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Le finalità delle grandi scuole tra evoluzioni normative e prassi amministrativa

L'evoluzione dei modelli di reclutamento e formazione della Scuola superiore della pubblica amministrazione

1. Le finalità delle grandi scuole tra evoluzioni normative e prassi amministrativa

dei pubblici dipendenti prima dell’istituzione della Scuola superiore della pubblica amministrazione. – 4. La prima Sspa: un disegno incompleto (1957-72). – 5. La Sspa pigliatutto, ma solo sulla carta (1972-84). - 6. Il corso concorso per “interni” e la formazione senza incentivi (1984-93). – 7. Le tre edizioni del corso-concorso a cavallo del nuovo secolo (1993-2002). – 8. La Sspa oggi tra continuità e innovazione. - 9. Tendenze evolutive dei modelli di reclutamento e formazione della Sspa.

1. Le finalità delle grandi scuole tra evoluzioni normative e prassi amministrativa

Nata nel 1957 sulla scia dell’öcole Nazionale d’Administration francese, la Scuola superiore della pubblica amministrazione ha cambiato molte volte pelle, svolgendo attività di formazione nei confronti di diverse generazioni di dipendenti amministrativi di rango più elevato. In mezzo secolo di esistenza, i modelli di formazione e reclutamento della Scuola – apparenti e reali – sono di vario tipo.

In generale, i diversi modelli possono essere classificati – oltre che considerando i principali esempi stranieri292 - con riferimento alla distanza dal paradigma formativo che precede la creazione della Scuola e, di conseguenza, con le finalità perseguite dalla disciplina normativa sull’istituzione in esame. Per una valutazione critica, poi, è opportuno integrare l’analisi riferendosi anche ai percorsi alternativi che – parallelamente al contingente modello di formazione e reclutamento della Scuola - permettono di raggiungere, nella sostanza, i medesimi risultati. In tale dimensione, interna e esterna, limiti e soluzioni generali auspicabili – tendenzialmente riconosciuti - sono meno problematici dell’individuazione degli strumenti adeguati per raggiungere una determinata finalità normativa, onde evitare un’eterogenesi dei fini (anche se, non sempre, le normative hanno un chiaro e univoco obiettivo da raggiungere).

Sono due, dunque, gli aspetti generali da avere a riferimento. In primo luogo, il corollario di fondo alla base della grandi scuole – e ciò vale per la

292 Su tali aspetti, nell’ambito della medesima ricerca su «L’impatto della Scuola sulla dirigenza dello Stato», si v. lo studio condotto da L. Saltari, Formazione e selezione dei

nostra Scuola superiore della pubblica amministrazione - è legato all’insufficienza del “learning by doing”, per cui la classe dirigente pubblica non si deve preparare (esclusivamente) all’interno dell’amministrazione, ma con un’apposita attività formativa. Infatti, nel settore pubblico la formazione professionale è tradizionalmente affidata all’apprendimento sul campo293. Questo approccio, tipico del modello burocratico, produce riflessi negativi ai fini dello sviluppo della specializzazione e della flessibilità delle prestazioni lavorative, nonchè delle capacità del lavoratore di corrispondere alle esigenze del cambiamento294.

In secondo luogo, la creazione di una scuola per l’alta burocrazia, però, non è suscettibile di rimediare automaticamente ai difetti della formazione on job. L’attività di insegnamento, infatti, può essere di vario tipo e integrare scopi differenti.295 Complessivamente, le finalità perseguibili con l’attività formativa possono essere di due tipi296. La prima di adeguamento al posto di lavoro. La seconda di cambiamento della pubblica amministrazione. Tale ultima finalità, poi, si può scomporre in due accezioni: riforma nel senso di riportare l’amministrazione al passo della società, come ammodernamento del settore pubblico (addestrare i funzionari ai nuovi compiti dell’amministrazione e alla comprensione delle trasformazioni sociali in atto, sviluppando, ad esempio, capacità manageriali); oppure tendere alla configurazione di amministrazioni con ruolo trainante in funzione di motore dello sviluppo economico e sociale (contribuendo, di conseguenza, allo sviluppo delle aree del Paese sottosviluppate, o facendo si che i dirigenti escano dalla p.a. per recarsi nei gangli vitali del paese)297. Tali opposte visioni, come si vedrà, implicano un

293 La concezione che la formazione fosse preferibile svolgerla on job è stata prevalente, tra il 1750 e il 1950, in diversi paesi europei, J.A. Armstrong, The european administrative

élite, Princeton, 1973.

294A. Natalini, La formazione professionale, in S. Cassese, Trattato di diritto

amministrativo, pt. spec., Giuffrè, Milano, 2003, p. 1283.

