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CAPITOLO 1: Analisi di Hay que sonreír

1. Considerazioni preliminar

In questa sezione il mio interesse è volto a inserire il primo romanzo della Valenzuela, e allo stesso tempo la scrittrice stessa, all’interno del contesto culturale degli anni in cui si dedica ad esso, ovvero il periodo tra la fine degli anni Cinquanta e gli inizi dei Sessanta. Sono anni importanti per la formazione di un nuovo modo di far narrativa, che rivolge lo sguardo sia all’utopico che alla sconfitta dell’individuo, frustrato e assoggettato dalla realtà in cui vive. Gli scrittori di questa decade sperimentano una realtà che è da poco presente negli spazi letterari, quella urbanizzata delle grandi metropoli sudamericane; e se le realtà concrete non riescono a incasellare le frustrazioni dell’individuo, gli autori tentano con quelle immaginarie.

Un esempio di ciò è riscontrabile negli scritti di Juan Carlos Onetti, in particolare in La vida breve (1950). In questo romanzo Onetti si concentra sulla sofferenza e sulla frustrazione di Brausen, il protagonista, che, per sfuggire alla terribile realtà metropolitana, si rifugia nella sua

immaginazione. Con un nuovo nome e nella piccola città immaginaria di Santa María, il protagonista conduce la sua vita su una linea immaginaria tra realtà e fantasia che porterà, inevitabilmente, a un finale tragico. La stessa città immaginaria si ritrova in uno scritto posteriore, Juntacadáveres (1964), in cui l’interesse per la grande metropoli è accompagnato a quello verso figure emarginate dalla società come la prostituta. L’attenzione per questo soggetto non è nuovo; al contrario, la figura della prostituta ricopre un ampio spazio nella letteratura argentina di quegli anni, come già nel panorama letterario dei primi anni del Novecento. I romanzi naturalisti di quegli anni, come Juana Lucero (1902) di Augusto D'Halmar, Santa (1903) di Federico Gamboa e Nacha Regules (1919) di Manuel Gálvez offrono un quadro verista del postribolo e, come spiega Rodrigo Cánovas, il romanzo diventa così un “espejo enrevesado de la nación”, un’allegoria della nazione. Cánovas sottolinea, ancora, il modo in cui, tramite l’erotismo e i legami amorosi, i problemi etnici, ideologici, economici e regionali si risolvono in questo ambito postribolare50. In questo modo il postribolo diventa un modello in miniatura in cui si ricostruiscono, per analogia, gli spazi sociali sterili e regressivi51.

Lo spazio postribolare e la figura della prostituta sono presenti, seppur non occupando uno spazio ben definito, in scritti degli anni Sessanta: nel già citato Juntacadáveres (1964), in El lugar sin límites (1965) di José Donoso, in La casa verde (1966) di Mario Vargas Llosas e in altri. Nello scritto di Onetti il postribolo è un luogo utopico "al cual los

50

CÁNOVAS, Rodrigo, Sexualidad y cultura en la novela hispanoamericana. La alegoría del prostíbulo, Lom, Santiago de Chile, 2003, p.15

hombres acuden para recordar lo que se anheló52", e in cui gli uomini ritrovano un po’ della perduta felicità. Negli altri due scritti citati Cánovas nota come il postribolo sia “un escenario enigmático”, dove riflettere sulla marginalità, sui fondamenti dell’esistenza, e in cui analizzare i fallimenti umani. Sono opere che, tramite un linguaggio grottesco, che deforma corpo e anima per captare l’essenza stessa della realtà, forniscono attraverso il postribolo un’allegoria del bene e del male.

Linda Craig, in un suo saggio, nota come Onetti e Valenzuela propongano una visione differente della prostituzione. Ricollega quella presentata da Onetti al contesto sociale, inserita in una società fortemente cattolica e alla sua legalizzazione, altrettanto paradossale, a partire dal 1875.53 Ricorda, inoltre, come l’Argentina, agli inizi del Novecento, costituisse una delle principali nazioni in cui la prostituzione era in forte aumento. Questo fenomeno è riconducibile a due motivi principali: all’ondata migratoria, la cui forte componente maschile portò all’apertura di molti altri postriboli, e alla trata de las blancas, altro importante fatto del passato argentino, che consisteva nel traffico di donne europee per mano di gruppi criminali. Buenos Aires diventò inevitabilmente la città della prostituzione, dove le donne, perlopiù vergini, strappate via dalla proprie origini, erano costrette a vendere il proprio corpo e a soddisfare i clienti dei locali a luci rosse. Un altro dato da sottolineare, per comprendere il proliferare di opere sulla prostituzione, è

52

Ibid., p.70.

53

CRAIG, Linda in Gustavo San Roman, Onetti and Others: Comparative Essays on a Major Figure in Latin

la riapertura dei postriboli nel 195454 per mano di Juan Domingo Perón.

Il meretricio copre dunque un ruolo fondamentale nella storia dell’Argentina e risulta chiaro il motivo dell’interesse verso gli ambienti postribolari, sia nella letteratura di inizio Novecento che in quella degli anni Cinquanta - Sessanta.

In Hay que sonreír, si possono individuare due elementi riconducibili al panorama letterario degli anni Sessanta: sia l’interesse per la figura della prostituta, che pone l’attenzione sul modo in cui la sua posizione in una società maschilista influenzi gradualmente l’interiorità di questo personaggio, sia la presenza dei fallimenti e delle frustrazioni che l’essere umano inevitabilmente soffre in una realtà urbanizzata o in via di urbanizzazione.

