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Contratto inutile Profili analitici.

Nel documento Il contratto inutile (pagine 92-95)

Entrando nella specificità dei profili ontologici del contratto inutile, è compito dell’interprete ricavare la struttura ed i principi che presiedono la valutazione sottesa all’istituto.

Preliminarmente può osservarsi che il giudizio di utilità presenta un triplice oggetto di indagine: in primo luogo quello in ordine alla sussistenza del concreto interesse, in secondo luogo quello circa la realizzabilità dello schema negoziale avuto riguardo all’interesse perseguito, in terzo luogo, ma si vedrà secondo quali modalità e limiti, quello relativo alla permanenza dell’interesse contrattuale che giustifichi la forza giuridica del patto.

In relazione ai primi due profili, il giudizio in discorso comporta la rarefazione dei tradizionali giudizi verso un sindacato che presenta i tratti di originalità rispetto ai primi.

La cornice interpretativa di tali premesse e dei successivi svolgimenti è costituita dall’approccio di tipo “ermeneutico-ricostruttivo” (254) dal quale

consegue la valutazione della sussistenza della causa, e del giudizio di meritevolezza in funzione di tutela delle parti.

Il controllo di utilità sull’atto presenta dunque il fine di valutare l’operatività

253 V. par. 4 del presente capitolo.

254 NAVARRETTA, La causa cit., p. 269. L’Autrice sottopone ad analisi critica le altre alternative impostazioni, ed, in particolare, la concezione strutturale e soggettiva poiché dalla mera indicazione strutturale di uno scopo diventerebbe impossibile accertare il difetto di causa nei negozi tipizzati. Parimenti deve esser rifiutata l’impostazione funzionalizzante ed oggettivo per l’indebito inserimento nel contratto di criteri valutativi ad esso estrinseci.

90 e la razionalità dell’affare a tutela delle stesse parti contraenti, poichè se la causa è anche funzione, l’ordinamento è tenuto ad intervenire per razionalizzare la tutela giuridica in ragione proprio degli interessi concreti delle parti desumibili dall’interpretazione e dalla qualificazione del negozio. Tali considerazioni si pongono poi in perfetta simmetria con i profili volontaristici del contratto, se solo si considera che i contraenti, di regola, agiscono per finalità che, almeno nella loro prospettazione presentano una utilità concreta. Ed invero, anche nel caso di simulazione le parti sono spinte da un intento utile e meritevole, ovvero quello di creare un simulacro contrattuale non corrispondente alle loro reali intenzioni. Non a caso, infatti, l’art. 1414 Cod. Civ. prevede che il contratto simulato -e non già quello dissimulato- non sia produttivo di effetti.

In questo senso appare fuorviante l’interrogativo provocatorio secondo cui “per farne una teoria sulla mancanza di causa del contratto […] occorre che si dica all’acquirente dell’amuleto che la sua domanda di adempimento (o di risarcimento) non può essere accolta perché il contratto è nullo (per difetto di causa) nel suo stesso interesse, poiché egli ha contratto un obbligazione assurda. Ci si può spingere sino a tanto? (255).

Il discorso è un altro. La causa è strumento di tutela di entrambe le parti da accordi irragionevoli, e non già una di esse, “forte” o “debole” che sia. Nell’esempio dell’alienazione dell’amuleto viene in questione, invero, non tanto un’ipotesi difetto causale quanto piuttosto un eventuale squilibrio contrattuale cui è ascrivibile la disciplina propria del vizio.

