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Il contesto internazionale

La nuova frontiera del business per le aziende italiane e venete

1 Il contesto internazionale

Secondo il Fondo Monetario Internazionale (FMI), nei prossimi anni l’e-conomia globale viaggerà «a tre velocità»: i mercati emergenti in forte crescita, gli Stati Uniti in moderata ripresa e l’Europa ancora ferma. Di fatto è già così e il differenziale di sviluppo potrebbe anche ampliarsi. Già oggi, infatti, le economie ‘emerse’ e soprattutto quelle ‘neo-emer-genti’ corrono, gli Stati Uniti stanno uscendo dalla gigantesca crisi fi-nanziaria e l’Europa invece è alla disperata ricerca di crescita.

Gli indicatori anticipatori mostrano che nel 2013 l’economia mondiale crescerà ad un tasso del 2,9%, continuando l’indebolimento iniziato dopo la ripresa del 2010 (+5,2%). La crescita mondiale continuerà a dipendere dalle economie emergenti e sempre meno da quelle avanzate, ma con alcune eccezioni. Le maggiori economie avanzate chiuderanno il 2013 in ripresa (+1,2%). Alla crescita degli Stati Uniti (+1,6%) e del

Giap-pone (+2%) dovrebbe sovrapporsi il recupero dell’economia europea, determinando una riduzione degli sfasamenti ciclici fra le diverse aree del globo. Al contrario, si ravvisa in questa fase qualche esitazione sul versante delle economie emergenti (+4,5%) che, pur sempre in espan-sione, stanno sperimentando fuoriuscite di capitali, peggioramenti delle condizioni finanziarie interne e pressioni sui rispettivi tassi di cambio. L’annuncio di una normalizzazione della politica monetaria USA è basta-to per mandare in fibrillazione i mercati emergenti, generando il deprez-zamento di diverse valute, tra cui quella indiana e quella brasiliana.

Grafico 1. Andamento del PIL reale (var. % su anno prec.). Anni 2000-2018

Fonte: elab. Unioncamere Veneto su dati FMI (World Economic Outlook, ottobre 2013)

Nel contempo, la valuta europea ha continuato ad apprezzarsi (di oltre il 10% in un anno rispetto al minimo toccato a metà 2012). Tale tendenza sta penalizzando quei Paesi europei, tra cui l’Italia, che in un contesto an-cora problematico per la domanda interna, confidano nel traino dell’ex-port per accelerare l’uscita dalla crisi. La ripresa delle borse e la discesa degli spread hanno migliorato le condizioni finanziarie, anche se questo non basta per riattivare il canale del credito nei Paesi della periferia; in questi ultimi, tuttavia, il grado di restrizione fiscale si sta comunque atte-nuando, contribuendo all’avvio della ripresa. Il recupero resta comunque ancora molto graduale e permangono elementi di preoccupazione.

In Italia l’inversione di tendenza tracciata dagli indicatori qualita-tivi ha iniziato a trovare i primi riscontri nell’evoluzione dei dati di produzione; il quadro economico sembra quindi in graduale schiarita. La probabilità di una ripresa dal 2014 aumenta, ma i ritmi di crescita che l’economia italiana sembra in grado di conseguire sono molto blandi.

Dall’esame degli indicatori congiunturali più recenti si traggono di-versi riscontri a favore dell’ipotesi che la recessione, dal punto di vista tecnico, sia terminata e che il punto di minimo del ciclo economico sia ormai alle spalle. Tuttavia, tale passaggio al momento non è ancora ac-compagnato da indicazioni di accelerazione della ripresa.

La svolta della congiuntura italiana è in sincronia con la tendenza delle altre economie dell’Eurozona, rispetto alle quali manteniamo però un ampio divario di crescita. La persistenza di un differenziale di crescita rispetto agli altri Paesi europei anche nella fase di uscita dalla crisi può rivelarsi un problema in prospettiva, esponendoci ai rischi di una inversione della politica monetaria guidata dal rafforzamento del ciclo tedesco. Non vanno però sottovalutati i rischi relativi all’evo-luzione dello scenario mediorientale e alla fragile situazione politica interna, che potrebbero riportarci rapidamente verso una nuova fase di debolezza.

In tale contesto, la domanda estera rappresenta uno dei tasselli su cui si fondano le possibilità di recupero del nostro Paese. Dopo un avvio d’anno in flessione, le esportazioni hanno evidenziato a metà 2013 un timido miglioramento, che è proseguito nei mesi estivi e, stando alle sti-me più recenti, dovrebbero tenere un profilo crescente anche nell’ultimo scorcio dell’anno, sebbene senza accelerazioni di rilievo. Osservando tali tendenze è difficile connotare la crescita come export-led; se questo è stato tutto sommato vero nel 2012, le esportazioni oggi sembrano aver perso il loro ruolo di motore della crescita, anche se nel desolante qua-dro generale è meglio un risultato di stabilità rispetto al crollo rilevato dalla domanda interna.

Sebbene la perdita di competitività dell’economia italiana si sia ar-restata negli ultimi trimestri, l’evoluzione della produttività nel settore industriale (quello maggiormente orientato al commercio con l’estero) sta registrando ancora un andamento sfavorevole del costo del lavoro per unità di prodotto, limitando quindi la possibilità di recuperi consi-stenti a breve. Inoltre, l’andamento recente del cambio dell’euro tende a smorzare ulteriormente le prospettive per le nostre esportazioni.

