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La Dirigenza negli Organi costituzionali

5. Considerazioni conclusive

Le problematiche relative alla dirigenza “costituzionale” riguardano la carriera dei funzionari presso la Presidenza della Repubblica, la Corte costituzionale, il Senato della Repubblica e la Camera dei deputati.

Sono in tutto di non più di 440- 450 persone, considerando 84 della Presidenza della Repubblica, 24 della Corte costituzionale, 127 del Senato e 212 della Camera dei Deputati276.

A queste vanno aggiunti coloro che, scelti intuitu personae, alla Presidenza della Repubblica e alla Corte costituzionale rivestono ruoli dirigenziali di supporto alle principali funzioni dell’organo costituzionale e che, per lo più, provengono da altre amministrazioni e dalla magistratura ordinaria ed amministrativa. Si tratta del Segretario generale della Presidenza della Repubblica e della Corte costituzionale, dei Consiglieri del Capo dello Stato e, qualora si riconosca loro l’equiparazione ad una funzione dirigenziale, degli assistenti di studio dei giudici della suprema Corte. Il loro numero complessivo si aggira intorno alle 60 unità.

Un primo dato che emerge è quello che gli Organi di garanzia costituzionale, cioè Corte costituzionale e Presidenza della Repubblica, scelgono le principali figure di vertice dei propri apparati da amministrazioni esterne, mentre i regolamenti di Camera e Senato fino ad oggi hanno voluto garantire il funzionamento del Parlamento esclusivamente attraverso persone scelte per pubblico concorso.

Un secondo dato è che nell’ordinamento del personale delle strutture di supporto agli Organi costituzionali non è specificamente prevista la qualifica dirigenziale distinta dalla carriera o dalle qualifiche apicali.

Alcuni studiosi277 hanno spiegato questa circostanza con diverse argomentazioni, tra loro concorrenti. Il tema della dirigenza negli Organi costituzionali sarebbe rimasto in ombra perché, se è vero che l’analogo tema nel pubblico impiego è nato da esigenze di miglioramento retributivo, altrettanto non può sostenersi negli Organi costituzionali in cui da sempre esistono condizioni economiche più favorevoli. Inoltre, atteso che dirigere vuol dire anche disporre di personale, la limitata consistenza numerica dei dipendenti degli Organi costituzionali avrebbe offuscato problema. Un'altra spiegazione muove dalla considerazione delle principali funzioni svolte, molte delle quali di alta consulenza e assistenza all’Organo costituzionale, per loro natura difficilmente gerarchizzabili; secondo altro angolo visuale,

276 I dati compaiono in documenti pubblici pubblicati nei siti web degli Organi in questione. Secondo stime dell’ISTAT del 2003, invece, i dirigenti delle pubbliche amministrazioni italiane ammontano a 122.492 v. L.Torchia (a cura di) Il Sistema amministrativo Italiano, Bologna, 2009, p. 294.

277D’Orta e F. Garella, Il personale, in Le amministrazioni degli organi costituzionali, cit. p. 257

l’istituzione della dirigenza sarebbe contraria sia agli interessi dei funzionari, che vedrebbero frantumata, senza benefici adeguati, l’unitarietà delle carriere apicali, sia a quelli delle altre categorie di personale per le quali crescerebbe la scala gerarchica senza opportunità compensative.

Tenuto conto della lacuna esistente nella disciplina, da un lato non è agevole poter chiarire chi siano i dirigenti in tali apparati, dall’altro è problematico il confronto con la dirigenza pubblica che ha un proprio regime normativo.

Al riguardo, occorre anche considerare che la presenza della giurisdizione domestica negli Organi costituzionali non ha reso possibili occasioni di confronto fra gli ordinamenti e non offre neanche la possibilità di ricostruzione parametri unitari per delineare lo status dei dirigenti nelle strutture considerate.

5.1.L’identificazione della figura del dirigente negli apparati degli Organi costituzionali: tesi a confronto.

Partendo dalla questione riguardante l’identificazione dei dirigenti negli apparati degli Organi costituzionali, si possono considerare tre ipotesi interpretative.

Per la prima, si può configurare un modello di “dirigenza diffusa” di tipo magistratuale278. Vale a dire che, per la delicatezza e per l’elevato contenuto tecnico-professionale delle funzioni svolte nelle strutture di supporto degli Organi costituzionali, i soggetti investiti di tali funzioni, siano essi estranei o tutti i dipendenti delle carriere o delle qualifiche di vertice, opererebbero con forme di responsabilità e di autonomia tali da non poter essere gerarchizzate né sovrapposte o comparate con il modello esistente per gli altri dirigenti pubblici279.

