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1.6) LA CONTABILITÀ PER CENTRI DI COSTO 1.6.1) La logica di funzionamento del modello

La procedura di svolgimento della contabilità analitica per centri di costo, altro non è che un'articolazione del modello Full Costing sopra descritto. Essa viene solitamente utilizzata per ottenere una migliore applicazione del criterio funzionale-causale, sostanziandosi nei seguenti step:

29 A.Tullio, Analisi dei costi e contabilità industriale: Teoria e pratica del controllo di

1) Identificazione dei Centri di Costo

2) Imputazione dei fattori diretti agli oggetti di costo finali

3) Definizione degli elementi di costo indiretti da includere nel calcolo e allocazione degli stessi nei predefiniti Centri di Costo

4) Ribaltamento dei centri di costo intermedi sui centri finali e dei centri finali sui prodotti.

Il primo punto che concerne la progettazione del piano dei CdC svolge una funzione cruciale in tutto il modello e produce come output il piano dei centri i costo.

I CdC possono essere classificati secondo i due seguenti criteri:

Criterio gerarchico: in tale ottica il focus è il procedimento di calcolo del

costo e i Cdc sono distinti in centri di costo intermedi e centri di costo finali. I primi rappresentano un aggregato di costi indiretti che verranno attribuiti (ribaltati) sui centri finali, i secondi invece saranno attribuiti all'oggetto di costo finale.

Criterio funzionale: tale logica porta a distinguere i Cdc in base alla natura

dell'attività svolta, avendo quindi come focus il processo produttivo e le attività che contraddistinguono tali unità. Pertanto si individuano i seguenti raggruppamenti:

 Centri Produttivi: Trasformano gli input in output per il clienti finale

 Centri Ausiliari: Erogano servizi di supporto ai centri produttivi

 Centri di comuni o di struttura: Erogano servizi di supporto a tutta

l'azienda quindi sia ai centri produttivi che a quelli ausiliari

Si evince come la fase di definizione del piano dei CdC abbia un'importanza cruciale per il funzionamento del modello, tant'è che al variare della

quantità,del numero, o del rapporto dei centri individuati, varierà anche l'informazione e dunque la significatività dell'informazione di costo che ne deriva.

Qui sotto sono riportati i criteri da seguire nella definizione del piano:

1. Omogeneità delle operazioni compiute nel Cdc

2. Omogeneità dei fattori produttivi adottati 3. Significatività delle spese sostenute

4. Possibilità di identificare un responsabile del centro

Tali suggerimenti risultano utili per implementare il modello, tuttavia è bene sottolineare come, in contabilità analitica non sia possibile definire un modello migliore di un altro, tanto meno definire un modello ottimale cui le aziende dovrebbero tendere, questo è conseguenza delle differenze intrinseche che caratterizzano le aziende, differenze che si sostanziano in processi diversi e dunque in costi emergenti differenti, è per questo che il vero punto di partenza per l'implementazione di un modello, è la definizione degli scopi conoscitivi presenti, ricordando che da obiettivi informativi diversi, promanano metodi e strumenti di costing diversi.

La fase successiva concerne la localizzazione delle risorse nei CdC individuati, ovvero nella quantificazione del costo dei fattori produttivi impiegati da ciascun centro, per l'adempimento delle sue mansioni. Risulta necessario a tal scopo disporre di talune informazioni quali30:

 i centri nei quali le risorse umane svolgono la loro attività

 la localizzazione degli impianti

 i centri che utilizzano determinate attrezzature

 i prelievi dei materiali di consumo da parte dei singoli centri

30 Paola Miolo Vitali, Strumenti per l'analisi dei costi approfondimenti di Cost Accounting,terza edizione, Giappichelli Editore, Torino 2010

 le rimanenze di semilavorati in ogni centro

 valori sulle altre risorse eventualmente impiegate

Le informazioni riportate qui sopra consentono in realtà di rispondere alle due fasi del modello ovvero all'attribuzione dei costi diretti e indiretti nei relativi centri e dunque, contestualmente, le relazioni di scambio tra i diversi centri intermedi e finali.

La logica dei ribaltamenti è analoga a quella su presentata nel modello full costing base unica ; si sostanzia nell'individuazione di un cost driver definito come il movente del costo.

Dal cost driver si costruisce un coefficiente di ripartizione tramite il rapporto tra il totale dei costi del centro e la q totale del cost driver, a questo punto si scarica l'ammontare del cdc intermedio su quelli finali considerando la quantità di cost driver consumata da questi ultimi.

