Il sistema Melan, inizialmente apprezzato per l’elevata capacità portante, successivamente si rivelò vantaggioso soprattutto per gli aspetti tecnologici riguardanti le operazioni in situ. Il sistema Melan porta infatti a notevoli miglioramenti nell’economia e nell’organizzazione dei siti di costruzione:
• incremento del grado di prefabbricazione, e di conseguenza maggiore controllo in fase di produzione;
• riduzione dei costi di manodopera, data l’assenza del montaggio di centine;
• minore durata dei lavori in situ.
Il fatto che il sistema Melan, inventato in Europa, abbia avuto successo prima di tutto negli Stati Uniti, è dovuto alla carenza di norme costruttive al riguardo in Europa. Il paese europeo in cui il sistema Melan ha avuto più successo è la Spagna, e ciò è dovuto sia all’elevato costo del legno da
costruzione in Spagna in quel periodo (che nei ponti ad arco non di tipo Melan è necessario per la costruzione della centina) — a differenza degli altri paesi europei — sia alle capacità imprenditoriali e amministrative di Ribera.
del calcestruzzo
2.1
Viscosità nel metodo Melan per i ponti
Nel progetto del Ponte di Mezzo a Pisa, Krall riuscì ad utilizzare il me- todo Melan contenendo i costi (altrimenti proibitivi), sfruttando le doti di riadattabilità dei calcestruzzi giovani dovute agli scorrimenti viscosi. Ridusse così di 2/3 — rispetto al metodo Spangenberg — la quantità di acciaio da carpenteria per l’armatura Melan, comunque aumentando l’area delle barre di armatura per raggiungere la voluta capacità resistente in opera. Infat- ti, evitando di far trascorrere più di 5–6 giorni tra una fase di getto e la successiva, considerò le ripartizioni dei carichi in fase esecutiva tra le varie membrature, dovute alla viscosità del calcestruzzo giovane.
Il metodo Melan si era ormai diffuso nella variante proposta da Span- genberg, di cui si è parlato al § 1.2.4: la prassi di zavorrare l’arco metallico con un carico equivalente a quello del calcestruzzo, rimuovendo le zavorre man mano che si procede con il getto, constringe a sovradimensionare gli elementi metallici compressi generando un eccessivo aumento di costo. Le centine Melan, in fase di declino, incominciarono nuovamente ad essere uti- lizzate proprio grazie a Krall e alla costruzione del Ponte di Mezzo [14]: lo sfruttamento dell’aspetto viscoso del calcestruzzo gli consentì di evitare la za- vorratura, senza considerare l’incremento di tensioni nel calcestruzzo dovuto alla presollecitazione involontaria delle sezioni gettate per prime, confidando nella capacità del calcestruzzo di ripartire uniformemente le sollecitazioni tra le parti gettate in fasi distinte.
Krall scriveva infatti [5]: «con il tempo le cose vanno come se n fosse ben superiore a 10 o 15, e ciò perché il calcestruzzo, per viscosità, scorre sul ferro d’armatura e si scarica su questo come fosse n = 40 o pressapoco» dove n è ovviamente il rapporto tra i moduli elastici dell’acciaio e del calcestruzzo:
n = Es Ec
Calcolò dunque un valore virtuale n∗ del coefficiente di omogeneizzazione —
da potersi assumere in riferimento ai carichi permanenti — in funzione del tempo t a partire dal 28◦ giorno di getto. Dette A
s e Ac rispettivamente le
aree delle sezioni di acciaio e di calcestruzzo: n∗(t) = n 1 + α 1 − e
−β t 1 + AsAcn [1 + α (1 − e−β t)]
nella quale α ' 3, β ' 1 e t è espresso in anni. Dopo qualche anno dal disarmo si può porre con sufficiente approssimazione t = ∞, dunque si ha:
n∗∞ = n 1 + α 1 + AsAc n (1 + α)
per cui, supponendo che l’area di acciaio sia circa pari all’1% dell’area di calcestruzzo (As = 0,01 Ac) e posto n = 15:
n∗ = 37,5
Nonostante tale valore così elevato potesse destare qualche preoccupazione — dato il carico eccessivo gravante sull’acciaio —, Krall sosteneva che «non è il caso; il ferro imprigionato nel calcestruzzo è capace di lavorare assai bene, (gli sforzi di aderenza si debbono riferire non all’n∗ ma sempre all’n = 15) e
se sforzato troppo, sempre nelle condizioni che si considerano, può, attraverso la valvola della plasticità (annullamento praticamente improvviso del modulo di elasticità, quando σ supera un certo limite σp) ridare al calcestruzzo quei
carichi che non può sopportare».