Per una seconda ipotesi, sarebbero dirigenti solamente coloro a cui sono conferiti specifici incarichi, siano essi di direzione di struttura o di altra natura in relazione alle disposizioni regolamentari considerate.

L’attribuzione di un incarico è associata ad una serie di poteri organizzativi, gestionali, di coordinamento o di studio variamente configurati, che distingue i soggetti incaricati da tutti gli altri funzionari.

278 “I funzionari si distinguono solamente per le funzioni svolte e la dirigenza è principalmente coordinamento e al più avocazione”.La tesi è esposta in D’Orta e F. Garella,

Il personale, in Le amministrazioni degli organi costituzionali cit p. 266. Quello delle

amministrazioni degli organi costituzionali “è un modello tipico di organizzazioni che svolgono attività poco gerarchizzabili come la giurisdizione, l’insegnamento, la medicina, perché caratterizzate da alta tecnicità, assenza di dimensione politica, gestione prettamente individuale”. Tanto che, come è stato osservato, lo status e l’attività dei funzionari di livello apicale presentano punti di contatto con quelli dei magistrati e gli incarichi dirigenziali comportano funzioni “più sovrapposte che superiori” finalizzate principalmente al coordinamento.

Inoltre, sia dall’esame della normativa che della prassi, emerge che lo svolgimento di incarichi differenzia giuridicamente la posizione e la carriera di coloro che li rivestono rispetto a tutti gli altri funzionari del medesimo apparato, nel senso che l’ipotesi di revoca degli stessi, pur in astratto prevista in alcuni ordinamenti - e che comporterebbe una regressione nella carriera - sembra più un’ipotesi di scuola, legata a fatti eccezionali. Nella prassi risulta si sia dato luogo, piuttosto, a forme di rotazione negli incarichi direttivi.

In tutti gli Organi Costituzionali, inoltre, l’accesso agli incarichi direttivi presuppone un’anzianità di servizio ed il superamento di verifiche di professionalità. Per gli incarichi di livello più alto occorre addirittura aver superato almeno due valutazioni (variamente denominate), aver ricoperto già un incarico dirigenziale e, in alcuni casi, aver raggiunto determinate anzianità nelle qualifiche superiori. Solamente nella Corte costituzionale è prevista un’unica valutazione, il cui esito positivo è presupposto necessario per ottenere qualunque incarico dirigenziale.

A queste due tesi può essere opposta una terza ipotesi, preferibile, che, partendo dalla autonomia e dalla diversa genesi e trasformazione degli apparati burocratici al servizio degli Organi costituzionali, nega la possibilità di una ricostruzione unitaria della figura del dirigente in tali strutture. Sarebbe meglio parlare di “dirigenza” di ogni apparato costituzionale, ognuna con proprie peculiarità. A sostegno di quest’ultima ipotesi militano più fattori. La diversa disciplina regolamentare; la diversa dimensione burocratica al servizio dell’attività dell’Organo; la provenienza eterogenea delle figure di vertice, tutte necessariamente interne nel Parlamento, al contrario, nella prassi, provenienti da altre amministrazioni o dalla magistratura alla Presidenza della Repubblica e alla Corte costituzionale.

La stessa diversità delle funzioni svolte, correlate alla struttura dell’Organo costituzionale, può costituire un ulteriore argomento a favore della difficoltà di individuare un unico modello di dirigenza valido per tutti gli Organi in questione.

L’elevato numero dei membri delle assemblee legislative, la presenza di più organi di natura politica ed amministrativa, la complessità organizzativa del Parlamento è all’origine delle norme regolamentari che hanno privilegiato la professionalità e la continuità amministrativa propria dei funzionari di carriera280. Al contrario la monocraticità propria del Presidente della Repubblica e la ridotta composizione della Corte costituzionale hanno generato un modello in cui, specie per il supporto alle funzioni più delicate e di vertice, è prevalso il rapporto fiduciario con l’organo costituzionale.

