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COMPOSIZIONE CHIMICA DEI MINERAL

8.2 Duomi e inclusi magmatici post-caldera

8.2.2.2 Considerazioni geobarometriche

Sulla base delle composizioni dei microliti e micro-fenocristalli di clinopirosseno, è stata tentata una valutazione geobarometrica utilizzando il geobarometro messo a punto da Nimis & Ulmer (1998), nella sua versione aggiornata, disponibile gratuitamente in rete. Questo geobarometro, è applicabile a cristalli di clinopirosseno che cristallizzano da un liquido basaltico, nell’intervallo tra 0-24 kbar, con un errore sul risultato fornito, stimato a 1.7 kbar (Nimis, 1999, 2000). Le condizioni di sperimentazione sono state calibrate per un’ampia varietà di valori di fO2 e assemblaggi mineralogici (clinopirosseno ± ortpirosseno ± Pigeonite ± Olivina ± Plagioclasio ± Spinello ± Magnetite ± Anfibolo ± Ilmenite).

Il geobarometro, stabilisce una relazione tra pressione e composizione chimica del clinopirosseno, in quanto, in un contesto magmatico, quest’ultima è fortemente dipendente dalla prima. Si tratta di un metodo che necessita dell’analisi composizionale, degli elementi maggiori del clinopirosseno, unitamente ad una informazione sulla temperatura supposta per il sistema in esame. Quest’ultima indicazione è trascurabile per magmi di origine tholeitica, in condizioni anidre. Tuttavia, negli altri casi, una sottostima di circa 20° nel valore di temperatura imposto si propaga in un aumento di circa 1 kbar per le pressioni calcolate.

Tra i minerali analizzati sono stati scelti i microliti e i micro-fenocristalli. Questo perché si tratta di fasi che presumibilmente cristallizzano al momento (i microliti in particolare) dell’interazione tra il magma degli inclusi e quello dei duomi. Ciò, con lo scopo di ottenere, possibilmente, indicazioni sulla pressione di cristallizzazione al momento dell’interazione, in modo da poter stabilire la profondità alla quale avviene questo processo.

I risultati di questa analisi hanno fornito pressioni variabili da 1.4-1.7 kbar, per i microliti sia del duomo che degli inclusi, mentre alcuni micro-fenocristalli di duomo forniscono valori di pressione più alti variabili da 4.2 a 5.0 kbar.

Nel primo caso, i risultati ottenuti dalle composizioni dei microliti, dovrebbero fornire le condizioni di cristallizzazione finali, cioè poco precedenti la messa in posto del magma, ma rientrano nel margine di errore fornito da Nimis (2000). In ogni caso, le pressioni ottenute forniscono indicazioni sulla profondità di cristallizzazione, intorno a 4-5 km,. In un contesto vulcanico, tipo quello di Nisyros, dove si presume la presenza di una camera magmatica relativamente superficiale (Seymour & Vlassopoulos, 1989), un errore di 1.7 kbar costituisce un’incertezza abbastanza ampia, al limite con la possibile risoluzione. Le pressioni ottenute sulla base delle composizioni dei micro-fenocristalli, al contrario, indicano profondità di cristallizzazione variabili da 12 a 15 km, compatibili con condizioni di camera magmatica o condotti profondi. Ciò indicherebbe che il magma da cui si originano gli inclusi, inizia a differenziarsi anche precedentemente all’interazione con la rio-dacite dei duomi, che avviene a livelli più superficiali.

8.2.3 Minerali opachi

Gli ossidi rappresentano un fase caratteristica di tutti i campioni analizzati, sia di duomi che di incluso. Questa fase mineralogica si presenta prevalentemente come microlito o micro-fenocristallo, isolati e più o meno omogeneamente distribuiti all’interno del campione, oppure associati alle fasi femiche.

I cristalli analizzati sono prevalentemente titano-magnetiti, con un contenuto di ulvospinello che varia da un massimo di 30% fino a un minimo di 4-5%, per due microliti di magnetite quasi pura, appartenenti ai sistemi di Nifios e Boriatico. Complessivamente, comunque, la maggior parte delle titano-magnetiti mostra un contenuto medio di ulvosipinello pari a 25%. Subordinatamente si osservano anche ilmeniti, con una percentuale variabile da 72% a 82% di ilmenite. (Fig. 8.12).

