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Implicazioni sistematiche della impostazione funzionale razionalizzata.

Nel documento Il contratto inutile (pagine 68-72)

Prima di esaminare le conseguenze sulla valutazione di utilità contrattuale che derivano dall’adesione all’impostazione funzionale razionalizzata, occorre meglio chiarire taluni punti di carattere generale.

In primo luogo quello della natura funzionale della causa contrattuale. Tale assunto, acquisito nei passaggi sopra svolti, potrebbe esser posto in dubbio – più che dalle correnti a-funzionali- proprio dalla stessa tesi della causa in concreto.

Ed invero, la contraddizione corrente tra la funzione economico individuale e la sua valutazione della causa secondo i (meri) canoni della liceità, potrebbe implicare l’apprezzamento di tale requisito in termini prettamente strutturali, giusta i criteri di cui all’art. 1325 Cod. Civ..

Ma così non è. La tesi di Ferri, seppur troncata nel suo punto cruciale, non manca di precisare che la valutazione di meritevolezza deve condursi dalla parte del negozio giuridico e non già dalla quella dell’ordinamento. Ne

204 G. PERLINGIERI, Negozio cit., p. 38. 205 V par. 7 del presente capitolo.

66 consegue che il sindacato funzionale deve essere condotto in termini endonegoziali (206). Ergo la suddetta valutazione, in quanto non astratta

rispetto all’elemento essenziale della causa, non risulta contaminata dall’ascrizione del giudizio a parametri esterni al negozio.

Le suddette conclusioni non risultano peraltro inficiate dalle tradizionali obiezioni mosse alle impostazioni funzionali; tali correnti, invero, hanno mirato, da un lato, al diverso obiettivo di rintuzzare i rigurgiti anticausalisti delle tesi funzionali pure e, dall’altro, sono state concepite al fine di devitare lo spettro della cd. funzionalizzazione (207).

In relazione al primo profilo può anticiparsi che le attuali impostazioni intorno all’anticausalismo non sono basate su ragioni teoriche e, significativamente, su costruzioni concettuali, ma derivano essenzialmente da ragioni di politica del diritto, ed in particolare per spinta comunitaria in ordine alla valorizzazione dell’esigenze di mercato (208). Da tanto consegue

che, ad oggi, non sono necessarie controspinte teoriche per rintuzzare il fenomeno dell’anticausalismo.

In relazione al secondo profilo, deve sottolinearsi, come già peraltro accennato nel precedente capitolo (209), la diversità terminologica e, quindi,

concettuale tra “funzione” e “funzionalizzazione”. Invero, mentre quest’ultima è costituita dall’inserimento nella struttura e nella disciplina contrattuale di interessi estranei rispetto alle sfera delle parti, viceversa la funzione indica la capacita di funzionamento dell’atto.

Ne risulta quindi sterilizzato ogni e qualsiasi problema in ordine a presunte attuali conversioni eteronegoziali della struttura dettate dalla mera ideologia. Come si anticipava (210), il criterio di valutazione del contratto secondo

funzione deve sciolto dal parametro “economico” così come concepito della tesi del Ferri e ciò stante la pericolosità del riferimento, potendo dallo stesso conseguire l’accertamento della capacità di funzionamento del

206 FERRI, Causa e tipo cit., p. 364-365. 207 NAVARRETTA, La causa cit., p. 210.

208 NAVARRETTA, Europa cum causa, in Diritto Comunitario e sistemi nazionali:pluralità delle fonti e unitarietà degli orientamenti, Napoli, ESI, 2010, pp. 323-341

209 V. Cap. I, par. 5

67 contratto secondo le logiche del mercato, invece che dal suo interno (211).

Ne potrebbe infatti conseguire la creazione di un falso accertamento del requisito che, in realtà, ben potrebbe celare un marcato anticausalismo. In secondo luogo, il rinvio al carattere economico della funzione prova troppo. Ed infatti, riconducendo a sistema le norme definitorie dell’interesse necessario ad validitatem, da nessuna parte l’ordine giuridico richiede anche la sussistenza di una connotazione economica di quest’ultimo. Si pensi infatti all’art. 1174 Cod. Civ., secondo cui l’interesse può essere patrimoniale o non patrimoniale, e non già economico; parimenti l’art. 1379 Cod. Civ. richiede che l’interesse ai fini della validità del divieto di alienare debba essere “apprezzabile” e ciò non può tradursi sic et simpliciter in una sua connotazione economica, ben potendo l’apprezzabilità dell’interesse esser accertata in termini non patrimoniali.

In conclusione, intendere la causa nel senso di funzione senza nessuna ulteriore accezione, ma come pura capacità di funzionamento dell’atto di privata autonomia, costituisce un assunto tale da garantire proprio la dovuta e prioritaria considerazione dei profili strutturali emergenti dalle maglie dell’atto valutando.