295 A tale proposito, le scomposizioni operabili possono essere svariate a seconda delle caratteristiche osservate e della prospettiva di fondo adottata. Considerando diversi criteri, ad esempio, la formazione può essere: scolare o professionale; permanente o temporanea; generale o settoriale; teorica o pratica; di formazione, perfezionamento o aggiornamento; integrativa o sostitutiva dell’attività formativa delle amministrazioni; connessa o meno all’accesso e/o alla carriera, ecc.

296 Sulle finalità della formazione, si v. S. Cassese, A che cosa serve la formazione

dei dipendenti pubblici, in Politica del diritto, n. 3, 1989, p. 432.

297

Esemplificativamente, considerando i criteri elencati in precedenza, la prima finalità (adeguamento al posto di lavoro) potrà raggiungersi con una formazione (professionale) prevalentemente pratica e teorico-legalistica, indirizzata a singoli comparti amministrativi, di durata medio-breve e non necessariamente collegata al reclutamento; la seconda, invece, dovrà coniugare teoria e pratica, estendersi dal diritto alle altre scienze dell’amministrazione, avere una durata adeguata, avvalersi di una pluralità di metodi di apprendimento e indirizzarsi ai “migliori”, premiandoli con incentivi adeguati. In un caso, infatti, si tratta di insegnare una specifica professione, integrandola possibilmente con insegnamenti teorici generali; nell’altro, invece, si va al di là della mera riproduzione di

modello di scuola più o meno contiguo alle amministrazioni, tradizionali formatori dei vertici, anche in termini di rapporti di forza.

La creazione di una grande scuola è volta, dunque, a rimediare all’insufficiente approccio della formazione sul campo e, possibilmente, a rinnovare – oltre che far funzionare – il settore pubblico. Nell’accezione più virtuosa, la formazione deve contribuire ad assegnare un ruolo propulsivo allo Stato e muovere significativamente verso la civilitation étatique298, soprattutto nelle aree sottosviluppate. Ciò presuppone un’inversione di tendenza rispetto alla costante della storia amministrativa italiana (e non solo), secondo la quale la formazione “all’interno” ha un ruolo preponderante per raggiungere i vertici dell’amministrazione, oltre che un’ampia attribuzione di responsabilità alla dirigenza e un’accentuazione dello spirito di corpo e della tecnicità della loro azione299. Per cui – per quanto rileva per la tematica affrontata in questo scritto - appare opportuno predisporre un sistema formativo capace, appunto, di formare e non solo informare e far si che i più bravi – indipendentemente dall’età, dall’appartenenza all’amministrazione o anzianità in essa e dai rapporti con la politica – possano accedere (e/o fare una veloce carriera) ai vertici. Come può desumersi da quanto detto, formazione e reclutamento sono aspetti strettamente collegati.

Di conseguenza, il raggiungimento degli scopi indicati si sostanzia in una serie di elementi regolamentari di dettaglio, suscettibili di integrare il disegno di fondo perseguito con le discipline sulla Scuola. Per un verso, disposizioni di principio, o flebili linee di riforma, sono insufficienti a differenziare i modelli; per l’altro, di conseguenza, il raggiungimento di un determinato risultato non dipende solo dall’impianto normativo, ma soprattutto dall’effettiva implementazione amministrativa, inevitabilmente connessa all’impianto amministrativo generale all’interno del quale la specifica riforma andrà a calarsi. Per cui, ad esempio, non è detto che la previsione di una scuola con funzioni di reclutamento e formazione insieme, in assenza di determinate caratterizzazioni, sia suscettibile di creare un’élite amministrativa. Inoltre, il mancato raggiungimento dello scopo di un

insegnamenti consolidati o dalla simulazione della routine amministrativa, per percorrere – quantomeno in prospettiva - sentieri amministrativi inesplorati. Nel secondo caso, dunque, è fondamentale un certo livello di sperimentazione, in funzione di (non semplice) previsione delle tendenze e necessità delle amministrazioni pubbliche (concepite come soggetti che perseguono interessi pubblici).

298 S. Cassese, I caratteri originari della storia amministrativa italiana, in Le carte e

la storia, n. 1/1999, p. 10.

299 Per un verso, così, si produce una forte tensione non rispetto alla contingente domanda di interventi pubblici, ma rispetto a quella che può ricavarsi da modelli ottimali; per l’altro, una forte élite amministrativa deve sapersi differenziare dal corpo politico e non divenirne un mero cliente-esecutore. Tali acute osservazioni sono state formulate da S. Cassese, Formazione dei pubblici dipendenti e riforma amministrativa, in Riv. trim. dir.

determinato corso formativo non dipende necessariamente (solamente) dai limiti di quest’ultimo, ma spesso dalle caratteristiche dell’amministrazione e dalla conformazione gerarchizzata della carriera (che, poi, di fatto, impediscono il raggiungimento delle finalità normative generali). Il problema di fondo, dunque, è legato ad una decisa volontà politica di rinnovamento e ad una corretta configurazione dei “costi” e “benefici” dell’attività formativa.