La lezione, seconda opera teatrale di Ionesco, viene rappresentata per la prima volta
nel febbraio 1951 al Théâtre de Poche di Parigi dalla compagnia di Marcel Cuvelier187.
Dal 1957, in coppia con La cantatrice calva, continua ad essere rappresentata al Théâtre de la Huchette.
L'incontro tra Ionesco e Marcel Pinard, proprietario di questa piccola realtà teatrale, avviene per caso. Dopo il fiasco di un testo drammatico di François Chalais e la decisione del regista di sospendere le repliche dopo la prima serata, Pinard è costretto a trovare un sostituto che possa tappare il buco di un affitto scoperto per tre mesi con un lavoro che sia già andato in scena e che non richieda tempi di preparazione troppo lunghi. La cantatrice
184 Davide Astori, Ionescu prima di Ionesco, cit., p. 16. 185 Gian Luigi Falabrino, Ionesco, cit. p. 46.
186 Davide Astori, Ionescu prima di Ionesco, cit., pp. 16-18. 187 Gian Luigi Falabrino, Ionesco, cit., p. 21.
e La lezione hanno tutte le carte in regola e vengono allestite sotto la regia di Marcel Cuvalier, a causa della momentanea irreperibilità di Bataille. La sera del 7 ottobre 1952 la sala del piccolo teatro è piena e l'impresa portata avanti da Pinard si conclude nel migliore dei modi.
La ripresa della Cantatrice del 1957 è sotto la direzione di Bataille ed è per questa messa in scena che vengono apportate al testo le modifiche arrivate sino ad oggi e che ne costituiscono la versione definitiva. Nuovamente la rappresentazione ebbe un grande successo, considerata ormai un classico dallo stesso pubblico parigino.
Nonostante la crisi causata da Guy Pinard, figlio di Marcel ed erede del teatro nel 1975, e nonostante il rischio di chiusura del teatro, la rappresentazione delle opere ioneschiane non è mai stata messa in discussione. Nel 1980 la compagnia teatrale si incarica dell'amministrazione di questa piccola realtà che inizia a essere diretta artisticamente da una cooperativa costituita dagli attori della stessa compagnia. La Huchette oggi ospita e produce lavori di ricerca teatrale, accanto alla riproduzione rituale della serata dedicata alle due opere ioneschiane, che hanno raggiunto il record di quasi 20.000 rappresentazioni188.
La lezione è la prima opera che inizia ad affrontare il tema, che sarà centrale nel Rinoceronte, dell'autoritarismo e dell'istinto dell'uomo alla prevaricazione sui più deboli.
Viene definito dall'autore “dramma comico”189, con l'unione tra la parte comica e
tragica per far scaturire l'assurdo.
L'opera è introdotta da lunghe didascalie che descrivono l'ambiente e i personaggi con i loro atteggiamenti, dopo che la protagonista studentessa entra nella casa del professore, accolta dalla governante:
La governante è uscita. L'allieva, piedi sotto la sedia, cartella sulle ginocchia, […]. Ha l'aria di una ragazza ben educata, ma molto sveglia, allegra e dinamica. Ha un bel sorriso fresco. Nel corso del dramma però ella rallenterà gradualmente il ritmo vivace dei movimenti; perderà la gaiezza ed il sorriso e diventerà a poco a poco triste e cupa; estremamente viva all'inizio, apparirà sempre più stanca e sonnolenta. Verso la fine del dramma il suo volto dovrà esprimere chiaramente un collasso nervoso: il suo modo di parlare ne risentirà, la lingua le si farà pastosa, la parole le affioreranno a fatica dalla memoria e usciranno altrettanto a fatica dalla sua bocca [...]. Volitiva all'inizio, sino a sembrare quasi aggressiva, si farà sempre più passiva, sino ad essere nient'altro che un oggetto molle ed inerte, quasi 188 Cfr. Alessandro Pontremoli (a cura di ), La cantatrice chauve di Eugène Ionesco, Edizioni ETS, Pisa, 2009, pp. 188-192.
189 Eugène Ionesco, La lezione, in Teatro, trad. di Gian Renzo Morteo, cit., [Ed. orig., Eugène Ionesco, Théâtre, cit.] p. 48.
inanimato, nelle mani del professore: tanto che quando quest'ultimo compirà il gesto conclusivo, l'allieva non reagirà più. Sarà senza riflessi: solo i suoi occhi, nel volto immobile, esprimeranno uno stupore ed una paura indicibili. Il passaggio da un comportamento all'altro dovrà avvenire, beninteso, insensibilmente190.