Un altro limite è costituito dalla specializzazione geografica: siamo ancora poco presenti sui mercati più dinamici, come quelli asiatici emer-genti. La quota di esportazioni dirette verso tali mercati è pari a poco più

della metà di quella tedesca e risulta inferiore anche a quella francese.1

La scarsa presenza in Asia è dovuta a diversi fattori, fra i quali la ridotta dimensione media delle imprese italiane, che rende più complessa la presenza su mercati così distanti, ma anche una specializzazione produt-tiva per certi versi più simile a quella dei produttori asiatici. Nel lungo termine, la scarsa presenza sui mercati asiatici può rappresentare un problema, poiché è previsto che cresceranno ancora a ritmi più elevati rispetto al resto dell’economia mondiale.

L’Asia è il continente più dinamico dal punto di vista economico e ha spostato il baricentro dell’economia mondiale verso est. Si stima che nel 2013 i Paesi dell’Asia e del Pacifico cresceranno del 5,1% rispetto al 2012, grazie soprattutto al contributo di Cina e India le cui economie, anche se in rallentamento, mostrano ancora elevati tassi di crescita.

Nel 2013 la Cina registrerà un aumento del PIL del 7,6% rispetto all’anno precedente, ma si preannuncia un leggero rallentamento per il 2014 (+7,3%). Anche l’economia indiana evidenzierà tassi di crescita sostenuti, grazie principalmente all’espansione della domanda interna. Le politiche fiscali hanno favorito la crescita della domanda interna, permettendo al Paese di oltrepassare la crisi e di segnare nel 2013 un aumento del PIL del 3,8%, pur in presenza di pressioni inflazionistiche e di un elevato debito pubblico. Per il 2014 si prevede un andamento del PIL superiore o pari al +5,1%.

1 Da uno studio comparativo sulle traiettorie dell’export in alcune regioni europee emer-ge come i Länder della Germania, in particolare il Baden-Württemberg e la Baviera, nel 2012 abbiano costruito un canale privilegiato negli scambi verso l’Asia: per la Baviera, quasi il 20% dell’export trova sbocco nei mercati asiatici, per il Baden-Württemberg sia-mo al 18,1%; tengono loro testa Lombardia ed Emilia Romagna, anche se più distanziate, rispettivamente con 15,8% e 15,6%. Il Veneto si deve accontentare di un 13,6%, inferiore alla Bretagna e alla Rhône-Alpes (Bianchin, Callegari 2013, pp. 117-134).

Tabella 1. Andamento del PIL reale in alcuni Paesi asiatici (var. % su anno prec.). Anni 2000, 2005, 2010-2014 2000 2005 2010 2011 2012 2013 2014 Australia 3,2 3,1 2,6 2,4 3,7 2,5 2,8 Cina 8,4 11,3 10,4 9,3 7,7 7,6 7,3 Hong Kong 8,0 7,4 6,8 4,9 1,5 3,0 4,4 India 4,0 9,3 10,5 6,3 3,2 3,8 5,1 Giappone 2,3 1,3 4,7 -0,6 2,0 2,0 1,2 Repubblica di Corea 8,8 4,0 6,3 3,7 2,0 2,8 3,7 Singapore 9,0 7,4 14,8 5,2 1,3 3,5 3,4 Thailandia 4,8 4,6 7,8 0,1 6,5 3,1 5,2 Vietnam 6,8 7,5 6,4 6,2 5,2 5,3 5,4 Economie avanzate 4,1 2,8 3,0 1,7 1,5 1,2 2,0 Economie emergenti 5,7 7,3 7,5 6,2 4,9 4,5 5,1 Unione Europea 4,0 2,4 2,0 1,7 -0,3 0,0 1,3 Mondo 4,7 4,7 5,2 3,9 3,2 2,9 3,6 Fonte: elab. Unioncamere Veneto su dati FMI (World Economic Outlook, ottobre 2013)

Tuttavia anche l’Asia, che negli anni passati si è distinta per solidità economica e dinamismo, oggi risente del deterioramento del conte-sto internazionale. I primi segnali di rallentamento si sono manifestati all’inizio del 2011; nella seconda metà dell’anno lo scenario è peggiora-to con lo scoppio della crisi dei debiti e la conseguente riduzione della domanda dei Paesi europei.

L’impatto sui Paesi asiatici è avvenuto principalmente tramite il canale commerciale e perciò la performance è diversa tra i Paesi maggiormente dipendenti dalla domanda europea, come Cina e Vietnam, e quelli con esportazioni diversificate. La Cina ha rivisto i propri piani di sviluppo per contrastare il rallentamento economico e ha stanziato un pacchetto fisca-le da 300 miliardi di euro quasi interamente destinato a grandi infrastrut-ture, mentre la riduzione dell’import europeo ha pesato sull’economia vietnamita, già gravata da profondi squilibri macroeconomici (elevata inflazione, basse riserve internazionali e debolezza del settore bancario). La Corea del Sud, seppure Paese export-led, presenta fonti di domanda più differenziate, consumi interni sostenuti e bassi tassi di disoccupazio-ne. L’India invece è caratterizzata da problemi strutturali di inflazione e deficit del bilancio pubblico, che lo stallo politico fatica a risolvere.

Nonostante gli aggiustamenti in atto, ci si aspetta che nei prossimi anni la domanda dell’Asia emergente rimarrà mediamente più sostenuta

di quella mondiale. Secondo le previsioni di SACE (2012b), il contributo delle importazioni asiatiche alla crescita della domanda mondiale rag-giungerà nella media del periodo 2014-2016 una quota sul totale pari a circa il 38%, e aumenterà nel tempo. Questo evidenzia l’importanza crescente dell’area per il commercio internazionale e in particolare per quello italiano.

2 L’espansione del mercato asiatico nell’ultimo decennio