istituzione del sistema principale di supporto denominato Regional Selected Assistance (RSA), con lo scopo di attrarre inve- stimenti diretti esteri in maniera da ridurre la disoccupazione strutturale e favorire l’incremento della produttività attraverso trasferimenti tecnologici. In Galles si arrivò nel 1976 all’istituzione dell’Agenzia Gallese per lo Sviluppo (Welsh Development A- gency - WDA). Tale organismo individuò negli investimenti diretti esteri la chiave per lo sviluppo. Tali investimenti, che provenivano dalle economie in espansione del Sud-est asiatico, erano attirati attraverso una combinazione di bassi salari e di incentivi fiscali e finanziari. In questo modo dal 1983 al 2000 l’Agenzia Gallese per lo Sviluppo riuscì ad attrarre oltre mille progetti (Salvador e Harding 2005), pari al 15% degli investimenti esteri totali diretti verso il Regno Unito (Cooke 1998). Un esempio è dato dal program- ma “Source Wales”, lanciato nel 1991 e mirato non solo a favorire investimenti esteri, ma anche a supportare potenziali fornitori locali, creando sinergie tra le imprese già pre- senti sul territorio e quelle in arrivo. Attraverso tale programma sono state create ben venti associazioni di fornitori, spesso guidate da investitori esteri di successo. Le nuove

tecnologie e conoscenze trasferite nel Galles tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 determinarono un aumento della domanda di mano d‘opera qualificata, unita ad aumenti di produttività che si trasferirono anche ad altri settori dell’economia. Altre po- litiche di successo nell’attrarre investimenti nelle aree designate Obiettivo I e II della politica regionale europea, riguardavano i sussidi forniti per la spesa in investimenti che coprivano il 10-20% del costo di un progetto, a partire da 10.000 sterline e senza limite massimo. Ciò si univa ad una corporate tax molto contenuta. Difatti il carico fiscale diminuì progressivamente in tutto il Regno Unito dal 52% (per le grandi imprese) ed il 42% (per le piccole imprese) nel 1973. Allo stesso modo la presenza di uffici regionali in diverse parti del mondo rendeva possibile un’azione di marketing e suscitava l’interesse di potenziali investitori. Tale rete è completata dalla partecipazione di dele- gazioni a incontri internazionali e fiere commerciali, unita al supporto nella creazione di una rete di contatti con le agenzie di sviluppo locale i centri di eccellenza, le università e potenziali partners commerciali.

In seguito al referendum del 1997 iniziò un processo di decentramento decisionale culminato con l’istituzione dell’Assemblea Nazionale Gallese (National Assembly for Wales) e dell’Assemblea Governativa Gallese (Welsh Assembly Government - WAG), con responsabilità nel settore sanitario, dell'istruzione e dello sviluppo economico. Le politiche economiche dell’era autonomista sono state concettualizzate e descritte in una serie di documenti riguardanti la strategia per lo sviluppo economico: “A Winning Wa- les” (2001), “Wales: A Vibrant Economy” (2005) ed infine “Economic Renewal Pro- gramme: A new direction” (2010). Tra la fine del 1997 e l’inizio del 2003 il Galles per- se oltre 50.000 posti di lavoro in nelle aziende manifatturiere create attraverso gli inve- stimenti esteri. D’altro canto il trasferimento di poteri dallo stato centrale ha determina- to un incremento dei posti di lavoro nel settore pubblico di oltre 60.000 unità. Ad ogni modo il governo regionale comprese la necessità di andare oltre il sistema di sviluppo basato su investimenti esteri, puntando alla creazione di una knowledge-economy me- diante l’implementazione di politiche di sostegno all’innovazione. Tali iniziative aveva- no l’obiettivo di spingere le imprese straniere intenzionate ad abbandonare il Galles a rimpiazzare la produzione con la ricerca di base. Inoltre si è puntato sulla creazione di distretti innovativi, dove sinergie tra imprese spin-off degli investimenti esteri ed uni- versità potesse favorire la trasformazione di ricerca in prodotti commerciabili.

In questo senso, sempre dall’Amministrazione Autonoma Gallese sono stati realiz- zati una serie di progetti in collaborazione con la Commissione Europea che hanno cer- tamente innescato meccanismi virtuosi portando ad un incremento della produttività del sistema economico e sociale e che sono stati indicati come best practice a livello di svi- luppo regionale. Tra questi, la creazione di un Knowledge Exploitation Fund (KEF). Ta- le progetto fu istituito dall’Assemblea Nazionale Gallese in collaborazione con una serie di partners nel settore dell’alta formazione. Il Fondo punta a implementare l’effettiva applicazione delle conoscenze e delle abilità sviluppate all’interno di istituzioni di for- mazione a beneficio dell’economia Gallese. Ancora, l’Opportunity Wales è un progetto co-finanziato dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) che mira a sostenere le attività economiche esistenti attraverso la stimolazione dell’utilizzo del e-commerce. L’obiettivo principale del progetto è quello di aumentare il fatturato e l’occupazione nelle Piccole e Medie Imprese (PMI), attraverso un approccio pragmatico che favorisca

un cambiamento di attitudine verso il commercio elettronico da parte di individui dotati di una limitata alfabetizzazione digitale. Altri progetti che sostengono l’innovazione nelle imprese sono il Business Innovation Programme (BIP) che fornisce supporto tec- nico, professionale e finanziario alle attività economiche innovative, ed il programma Academic Expertise for Business (A4B) che fornisce fondi per favorire lo sfruttamento ed il trasferimento della conoscenza dagli istituti di alta formazione alle imprese. Ma, a nostro parere, la politica più interessante da mutuare concerne l’istituzione di “Enterpri- se Zones” (sette in tutto il Galles), che sono delle aree che supportano attività economi- che nuove o in espansione attraverso una serie di incentivi e di infrastrutture. Tra gli in- centivi principali figurano l’accesso al credito agevolato, voucher per l’innovazione, supporto all’innovazione di prodotto e di processo (progetto SMART Cymru), prestiti a fondo perduto per ricerca e sviluppo e sussidi per la formazione del personale. Altre a- gevolazioni riguardano la presenza di una rete di contatti con le istituzioni di formazio- ne e le strutture di ricerca del luogo, e la presenza di infrastrutture telematiche di alto livello.

Questa lunga lista di buone pratiche ha certamente portato l’economia locale gallese a crescere e raggiungere buoni livelli di competitività, invertendo la rotta e introducendo innovazioni significative nel modo di fare impresa e di gestire i finanziamenti pubblici, puntando a settori a più alto valore aggiunto. Tali interventi potrebbero avere una certa replicabilità nel tessuto economico sardo, in particolare i programmi incentrati sull’in- novazione.

Nel documento Conclusioni (pagine 32-39)