Nel caso di ribaltamento dei centri di costo finali sui prodotti, la procedura è analoga, individuando però la quantità di fattore produttivo o driver, consumata dall'oggetto di costo finale.

1.6.2) La capacità produttiva e il potenziale informativo

Nel seguente paragrafo viene analizzato il potenziale informativo che promana dall'implementazione del modello dei centri di costo, e ci si sofferma su alcune considerazioni che riguardano la capacità produttiva, dunque le modalità di attribuzione delle risorse ai prodotti in un ottica di rispetto del principio funzionale.

La capacità produttiva è rappresentata “ dalla quantità massima o potenziale di output che può essere prodotta in un certo periodo”31 .

Inoltre si possono distinguere differenti dimensioni di capacità produttiva32: 1) Capacità produttiva teorica

2) Capacità produttiva pratica 3) Capacità produttiva normale 4) Capacità produttiva di budget

5) capacità produttiva attuale o consuntiva

La capacità teorica rappresenta il massimo output raggiungibile in condizioni di produzione ideale, senza tenere conto dei normali rallentamenti che si possono presentare durante il ciclo produttivo.

La capacità pratica invece in termini di output presenta un valore più basso, proprio perchè tiene conto di riduzioni dovute a interruzioni conseguenti a manutenzioni, riparazioni, riattrezzaggi, ragioni normative, ritardi di fornitura ecc...

La capacità normale considera la domanda media di mercato in un periodo di tempo sufficientemente esteso tale da escludere le fluttuazioni imputabili alle stagionalità. Tale valore, considera quindi le unità vendute invece che le quantità di output potenzialmente producibili dalla componente tecnica La capacità di budget esprime invece il livello programmato di output in un certo periodo tenendo conto del livello programmato delle vendite e di quello delle scorte. Esso considera dunque il livello di domanda prevista. La capacità consuntiva o attuale, misura invece la quantità di output realizzata in un certo periodo e sconta tutti i fattori che non sono previsti in sede di programmazione.

I motivi per cui si introduce il concetto di capacità produttiva in tal sede,

Accounting,terza edizione, Giappichelli Editore, Torino 2010

32 L. Cinquini, Relazioni tra costi e capacità produttiva: tra rilevanza nella prassi e

sono sostanzialmente due:

 prima di tutto, informazioni di questo tipo possono essere impiegate

per analisi di fattibilità di un progetto o commessa, analisi di make or buy e in generale per spingere il complesso produttivo verso il miglior risultato ottenibile. Appare quindi chiara la relazione tra l'informazione ottenibile da un'analisi di questo tipo, e la portata informativa che ne deriva, riconducendo quindi tale aspetto al più volte citato insieme delle informazioni promananti dal controllo di gestione utili per sviluppare un controllo direzionale-strategico

 in secondo luogo perchè le differenti misure di capacità, influenzeranno proprio il più volte citato coefficiente di riparto e dunque l'allocazione di costi indiretti che ne deriva.

Prima di tutto è bene qui ricordare la relazione esistente tra il costo unitario di produzione e la quantità di output prodotta.

Il costo unitario di produzione è dato dal costo unitario variabile e dal costo fisso unitario, meglio espresso come incidenza unitaria del costo fisso. Si consideri la relazione qui sotto riportata:

CV= v * Q CF= K

CT= CV + CF = v * Q + K Cu= CT / Q

Cu = (v * Q) / Q + (K / Q)

Emerge dalla scomposizione del costo unitario, che all'aumentare della quantità di output prodotta, il costo unitario diminuisce. Tale riduzione è da imputare totalmente alla riduzione dell'incidenza del costo fisso unitario dato che “ v” come visto, rimane costate.

il costo unitario coinciderebbe con il costo variabile unitario mentre il costo fisso unitario tenderebbe a zero.

Si consideri il grafico qui sotto riportato:

A ben vedere, le considerazioni fatte, possono essere estese anche ad un centro di costo; in ogni centro di costo è infatti possibile individuare sia dei costi fissi in esso localizzati, es ammortamento macchine, che costi variabili specifici del centro, ad esempio le materie prime utilizzate, emerge dunque la possibilità di estendere la funzione del costo variabile ad un centro di costo.

La diretta conseguenza cui si giunge è che una variazione nell'output prodotto in un Cdc, determina una differente incidenza del costo fisso di centro sull'output, e quindi una conseguente variazione del costo dell'oggetto di costo finale.

