• Non ci sono risultati.

DEGLI INVESTIMENTI INDUSTRIALI

6.6 Considerazioni finali

Negli ultimi anni si è notato un aumento di interesse sull'applicazione della teoria delle opzioni reali nel sistema decisionale del settore dell'energia. Come visto nella revisione della letteratura presentata, questa teoria è stata utilizzata sia nel campo dalla generazione, sia nella valutazione delle politiche energetiche finalizzate alla R&S. Questo fenomeno rivela che le parti interessate al settore dell'energia stanno gradualmente iniziando a considerare gli eventuali limiti delle tecniche di valutazione tradizionali, dato il potenziale della teoria delle opzioni reali.

Il settore delle RES sembra non fare eccezione e recentemente sono apparsi studi che usano la teoria delle opzioni reali, anche se questa particolare letteratura è ancora limitata.

I progetti in RES hanno caratteristiche particolari che comportano la necessità di utilizzare metodi di valutazione in grado di valutare il loro corretto valore, tenendo conto delle loro caratteristiche. Ovvero, questi progetti hanno elevati costi iniziali ed incertezze, dovute alla variabilità naturale delle fonti, ai possibili cambiamenti dei sistemi di sostegno degli investimenti ed al fatto che le loro curve di apprendimento sono molto ripide; quest’ultimo è sicuramente un fattore positivo perché è indice di progresso delle tecnologie, però potrebbe diventare un fattore rilevante nella scelta di un differimento degli investimenti.

Tenendo conto delle ragioni esposte, la teoria delle opzioni reali sembra essere un metodo di valutazione in grado di fornire una valutazione più realistica del valore di un progetto di investimento in RES.

Tuttavia, sembra esserci una mancanza di applicazione di tale tecnica in questo campo e, così gli autori spesso si ingegnano nella simulazione dell’applicazione. Le opzioni reali talvolta hanno prodotto risultati migliori rispetto ad altri criteri, ma non si ritiene che questo sia indice del raggiungimento della maturità del metodo.

Inoltre, per le migliori conoscenze degli autori, questa tecnica è stata raramente applicata alle RES che non siano energia eolica ed idroelettrica. Pertanto, lo sviluppo delle opzioni reali e delle metodologie in ulteriori RES come il fotovoltaico, le biomasse ed altre, potrebbe fornire una migliore conoscenza del loro corretto valore.

81

7. L’ENERGIA DA BIOMASSE

Le biomasse sono la prima forma di sfruttamento dell’energia solare. La fotosintesi clorofilliana genera biomasse e indirettamente sostiene tutta la vita terrestre. A causa delle molte forme che le biomasse prendono, questo tipo di energia rinnovabile risulta essere meno definito rispetto alle altre, nel senso che esistono molte tecnologie diverse che vanno sotto questo nome.

Le biomasse sono anche adatte, per l’assenza di discontinuità, alla cogenerazione; infatti il 60% degli impianti in funzione produce anche calore.

7.1 La risorsa

Per biomassa si intende ogni sostanza organica derivante direttamente o indirettamente dalla fotosintesi clorofilliana. Tale processo permette alle piante, durante la loro crescita, di convertire la CO2 atmosferica in materia organica. Così vengono fissate complessivamente circa 2·1011 tonnellate di carbonio all’anno, con un contenuto energetico equivalente a 70 miliardi di tonnellate di petrolio, circa sette volte il fabbisogno energetico mondiale del 2002, pari a 10,20 Gtep (poi aumentato fino all’attuale valore di 12,15 Gtep, dati IEA).

Il termine biomassa riunisce una grande quantità di materiali, di natura assai eterogenea. In forma generale si può dire che è biomassa tutto ciò che ha origine organica, con esclusione delle plastiche di origine petrolchimica ed ovviamente dei combustibili fossili.

Esempi di biomassa sono: i residui di coltivazione destinata all’alimentazione umana o animale, le piante espressamente coltivate per scopi energetici, i residui agroforestali, gli scarti dell’industria di trasformazione del legno (truccioli, segatura), gli scarti delle aziende zootecniche, gli scarti mercatali, alghe e colture acquatiche e la frazione urbana dei rifiuti solidi urbani. Tutti materiali utilizzabili a fini energetici sia direttamente come combustibili sia trasformandoli in sostanze (solide, liquide o gassose) più facilmente sfruttabili negli impianti di conversione.

Le principali applicazioni sono: produzione di energia (bioenergia), sintesi di carburanti (biocarburanti) e sintesi di prodotti (bioprodotti).

Le biomasse hanno una modesta densità energetica se paragonata a quella dei combustibili tradizionali.

