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2.2 Sviluppi storici della meccanica visco-elastica

2.2.3 Modelli viscosi semplificati

A partire dalla fine degli anni ’20, con l’ingresso nella maturità della tecnica del cemento armato, si intensificano da parte degli sperimentatori le indagini sul comportamento del calcestruzzo sotto carichi di lunga dura- ta. Da questo ampio spettro di ricerche inizia ad emergere la complessità del comportamento ereditario: in particolare, appaiono evidenti l’influenza dell’età alla messa in carico — che riduce sia la deformazione iniziale che quella differita — e la capacità del materiale di dare luogo a deformazioni differite anche per età di messa in carico più elevate. Per contro, la defor- mazione viscosa complessiva (somma delle deformazioni iniziale e differita) sembra rispondere sufficientemente bene all’ipotesi di proporzionalità con gli sforzi applicati, ipotesi che appare ragionevole suggerire di assumere nelle analisi degli effetti strutturali. Si osserva anche l’influenza dell’ambiente di

Figura 2.1: Funzione viscosità nella teoria dell’invecchiamento

conservazione, che determina una riduzione della risposta viscosa al crescere dell’umidità.

Nonostante la constatazione a livello sperimentale di questa complessità nella risposta del materiale, gli studi sugli effetti strutturali si dirigono verso l’individuazione di modelli semplificati per la rappresentazione delle proprietà viscose del calcestruzzo. Infatti, sebbene i fondamenti della teoria ereditaria chiaramente espressi da Volterra due decenni prima — con l’individuazione dell’algoritmo integrale come strumento di base — fossero rimasti circoscritti essenzialmente agli ambienti scientifici della fisica matematica, inizia a farsi strada nel mondo degli ingegneri la percezione che una descrizione teori- ca accurata delle proprietà viscose del calcestruzzo rischierebbe di condurre a formulazioni matematiche eccessivamente complesse per le esigenze della tecnica, soprattutto per la soluzione dei problemi a deformazioni imposte.

I due modelli descritti di seguito definiscono i limiti entro i quali si colloca il reale comportamento reologico del calcestruzzo: il primo ne mette in luce il fenomeno dell’invecchiamento, il secondo il comportamento elastico differito.

Modello invecchiante

Le prove sperimentali di Glanville nel 1930 mostrano che mentre durante i primi mesi dopo l’applicazione del carico la deformazione viscosa, pur dimi- nuendo al crescere dell’età alla messa in carico, è piuttosto rapida, i successivi incrementi sembrano dipendere quasi solo dall’età del calcestruzzo, e non più dall’età di messa in carico. Tale osservazione, fatta propria da Whitney nel 1932, sta a significare che dopo un certo tempo dall’istante di applicazione della tensione le due curve di scorrimento di Figura 2.1a tendono a diventare quasi parallele, qualunque sia l’età di sollecitazione (ossia che la derivata di J (t, τ ) rispetto al tempo t non dipende da τ).

Estendendo in via approssimata l’ipotesi del parallelismo a tutta la durata del carico (Fig. 2.1b), ed ignorando al tempo stesso la variabilità con l’età del- la deformazione elastica iniziale, Glanville e Whitney pervengono alla formu- lazione della teoria dell’invecchiamento, caratterizzata da una funzione di viscosità del tipo rappresentato in Figura 2.1c avente l’espressione:

J (t, τ ) = 1

E + C(t) − C(τ ) (2.7)

L’equazione costitutiva corrispondente può essere allora scritta diretta- mente in forma differenziale — evitando la formulazione integrale di tipo ereditario — esprimendo la variazione di deformazione dovuta a una tensione variabile applicata nell’intervallo di tempo (t; t+dt) come:

d(t) = dσ(t)

E + σ(t) dC(t) (2.8)

nella quale il primo termine rappresenta la variazione elastica conseguente alla variazione di tensione e il secondo termine rappresenta la variazione viscosa dovuta a σ(t). L’impiego della (2.8) consente a Whitney di pervenire, nell’ambito del modello invecchiante, alla legge esponenziale di rilassamento:

σ(t) = σ(t0) e−E C(t) (2.9)

che dimostra — pur nell’imperfezione del modello, il quale sopravvaluta il fenomeno — la forte riduzione dello stato di tensione iniziale indotta dal com- portamento viscoso del materiale. Ciò conduce l’autore ad avanzare fondati dubbi sulla validità del procedimento di Freyssinet di correzione del regime statico mediante forzatura.