Tale fattispecie si verifica quando a livello di centro di costo vengono impiegate delle basi di riparto a consuntivo, ovvero la quantità di output effettivamente realizzata. Quindi in presenza di una significativa variazione dell'output, e contestualmente ad una presenza rilevante di costi fissi di centro sul totale dei costi di centro, si manifesta una considerevole oscillazione del costo dell'output finale. Ciò che accade altro non è che l'imputazione dell'intera quota di costi fissi, anche se tuttavia tali costi danno la possibilità di realizzare volumi di output decisamente superiori, in altre parole si va ad imputare anche il costo della capacità produttiva

inutilizzata.

Se si ragiona in termini di allocazione al prodotto delle sole risorse che realmente anno concorso alla realizzazione dello stesso, l'attribuzione della capacità produttiva inutilizzata, riduce l'aderenza al principio funzionale- causale. E' possibile eludere il problema andando a considerare tra le basi di riparto la capacità pratica dei centri in quanto essa include sia i rallentamenti produttivi fisiologici, ma permette di escludere dall'attribuzione delle costo all'oggetto di costo, la quantità inutilizzata, dovuta ad inefficienze, errori di programmazione ecc.

E' quindi facilmente intuibile come il coefficiente di allocazione non varierà più al variare dell'output, ma potrà comportare, in caso di non raggiungimento del livello massimo di output, un'attribuzione parziale dei costi di centro. Il delta che emerge dalla differenza tra il totale dei costi di centro, e quanto ripartito sugli oggetti di costo, è proprio la misura economica della capacità inutilizzata.

Ci si può interrogare sulla validità di tale scelta, è vero infatti che in questo modo, emergono dei costi che non vengono attribuiti al prodotto, i costi delle inefficienze per l'appunto, ma che comunque sia, sono costi presenti e

sostenuti.

La risposta a tale interrogativo riprende il fondamento più generico dei modelli di costing, ovvero che scopi diversi conducono a rilevazioni diverse.

Se si desidera infatti verificare il costo effettivamente sostenuto dall'azienda per la realizzazione di un prodotto, è inopinabile quanto suggerito, e dunque di attribuire i costi che solo hanno concorso alla realizzazione dell'output. Nel caso in cui il calcolo del costo unitario di prodotto venga effettuato per definire politiche di pricing, è altrettanto vero che la non considerazione di tali costi (se rilevanti) potrebbe condurre alla fissazione di un prezzo che non consente di generare utile.

Come suggerimento generale, si può consigliare di strutturare un modello di costing, rendendolo atto a individuare sempre il costo delle inefficienze, ma starà poi al management decidere come gestirle, ed eventualmente come coprire questi costi.

Il modello contabile, massimizza la sua efficacia quando è in grado fornire informazioni quanto più verosimili alla realtà, è da questo punto che prende avvio il processo decisionale e strategico, facendo tesoro dell'informativa di cui dispone.

1.6.3) Punti di forza e Criticità

La disamina fino a qui riportata, mostra che il principale vantaggio promanante da un modello di costing per centri di costo, consiste nella possibilità di attribuire ad ogni oggetto di costo in esame, le risorse effettivamente consumate per la sua realizzazione. Ciò nella pratica si esplica rispondendo all'interrogativo circa, come attribuire i costi indiretti ai

prodotti. Si è visto dunque che, l'articolazione della struttura informativa in centri di costo, l'allocazione delle risorse e dei consumi al loro interno, l'individuazione per ciascun cdc di un determinante in grado di spiegare l'andamento del costo, e dunque di attribuire all'oggetto finale i relativi consumi, ha portato ad un importante vantaggio informativo, che si riassume in una miglior conoscenza del sistema azienda, e del sistema prodotto. Saranno fondamentali, per massimizzare il potenziale informativo, le numerose accortezze e considerazioni su esposte, che possono fungere da guida sia in fase di predisposizione del modello, si di interpretazione dell'output ( classificazione dei costi, scelta dei driver, capacità produttiva dei centri ecc..).

A questo punto risulta opportuno individuare i limiti che sono insiti nel modello affinché sia chiaro che quest'ultimo non rappresenta la soluzione finale al problema informativo interno aziendale, ma solo uno dei possibili strumenti, che in talune situazione è in grado di rispondere adeguatamente alle esigenze.

La prima considerazione è di tipo operativo, ed è conseguenza delle basi di riparto adottate che sono generalmente proporzionali ai volumi di produzione. Si tenga presente che la contabilità per centri di costo viene proposta quando in azienda si assisteva a produzioni di massa, dove quindi sussistevano aziende fortemente immobilizzate e in cui l'utilizzo di basi di

riparto come i volumi di produzione, le ore macchina, e in generale le basi di natura volumetrica, erano fortemente esplicative dell'assorbimento dei costi indiretti da parte dei prodotti.