Figura 8.12: diagramma di classificazione composizionale degli ossidi (a) e variazione del contenuto di ulvospinello e di ilmenite nei cristalli analizzati (b). Colori: Trapesina= arancio; Nifios= nero; Karaviotis= fuxia; Boriatico= blu. Le bande alternate grigie e bianche servono ad identificare i diversi campioni analizzati (sigle riportate per ogni campione).

Il contenuto di ulvospinello appare leggermente inferiore nei microliti analizzati all’interno dei duomi rispetto ai relativi inclusi. Il sistema duomo-inclusi di Boriatico, insieme ad un unico micro-fenocristallo del duomo Nifios, è quello che presenta il contenuto inferiore di ulvospinello, nei microliti analizzati.

Dagli andamenti di correlazione tra Al, Mg e Mn (a.p.f.u.) con la percentuale di ulvospinello, si osserva che non ci sono variazioni molto evidenti, né tendenze particolari. I micro-fenocristalli degli inclusi del sistema Karaviotis, mostrano un lieve impoverimento in Mg a.p.f.u. e Mn a.p.f.u., insieme ad un leggero arricchimento in Al a.p.f.u. La presenza di magnetite è indicativa di un ambiente di alta fugacità di ossigeno e relativamente basse temperature, tuttavia la presenza di ilmenite indica una fugacità di ossigeno comunque non troppo elevata.

Anche in questo caso, la coesistenza di coppie magnetite-ilmenite all’interno di un unico campione, ha permesso di applicare il geobarometro-geofugometro di Ghiorso & Carmichael (1981). Le coppie sono state scelte secondo un criterio di equilibrio, cercando di selezionare quei cristalli che per habitus e posizione all’interno della sezione potevano apparire cogenetici. Queste coppie riguardano esclusivamente il sistema Karaviotis, sia per la porzione di duomo che quella degli inclusi.

I risultati ottenuti forniscono valori di temperatura di 781-766°C per il duomo, con fugacità di ossigeno di log fO2 -12.85 - -13.17; l’altra coppia fornisce invece temperature di 845° C per il sistema inclusi, con fugacità di ossigeno di -11.42 (fig. 8.13).

0.25 0.50 0.75 1.00 0.25 0.50 0.75 1.00 0.25 0.50 0.75 1.00 TiO2 Magnetite Ulvospinello Ilmenite Ematite Micro-fenocristallo Microlito 10 20 30 40 50 60 70 80 90 10 20 30 40 50 60 70 80 90 Ilm % Ul v% FeO Fe O2 3 NIS264b NIS267b NIS286a NIS278b NIS278a NIS283 NIS288 NIS327a NIS310b Micro-fenocristallo Microlito NIS304b

a

b

Figura 8.13: diagramma logfO2 vs T per le

coppie magnetite-ilmenite analizzate all’interno del duomo e di un incluso di Karaviotis. I due punti rappresentativi dei risultati ottenuti per il duomo si riferiscono a due diverse coppie magnetite-ilmenite. Curve come in figura 8.5.

Le temperature ottenute indicano una differenza di circa 100° tra il sistema duomo e quello inclusi.

Considerando che gli ossidi utilizzati per questo calcolo termometrico sono microliti, è plausibile pensare che possano aver cristallizzato in un momento in cui i due magmi (mafico degli inclusi e più evoluto dei duomi) sono ormai entrati in contatto, in una fase di poco precedente o contemporanea alla messa in posto. Questo spiegherebbe la piccola differenza di temperatura tra i due liquidi, in particolare spiegherebbe la temperatura relativamente bassa dei magmi più mafici degli inclusi: probabilmente in questo momento l’incluso era già formato all’interno del magma e di conseguenza aveva già perso parte del calore iniziale.

Come per il sistema dell’Upper Pumice, i risultati ottenuti si collocano al di sopra del tampone NNO di almeno un punto logaritmico, indicando quindi anche in questo caso un ambiente relativamente ossidante, ma di più alta temperatura rispetto al precedente.

8.2.4 Anfibolo

L’anfibolo, rappresenta uno dei componenti principali degli inclusi magmatici, insieme al plagioclasio, con il quale costituisce la massa di fondo microcristallina; è invece raro e di probabile provenienza esterna, all’interno dei duomi. Principalmente questa fase si presenta come microliti o micro-fenocristalli, di forma più o meno allungata.

