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La prima Sspa: un disegno incompleto (1957-72)

L'evoluzione dei modelli di reclutamento e formazione della Scuola superiore della pubblica amministrazione

4. La prima Sspa: un disegno incompleto (1957-72)

Nella seconda metà del secolo scorso, le esigenze formative del personale pubblico – inserendosi nel più ampio disegno di riforma della pubblica amministrazione - vengono avvertite maggiormente. A fianco di scuole volte a far fronte ad esigenze di preparazione del personale tecnico preposto ad alcuni settori305, viene creata la Scuola superiore della pubblica amministrazione con compiti di formazione del personale di tutti i settori amministrativi. Muta, di conseguenza, la prospettiva secondo la quale i generalisti debbano formarsi col tirocinio, dovendo invece essere sottoposti ad un’attività formativa ad hoc.

L’origine della Scuola superiore è collegata, dunque, ad istanze di forte rinnovamento del settore pubblico. A partire dagli anni ‘50 opera presso la Presidenza del Consiglio un ufficio per l’organizzazione e il funzionamento della pubblica amministrazione (l’Ufficio di coordinamento degli studi per la riforma dell’amministrazione, sotto la guida di Roberto Lucifredi). Una delle principali finalità perseguite con la riforma – che fu, poi, l’unico filone che ebbe un seguito - consiste in un migliore reclutamento, preparazione, selezione e distribuzione del personale. È sulla base della legge di delega n. 1181 del 1954 che viene emanato il testo unico delle leggi sugli impiegati del 1957, col quale è istituita la Scuola (artt. 150 e 151, d.p.r. 10 gennaio 1957, n. 3). Il regolamento attuativo è del 1962 (d.P.R. 19 gennaio 1962, n. 756) e la Scuola inizia a funzionare nel gennaio dell’anno successivo (con sede a Caserta).

ö opportuno, a questo punto, analizzare la regolamentazione e la sua concreta applicazione secondo le variabili precedentemente elencate. Molti

303 S. Cassese, Formazione dei pubblici dipendenti e riforma amministrativa, cit., p. 229.

304 S. Cassese, La formazione dei funzionari amministrativi. Un confronto internazionale, in

Politica del diritto, 1985, n. 4, p. 682.

305 Sono segnali di diffusione delle scuole per la pubblica amministrazione: le attività formative svolte, dal 1958, per le ferrovie, dai singoli servizi e dal servizio affari generali; nel 1954 viene modificata la Scuola delle poste e telecomunicazioni; nel 1962, la Scuola superiore di polizia diviene autonoma; la Scuola centrale tributaria, operante dal 1948, viene riordinata nel 1957; inizia la sua attività nel 1967 l’Istituto diplomatico.

dei meccanismi che si elencheranno nel seguito saranno, poi, oggetto di modifiche e integrazioni nelle fasi successive di sviluppo della Scuola, per cui è necessario illustrare le principali norme.

In primo luogo, la Scuola è collocata presso la Presidenza del Consiglio, a differenza delle precedenti scuole incardinate, invece, in singoli settori della pubblica amministrazione. Il collegamento al centro più alto serve a dare una sorta di sovraordinazione alla Scuola, per i compiti assegnati, rispetto alle altre amministrazioni. Per un’istituzione “generalista”, questo è il primo passo necessario (ma, come rivela la prassi, non sufficiente) per delineare una funzione che miri al rinnovamento amministrativo, anche nella accezione più forte segnalata (creazione di un’élite).

In secondo luogo, la Scuola nasce come istituzione di insegnamento e studio e non ha competenze per il reclutamento (artt. 150 e 151, d.p.r. 10 gennaio 1957, n. 3). Essa ha il compito di attuare corsi di preparazione e formazione per gli impiegati in prova e di aggiornamento e perfezionamento per quelli già in servizio. Sono, inoltre, previsti corsi integrativi per passare dalla carriera di concetto a quella direttiva, in assenza di diploma di laurea o di specializzazione306. I destinatari della funzione formativa, dunque, sono tutti all’interno dell’amministrazione.

In terzo luogo, la frequenza ai corsi, ai sensi della legge istitutiva, è facoltativa, ma in alcuni casi può divenire obbligatoria. Il regolamento, infatti, prevede l’obbligatorietà dei corsi di formazione, non inferiori a tre mesi, per tutti gli impiegati di prima nomina, mentre rimane la facoltatività negli altri casi. Per l'attuazione dei corsi di formazione, le amministrazioni sono tenute a comunicare alla Scuola la data di assunzione dei vincitori dei concorsi a posti della carriera direttiva. La Scuola superiore informa le amministrazioni dello Stato dei corsi che essa attua almeno trenta giorni prima del loro inizio, indicando il numero dei posti, l'assegnazione del numero di questi a ciascun ministero, il programma e la durata di ciascun corso. Nei limiti dei posti assegnati, le amministrazioni dello Stato provvedono all'ammissione degli interessati ai corsi facoltativi.

In quarto luogo, al termine dei corsi i partecipanti vengono valutati sulla base di esami (una o più prove scritte e un colloquio sulle materie che hanno formato oggetto di insegnamento durante il corso) e dello svolgimento di un’indagine tecnica (per i corsi di aggiornamento). L'esito del corso è comunicato all'impiegato e alla amministrazione di appartenenza. Il superamento dell’esame per ogni tipo di corso costituisce titolo di merito per conseguire la promozione - sia per esame, che per scrutinio - alle qualifiche superiori.

