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PARTE QUARTA

6. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

6.a La caverna mediatica-tecnologica: spunti

E' fondamentale ricordare che "giudicare è un atto di giustizia; e significa: un giudice che sia tale per designazione della comunità anteriormente al fatto che si tratta di giudicare; un processo, nel quale l'incolpato abbia modo di conoscere l’accusa, di difendersi, si difenda e sia difeso; una legge, la quale stabilisca esattamente l’illecito da punirsi; e una pena esattamente proporzionata all'illecito, che la legge prevede"163. Tutto questo complesso di garanzie è il processo.

Bisogna tenere sempre, strettamente, a mente questo zoccolo duro di regole

162 DE CUPIS, op. cit., loc. ult. cit.

fondamentali, per non cadere nella tentazione di diventare “la folla della caverna”, e ciò vale, forse anche di più, anche se si tratti di una “caverna mediatica-tecnologica”, fatta di strumenti tanto facilmente ed altamente diffondibili quanto pericolosi. Dalle risultanze emerse dalle testimonianze raccolte, rimane viva l’idea che sia bene utilizzare simili strumenti sempre cum grano salis, tenendo presente che si tratta della vita e della dignità di persone che si trovano al centro di un processo mediatico, e non perdendo mai di vista l’obiettivo di servire il popolo fornendogli una corretta informazione, scevra, possibilmente, da qualsiasi distorsione spettacolarizzata e sensazionalista.

6.b Il corretto rapporto tra stampa e istituzioni

Per poter tentare l’impresa di una depurazione del giornalismo d’inchiesta, sano e necessario in tutte le democrazie, dal giornalismo parassitario, che altro non è se non disinformazione spettacolarizzata, l’unica via percorribile appare essere quella di un corretto rapporto tra stampa e Istituzioni.

Sotto tale profilo vengono in rilievo numerose vie agevolmente percorribili.

Si potrebbe auspicare la libertà dei giornalisti di riferire e commentare liberamente il funzionamento del sistema giudiziario penale, con le sole limitazioni che impongono alcuni fondamentali principi164:

164 Principi esplicitati dalla Raccomandazione, approvata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa il 10 luglio 2003, (R(2003)13) relativa all’informazione fornita dai media rispetto ai procedimenti penali.

a) il necessario rispetto del diritto ad un equo processo, di cui costituisce parte integrante il principio di non colpevolezza; da qui l’esigenza che informazioni su procedimenti penali in corso dovrebbero essere diffuse con tutte le cautele che il rispetto del principio impone;

b) l’accuratezza delle informazioni: si impone, al riguardo, che le autorità giudiziarie e di polizia forniscano ai mezzi di informazione solo notizie precedentemente verificate;

c) le autorità giudiziarie dovrebbero informare tutti i mezzi di informazione, senza discriminazioni, sui passi più importanti compiuti in rapporto a procedimenti penali di interesse pubblico;

d) salva la disponibilità di altri strumenti, chiunque sia stato oggetto di notizie inesatte o diffamatorie su mezzi di comunicazione in rapporto a procedimenti penali dovrebbe avere diritto di rettifica o di replica, nei confronti dei mezzi di informazione interessati;

e) in rapporto a procedimenti penali, specie se siano coinvolti giurati o giudici popolari, si dovrebbe evitare di fornire informazioni che comportino il rischio di pregiudicare la correttezza del processo; l’imputato che provi che sia stato leso il suo diritto all’equo processo dovrebbe, di conseguenza, disporre di uno strumento giuridico efficace;

a vantaggio di soggetti che abbiano definitivamente espiato la propria pena.

6.c "I processi mediatici" e il rischio della deriva dell'informazione

Il processo penale è spettacolo. Basti pensare al successo ormai quasi trentennale della trasmissione televisiva Mediaset “Forum”, in cui l’aula, il giudice e la sua sentenza tengono incollato il pubblico allo schermo con un’attenzione particolarmente elevata, stando agli indici di ascolto. Si tratta, tuttavia, solo di un esempio di quanto il processo, penale soprattutto, sia un momento molto importante per la società, tanto da trasformare alcuni dei casi in esso trattati in veri e propri fatti mediatici, al punto da suscitare lo svolgimento di approfondimenti, dibattiti e, talvolta, persino di “indagini televisive autonome” di più o meno vasta portata.

Del resto, il procedimento penale è anche un “evento sociale”: è il momento dell’applicazione pratica della sanzione per un determinato reato, la concretizzazione della norma scritta in termini altamente specifici in un atto concreto, che ha reale impatto sulla vita del soggetto accusato. La punizione per la norma morale violata rappresenta, poi, un’occasione di grande attenzione nei confronti dell’istituzione giudiziaria e della sua condotta, un monitoraggio che non lascia spazio ad errori o a zone d’ombra sui fatti accaduti.