Tra l’altro, anche all’interno della “dirigenza” dei singoli apparati “costituzionali” vi sono differenze. Esse si riscontrano nel Segretariato generale della Presidenza della Repubblica e nella Corte costituzionale dove vi sono figure dirigenziali, appartenenti ai ruoli di dette amministrazioni, che si occupano prevalentemente dei compiti della struttura permanente

nella continuità dell’assetto istituzionale281 riconducibili alle funzioni cd.

strumentali282, ed altre, scelte su base fiduciaria, che attendono alle principali funzioni istituzionali dell’Organo costituzionale. Nel Segretariato generale della Presidenza della Repubblica questa differenza ha conseguenze anche sulla durata degli incarichi: senza vincoli di durata, quelli attribuiti al personale di ruolo per le funzioni strumentali, legati al mandato del Capo dello Stato, quelli del Segretario generale e dei Consiglieri del Presidente.

5.2.Rapporti con la dirigenza pubblica privatizzata

Quanto al confronto con la dirigenza pubblica, la valutazione è complessa e, comunque, non può prescindere dalla scelta di una delle ipotesi sopra richiamate a proposito della identificazione dei dirigenti nelle strutture considerate.

Ad oggi un parametro di riferimento è costituito dalla recente modifica dell’articolo 19 del dlgs. 165/2001 che al c.5 bis ha esplicitamente affermato la possibilità per “i dirigenti dipendenti di organi costituzionali” di ottenere incarichi dirigenziali presso altre amministrazioni dello Stato.

La disposizione sembra ipotizzare una parziale identificazione delle funzioni dirigenziali, indipendentemente dalla diversità degli ordinamenti di provenienza. Tuttavia nella prassi i casi di comandi o distacchi nelle amministrazioni dello Stato hanno riguardato in prevalenza solamente posizioni negli uffici di diretta collaborazione con i Ministri – che presentano più elementi di analogia con le funzioni di assistenza all’Organo costituzionale che a quelle della dirigenza tout court283 - ed hanno interessato soprattutto funzionari parlamentari284.

281 Decreto Presidenziale 26 luglio 2005 n.60/N, art. 4 c. 3 sull’organizzazione del Segretariato generale della Presidenza della Repubblica.

282 S. Cassese, Il sistema amministrativo italiano, 2000, p.136

283 Si rinvia a G. D’Alessio, La disciplina della dirigenza pubblica: profili critici ed ipotesi

di revisione del quadro normativo, in astrid-online.it e di prossima pubblicazione in Il lavoro nelle Pubbliche amministrazioni a proposito di una diversificazione fra le figure

caratterizzate da un elevato tasso di fiduciarietà (uffici di diretta collaborazione con l’organo di governo e posizioni apicali di snodo fra politica ed amministrazione) e quelle necessariamente connotate da un elevato tasso di imparzialità (funzioni dirigenziali di natura operativa).

284 I comandi dei dirigenti sono sostanzialmente nulli per la Presidenza della Repubblica e per la Corte costituzionale. La situazione si rovescia se, invece, si considerano i comandi e i distacchi di personale dirigenziale presso gli apparati degli organi costituzionali. Ad essi si

Al di là di queste iniziali considerazioni, esistono più elementi di distinzione fra la dirigenza pubblica e quella degli Organi costituzionali.

Manca, innanzitutto, all’interno delle amministrazioni degli organi costituzionali una chiara separazione fra attività di indirizzo e di gestione, almeno per la dirigenza di vertice.

L’assenza di tale distinzione caratterizza la Corte costituzionale, la Camera ed il Senato per la presenza di organi di natura “politica” o “di indirizzo” che hanno importanti competenze di gestione e amministrative. Diversamente, alla Presidenza della Repubblica, è la peculiare figura del Segretario generale che accentra in sé, oltre a funzioni di natura amministrativa, anche importanti compiti di indirizzo e di controllo.

Ciò si riflette sulle funzioni e sul ruolo del Segretario generale, dirigente di vertice che esiste in tutti gli apparati considerati ma le cui caratteristiche nei diversi ambiti non ne consentono la riconduzione ad un modello unitario.

Elemento comune, che ne permette un accostamento alla figura dei Segretari generali dei ministeri, è quello di essere lo snodo principale dei rapporti fra l’Organo costituzionale e il relativo apparato amministrativo. Ma oltre questa similitudine non si può andare.

Il Segretario generale ha una posizione di peculiare preminenza nella Presidenza della Repubblica soprattutto in virtù del fatto che è il referente principale del Capo dello Stato a cui solo deve rispondere per tutta l’attività del Segretariato generale.