Le analisi condotte riguardano esclusivamente cristalli di anfibolo appartenenti agli inclusi. Il sistema Sterna non è rappresentato in quanto, nelle sezioni analizzate, la fase ad anfibolo presenta una ossidazione pervasiva, che oblitera totalmente il cristallo. Dal punto di vista composizionale si tratta di anfibolo calcico, classificabile, sulla base delle indicazioni fornite dalla IMA1978-1997, come magnesio-orneblende e orneblende- tschermakitiche (fig. 8.14).

La maggior parte dei cristalli di anfibolo analizzati, sono microliti e micro-fenocristalli, con una composizione omogenea interamente compresa tra valori di Mg# variabili da 0.7-0.8 e Si da 5.8 a 6.3 a.p.f.u. Tuttavia, negli inclusi di Profitis Elias, Trapesina e Karaviotis si osserva una maggiore variabilità rispetto agli altri, con composizioni di alcuni cristalli fino

700 750 800 850 900 950 1000 1050 1100 1150 1200 -26 -24 -22 -20 -18 -16 -14 -12 -10 -8 -6 -4 -2 lo g fO 2 T K IW WCO FMQ NNO MH

a valori di Mg# di 0.6 e contenuti in Si di 7.2 a.p.f.u., con punti rappresentativi che cadono anche nel campo delle magnesio-orneblende. I due sistemi di inclusi, dove invece, si hanno le composizioni più omogenee, sono quelli di Nifios e Boriatico. Quest’ultimo è interamente compreso tra valori di Mg# da 0.7 a 0.8. La maggior parte degli anfiboli appartenenti agli inclusi di Karaviotis e alcuni di Trapesina, presentano, invece, i massimi valori Mg# rilevati all’interno della popolazione dei cristalli analizzati.

Figura 8.14: diagramma classificativo Si a.p.f.u. vs Mg# (=Mg/(Mg+Fe), IMA1978- 1997.

Confrontando il valore di Mg# con il rapporto Fe3+(Fe3++Fe2+), si osserva che molti microliti degli inclusi di Karaviotis e Trapesina, con i più alti Mg#, e alcuni di Boriatico, presentano valori del rapporto Fe3+(Fe3++Fe2+) pari a 1 (fig.8.15).

Figura 8.15: variazione del rapporto

Fe3+/(Fe3++Fe2+) in funzione di Mg#

Questa caratteristica indica un basso contenuto di Fe2+, all’interno della struttura del minerale, a favore di Fe3+, tale evidenza, è indicativa di un processo di ossidazione del ferro, che porta ad un aumento di Fe3+ all’interno della struttura del minerale a discapito di Fe2+, imputabili a condizioni di più alta fO

2 nel magma che ha generato questi inclusi, e da cui è cristallizzato l’anfibolo. Condizioni di alta fO2 sono caratteristiche di orneblende tchermakitiche in quanto è favorita la cosiddetta sostituzione tchermakitica, tra Fe e Mg,

5.6 5.8 6.0 6.2 6.4 6.6 6.8 7.0 7.2 7.4 7.6 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1.0 Ferro-tschermakite Si a.f.u. M g /( M g + F e ) Tschermakite Magnesio horneblende Ferro-horneblenda A c ti n o lit e microlito nucleo microlito bordo fenocristallo nucleo fenocristallo bordo micro-fenocristallo nucleo micro-fenocristallo bordo cripto-cristallo fo2 evoluzione 1.0 0.8 0.6 0.4 0.2 0.0 0.60 0.65 0.70 0.75 0.80 Fe3+/(Fe3++Fe2+) M g #

all’interno della struttura del minerale. Un più spinto processo di ossidazione dell’anfibolo, porta ad una variazione della composizione verso termini con un più alto contenuto di ferro ferrico, ovvero verso l’oxyorneblenda. Ciò spiegherebbe l’osservazione di cristalli di anfibolo marcatamente bruni, all’interno dei campioni studiati e anche la presenza di bordi opacitici di reazione, più o meno sviluppati in funzione dello stadio di avanzamento del processo. Questa caratteristica è molto comune nell’anfibolo degli inclusi di Nisyros e, talvolta, si sviluppa in una spinta ossidazione dei bordi, con vera e propria cristallizzazione di microliti di ossidi. Effetti simili sono diffusamente documentati in ambienti e condizioni di questo tipo (es. Dietrich et al., 1998) e possono essere attribuiti all’instaurarsi di condizioni più ossidanti, successivamente alla cristallizzazione del minerale opaco, nel corso della risalita o anche in fase sin-eruttiva, di messa in posto e raffreddamento del magma, anche a causa della penetrazione di fluidi idrotermali, in una fase tardiva di cristallizzazione. Ciò è possibile anche in considerazione della capacità di questi minerali di cambiare la loro composizione chimica, anche successivamente la formazione del cristallo (Dietrich et al. 1998).