306 La Scuola, poi, promuove e compie studi per il miglioramento tecnico-amministrativo delle amministrazioni dello Stato, organizzando presso ciascuna di esse corsi dalle stesse richiesti, sovrintende agli istituti, scuole e corsi eventualmente organizzati presso le singole amministrazioni e ne coordina le attività.

In quinto luogo, i docenti sono individuati tra professori titolari di università ed impiegati dello Stato comandati presso la Scuola superiore (magistrati e ad impiegati civili dello stato), e, all’esterno dell’amministrazione, tra soggetti che abbiano particolare competenza tecnica notoriamente riconosciuta.

In sesto luogo, nel complesso, il metodo di insegnamento si basa sia su lezioni, sia sulla redazione di un’indagine tecnica da compiere presso un’amministrazione centrale o periferica, al fine di studiare il «perfezionamento dei metodi amministrativi e di proporre miglioramenti nel funzionamento dei servizi».

In settimo luogo, i corsi prevedono una parte teorica generale, gestita dalla Scuola, e una parte specialistica relativa alla singola amministrazione di riferimento. L’impronta adottata è prevalentemente di tipo teorico-legalistica. Infatti, le materie impartite sono: problematiche della pubblica amministrazione, comunità europee e pubblica amministrazione, diritto pubblico dell’economia, politica economica, scienza dell’amministrazione, statistica applicata, documentazione e comunicazione.

Infine, la durata della formazione, come si è detto, è breve (quattro mesi).

La nascita di una grande scuola italiana, dunque, introduce elementi positivi per la formazione del personale pubblico, ma rispetto ad obiettivi di reale rinnovamento amministrativo, o paragonata all’illustre modello francese (dell’öcole Nazionale d’Administration307), presenta un disegno regolamentare largamente incompleto.

Infatti, la Scuola “prima maniera” è collegata direttamente al centro più alto (differendo, dunque, delle precedenti scuole di formazione, incardinate in singoli settori della pubblica amministrazione); la formazione è rivolta ai funzionari con mansioni subordinate (e non ai “vertici” dell’amministrazione); i corsi di formazione sono di breve durata e distribuiscono incentivi molto limitati (titoli di merito per future promozioni); gli insegnanti vengono sia da settori interessati, che dall’esterno; pur essendo previsti metodi teorici e applicazioni pratiche, i tipi di insegnamento rimangono teorico-legalistici e scarsamente economici e manageriali; non sono previste finalità di reclutamento e, quindi, la Scuola non si rivolge a soggetti esterni alle pubbliche amministrazioni.

Con una tale configurazione, gli ambiziosi obiettivi di rinnovamento, sottesi alla riforma annunciata, finirono per svuotarsi nella realtà. La Scuola, infatti, finì per occuparsi esclusivamente di corsi per funzionari già in carriera, per archi temporali molto brevi. L’assenza di modificazioni sui meccanismi di reclutamento e alcuni difetti della disciplina sulla formazione

307 Su tali aspetti, nell’ambito della medesima ricerca su «L’impatto della Scuola sulla dirigenza dello Stato», si v. lo studio condotto da L. Saltari, Formazione e selezione

dei dirigenti pubblici nell’ordinamento statale, negli ordinamenti regionali e negli altri stati.

impedirono alla Scuola di costituire un reale fattore di rottura rispetto al passato.

Per un verso, nonostante fosse incardinata presso la Presidenza del Consiglio, l’istituzione non riuscì ad imporsi rispetto a tutte le amministrazioni. Di fatto, i ministeri maggiori – considerando l’ampia platea alla quale i corsi si rivolgevano e la brevità degli stessi - mandavano poco personale per la formazione. In poco meno di dieci anni (dal 1962 al 1971), i partecipanti ai corsi direttivi della Scuola superiore sono stati 2.370, distribuiti in 26 corsi (di regola 3 all’anno). Inoltre, dopo un picco iniziale di partecipazione (nel 63-64 il numero degli allievi – dopo i 147 iscritti del primo anno, distribuiti su 2 corsi - è stato di 371) si è avuto un trend calate e, pur in presenza di limitate oscillazioni, il numero dei partecipanti si è attestato sotto le 300 unità (330 nel 64-65; 212 nel 65-66; 265 nel 66-67; 284 nel 67-68; 204 nel 68-69; 248 nel 69-70; 229 nel 70-71).

Per l’altro, rimanendo inalterato il meccanismo di reclutamento – operato, in maniera autonoma, dai singoli ministeri – anche la formazione finiva per rimanere prevalentemente on job. Tra l’altro, se l’esito favorevole degli esami presso la Scuola costituiva titolo per conseguire la promozione, l’esito sfavorevole non aveva alcuna conseguenza. Per cui, la gerarchia e la carriera, rafforzate dal legame tra progressione economica e promozione, accentuavano la chiusura dei ministeri ad interventi esterni in quanto la formazione era interamente nelle mani della dirigenza amministrativa, così come la carriera. In sostanza, la formazione costituiva parte della carriera.

Il primo modello di Scuola, dunque, è poco ambizioso e produce un limitato apporto formativo extra job da parte della Scuola: corsi brevi, rivolti ad una platea troppo ampia, prevalentemente giuridici, con scarsi incentivi alla partecipazione e, di conseguenza, al superamento. Se il disegno politico è quello di rinnovare gli apparati pubblici partendo dalla formazione del personale, la traduzione legislativa di tali intenti è ancora largamente carente e poco mirata.