I poteri e il ruolo dei Segretari generali di Camera e Senato sono più complessi e calibrati sulla natura collegiale e politicamente articolata del Parlamento. I citati dirigenti sono al contempo i riferimenti primari della struttura burocratica ma anche degli organi di natura politica interni alle Camere legislative - (in particolare Presidente, Ufficio di Presidenza, Questori) di cui devono trovare il consenso (o almeno il non dissenso)285. Il ruolo di vertice è, in parte, stemperato per le funzioni, assimilabili a quelle gestionali, attribuite a questi ultimi organi.

Più limitato, è, invece, il ruolo ed il rilievo del Segretario generale presso la Corte costituzionale, dove il governo dell’apparato risulta frammentato tra gli organi burocratici e quelli di indirizzo, con conseguente poca chiarezza delle rispettive responsabilità.

Anche l’accesso alla dirigenza presenta tratti di differenziazione rispetto alla disciplina della dirigenza pubblica privatizzata definita nel dlgs. 165/2001, soprattutto ove si acceda alla tesi secondo cui la dirigenza negli

ricorre con frequenza alla Presidenza della Repubblica e alla Corte costituzionale mentre sono inesistenti nell’apparato burocratico del Parlamento.

285 C. D’Orta, F. Garella, L’Organizzazione interna, in Le amministrazioni degli Organi

apparati costituzionali è identificabile solo per quelle figure a cui sono conferiti specifici incarichi.

L’attribuzione degli incarichi direttivi è, di norma, il risultato di un percorso di carriera articolato. In tutti gli apparati considerati, il conferimento degli incarichi, di qualunque livello, è, comunque, frutto di valutazioni discrezionali e di opportunità tecnico-politica che si sovrappongono a criteri collegati all’anzianità di servizio dei dipendenti. Diversamente, com’è noto, almeno l’accesso al livello più basso della dirigenza statale avviene per concorso a cui possono partecipare estranei alle pubbliche amministrazioni. In teoria286, la dirigenza dello Stato ha anche le potenzialità per essere composta da personale di età più giovane di quella “costituzionale”.

Se si condivide, invece, la tesi della “dirigenza diffusa” vi sarebbe una maggiore analogia tra l’accesso alla dirigenza “costituzionale” e quello nella dirigenza dello Stato perché negli apparati degli Organi costituzionali è previsto il concorso iniziale per l’accesso alle qualifiche o alle carriere più elevate, seppure alla Corte costituzionale e alla Presidenza della Repubblica tale accesso può avvenire, in parallelo, per chiamata diretta. Tuttavia, tale analogia è stemperata dal limitato ricorso ai concorsi nei due Organi di garanzia dove, per prassi, si è sovrapposto un sistema di reclutamento che ha fatto leva sull’utilizzazione, per chiamata diretta, di personale proveniente da altre amministrazioni o a contratto, sottoposto, nel tempo, ad immissioni “straordinarie” nei ruoli della carriera direttiva.

Altri elementi di distinzione riguardano il regime di conferimento degli incarichi, i poteri dei dirigenti e la responsabilità dirigenziale.

Negli apparati costituzionali gli incarichi vengono conferiti con atti che hanno natura pubblicistica a cui non accedono atti negoziali, come previsto, invece, per la dirigenza privatizzata delle amministrazioni pubbliche. Inoltre, in quasi tutte le amministrazioni considerate, gli incarichi sono a tempo indeterminato, salvo quelli conferiti intuitu personae e con eccezioni alla Corte costituzionale.

Per quanto riguarda i poteri di chi esercita funzioni dirigenziali, essi non coincidono del tutto con quelli della dirigenza privatizzata e, comunque, la mappa dei poteri è differente da apparato ad apparato. Tale circostanza si può spiegare principalmente con il riferimento alle peculiari funzioni svolte, in particolare quelle di alta consulenza ed assistenza all’Organo costituzionale, che sono per loro natura non riconducibili al modello della dirigenza tradizionalmente intesa e “all’area provvedimentale di cura degli interessi pubblici”287.

286 Ma solo in teoria date le rilevazioni dello studio di F. Di Cristina Gli ex allievi della

Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione nel panorama della dirigenza pubblica italiana: alcune evidenze empiriche, a cui si rinvia.

Un dato comune è l’assenza di rilevanti poteri di spesa, per lo più esercitati su delega e per importi ridotti.