La richiesta di trasparenza sulla condotta degli inquirenti comporta anche una sempre maggiore richiesta di informazioni, alla quale, gli organi di informazione tentano di

rispondere con ogni mezzo possibile, lecito o meno. Il risultato è un insieme estremamente eterogeneo di notizie legalmente pervenute oppure provenienti da fonti confidenziali e riguardanti atti destinati a rimanere segreti fino al termine delle indagini che viene proposto al pubblico senza particolari filtri di sorta e affiancato da innumerevoli interpretazioni giornalistiche o di cosiddetti “esperti”. Il passo dal semplice (e legittimo) dibattito sui fatti di interesse pubblico al processo mediatico è breve e rischioso, la deriva di dare credito ai soli fatti raccontati dai mass media e considerare un eventuale verdetto contrario pronunciato in Tribunale come ingiusto o sbagliato non si prospetta così lontana. Ovviamente, gli inquirenti non sono estranei a questo fenomeno; anzi, spesso sono gli stessi magistrati a fornire informazioni alla stampa e molto spesso tali dichiarazioni non sono certo favorevoli al soggetto accusato o imputato di un determinato reato, forse con l’intento di avvalorare la tesi della pubblica accusa anche tra le fila dell’opinione pubblica. Non mancano chiaramente i casi in cui la presunzione di innocenza di un accusato si sia rivelata corretta, ritorcendo contro la stessa magistratura il “circo mediatico” creatosi, con non poco imbarazzo, non poche polemiche e non poche accuse di una giustizia difettosa, pesante e mal funzionante; ma l’effetto del giudizio aprioristico pronunciato da mass media e opinione pubblica è spesso più forte e rimane attaccato al soggetto innocente come un marchio di disonore, oltretutto assolutamente infondato.

Si è visto come il segreto investigativo ed il divieto di pubblicazione apposto a determinati atti anche dopo la fine delle indagini preliminari abbiano lo scopo di

proteggere non solo il libero convincimento del giudice, la corretta formazione della prova in dibattimento ma anche, in qualche misura, la sfera di riservatezza dei soggetti coinvolti. Resta da chiedersi se il rispetto di tutto l’impianto normativo riesca anche ad arginare l’attuale – e certamente - scorretta tendenza a celebrare i processi in studi televisivi o sulle pagine dei giornali . Provocatoriamente, si potrebbe affermare che il rispetto della tutela apposta dal segreto sposti soltanto il momento in cui si potrà dare il via alle speculazioni giornalistiche, ma nella pratica non è proprio così. Innanzitutto, gli atti coperti da segreto investigativo non sono automaticamente tutelati in toto dal divieto di pubblicazione successivo al termine delle indagini preliminari, infatti il divieto di divulgazione è prolungato solo per determinati atti e per particolari ragioni di interesse della giustizia, ma la restante documentazione è ora disponibile per la diffusione a mezzo stampa. Di contro, però, la sanzione per la violazione del divieto è una contravvenzione di polizia di entità estremamente lieve, un rischio percorribile senza troppe remore da un qualsiasi giornalista alla ricerca di una notizia con cui anticipare la concorrenza; per non parlare dell’inesistenza di una vera e propria norma che sanzioni l’individuo che riveli un determinato atto destinato a rimanere segreto, a meno che questi non ricopra la carica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio, “relegando” il giornalista a mero correo, qualora si riuscisse a provare la connessione tra i due soggetti in questione.

Allo stato attuale, quindi, l’impianto normativo vigente non appare adeguato a tutelare le garanzie per cui è stato preposto, ma se questo venisse rispettato alla lettera

un importante risultato potrebbe essere raggiunto: mantenere la completa riservatezza sulla delicata fase delle indagini preliminari. La rovina dell’informazione giornalistica non è l’accesa discussione attorno ai procedimenti penali ed agli avvenimenti ad essi correlati, ma è l’utilizzo di frammenti di notizie recuperate da fonti più o meno attendibili e spesso di parte, che non consentono la formazione di un dibattito realmente costruttivo. Attendere che si concludano le indagini, venga formulato un capo di imputazione e le prove vengano assunte in dibattimento tramite il contraddittorio, fase processuale che si ricorda essere sempre aperta al pubblico, salvo casi eccezionali, permetterebbe a mass media e pubblico di avere realmente tutti gli elementi in mano per poter impostare una critica utile sull’operato delle istituzioni giudiziarie e di lasciare che gli individui si formino autonomamente una propria idea sui fatti oggetto di discussione. Per mantenere il riferimento ai programmi televisivi più noti e longevi del panorama italiano, lo scopo è di presentare ad ogni cittadino sui casi di maggiore rilevanza per la società la struttura caratteristica e trasparente dell’aula di Tribunale di Un giorno in pretura.