2.1.1
Conseguenze della variazione del coefficiente di
omogeneizzazione
Allo scopo di chiarire il ragionamento effettuato da Krall ed esposto al paragrafo precedente, si consideri una trave in cemento armato ordinario soggetta a sforzo normale baricentrico N applicato all’istante t0 [14]. In tale
istante il comportamento della trave è elastico; detti N∗
c la quota di N che
impegna il calcestruzzo e N∗
s quella che impegna l’acciaio, si possono scrivere
l’equazione di equilibrio e i legami costitutivi: N = Nc∗ + Ns∗ ∗c = N ∗ c EcAc ∗s = N ∗ s EsAs
La condizione di congruenza ∗ c = ∗s impone che Nc∗ EcAc = N ∗ s EsAs = N EcAc+ EsAs da cui si ottiene: Nc∗ = N 1 + EsEcAsAc = N 1 + n µ Ns∗ = N − Nc∗ = n µ 1 + n µN avendo posto n = Es/Ec e µ = As/Ac. Dunque si ha:
Ns∗ N∗ c
= n µ = nAs Ac
Al tempo t > tc si ha, secondo il modello invecchiante di Whitney
utilizzato da Krall: c(t) = Nc(t) EcAc + α EcAc Z t t0 Nc(τ ) e−β τ dτ
mentre per l’acciaio si trascura la deformazione viscosa (data l’entità molto minore e la velocità molto maggiore rispetto al calcestruzzo):
s(t) =
N − Nc(t)
EsAs
Imponendo la congruenza si ottiene: Nc(t) 1 EcAc + 1 EsAs + α EcAc Z t t0 Nc(τ ) e−β τdτ = N EsAs e derivando rispetto a t: dNc dt + γ α Nc(t) e −β t = 0 dove γ = n µ/(1 + n µ). Da questa si ricava:
Nc= C e γ α
β e −β t
nella quale C si ottiene dalla condizione al contorno N = N∗
c per t = t0:
Nc = Nc∗e
Quando t = ∞: Nc ∞ = Nc∗e −γ αβ e−β t0 Ns ∞ = N − Nc ∞ = N − N 1 + n µ e −γ α β e−β t0 per cui: Ns ∞ Nc ∞ = n µ 1 + n µ1 1 − e−γ αβ e−β t0 e−γ αβ e−β t0 = n∞µ
dove n∞ è il coefficiente di omogeneizzazione finale in regime viscoso. Se il
carico viene applicato subito a un calcestruzzo molto giovane, ovvero t0 = 0,
si ottiene il massimo valore di n∞:
n∞ 0 = n
1 + n µ1 1 − e−γ αβ
e−γ αβ
= n∞µ
Da quest’ultima si osserva che n∞ 0 = n per α = 0 e aumenta con α fino a
diventare n∞ 0 = ∞ per α = ∞; inoltre n∞ 0 aumenta all’aumentare sia di n
che di µ, anche se per quest’ultimo molto meno sensibilmente.
L’aumento del valore di n ha come conseguenza una riduzione delle solle- citazioni nel calcestruzzo e un aumento delle stesse nell’acciaio: questo non è un problema, dato che nel calcolo elastico a compressione semplice la crisi della sezione è condizionata dalla tensione ammissibile del calcestruzzo, non sfruttando a pieno la tensione ammissibile dell’acciaio. Per questo motivo adottando un valore di n basso alcuni preferivano utilizzare acciai di scarsa qualità in modo da riuscire, spendendo meno, a soddisfare le verifiche con la stessa facilità ma diminuendo la sicurezza della costruzione. Ciò spiega la tendenza dei produttori di acciai di qualità a far elevare il coefficiente n stabilito dalle norme (che infatti salì da 8 a 10 e poi da 10 a 15), dato che la viscosità giocava a loro favore [14].