Anche l’approccio ermeneutico-ricostruttivo da cui si sono prese le mosse, postula che la valutazione di razionalità del contratto investa l’intera operazione desumibile dall’analisi ermeneutica del contratto (256) inteso nella

255 CRICENTI, Aspetti della causa cit., p. 870. 256 NAVARRETTA, Art 1343

Causa illecita in NAVARRETTA ORESTANO (a cura di), Dei contratti in generale. Artt. 1321-1349 in GABRIELLI (diretto da), Commentario del codice civile , Utet 2011, p. 614. A conferma di tale assunto si pone anche la giurisprudenza (Cass. 16 aprile 2007, n. 9088, cui è conforme Cass. 16 luglio 1975 n. 2811) secondo cui “Un contratto traslativo della proprietà, nel quale la controprestazione abbia cumulativamente ad oggetto una cosa in natura ed una somma di denaro, ove venga superata la ravvisabilità di una duplicità di negozi, di cui uno di adempimento mediante datio in solutum, o, in virtù del criterio dell'assorbimento, l'ipotesi di un unico negozio a causa mista, può realizzare tanto la fattispecie di una compravendita con integrazione del prezzo in natura quanto quella di

91 sua accezione di atto, quindi prima ed indipendentemente dalla valutazione circa il funzionamento ed in particolare il suo esatto adempimento.

Tuttavia, in senso contrario ma irreale, si potrebbe sostenere che il contratto è utile qualora sia stato adempiuto ed inutile nel caso inverso. Del resto la classica definizione di adempimento dell’obbligazione è proprio quella della realizzazione dell’interesse del creditore.

Una parte isolata della giurisprudenza ha accolto una simile, ma non condivisibile, impostazione: Cass. Civ. Sez. II 15 giugno 1999, n. 5917 ha ritenuto nullo per mancanza assoluta di causa un contratto di compravendita in cui l’acquirente aveva consegnato un assegno postdatato e privo di copertura, tratto su di un conto corrente da tempo estinto. Secondo la Corte, in tale ipotesi difetterebbe in modo assoluto la causa del contratto di compravendita stante l’assenza, in capo all'acquirente, di qualsiasi intenzione di pagare il prezzo concordato.

La suddetta impostazione tuttavia non convince e risulta fuorviante. Ed infatti, mette conto osservare che l’utilità cui mira l’adempimento del debito è concettualmente estranea a quella del contratto quale atto. Invero, l’adempimento dell’obbligazione costituisce la realizzazione dell’interesse contrattuale, ma a valle della sua valutazione in ordine alla liceità ed utilità, poiché l’adempimento concerne il solo momento esecutivo e non quello

permuta con supplemento in denaro e, in tale ultimo caso, la questione dell'individuazione del negozio in concreto voluto e posto in essere dalle parti non può essere risolta con il mero richiamo all'equivalenza (o anche prevalenza) economica del valore del bene in natura o della somma di denaro che unitamente costituiscono la controprestazione, dovendo invece essere determinata in ragione della prevalenza giuridica dell'una o dell'altra prestazione.

Agli effetti della qualificazione del contratto, è necessario pertanto ricostruire gli interessi comuni e personali, che le parti avevano inteso regolare con il negozio, ed accertare se i contraenti avessero voluto cedere un bene in natura contro una somma di denaro, che per ragioni di opportunità avevano parzialmente commutata in un altro bene, ovvero avessero concordato lo scambio tra loro di due beni in natura e fossero ricorsi all'integrazione in denaro soltanto per colmare la differenza di valore tra i beni stessi.

Di detto accertamento era onerata la sentenza di merito, che, oltre a dovere a tale fine applicare le comuni regole di ermeneutica contrattuale e, in primo luogo, le norme cd. strettamente interpretative, che danno rilievo al senso letterale delle parole adoperate, al comportamento complessivo delle parti, anche posteriore alla conclusione del contratto, ed al significato delle varie clausole valutate nel loro complesso, aveva anche l'obbligo di consentire, mediante l'esposizione di ragioni idonee, la ricostruzione del percorso logico seguito per giungere ad attribuire all'atto negoziale la qualificazione, tra le altre possibili, di preliminare di permuta con supplemento in denaro.

92 strutturale. Non è un caso, infatti, che il giudizio sull’adempimento è di esattezza e non di utilità.

13. La “rarefazione” della valutazione della consistenza dell’interesse

Nel documento Il contratto inutile (pagine 92-95)