Infatti, il potere calorifico inferiore riferito alla sostanza secca è in genere compreso tra 4.000 e 4.400 [kcal/kg] contro circa 10.000 [kcal/kg] del petrolio e 12.000 [kcal/kg] del gas naturale; inoltre bisogna tener conto che molto spesso il tenore di umidità delle biomasse è assai elevato (dal 30 al 50% in termini di peso), per cui specialmente nei processi di conversione termochimica come combustione, gasificazione e pirolisi, sono necessari adeguati pretrattamenti come l’essicazione per poterne sfruttare al meglio le qualità energetiche.

Le biomasse hanno origine dall’energia irradiata dal sole che, attraverso il processo di fotosintesi clorofilliana, trasforma la struttura molecolare dell’anidride carbonica e di altri elementi, e produce la materia organica delle piante.

L’energia annuale irradiata dal sole sul nostro pianeta è di circa 11,6 ·106 Mtep e il rendimento di conversione a livello globale è dello 0,5÷0,7 %, per cui la produzione annuale di biomassa è stata stimata tra i 64.400 e gli 83.600 Mtep.

In Tabella 7.1.1 viene riportato il potenziale energetico dei principali combustibili tradizionali e delle biomasse più comuni.

Università degli Studi di Padova – Dipartimento di Ingegneria Elettrica Marco Tarabotti

82

Tabella 7.1.1 - Potere calorifico inferiore dei principali combustibili.

Fonte: Rapporto GSE biomasse, febbraio 2011.

Per completezza, il potere calorifico inferiore relativo alla sostanza secca dei rifiuti solidi urbani è 2.500 Kcal/kg39.

39

83 7.2 Stato della ricerca

Le biomasse hanno già risolto due dei principali problemi delle energie rinnovabili: la discontinuità dell’energia e lo stoccaggio. Infatti, l’energia viene convertita con un processo interrompibile e stoccata sotto forma di materiale vegetale od organico di vario tipo.

Da questo sistema di immagazzinamento nasce il principale ostacolo all’uso della biomassa: il materiale vegetale, per diventare energia fruibile per gli uomini, deve avere una forma adeguata. Ci riferiamo alla trasformazione delle biomasse in solidi (come i pellet), liquidi (come i biocarburanti) o gas. Questa è l’esigenza principale che si cerca di risolvere con la ricerca sulle biomasse.

Il problema è avere a disposizione una fonte semplice da stoccare, trasportare e bruciare. A questa esigenza si riconducono le ricerche che ancora si fanno per migliorare molti processi come gasificazione, alcoolisi, fermentazione.

A questo filone si può ricondurre anche la ricerca che si fa per semplificare la logistica, come per i macchinari di raccolta del legno e trasformazione in una passata.

Altra debolezza della biomassa è la limitata capacità di conversione dell’energia solare. La ricerca genetica ha notevoli possibilità di cambiare i processi e le efficienze di conversione delle biomasse. Un’operazione di ricerca e sviluppo è stata fatta sui pioppi (fonte: www.zeroemission.eu, La genomica viene in aiuto dei biocarburanti), variando il codice genetico favorendo raccolti abbondanti (maggiore resistenza ad agenti esterni ed adattabilità), aumentare la velocità di crescita, favorire il processo di conversione (per la produzione di etanolo).

Nella preparazione del biodiesel si stanno studiando sistemi di produzione dell’olio, che sfruttano alghe in vasche in cui viene pompata CO2. In questo modo ci sono speranze di incrementare di più di 10 volte la produzione di olio.

Per migliorare il rendimento, si studiano sistemi per trattare i fumi in modo da recuperare il calore e diminuire gli inquinanti. Sempre per aumentare il rendimento finale del ciclo, si utilizzano cogeneratori a biomassa, che sfruttano la possibilità di usare localmente il calore di scarto del ciclo di produzione dell’energia elettrica.

Anche il contesto economico sociale pone problemi allo sviluppo delle biomasse. La prevalenza delle aziende di piccole e piccolissime dimensioni (in Europa ma soprattutto in Italia) risulta essere uno dei maggiori limiti.

In genere, il costo di approvvigionamento della materia prima incide per circa il 45% sul costo totale della produzione di energia. Per le colture energetiche dedicate questo costo varia da 30 a 60 €/t di sostanza secca ed include coltivazione, raccolta, stoccaggio e trasporto.

Secondo Itabia (Associazione Italiana Biomasse) la cifra potrebbe essere dimezzata a patto di migliorare le pratiche agronomiche ed incrementare la produttività delle colture. L’attuale livello medio di 10-15 tonnellate per ettaro all’anno si sostanza secca potrebbe arrivare a 20-25 tramite una forte riorganizzazione aziendale.

Ulteriori settori di ricerca sono in via di sviluppo da parte di diversi enti, per esempio l’associazione americana di ricerca nelle biomasse (BERA, Biomass Energy Research Association).

Università degli Studi di Padova – Dipartimento di Ingegneria Elettrica Marco Tarabotti

84