Sulla base dell’Mg# si osserva che i cristalli di anfibolo analizzati, presentano zonature prevalentemente normali, occasionalmente inverse.

Più significativa appare la variazione di alluminio. Il contenuto di alluminio nell’anfibolo è un parametro importante, in quanto fortemente controllato dalle condizioni e dalle variazioni di pressione, nel sistema in cui gli anfiboli stanno cristallizzando. Per questo motivo, la concentrazione dell’alluminio nell’anfibolo, viene ampiamente utilizzata per scopi geobarometrici.

Oltre al parametro pressione, il contenuto di allumino in un anfibolo è condizionato anche dall’attività della silice (che guida la sostituzione Si-AlIV), dalla temperatura (che guida la sostituzione Al-TiVI) e dalla fugacità di ossigeno (che guida invece la sostituzione di AlVI- Fe3+).

I cristalli analizzati mostrano un contenuto di Altot variabile da 1.05 a 2.5 a.p.f.u., con un unico microlito, appartenente a Profitis Elias, che presenta contenuti molto bassi <1 a.p.f.u. (fig.8.16).

Osservando la variazione di Altot all’interno dei singoli sistemi di incluso, si osserva che la variabilità maggiore e meno sistematica, si ritrova nei cristalli di anfibolo degli inclusi di Trapesina. Questi cristalli mostrano nuclei con contenuti di alluminio tra i più bassi, fino a 1.8 a.p.f.u., con i bordi di microliti e fenocristalli che raggiungono valori di 1.1-1.2 a.p.f.u. Profitis Elias, mostra al contrario, contenuti di Altot tra i più alti registrati, con valori massimi intorno a 2.5 a.p.f.u. Inoltre, i cristalli appartenenti ai due diversi campioni analizzati, mostrano composizioni ben distinte tra di loro, ma piuttosto omogenee all’interno del campione stesso.

I cristalli di anfibolo di Karaviotis e Boriatico sono invece piuttosto omogenei, con un contenuto di Altot intermedio, intorno a 2.2 a.p.f.u. e una leggera variabilità tra quelli di Karaviotis tra 2.1-2.3 a.p.f.u.. Un unico cripto-cristallo registra un contenuto nettamente maggiore di Altot pari a circa 2.5 a.p.f.u. In questo senso, tutti i microliti di Karaviotis, mostrano zonature lievi, ma concordi con questo dato, con bordi tendenzialmente più ricchi in alluminio. Al contrario, i microliti zonati di Trapesina e Boriatico hanno prevalentemente bordi a più basso contenuto di alluminio (con zonature molto ampie per quelli di Trapesina). I micro-fenocristalli e i fenocrstalli possiedono generalmente nuclei con contenuti di Altot analoghi a quelli dei microliti, con bordi che invece presentano un comportamento variabile.

Figura 8.16: variazione del contenuto di Altot a.p.f.u. nei cristalli anfibolo appartenenti agli inclusi di Profitis

Elias, Trapesina, Nifios, Karaviotis e Boriatico. Il campo grigio indica cristalli analizzati all’interno di un micro- incluso disperso nella dacite del duomo.

L’andamento di alluminio in coordinazione tetraedrica (AlIV), ricalca ampiamente quello di Altot, mentre AlVI, presente in minori concentrazioni, presenta un comportamento più variabile. In particolare, confrontando la variazione di Altot con quella di AlVI è possibile osservare che, a parità di contenuti di Altot, alcuni microliti di Profitis Elias, Trapesina e Karaviotis, si distinguono per contenuti di AlVI>0.3 a.p.f.u., rispetto a tutti gli altri cristalli analizzati e in particolare rispetto a quelli degli inclusi di Boriatico e Nifios, che rimangono invece costantemente con contenuti di AlVI<0.28 a.p.f.u.