Al Quirinale, vi è accentramento di poteri decisori e di firma in capo al Segretario generale con conseguente limitazione di attribuzioni “dirigenziali” esclusive del Vice Segretario generale amministrativo, dei Consiglieri del Presidente e degli altri dirigenti che svolgono prevalentemente funzioni di coordinamento e di proposta.

Presso la Corte costituzionale, l’attribuzione a tutto il personale appartenente alla qualifica apicale della direzione amministrativa e della responsabilità dei risultati nonché lo svolgimento di compiti gestionali da parte di organi di natura “politica”, sembrano limitare il contenuto degli incarichi dirigenziali a momenti di raccordo organizzativo288.

Più sviluppati sono invece i poteri di direzione configurabili in capo ai titolari di incarichi dirigenziali di Camera e di Senato, sia pure contemperati dal ruolo e dalle attribuzioni del Segretario generale e di quelli di alcuni organi di natura politica289.

Un altro profilo da considerare riguarda la valutazione dell’attività e la connessa responsabilità dirigenziale.

In ogni amministrazione degli Organi costituzionali sono disciplinate verifiche di professionalità. Si tratta, tuttavia, di misure estese a tutto il personale e sono propedeutiche ad avanzamenti di carriera e retributivi.

Sono, invece, carenti i profili di disciplina relativi ad una vera e propria verifica delle attività svolte al fine della valutazione dei risultati conseguiti e della relativa responsabilità. Questa carenza può essere messa in relazione alla natura di alcune delle funzioni di supporto agli Organi costituzionali, in particolare di quelle di alta consulenza, la cui misurazione in termini di risultati può apparire problematica. Più difficile è giustificare l’assenza di valutazioni per l’esercizio delle attività che rientrano nell’ambito delle cd. funzioni strumentali (gestione del personale, contratti, gestione del patrimonio immobiliare ecc.).

Alla Corte costituzionale e nelle amministrazioni di Camera e Senato è prevista la possibilità di revoca degli incarichi. Tuttavia non è chiaramente disciplinato lo statuto di tale responsabilità, sostanzialmente rimesso a valutazioni dell’Organo costituzionale, di cui, peraltro, non risulta vi sia riscontro nella prassi290.

288

Ibidem, p. 265

289 Ambiti di autonomia ampi vengono, comunque, riconosciuti a tutti i consiglieri parlamentari in ragione del profilo di alta consulenza che ognuno di loro può essere chiamato a svolgere. Si considerino, ad esempio, i segretari delle Commissioni parlamentari che, pur non rivestendo incarichi direttivi, hanno elevate responsabilità di consulenza e di organizzazione di tutti i lavori della Commissione a cui sono assegnati.

290 A parte occorre considerare la responsabilità amministrativa e contabile su cui si è pronunciata la Corte costituzionale nel 1981, Sent. 129/1981in virtù della peculiare posizione costituzionale degli apparati in questione.

Sulla base della ricognizione normativa effettuata, emerge, conclusivamente, che la dirigenza delle amministrazioni costituzionali non ha molti punti di contatto con la dirigenza dello Stato291. Si tratta di corpi separati. I motivi di questa separazione si possono ricondurre alla posizione costituzionale di autonomia degli Organi costituzionali e alla conseguente regolamentazione speciale del rapporto di lavoro dei loro dipendenti; alla natura delle funzioni degli Organi costituzionali che si riflettono sulla natura delle funzioni della loro burocrazia, di supporto alle funzioni istituzionali o di gestione, comunque, tutte rivolte all’Organo costituzionale e al suo funzionamento. I dirigenti rispondono della loro attività esclusivamente all’Organo costituzionale e la giurisdizione sul loro rapporto di lavoro è rimessa ad organi di giustizia interni. Pur ritenendo ragionevoli alcuni motivi di diversità fra la disciplina della dirigenza statale e quella degli apparati costituzionali, ci si può, tuttavia, chiedere se e in che misura, attese le riforme amministrative in atto e l’evoluzione dei rapporti fra cittadini ed Istituzioni, si possano ancora giustificare regimi della dirigenza “costituzionale” per molti aspetti autoreferenziali, soprattutto sotto il profilo della responsabilità, della giurisdizione domestica e, per via di una prassi emendabile, del limitato accesso per concorso.

291 Cfr. anche C. D’Orta, F. Garella, Il personale, in Le amministrazioni degli Organi

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