In tal modo è possibile altresì conciliare il giudizio con il carattere anche strutturale della causa diretto com’è alla valutazione di completezza della fattispecie nonchè degli interessi che emergono dall’architettura dell’atto (212).

In ordine alle fasi del giudizio, l’analisi strutturale si pone come valutazione prioritaria rispetto allo stesso sindacato funzionale che viceversa assume rilevanza successiva ed eventuale quante volte la struttura contrattuale non sia in grado di lasciar trasparire l’utilità propria dello schema perseguito. In tale contesto il criterio della polivalenza funzionale del tipo (213)funge da

valido parametro orientativo dell’analisi sul concreto interesse in quanto attraverso lo stesso è consentito superare quella gravitas propria degli

211 NAVARRETTA, La causa cit., p. 234. 212 GRISI, Il deposito cit., p. 58. 213 GRISI, Ibidem.

68 “schemi legali oggettivati” (214). Tuttavia il sindacato che deriva dal principio

in discorso deve essere implementato dei criteri attraverso cui valutare l’utilità contrattuale.

Ed infatti se contratto tipico significa “contratto che rientra in una figura che ha una disciplina legale particolare” (215) e non già contratto con

funzione tipica, ne consegue che la disciplina dettata da quel tipo funge da mero criterio di primo apprezzamento dell’ utilità dello schema creato, al quale dovrà poi seguire necessariamente l’analisi in termini concreti. Invero, come rilevato dalla dottrina (216), la disciplina del tipo è astrattamente idonea

a sorreggere plurimi schemi negoziali che assolvono la stessa funzione, ovvero la stessa costituisce lo schema unitario in grado di svolgere plurime funzionalità.

L’assunto risulta ancor più evidente spostandosi nell’ambito del contratto atipico laddove l’assenza del tipo connota maggiormente l’esigenza di un fondo minimale di disciplina inderogabile che deve comunque caratterizzare l’adozione di quel determinato schema ontologico (217). In tale contesto

l’iniezione disciplinare deriva, come si è supra osservato(218), dall’adozione di

una determinata struttura e dal perseguimento di determinati interessi. Orbene, il suddetto contenuto necessario non assumerà rilevanza decisiva ai fini della valutazione dell’utilità concreta del negozio, poiché al pari del tipo, lo stesso conserva una valenza non peculiare, mentre l’interesse la cui utilità deve esser valutata è esclusivamente quello concretamente perseguito dalle parti. Discorso non dissimile vale, come si vedrà infra (219), in relazione alla

violazione, tramite lo strumento negoziale, della normativa tributaria antielusiva.

Da quanto rilevato in ordine al ruolo del principio di “polivalenza funzionale” nella valutazione contrattuale, consegue che l’aspetto di maggiore funzionalità si manifesta nel momento in cui una volta ricavato

214 GRISI, Il deposito cit., p. 64.

215 GRISI, Il deposito cit., p. 61, nt. 136; DE NOVA, Il tipo contrattuale cit., p. 137. 216 GRISI, Il deposito cit., p. 63.

217 GENTILI, Metodo e merito cit., p. 247. 218 GENTILI, Ibidem.

69 dalla struttura l’interesse contrattualmente perseguito, si apre il momento della valutazione della capacità di funzionamento dello schema negoziale. Intuitivamente, tale giudizio è diverso da quello di liceità, poiché non è volto all’indagine dell’ammissibilità dell’interesse quanto piuttosto la sua sussistenza concreta.

Rinviando sul punto al paragrafo successivo, conclusivamente si osserva che dall’adesione alla nozione di funzione nel senso precisato, consegue che la causa rappresenta, da un lato, “la connessione intrinseca tra gli interessi e l’autoregolamento predisposto e, dall’altro, l’idoneità del contratto a funzionare rispetto agli interessi perseguiti ed oggettivamente programmati dalle parti” (220).

La ratio alla base della proposta impostazione funzionale della causa sta in esigenze di adeguata distribuzione del rischio di mancato funzionamento dello schema contrattuale, nel senso che l’interesse perseguito debba presentare un minimo di attitudine realizzatoria (221). In tal senso, la causa è

lo strumento atto alla ragionevole distribuzione del rischio tra le parti da mancato funzionamento del contratto ed in ciò la tesi segna il superamento degli egoismi della cause suffisante nonché dell’istituto anglosassone della consideration.

In aggiunta alla suddetta funzione, l’istituto in parola, attende altresì all’adeguato bilanciamento tra la tutela dei contraenti rispetto all’affidamento dei terzi a vario titolo collegati con la sfera economica e giuridica delle prime (222).

Nel documento Il contratto inutile (pagine 68-72)