Dopo la didascalia dedicata all'allieva, un'altra lunga descrizione darà conto dell'identità e del comportamento del professore:
Il professore entra. È un vecchietto con barbetta bianca; ha gli occhiali, una papalina nera, indossa una lunga casacca nera da maestro di scuola, pantaloni e scarpe nere, un solino bianco, cravatta nera. Eccessivamente compito, timidissimo, voce attutita dalla timidezza, molto corretto, molto professore. Si sfrega continuamente le mani; di tanto in tanto un lampo lubrico appare nei suoi occhi, ma è subito represso.
Nel corso del dramma la sua timidezza scomparirà progressivamente, insensibilmente.I bagliori lubrici dei suoi occhi finiranno per diventare una fiamma divorante, ininterrotta; d'apparenza più che inoffensiva al principio dell'atto, egli diventerà sempre più sicuro di sé, nervoso, aggressivo, dominatore, tanto da giocarsi a suo piacere l'allieva, diventata una povera cosa nelle sue mani. Evidentemente anche la voce del professore dovrà diventare, da sottile a stridula, sempre più robusta e, alla fine, estremamente potente e squillante, mentre la voce dell'allieva si farà quasi impercettibile, da chiara e ben scandita che era all'inizio. Nelle prime scene, forse, il professore balbetterà leggermente191.
La lezione comincia nel modo classico: dopo le presentazioni e i saluti di cortesia, il professore inizia a porre delle domande di geografia all'allieva. Ciò che viene richiesto dall'insegnante sono informazioni estremamente banali alle quali l'allieva non sa rispondere, dichiarando di avere difficoltà ad imparare i capoluoghi dei vari paesi e mostrando incertezza quando deve ripetere le 4 stagioni dell'anno nell'ordine corretto192.
Nonostante queste grosse lacune il professore è ben disposto a rassicurarla e sembra seriamente convinto che la studentessa, dalla grande sete di sapere, potrà migliorare in breve tempo con il suo aiuto, seguendo quindi la volontà dei genitori che le hanno consigliato di specializzarsi, nella convinzione che una solida cultura generale non può bastare. Iniziano quindi le prime contraddizioni tra ciò che i due personaggi dicono e ciò che dimostrano: chiaramente la studentessa non possiede assolutamente una cultura generale solida, ma dichiara di volersi presentare al concorso di libera docenza totale, sia scientifica che letteraria, che si terrà fra 3 settimane. Così grosse mancanze non possono 190 Ivi, p. 54.
191 Ivi, pp. 54-55. 192 Ivi, p. 56.
essere colmate in 3 settimane e anche qualora lo fossero, non sarebbe comunque preparata per affrontare un concorso vero e proprio. Nonostante questo, il professore si dimostra convinto di poter aiutare la ragazza: “Cercheremo, signorina, di fare del nostro meglio. Del resto lei è già considerevolmente dotta. In così tenera età”193.
Dopo l'intenzione del professore di partire dall'aritmetica, la governante Maria entra in scena, apparentemente con la futile scusa di cercare un piatto nella credenza e questo sembra irritarlo molto. Invita la domestica a recarsi in fretta in cucina, mentre questa consiglia invece al professore di non affrontare come primo argomento di studio l'aritmetica, in quanto è una materia che stanca e innervosisce subito. Il vecchio insegnante la liquida velocemente, dicendole che non sono affari suoi e che il suo posto non è in quella sala194. La difficile matematica che i due affrontano si rivela di una
banalità spiazzante, così come le frasi e le verità che i coniugi Smith e Martin pronunciano nella Cantatrice Calva, dal momento che il docente richiede il risultato di operazioni estremamente semplici, come uno più uno, uno più due, tre più uno, quattro più uno,... Sebbene la banalità di queste domande contrasti logicamente con l'obiettivo dell'allieva di poter migliorare per partecipare al concorso di libera docenza totale, le risposte che dà sono corrette. Nelle domande successive invece, il ragionamento logico comune viene bypassato e torna nuovamente il non senso:
Professore Sette più uno? Allieva Otto.
Professore Sette più uno? Allieva Otto bis.
Professore Eccellente risposta. Sette più uno? Allieva Otto ter.
Professore Stupendamente. Brava. Sette più uno? Allieva Otto quater. E talvolta nove195.
