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INTORNO ALLO SCAMBIO DELLA PERSONALITÀ

3.4. CONTESTO SOCIALE E POLITICO

Trasmigrando nel tempo e nello spazio, l’impostura rielaborata dalla letteratura fa dunque i conti col contesto sociale e politico. Sia nell’opera di Fo sia in quella di Gogol’ vengono nominate le istituzioni principali della città, come ospedali e prigioni. Ma probabilmente all’opera di Gogol’ non era sottesa alcuna finalità rivoluzionaria; probabilmente a causa della censura, Chlestakov rifiuta la proposta del sindaco di visitare il carcere perché teme che si tratti di un tranello e che ce lo rinchiuderanno: “Ma perché le prigioni? Meglio visitare le opere pie” (p. 530).19

Chlestakov rifiuta anche la proposta del sindaco di trasferirsi in un altro posto: “No, non voglio. Io lo so cosa vuol dire «un altro alloggio»; sarebbe come dire in prigione” (p. 524).20

E qui di nuovo si sente quel “solletico” di Gogol’, che denuncia l’assetto istituzionale dell’Impero russo con la semplice citazione dei luoghi più oscuri, senza avventurarsi in requisitorie vere e proprie. Lo stesso vale per gli ospedali: il direttore del nosocomio della città dipinge una scena incredibile: non solo i malati che vi sono rinchiusi non muoiono, essi addirittura “guariscono tutti come le mosche” (p. 539).21

Solo il tribunale non preoccupa il sindaco, che ritiene che il revisore non vorrà visitarlo perché si tratta di un luogo protetto da Dio stesso: “[...] ho solo fatto un accenno al tribunale distrettuale; a dire il vero è poco probabile che a 19 «Хлестаков. Да зачем же тюрьмы? Уж лучше мы обсмотрим богоугодные заведения» p. 38. 20 «Хлестаков. Нет, не хочу. Я знаю, что значит на другую квартиру: то-есть в тюрьму» p. 33. 21 «[…] все, как мухи, выздоравливают» p. 45.

qualcuno venga voglia di dargli un’occhiata: è un luogo talmente invidiabile, è il cielo stesso a proteggerlo” (p. 501).22

Nella commedia di Fo si sente sugli stessi argomenti tutto il peso delle polemiche e delle denunce avanzate a più riprese nel corso del XX secolo, e tutta l’eredità delle battaglie svolte dalla fine degli anni Sessanta per i diritti civili. La realtà delle istituzioni è fortemente rappresentata in Morte accidentale di un anarchico, dove la stessa questione della follia va ricondotta al dibattito contemporaneo sui manicomi e sulla psichiatria, che stava accompagnando la gestazione della legge Basaglia e quindi la chiusura dei manicomi tradizionali. Trattare della follia nel 1970 equivaleva a prendere una posizione in quel dibattito: è chiaro che Fo affida alla follia il compito di mettere a nudo le ipocrisie della società contemporanea. Alla domanda del commissario, come poteva spacciarsi per psichiatra senza aver studiato alla facoltà di medicina, il Matto risponde:

Io per vent’anni ho studiato in sedici manicomi diversi… su migliaia di matti come me… giorno per giorno… e anche di notte! Perché io, a differenza dei normali psichiatri, dormivo con loro… magari di piedi con altri due, perché mancano sempre i letti (p. 10).

Si tratta dunque di una impostura salvifica per la società, votata allo svelamento del vero, alla denuncia del reale, e come tale rispecchia la vicinanza del drammaturgo a quella temperie culturale da cui doveva nascere anche il suo teatro per il popolo. Il suo impostore muore, schiacciato dalle leggi del potere, ma basta la sua apparizione sulla scena

22 «[…] Впрочем, я так только упомянул об уездном суде; а по правде сказать, вряд

ли кто когда-нибудь заглянет туда: это уж такое завидное место, сам бог ему покровительствует» pp. 14-15.

per mettere in discussione tutto ciò che il potere avrebbe voluto mantenere nascosto.

D’altra parte, per quanto non vi sia sottesa alcuna finalità rivoluzionaria, anche nell’opera di Gogol’ è presente la follia come agente di svelamento della verità e come rappresentazione della voce dell’autore. Va ricordato che lo stesso ucraino era stato per ben due volte accusato di follia, e che questa accusa lo aveva colpito sin dagli anni giovanili, dagli studi a Nežin ai soggiorno all’estero. Ecco che il suo Chlestakov, che Gogol’ riteneva un personaggio universale – “Tutti una volta siamo stati Chlestakov” – va ricondotto a quanto il drammaturgo scriveva nel Diario di un pazzo (1834-35): in quello scritto, un impiegato specializzato nella trascrizione di lettere va incontro alla follia e alla fine crede di essere Federico VIII, il nuovo re di Spagna. Anche in Gogol’, dunque, l’impostura si collega con la follia: ma questa follia, presente del resto in altri suoi lavori, consuma la propria energia nel millantare l’identificazione con la regalità e le alte sfere del potere politico, senza dar luogo a vere e proprie denunce. Va sottolineato che tutti questi personaggi – Chlestakov, Akakij Akakevič e il pazzo – sono molto attenti – per costume e per professione – all’esercizio della scrittura e correggono gli errori contenuti nelle lettere. Non è difficile scorgere in questo un precedente del Matto di Fo, che acquisisce dapprima l’esercizio del potere proprio correggendo le sgrammaticature del commissario: “La conosce lei la sintassi e la punteggiatura? […] La conosce lei la grammatica e la lingua italiana? […] Ecco, mi spiace, ma stavolta è lei che millanta: m’ha detto che conosce la lingua italiana e la sintassi e la punteggiatura e poi salta fuori che non sa neanche leggere corretto!” (p. 12).

Concludendo sulla questione del comportamento dell’impostore, possiamo enucleare alcuni motivi forti della drammaturgia di Gogol’ e di Fo. In entrambi i casi l’impostura si collega con l’intelligenza e con la capacità di sfruttare la situazione a proprio vantaggio. Nel caso di Fo, addirittura, l’impostura prelude allo svelamento di verità molto scomode. Ma l’impostura viene scoperta; nel caso di Fo, ciò conduce all’autodistruzione del folle, che è stato dapprima spogliato dei segni di distinzione pubblica. È evidente che Gogol’ intendesse mettere in scena una impostura che, per quanto violatrice di tutte le leggi, serviva a denunciare la corruzione e la debolezza insita nel sistema amministrativo imperiale che si presentava come “sano”. Mentre l’impostura di Fo consiste in uno scambio di ruoli tra folli e “sani”, che basta a far mettere in discussione le strutture portanti del potere borghese: che cosa c’è di più folle che occultare le prove di un omicidio perpetrato in una questura ai danni di un imputato che con tutta probabilità era perfettamente estraneo ai fatti contestati?