Na e Ti mostrano concentrazioni piuttosto omogenee all’interno della popolazione di cristalli analizzati, fatta eccezione per alcuni punti rappresentativi di microliti o bordi di micro-fenocristalli che mostrano un ampia variabilità. Questi casi corrispondono a quei cristalli che presentano minori Mg# e Altot rispetto alla maggioranza della popolazione analizzata. E’ noto che il Ti presenta un comportamento sensibile alla temperatura, entrando più facilmente nell’anfibolo a temperature più alte (Anderson, 1980; Raase, 1974; Helz, 1973); l’assenza di una variazione di questo elemento, all’interno della maggior parte dei minerali analizzati, potrebbe quindi far pensare a condizioni di temperatura simili nei magmi mafici degli inclusi nei sistemi esaminati, relegando la piccola variazione di AlVI al ruolo svolto dalla fO

2. 1.0 1.2 1.4 1.6 1.8 2.0 2.2 2.4 2.6 1.0 1.2 1.4 1.6 1.8 2.0 2.2 2.4 2.6 1.0 1.2 1.4 1.6 1.8 2.0 2.2 2.4 2.6 1.0 1.2 1.4 1.6 1.8 2.0 2.2 2.4 2.6 Karaviotis

Al

tot Boriatico

Al

tot

Al

tot

Al

tot P ro fit is E lia s N ifio s Al2 O3 = 0 .3 1 w t% Trapesina

8.2.4.1 Considerazioni geobarometriche

Sulla base del contenuto in Altot, rilevato nei diversi cristalli analizzati, sono stati applicati tre diversi geobarometri: uno proposto da Hammarstrom & Zen (1986), uno elaborato da Anderson & Smith (1995), l’altro recentemente presentato da Ridolfi et al. (2008).

Il primo geobarometro è stato messo a punto sulla base di risultati empirici, per condizioni intrusive, di bassa e alta pressione, per rocce calco-alcaline, con una paragenesi costituita da plagioclasio, k-feldspato, quarzo, orneblenda, biotite, magnetite o ilmenite. Il metodo si basa su una relazione lineare tra Altot e pressioni, data dall’equazione

P = -3.92+5.03Altot con un errore di ±3 kbar.

Il secondo geobarometro, tiene conto dell’effetto della temperatura nel determinare il contenuto di allumino all’interno della struttura dell’anfibolo e stabilisce una relazione data dall’equazione

P = 4.76 Altot - 3.01 - ((T°C-675)/85)*(0.530 Altot + 0.0005294 (T°C-675)) con un errore di ±0.6 kbar.

Il terzo metodo, è stato realizzato, invece, per condizioni relativamente superficiali, per sistemi vulcanici con camere magmatiche anche superficiali, vincolando le condizioni di applicazione ad una paragenesi costituita essenzialmente da anfiboli e plagioclasi, temperature comprese tra 825-1000° C e ΔNNO da 0.4 a 2.2. Questo geobarometro utilizza una relazione tra Altot e pressioni data dall’equazione

P = 1.3701 Altot2 - 1.8457Altot + 1.6116 con un errore di ±0.6 kbar.

Sulla base di queste relazioni, in linea teorica, la composizione dei microliti di anfibolo, costituenti la massa di fondo degli inclusi, permetterebbe di individuare il livello di interazione tra i magmi degli inclusi con la rio-dacite dei duomi.

I dati ottenuti forniscono risultati piuttosto variabili, come valore assoluto, tra i diversi metodi, pur mostrando andamenti simili nel confronto tra i diversi gruppi di incluso. Con il primo metodo di Hammarstrom & Zen (1986) si hanno pressioni variabili da 1.8 kbar (per il nucleo di un microlito) a 8.6 kbar, con una concentrazione dei risultati intorno a 7 kbar; per il secondo metodo di Anderson & Smith (1995) si hanno invece valori di pressione variabili da 0.3 kbar a 4 kbar, con una media dei risultati intorno a 3 kbar; nel terzo caso, il metodo proposto da Ridolfi et al. (2008), fornisce stime variabili da 1.2 kbar a 5.5 kbar con una media di 4 kbar. Tra questi due ultimi metodi si ha una differenza nelle stime ottenute di circa 1 kbar. Tale differenza è probabilmente imputabile al contributo della temperatura, considerato dall’equazione di Anderson & Smith (1995). Questi geobarometri, forniscono profondità variabili da 9 km a 12 km, fino ai 21 km per il metodo di Hammarstrom & Zen (1986).