193 Ivi, pp. 57-58. 194 Ivi, p. 59. 195 Ivi, p. 61.
L'illogicità del ragionamento non è solo nelle risposte dell'allieva, ma anche in quel ʽtalvoltaʼ, elemento di incertezza che scardina la sicurezza delle precedenti risposte. Il tutto viene giocato sull'aritmetica, una disciplina che si fonda sul ragionamento logico e sulla certezza delle regole che determinano risposte precise, nella quale non c'è spazio per varianti soggettive. Lo stesso accade successivamente, quando il lungo monologo del professore si incentra sulla filologia linguistica e comparata, altra materia caratterizzata da estrema precisione di metodo196:
Professore Bisogna dunque sapere, signorina, che lo spagnolo è la lingua madre da cui sono nate tutte le lingue neo spagnole, fra cui lo spagnolo, il latino, l'italiano, il francese, il portoghese, il rumeno, il sardo o sardanapalo, lo spagnolo e il neo spagnolo, e anche, per certi aspetti, il turco stesso, benché più vicino al greco, fatto d'altronde perfettamente logico, in quanto la Turchia è vicina alla Grecia e la Grecia più prossima alla Turchia di quanto non lo siamo noi due: Questa non è altro che la dimostrazione di una legge linguistica molto importante, secondo la quale: geografia e filologia sono sorelle gemelle. Può prendere nota, signorina
Allieva (con voce spenta) Sì, professore.
Professore Ciò che distingue le lingue neo spagnole tra loro e i loro idiomi dagli altri gruppi linguistici, come i gruppi di lingue austriache e neo austriache o asburgiche, come pure dai gruppi esperantista, elvetico, monegasco, svizzero, andorrano, oppure ancora dai gruppi di lingue diplomatiche e tecniche, ciò che le distingue, dico, è la loro rassomiglianza impressionante, la quale fa sì che a mala pena possano essere distinte l'una dall'altra, parlo delle lingue neo spagnole tra loro, le quali ad ogni modo si può pervenire a distinguere mercè i loro caratteri distintivi, prova assolutamente irrefutabile della straordinaria rassomiglianza che rende incontestabile la loro origine comune, e che, al contempo, le differenzia profondamente, in virtù di quei tratti distintivi di cui ho parlato197.
Il tortuoso ragionamento del professore seda l'attenzione dell'allieva, che risponde con voce spenta, non riuscendo a seguire il filo logico del monologo del docente. La figura dell'insegnante, incaricato di spiegare e far capire ciò che l'alunno deve apprendere, assume qui la funzione contraria di disorientamento. Più il professore va avanti con i suoi ragionamenti e le sue domande, più si rivela chiara la volontà di soggiogare e schiacciare
196 Cfr. Annamaria Viceconte (a cura di), La leçon di E. Ionesco, supervisione di Franco Eugeni, p. 2, disponibile sul sito: http://www.apav.it/mat/tempolibero/teatro/teatro.htm, consultato il 9/8/2019.
l'allieva, non di istruirla198. L'insegnante sembra servirsi dell'aritmetica prima e della
filologia dopo per far scaturire la propria rabbia, nonostante i consigli della governante che lo invita a smettere prima che sia troppo tardi. La lezione infatti procede con il progressivo aumento di aggressività del professore e la contemporanea passività dell'allieva, colta da un improvviso mal di denti, finchè l'opera giunge al dialogo finale incentrato sulla parola ʽcoltelloʼ, accuratamente scelta dal docente:
Professore […]. Eccone uno signorina, ecco un coltello. È un peccato che non ci sia che questo; ma cercheremo comunque di servircene per tutte le lingue. Basterà che lei pronunci la parola coltello in tutte le lingue, guardando l'oggetto molto da vicino, intensamente, immaginando che sia della lingua che lei dice.
Allieva Ho mal di denti.
Professore (quasi cantando, come un a melopea) Allora dica : «col» come «col», «tello» come «tello»...E guardi, guardi intensamente...
[…].
Allieva No! Ho male alle orecchie, ho male dappertutto...
Professore Adesso te le strappo io, cocca, le tue orecchie, così non ti faranno più male. […].
Allieva Ah se proprio ci tiene...col...coltello... (Un istante lucida, ironica) È neo spagnolo... Professore Se si vuole, sì, neo spagnolo, ma si spicci...
Allieva Anche il neon è neo spagnolo? […].
Professore Talvolta...ma non sempre...adesso però non abbiamo tempo... E poi che cos'è questa domanda subdola? Come si permette?