La realtà metropolitana in questione è la città di Buenos Aires degli anni Quaranta, ricostruita a partire dai ricordi e dall’immaginazione della scrittrice. Valenzuela pone particolare attenzione ai bassifondi della città, e la sua scelta non è casuale. Spiega, infatti, in un’intervista:

“La ciudad y el cuerpo humano están muy emparentados. Los bajos fondos de una ciudad son como la parte oscura de cada uno, y a mí me interesa mucho explorar las zonas oscuras, los lugares tenebrosos a los que uno no puede evitar entrar, pero de los que no sale siendo el mismo. Tiene que explorarlos para aprender. A mí me resulta muy valioso

ese aprendizaje, y siempre quiero ver qué hay más allá55”.

Per la scrittrice l’individuo e la realtà circostante sono fortemente connessi: come concentra l’attenzione sull’interiorità dei suoi personaggi emarginati, allo stesso modo vuole indagare sulle zone più oscure e degradate della città. Per questo motivo percorre assieme alla protagonista i luoghi periferici a luci rosse de los arrabales del tango e molti altri luoghi tipicamente porteños, concepiti dal ricordo, dalla nostalgia e dallo spirito immaginativo della scrittrice. È interessante notare cosa percepisce la protagonista al primo contatto con la realtà metropolitana, così differente dal suo luogo d’origine:

“Pero al bajar la corta escalinata de la estación se encontró frente a una plaza cuadrada, inhóspita, con un monumento cuadrado, inhóspito, y gente en cantidad nunca vista corriendo por las anchas avenidas, respirando el humo de milliones de ómnibus, de colectivos, y los tranvías que tampoco había visto nunca chirriando en las curvas56”.

Uno scenario del tutto nuovo, frenetico e allo stesso tempo sconvolgente. Clara, ingenua e innocente ragazza di provincia, entra gradualmente a far parte di quella realtà urbanizzata, così diversa dalla sua Tres Lomas, nel cuore

55

FRIERA, Silvina, Entrevista a Luisa Valenzuela in Pagina12, 2011.

[http://www.pagina12.com.ar/diario/suplementos/espectaculos/4-6765-2007-06-26.html]

della Pampa, caldo paese fatto di polvere, che “era como arena, y traía algún recuerdo de ese mar tan, pero tan lejano57”. Lentamente la protagonista conosce la città e conosce se stessa dovendo, però, fare i conti con gli uomini di una società patriarcale. I suoi primi rapporti con le figure maschili e con la città la trasformano in uno dei personaggi mal visti dalla società e la portano ad intraprendere, quasi involontariamente, la strada della prostituzione. Il paradosso inevitabilmente si insinua in lei: una ragazza dall’animo così puro, candido e innocente si ritrova a vendere il suo corpo, alla mercé dei desideri maschili.

La società maschilista la priva della sua verginità, ma non del suo candore e del suo desiderio di continuare a cercare la felicità: rimarrà, nel corso del romanzo, una fervente sognatrice, sognando un amore, un matrimonio e una famiglia, senza però cadere mai nel sentimentalismo. La giungla urbana la fagocita, la priva di tutto, ma, allo stesso tempo, la fortifica e la trasforma da ingenua ragazza di provincia a donna sempre più cosciente di sé e del suo corpo. Tuttavia, per quanto provi assiduamente ad essere felice, ogni tentativo che fa si conclude in un totale fallimento, quasi come se fosse il suo destino.

Le figure maschili sono un chiaro ostacolo al suo obiettivo di felicità e sono, a mio avviso, l’emblema dei differenti fallimenti di vita sociale. Sono perlopiù soggetti frustrati e depressi, che riversano su Clara le proprie frustrazioni o manie di grandezza e che vedono in lei solo un oggetto, e non solo sessuale, con cui soddisfare i propri desideri e vizi.

Don Mario vuole farle da padre e da amante, dandole consigli su come prostituirsi e rimproverandola ogni qualvolta gli disobbedisca.

Carlos è un uomo debole, assoggettato al volere di sua moglie, che non manca di tradire con la stessa Clara. Per quanto voglia apparire onesto e interessato alla sua felicità, finirà anche lui per trattarla come un oggetto sessuale, incurante del suo malessere.

Toño Cruz è un contrabbandiere e un lenone che si appropria del corpo di Clara per arricchirsi e la priva persino dei suoi soldi, ritenendola incapace di gestire il denaro: “Si te dejo hacer lo que se te antoja vos te comprás mil chucherías sin pensar en ahorrar. Y bueno, yo pienso por vos [...]58”.

Víctor, invece, è un uomo megalomane, egocentrico ed egoista, preso da sé e dal suo stancante lavoro. Vede Clara come un oggetto che deve solo badare alle faccende di casa. Indifferente ai desideri e alle opinioni di Clara, le toglie la libertà di espressione e la zittisce ogni volta che tenta di dire la sua.

Infine, Alejandro, l’uomo che sposerà, è l’unico che riuscirà a vederla per quella che è: “Ella era volátil, sutíl, se le escurría sin que él pudiera retenerla59”. Crede che l’unico modo per dominarla e assoggettarla completamente a lui sia sposarla, trascinandola nella sua stessa degradazione. Sadico, alienato e insoddisfatto riversa su di lei le sue frustrazioni di uomo fallito, considerando Clara “materia dispuesta” alle sue sadiche torture.

58

Ibid., p. 44.

Clara, dal canto suo, per quanto possa apparire ingenua e a volte infantile, non sarà mai assoggettata completamente a nessuno e continuerà, fino alla fine, a lottare per la sua libertà, pur non ottenendola mai.

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