CONCLUSIONI

L’idea che lo Stato conservi nei suoi archivi dei documenti segreti non fa pensare immediatamente che si parli di un sistema democratico.

In realtà, abbiamo visto, la necessità di mantenere il riserbo su determinati atti è insita proprio nella natura delle istituzioni democratiche, al fine di garantire ai cittadini che queste operino senza interferenze esterne e meccanismi complessi, quale è la giustizia

penale, possano fare il loro corso, a vantaggio finale dell’intera comunità.

Di contro, la libertà di informazione è una delle espressioni principali della democrazia e, come tale, deve essere proprio lo Stato a garantirla ai cittadini. Un concetto che decisamente mal si accompagna all’idea di una segretezza protetta proprio dalle stesse istituzioni.

Per questo motivo, non si fa fatica a immaginare il rapporto tra segreto investigativo e diritto di cronaca come uno scontro più che una convivenza pacifica di diritti. Eppure, come è emerso in queste pagine, il bilanciamento tra questi due diritti è fondamentale, se non necessario, per garantire al cittadino il rispetto di tutti gli aspetti della sua vita personale e sociale e assicurare, al contempo, il buon andamento della giustizia.

Il segreto investigativo trova le sue ragioni nella garanzia per la persona che si trova coinvolta in un procedimento penale nell’avere davanti a sé un giudice che non abbia pregiudizi di sorta sulla decisione da prendere derivanti da fonti e opinioni esterne e che egli valuti solo ed esclusivamente in base alle prove presentate in dibattimento, di cui non aveva alcuna conoscenza prima del contraddittorio tra le parti. In questo senso, la trasparenza della giustizia, tanto auspicata e richiesta dall’opinione pubblica, non ha motivo di ritenersi infranta ed anzi si esprime proprio nel passaggio dalla fine delle indagini preliminari all’inizio del dibattimento in cui interviene un giudice, che sia monocratico o collegiale, completamente nuovo nel procedimento e per questo estraneo alla fase di accertamento e raccolta delle prove. Se rispettato, il segreto

investigativo facilita inoltre il compito assunto dai mass media nella società moderna di monitorare le istituzioni e vigilare che in esse non si verifichino anomalie o irregolarità.

Il primo passo per il rispetto della norma deve essere quindi compiuto dall’interno delle stesse istituzioni, non può avvenire alcuna fuga di notizie destinate a rimanere segrete se i pubblici ufficiali e tutti coloro che hanno contatto con tali dati in ragione del servizio ricoperto mantengono il cordone di riservatezza stabilito dalla legge. La pubblicazione di atti di un procedimento non ha luogo, infatti, se degli stessi atti non viene messo a conoscenza alcun soggetto che abbia poi mezzi e potenzialità per divulgarli al pubblico. Ma la semplice rivelazione di un atto ad un terzo soggetto estraneo al procedimento, per quanto configuri ugualmente una grave violazione del segreto investigativo, da sola non ha la portata lesiva che ha invece quando questa è seguita dalla pubblicazione degli atti in questione a mezzo stampa, condotta imputabile quasi in toto alla figura del giornalista professionista, il quale ha tutto l’interesse professionale a che l’informazione ricevuta per via confidenziale si trasformi in una notizia di particolare rilevanza. La normativa vigente, però, destina alla violazione del divieto di pubblicazione, cosiddetto “esterno”, una sanzione estremamente ridotta, tanto da rubricarla come contravvenzione di polizia: un’ammenda calcolata nell’importo compreso tra i 51 euro e i 258 euro. Con un rischio così lieve da correre e la difficoltà con cui, spesso, viene avviato un procedimento per tale reato, qualsiasi buon giornalista può ritenere di continuare con

l’attività senza per questo subire particolare danno e praticamente nessun biasimo, in nome del diritto di cronaca.