[…].
Professore (come il cucù) Coltello...coltello
Sono tutti e due in piedi, lui brandendo sempre il coltello invisibile, quasi fuori di sé, gira attorno all'allieva, in una specie di danza della morte, ma non bisogna esagerare e i passi di danza del professore devono essere appena accennati, lei, in piedi, in faccia al pubblico, si dirige indietreggiando, in direzione della finestra, sofferente, languida, stregata.
Ripeta, ripeta: coltello...coltello...coltello...
Allieva Ho male...la mia gola, col...ah...le mie spalle... i miei seni...coltello... […].
Professore (cambiando voce) Attenzione... il coltello uccide... Allieva (con voce debole) Sì, sì... il coltello uccide?..
Professore (uccide l'allieva con un gran colpo spettacolare di coltello) Aaah, prendi199.
Si conclude con questo atto estremo la mutazione progressiva dell'atteggiamento del professore che, da timido ed educato, si trasforma in autoritario, spregevole e aggressivo. Il vortice di parole che caratterizza le sue lunghe tirate sui vari argomenti affrontati sembra trasportarlo in uno stato di ipnosi autoalimentata che lo trasforma totalmente. Del tutto annientata è la persona e la personalità dell'allieva, che nel suo mal di denti manifestato all'inizio, tramutatosi poi in un dolore generale che prende anche altre parti del corpo, somatizza il disagio psicologico che prova nel procedere della lezione200.
Con il mutamento degli atteggiamenti varia anche il ritmo del dialogo: al principio il professore sembra parlare quasi con riserbo, mentre la ragazza interloquisce con spigliatezza e prontezza. Appena l'allieva inizia a dimostrare i primi segni di difficoltà, il docente, andando contro al corretto comportamento che un insegnante dovrebbe tenere, inizia ad incalzarla con domande che hanno il preciso scopo di metterla in difficoltà. Anche gli esempi, che originariamente nascono per spiegare praticamente una determinata regola, sono usati in modo opposto: hanno il fine di confondere piuttosto che chiarire:
Professore Richiamo la sua attenzione sulle consonanti che cambiano natura negli incontri. Le F diventano in questi casi delle V, le D delle T, le G delle K, e viceversa, come negli esempi che segnalo: tre ore, i bambini, il galletto al vino, l'era nuova, ecco la notte201.
Il dialogo appare sempre più sconnesso con il procedere della lezione e lo scambio di battute tra i due personaggi diventa sempre più inconsistente, basato totalmente sulla ripetizione da parte dell'allieva, sia delle parole del professore, sia della frase “ho mal di denti”202. La tragedia che si consuma nell'opera non riguarda soltanto l'uccisione della
ragazza ma anche, come accade nella Cantatrice calva, la morte del linguaggio e
199 Eugène Ionesco, La lezione, cit., pp. 83-85.
200 Cfr. Annamaria Viceconte (a cura di), La leçon di E. Ionesco, cit., p. 4. 201 Eugène Ionesco, La lezione, cit., p. 73.
l'impossibilità per l'uomo di sostenere un dialogo di senso compiuto. Rispetto al dramma precedente, in questa pièce l'impossibilità di sostenere un dialogo porta addirittura al delitto di una persona, che soccombe psicologicamente e fisicamente alla difficoltà di comunicare e di ribellarsi al professore. Ionesco si serve della lezione di un maestro ad un'allieva, momento per eccellenza in cui lo scambio di informazioni dovrebbe essere significativo e proficuo, per esprimere la vacuità del linguaggio umano203.
Il tragico viene portato all'estremo nel momento in cui, dopo l'uccisione della ragazza, il professore, apparentemente colto dal panico dopo l'arrivo della governante, cerca di far passare la propria azione come involontaria. Maria conosce bene il docente e non si fa raggirare dalla sua apparente insicurezza:
Governante […]. E dire che io l'avevo avvertito un momento fa: l'aritmetica conduce alla filologia e la filologia conduce al delitto...
Professore Lei aveva detto al «peggio». Governante È la stessa cosa.
Professore Avevo capito male. Io credevo che «peggio» fosse una città e che volesse dire che la filologia conducesse alla città di Peggio...
Governante Sporco bugiardo. Brutta vipera. Un erudito come lei non si sbaglia nel senso delle parole. Non creda di farmela.
Professore (singhiozza) Non l'ho fatto apposta ad ucciderla204.