Per valutare questi risultati, devono essere fatte alcune considerazioni sui fattori che, oltre alla pressione, contribuiscono a far variare il contenuto di alluminio all’interno dell’anfibolo, come già anticipato.

L’attività della silice viene esclusa perché le composizioni dei magmi mafici non sono così diverse tra loro, in termini di grado evolutivo, la paragenesi si mantiene praticamente costante e quindi questo parametro dovrebbe essere omogeneo all’interno degli inclusi osservati.

Le leggere variazioni mostrate dal contenuto di Ti indicano che le variazioni di temperatura non influiscono sul contenuto di alluminio. L’applicazione di geotermometri (come quello di Holland & Blundy, 1994, e quello di Ghiorso & Carmichael, 1981) forniscono temperature piuttosto omogenee per i diversi inclusi, con variazioni nell’ordine dell’errore.

L’ultimo fattore che gioca un ruolo importante nel determinare il contenuto di alluminio è la fugacità di ossigeno. Differenti condizioni di fO2 possono condurre a cristallizzare anfiboli con contenuti di alluminio diversi a parità di condizioni di pressione e composizione del sistema. Basse fO2 in fatti possono portare ad una sovrastima della pressione calcolata pari al doppio o più. La variazione delle condizioni di fugacità di ossigeno spiegano la variabilità che si osserva nei risultati forniti dai bordi dei cristalli, relativi alle condizioni finali di cristallizzazione. Per questo motivo vengono esclusi, a fini interpretativi, le indicazioni di pressione ottenute per i bordi, concentrandosi invece sui risultati ottenuti per i nuclei.

A questo punto devono essere valutati i diversi metodi utilizzati, per discriminare quello più indicato, considerando le ampie differenze nei risultati ottenuti.

Il primo metodo, richiede effettivamente una paragenesi mineralogica, che agisca da tampone sulla composizione dell’anfibolo, che mal si accorda con quella osservata all’interno degli inclusi analizzati. Inoltre l’errore fornito dal calcolo sul risultato ottenuto è effettivamente troppo elevato per un ambiente relativamente superficiale come quello di Nisyros. Per questi motivi, questi risultati non vengono ritenuti validi.

Il secondo metodo, appare molto legato alla temperatura e una stima poco corretta di questo parametro può portare a variazioni nel valore di pressione ottenuto, anche di 2 kbar per 100° di differenza (Anderson & Smith, 1995), indipendentemente dal contenuto di alluminio.

Il terzo metodo, è stato elaborato in condizioni operative più simili al sistema considerato. Si riferisce ad un sistema vulcanico, e non intrusivo come i primi due, indica composizioni simili delle rocce studiate e una paragenesi analoga, dominata dalla presenza di anfibolo e plagioclasio. Tuttavia, il processo che porta alla formazione di questi cristalli è quello di una cristallizzazione in camera magmatica, moto diverso da quello che porta alla formazione degli inclusi osservati.

Queste considerazioni hanno portato alla conclusione che i geobarometri utilizzati, non permettano di ottenere un risultato, in valore assoluto, rappresentativo per il caso in esame: la pressione fornita dal geobarometro si riferisce a una pressione litostatica che probabilmente non è quella che agisce per gli inclusi del sistema considerato in questo lavoro, dove ciò che agisce e determina la cristallizzazione degli inclusi è la pressione dei fluidi.

Tuttavia, le variazioni relative tra i diversi gruppi di incluso, possono essere valutate se si esclude l’effetto della fugacità di ossigeno. Considerando i risultati geobarometrici per campioni con analogo valore del rapporto Fe3+/Fe3++Fe2+ (quindi presumibilmente a parità di condizioni di fO2) si osserva che gli inclusi di Profitis Elias indicano sempre condizioni di pressione maggiori rispetto agli altri inclusi dei diversi sistemi.

8.2.5 Plagioclasio

Il plagioclasio costituisce la fase di gran lunga più abbondante di tutto il sistema duomi-inclusi. Questa fase è presente in ogni campione osservato ed è rappresentativa di

tutte le classi dimensionali. Negli inclusi costituisce, insieme all’anfibolo, anche la massa