Il malcostume di violare sistematicamente il segreto investigativo per assicurarsi notizie in anteprima mette in pericolo le garanzie al cittadino e distorce la realtà dei fatti; infatti buona parte dei documenti coperti da segreto sono prove a carico dell’accusato, o dell’imputato se la fase delle indagini preliminari si è già chiusa, e pertanto non definiscono un quadro completo dei fatti oggetto del procedimento. Per concludere, le parole di Ettore Gallo, conclusive di un articolo pubblicato sulla rivista Diritto penale e processo riassumono efficacemente l’intento del segreto investigativo, ancora una volta senza nulla togliere al sacrosanto diritto di cronaca:

«Informare il pubblico di atti e notizie che la legge o il magistrato hanno secretato nell’interesse della giustizia, significa dare un notevole contributo alla delinquenza grande e piccola che è messa così in condizione di vanificare la giustizia, a seconda dei casi dandosi alla fuga, evitando le comunicazioni telefoniche, inquinando le prove della colpevolezza, riducendo al silenzio testimoni mediante intimidazione etc. …, mentre il resto della comunità non perde nulla del suo diritto ad essere informata se conoscerà i retroscena con qualche settimana di ritardo: perché di questo alla fine si tratta; mentre gli altri valori rischiano di essere definitivamente perduti se la delinquenza potrà farsi beffe della giustizia continuando liberamente ad insidiare i cittadini onesti».165

165 E. GALLO, Nuove ipotesi accusatorie per i giornalisti che violano il segreto investigativo, in Dir. Pen. e processo, 1997, 4, pag. 492.

RINGRAZIAMENTI

E' arrivata forse la parte più difficile da scrivere, quanto meno dal punto di vista emotivo, ma non posso certo esimermi dal farlo perchè tengo troppo a nominare ogni persona che mi ha accompagnata in questo cammino universitario.

su questo percorso, sicuramente difficile e impegnativo, dove non sono mancati momenti di sconforto, ma ad oggi con il raggiungimento di questo traguardo, mi sento di poter dire che è stato ovviamente un periodo formativo, non solo nel senso più classico del termine, ma anche dal punto di vista caratteriale. Questa esperienza mi ha permesso infatti di confrontarmi con tante persone, dai miei colleghi ai professori, rendendomi una persona diversa, cresciuta e più matura. A chi mi dovesse domandare se rifarei tutto non posso che rispondere sì, perchè le soddisfazioni sono tante e l'emozione che si prova quando si arriva alla fine è unica, gratificante e ripaga di tutte le fatiche.

Detto questo, voglio iniziare ringraziando la mia relatrice, la Professoressa Valentina Bonini, perchè non solo in Lei ho trovato una professionista preparata, attenta e competente, ma anche una persona con grande lato umano e una profonda sensibilità, capace di compredere appieno ogni situazione, qualità che oggi si fatica non poco a trovare nelle persone che ci stanno intorno.

Un immenso grazie ai miei genitori, non solo per gli sforzi economici, ma anche e soprattutto perchè mi hanno sempre supportato (anche sopportato) durante la preparazione di tutti gli esami, incoraggiandomi e facendomi sentire sempre in grado di poter affrontare ogni difficoltà.

Grazie mamma per avermi ascoltata attentamente durante i ripassi degli esami, per avermi consigliata e per essere rimasta accanto a me estate e inverno.

adrenalina e grazie per le tue massime, come "non basta desiderare bisogna volere ardentemente" che non posso negare mi innervosivano un po' prima di un esame, ma che poi ho imparato ad apprezzare e che oggi ripeto a me stessa di fronte a degli ostacoli. Vi ringrazio perchè anche nei momenti più bui, non è mancata occasione nella quale mi abbiate dimostrato il vostro amore e spero di essere stata abbastanza capace nel saperlo contraccambiare, non potevo chiedere genitori migliori.

Grazie Edoardo, il fratello più dolce e bello, (sì, forse sono di parte) per i tuoi sorrisi e i tuoi abbracci che hanno illuminato anche le giornate più cupe.

Un grazie alla mia nonna per aver sempre fatto il tifo per me e per non avermi mai chiesto la data degli esami, aspettando trepidante una mia telefonata.

Grazie al mio fidanzato Ivan, per aver sopportato il mio nervosismo durante la preparazione degli esami, per avermi tranquillizzata e per avermi accompagnata a Pisa nei giorni cruciali, ma soprattutto grazie per guardarmi sempre con gli occhi dell'amore.

Grazie a Luciana e Piero che considero come nonni, dimostrazione del fatto che non serve un legame di sangue per volersi bene.

Ringrazio Livio, il mio Adorato, perchè in lui non ho trovato solo un amico con la A maiuscola, ma anche un confidente, un compagno di avventure e di risate, che ha saputo dimostrarmi in più occasioni il suo affetto.

contare. Con loro in questi anni ho costruito tanti ricordi, spero di continuare a costruirne di nuovi.

Grazie a Federica ottima amica, nonchè ottima cuoca, il che non guasta mai!

Infine un pensiero a mio nonno Alfredo che avrei tanto voluto accanto in questo giorno speciale. Spero però ovunque si trovi che mi stia guardando e che possa essere fiero di me.

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