Se il professore commette un errore è perché ha un fine ben preciso e la governante lo sa bene, dal momento che successivamente rivela che questo non è il primo episodio di violenza che viene commesso ai danni di una ragazza: ne ha uccise ben 39 prima di lei. Dopo lo spostamento del corpo il campanello suona, la governante va ad aprire e una nuova allieva si presenta alla casa del professore. La ripetizione non è caratteristica dunque soltanto del linguaggio, ma della vita stessa. Si consumano sempre le stesse tragedie, in una ciclicità che è impossibile interrompere, perché impossibile è far mutare l'atteggiamente dell'uomo stesso.
Il comportamento dell'insegnante e la totale sottomissione della studentessa 203 Gian Luigi Falabrino, Ionesco, cit. p. 22-23.
riflettono, più in generale, qualsiasi atteggiamento autoritario che Ionesco condanna totalmente. Mentre nel Rinoceronte il tema si fa più chiaro e politico, nella Lezione viene affrontato dal punto di vista culturale e più estesamente umano.
L'autore ha sempre combattuto, per tutto il corso della vita, contro i critici che avevano la pretesa di giudicare le proprie opere in modo sommario e superficiale, dando per questo giudizi negativi e anche contraddittori.
In Note e contronote molte pagine sono dedicate alla critica che spesso non lo ha compreso e lo ha classificato con definizioni che lui non sente proprie205. Un episodio
risalta all'interno del volume, in cui Ionesco descrive l'incontro con tre giovani critici, al corrente di tutto ciò che di buono o cattivo era stato detto intorno alle sue opere:
Nel corso della conversazione, potei rendermi conto che i miei tre visitatori conoscevano poco, attraverso la lettura o gli spettacoli, le mie opere teatrali. Discutevano dunque intorno all'argomento, indifferente dell'argomento stesso, cosa che, a loro giudizio, era normalissima poiché non è l'argomento che interessa, ma le sue ripercussioni collettive: idea, che può essere difesa, benché si possa rilevare che spesso le reazioni dei pubblici sono distorte o manovrate apertamente o no206.
Aldilà dei giudizi positivi o negativi che qualsiasi autore deve aspettarsi e apprezzare in ogni caso, soprattutto i secondi dal momento che “la critica velenosa conserva un autore meglio di quanto l'alcool conservi un frutto”207, ciò che Ionesco non
riesce a sopportare è che il parere del grande pubblico sia guidato da persone che pretendono di giudicare senza aver ascoltato e letto attentamente ciò che il drammaturgo esprime nelle proprie opere, nelle interviste e in altri scritti. I critici non sono obiettivi nei loro giudizi, poiché non vogliono perdere tempo a conoscere realmente l'autore su cui stanno formulando un parere. Il paradosso è che questa critica parziale e di poco valore guida la massa del pubblico ed è quindi in grado di esaltare e portare al successo, ma anche di affossare, un determinato autore. L'insuccesso dovuto alla critica, come precedentemente detto, è ancora più pesante da accettare poiché i pareri negativi sono fondati su una lettura parziale di ciò che il drammaturgo vuole esprimere in realtà.
La critica muove la fortuna degli autori, così come il professore prevale e sottomette l'allieva, fino a portarla alla morte. Sono costretti a sottostare a un tale potere senza poter far molto per cambiare i fatti, volendo rimanere coerenti con se stessi. Proprio uno dei 205 Cfr. Antonietta Sanna, La lingua insolita di Eugène Ionesco, cit., p. 8.
206 Eugène Ionesco, Note e contronote, cit., p. 60. 207 Ivi, pp. 63-64.
giovani di cui sopra, in un incontro successivo avuto con Ionesco, dice al drammaturgo:
[…] egli mi dichiarava improvvisamente, che io potevo diventare, se lo volevo, il più grande autore di teatro moderno.
̶ Non chiedo di meglio, ̶ gli dissi febbrilmente, ̶ mi dia la ricetta!
̶ È molto semplice, ̶ mi rispose, ̶ noi ci aspettiamo da lei un messaggio. Per il momento, le sue opere non recano questo messaggio. Sia brechtiano e marxista!
Gli risposi che siffatto messaggio era già stato divulgato: che di conseguenza era noto, accettato dagli uni, ripudiato dagli altri, che la questione, ad ogni modo, era posta, sicché, limitandomi a ripetere cose già dette, senza offrire nulla di nuovo, non avrei certamente potuto, come lui sosteneva, diventare «il più grande autore del teatro contemporaneo».