Tuttavia, la precoce visione di Whitney è offuscata dall’errore concet- tuale consistente nel ritenere che la viscosità del calcestruzzo sia in grado di modificare negli archi iperstatici anche il regime degli sforzi, valutati in campo elastico, conseguenti all’accorciamento d’asse indotto dai carichi per- manenti (salvo poi accorgersi sulla base di un calcolo, non ineccepibile ma efficace, della pratica inesistenza del fenomeno). Il principale difetto del- la (2.8), e quindi della teoria dell’invecchiamento, è quello di non essere in grado di rappresentare il comportamento elastico differito del calcestruzzo che sperimentalmente si iniziava a constatare, ossia la capacità del materiale di restituire allo scarico — oltre ad una deformazione immediata minore di quella iniziale — una quota parte differita della deformazione lenta, definita appunto “elasticità differita”. In altre parole, la teoria dell’invecchiamen- to considera la deformazione viscosa come equivalente a una deformazione plastica differita totalmente irreversibile.

In ogni caso, l’equazione differenziale di Glanville e Whitney troverà am- pia diffusione negli anni successivi nella letteratura tecnica: Dischinger nel 1937 la applicò nello studio di un’ampia casistica di problemi strutturali in campo viscoelastico negli archi e nelle strutture composte da travi. Il mo- dello invecchiante, utilizzato in via di prima approssimazione anche da altri autori negli anni successivi, e ancora nel dopoguerra (tra cui Krall — il qua- le amava dire che «il conglomerato ha una memoria d’acciaio» —, Levi e Leonhardt), è considerato oggi non essere più soddisfacente a rappresentare la complessità della risposta viscosa del materiale. Il suo successo è dovuto principalmente alla semplicità degli sviluppi matematici e alla buona appros- simazione nell’ambito dei problemi di calcolo strutturale, mentre nuclei più sofisticati trovano il loro limite nella difficoltà di determinare sperimental- mente i coefficienti viscosi e nell’impossibilità di conoscerli in tempo utile durante la realizzazione dell’opera.

Modello ad ereditarietà costante

Un’altra categoria di modelli semplificati per rappresentare le proprietà viscose del calcestruzzo sono i modelli reologici privi di invecchiamento, de- rivati dalla reologia classica riferita a materiali dotati di viscosità costante e risultanti da svariate possibili combinazioni di elementi meccanici ideali, quali molle e ammortizzatori viscosi dalle caratteristiche invariabili nel tem- po (Fig. 2.2). Proposti all’inizio degli anni ’40 per rappresentare le proprietà viscose del calcestruzzo nel loro complesso, essi sono in grado in realtà di mo- dellarne unicamente il comportamento elastico differito, pertanto si addicono solo a calcestruzzi di età elevata nei quali il fenomeno dell’invecchiamento si è ormai esaurito.

I diagrammi rappresentativi della funzione di viscosità (Fig. 2.2) non va- riano forma a seconda dell’età di messa in carico, ma dipendono solo dalla durata (t − τ) della sollecitazione. La corrispondente teoria è attualmente definita teoria dell’ereditarietà3 e verrà ripresa da diversi autori nel dopo-

guerra fino agli anni ’70, in associazione con alcuni artifici atti ad introdurre in via indiretta l’influenza dell’età sul comportamento del materiale.

3La teoria dell’ereditarietà per l’ereditarietà invariante rappresenta un caso particolare

della teoria dell’elasticità ereditaria di Volterra, nella quale il nucleo viscoso è funzione solo di (t − τ ). La teoria generale dell’elasticità ereditaria, al fine di evitare confusione, è spesso indicata anche come “teoria dell’ereditarietà e dell’invecchiamento”, in quanto contempla entrambi i fenomeni. Il caso dell’ereditarietà invariante era stato trattato da Volterra sotto la definizione di “ciclo chiuso”.

Figura 2.2: Teoria dell’ereditarietà: modelli reologici e funzione viscosità

2.2.4

Prime utilizzazioni dell’equazione integrale

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