Le odierne realtà aziendali, sono invece caratterizzate da una maggior complessità in termini produttivi: “ La crescita della complessità produttiva è determinata da vari fattori tra i quali l'aumento della gamma di produzione con vincoli di qualità e just in time, le frequenti innovazioni di processo e di prodotto, che comportano un maggior numero di specifiche tecniche di produzione, l'aumento delle relazioni esterne ( con clienti e fornitori) e interne (tra unità operative)da regolare, l'incremento degli ordini da gestire, e dei flussi di materiali da programmare e controllare.”33. In quest'ottica, si comprende come, le strade per creare il vantaggio competitivo aziendale siano cambiate rispetto a quando il focus era sulle produzioni di massa indifferenziate.

La logica sottostante talune realtà produttive di tipo Labour Intensive consisteva, in estrema semplificazione, nella massimizzazione degli output prodotti, in modo tale da beneficiare di economie di scala, e potendo quindi procedere con un abbassamento dei prezzi. Tale fattore, se si assume un mercato indifferenziato e di massa, è condizione sufficiente per accaparrarsi un mercato.

Sulla base dei cambiamenti citati che portano a realtà di tipo Capital Intensive, risulta pacifico sostenere che anche la struttura dei costi aziendali sia cambiata. Se si pensa alle aziende operanti nel terziario avanzato, o nelle realtà di servizi, appare sicuramente più complesso definire delle relazioni volumetriche tra gli output realizzati e i costi indiretti associabili ai prodotti 33 P. Ferrando , Creazione di Valore e Reporting Integrato, Giappichelli Editore, Torino

(si pensi ad esempio ad attività di progettazione, reingenierizzazione, riattrezzaggi, controlli qualità, controlli sicurezza, collaudi ecc..). In pratica, un sistema di contabilità per CdC utilizzante basi di riparto volumetriche( H macchina, MOD, Q output ecc...) si potrebbe in tal caso produrre un erronea allocazione delle risorse, ripartendo maggiori costi a taluni oggetti aventi un maggiore output, ma magari un minor quantitativo fattori assorbiti(frutto della complessità). Tale aspetto andrebbe in tal caso a minare quella ricerca di ottemperanza del principio funzionale-causale, e a depauperare il sistema di costing del suo potere informativo. Il fenomeno descritto si definisce

sovvenzionamento incrociato, che “si manifesta quando... molti dei costi

indiretti sorgono in presenza di prodotti complessi e realizzati in piccole quantità, di conseguenza, i prodotti più semplice, in volumi più elevati, sovvenzionano quelli che determinano la complessità produttiva e gestionale.”34.

Un secondo aspetto critico del modello per CdC è coerente con quanto appena presentato. E' vero infatti che la crescente complessità aziendale ha comportato un cambiamento nella concezione del sistema azienda da un tipo verticale, a una visione di tipo orizzontale. Ciò significa passare da una cognizione del complesso aziendale da una struttura gerarchico-funzionale, ad una struttura orientata alle attività e ai processi. I nuovi oggetti di costo, aventi un'ampia rilevanza in termini di assorbimento di risorse, passano da essere aree o reparti, a processi, funzioni e attività, implicando quindi un differente tipo di rilevazione e studio. “In effetti l'azienda, pur essendo generalmente strutturata in modo verticale, per funzioni, lavora in modo orizzontale. Sono le modalità di svolgimento dei processi aziendali, e le

34 P. Ferrando , Creazione di Valore e Reporting Integrato, Giappichelli Editore, Torino

sequenze di attività che definiscono ciascun processo, che consente di produrre output di valore per i clienti e impattano sul fabbisogno e sul consumo delle risorse in azienda.”35 .

In fine, come ultimo aspetto si può considerare che i CdC presenti nella struttura di costo del prodotto, sono i soli centri finali, mentre, non si evince direttamente, il contenuto dei prodotti in termini di centri ausiliari poiché le corrispondenti informazioni, si perdono lungo l'iter procedurale contraddistinto dai ribaltamenti dei centri intermedi su quelli finali. Inoltre, i ribaltamenti dei centri ausiliari, sono contraddistinti da una forte aleatorietà, poiché è intrinsecamente difficile individuare la correlazione di questi centri con l'oggetto di costo finale.

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