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All'interno di questo capitolo verrà descritto l'esordio teatrale di Ionesco, soprattutto per quanto riguarda la sua prima opera rappresentata: La cantatrice calva. Quello dell'autore non è un inizio facile nel campo della drammaturgia, poiché è stato relegato per un certo tempo ai margini della società culturale parigina, occupandosi principalmente di traduzioni di scrittori romeni e impostando la sua prima opera tetrale in un linguaggio e con una concezione estremamente diverse da quelle tradizionali. Purtroppo nel momento in cui La cantatrice venne rappresentata, non fu apprezzata dal pubblico e non godrà di un grande successo presso i critici teatrali e letterari84, fatta eccezione per pochissimi casi,

tanto che Ionesco scrive:

Sono trascorsi già sette anni da quando la mia prima commedia è stata recitata a Parigi. Fu un piccolo insuccesso, un mediocre scandalo. Alla seconda commedia, l'insuccesso fu già un po' maggiore, lo scandalo leggermente più importante. Nel 1952, con Le sedie le cose cominciarono ad acquistare peso: otto persone, scontente, assistevano tutte le sere allo spettacolo […]85.

Nonostante in età adulta Ionesco abbia consacrato la sua arte al teatro, la carriera da drammaturgo non è mai stata, in gioventù, uno dei suoi principali obiettivi da perseguire:

Quando mi si domanda: «Perché scrive per il teatro?», mi sento sempre molto imbarazzato, non so che rispondere. Mi pare, talvolta, d'aver cominciato a scrivere per il teatro perché lo 83 Eugène Ionesco, Note e contronote, cit., p. 128.

84 Gian Luigi Falabrino, Ionesco, in La nuova Italia, Il Castoro, Firenze, 1967, p. 18. 85 Eugène Ionesco, Note e contronote, cit., p. 213.

detestavo. Leggevo opere letterarie, saggi, andavo al cinema con piacere. Ascoltavo ogni tanto della musica, visitavo gallerie d'arte, ma non andavo, per così dire, mai a teatro. […]. Non provavo alcun piacere, mi sentivo estraneo. La recitazione degli attori mi metteva a disagio: ero a disagio per loro. Le situazioni mi parevano arbitrarie. Avvertivo sempre qualcosa di falso.

La rappresentazione teatrale non aveva niente di magico, per me. Tutto mi pareva un po' ridicolo, un po' squallido. […].

Andare a teatro, era per me andare a vedere persone, apparentemente seriem che davano spettacolo di per sé. Tuttavia non sono uno spirito completamente terra a terra. Non sono nemico della fantasia. Ho sempre pensato che la verità della finzione poetica è più profonda, più ricca di significati della realtà. L'avvilisce, l'attenua, la falsa, non tenendo conto delle nostre verità e ossessioni fondamentali: l'amore, la morte, lo stupore. […].

La finzione non mi urtava affatto nel romanzo, e l'ammettevo al cinema. La finzione del romanzo, così come i miei sogni aveva la forza per imporsi a me con naturalezza, come una realtà possibile. La recitazione degli attori cinematografici non provocava in me quel disagio indefinibile, quel fastidio suscitato dalla rappresentazione teatrale. […].

Credo di capire oggi che a teatro ciò che m'infastidiva, era la presenza del palcoscenico di personaggi in carne e ossa86.

Da bambino, tuttavia, l'interesse per il teatro si rivela più forte e profondo di ciò che sente in età adulta:

Tuttavia ricordo ancora che, da ragazzo, mia madre non poteva mai distaccarmi dal teatrino delle marionette, nei giardini del Luxembourg. Stavo lì, avrei potuto restare lì, affascinato, per giornate intere. Eppure non ridevo. Lo spettacolo delle marionette mi ipnotizzava con la visione di quei pupazzi che parlavano, muovevano, si bastonavano. Ciò che vedevo era il mondo stesso, insolito, inverosimile, ma più vero che il vero, riprodotto in una forma estremamente semplificata e caricaturale, quasi per sottolineare la grottesca e brutale verità87.

Il 14 maggio del 1950 nel piccolo Teatro dei Nottambuli viene rappresentata per la prima volta La cantatrice calva, con la regia di Nicolas Bataille.

L'opera teatrale in francese, inizialmente è stata elaborata in lingua romena: l'antecedente della Cantatrice è il racconto Englezeşte fără profesor, fatto pubblicare da Petru Comarnescu sul primo numero della rivista Secolul XX di Bucarest88.

La storia di questa rappresentazione inizia già nel 1948, quando all'età di 39 anni Ionesco decide di voler provare ad imparare l'inglese. Per perseguire questo scopo 86 Ivi, pp. 19-20

87 Ivi, pp. 23-24.

acquista un piccolo manuale di conversazione franco-inglese, Assimil, dal titolo

L'Anglaise sans peine89.

Nel tentativo di imparare a memoria le frasi scritte nel piccolo libro, Eugène viene colpito principalmente dalla ripetitività e dalla banalità delle formule, che riflettono le strutture basilari della grammatica e dai brevi dialoghi vuoti e banali: “Rileggendole attentamente, imparai dunque non l'inglese, ma sorprendenti verità: per esempio che la settimana ha sette giorni, cosa che d'altronde sapevo; oppure, che il pavimento è sotto, il soffitto sopra […].”90. Dopo che l'autore del manuale lo ha messo davanti a ʽverità

universaliʼ, adesso svela verità particolari e per fare ciò adotta la forma dialogica. Grazie a questo cambiamento di impostazione Ionesco viene a contatto con quelli che saranno poi i personaggi protagonisti della sua ʽanticommediaʼ: La Signora e il Signor Smith, la serva Mary e i coniugi Martin91.

Andando avanti con la lettura, le affermazioni cambiano progressivamente: si passa da informazioni che la signora Smith dà a suo marito riguardo la loro casa, sui loro figli, sulla loro serva, come se lui non ne fosse a conoscenza perché ʽdistrattoʼ, per arrivare al dialogo con i coniugi Martin, in cui vengono affrontate verità particolari come la tranquillità della campagna e la densità della popolazione in città. Da qui, l'illuminazione:

Non si trattava più per me di perfezionare la conoscenza della lingua inglese. Sforzarmi di arricchire il mio vocabolario d'inglese, imparare parole, per tradurre in un'altra lingua cose che potevo benissimo dire in francese, senza tenere conto del «contenuto» di queste parole, di ciò che rivelavano, avrebbe significato cadere in quel peccato di formalismo che oggi i maestri del pensiero a buon diritto condannano. La mia ambizione era divenuta più grande: comunicare ai miei contemporanei le verità essenziali di cui, il manuale di conversazione franco-inglese, mi aveva reso cosciente92.

Con queste premesse, ciò che Ionesco rappresenterà sulla scena teatrale, non sarà altro che una visione della profonda crisi del linguaggio, dei sentimenti e della comunicazione di cui tutto il genere umano è vittima.

Una delle peculiarità principali è il titolo La cantatrice calva, che non è affatto collegato al testo dell'opera. Sarà questa una delle cause principali che non farà apprezzare il lavoro dell'autore: il pubblico, abituato al teatro tradizionale e cercando nella

89 Gian Luigi Falabrino, Ionesco, cit., p. 12. 90 Eugène Ionesco, Note e contronote, cit., p. 169. 91 Gian Luigi Falabrino, Ionesco, cit., p. 12. 92 Eugène Ionesco, Note e contronote, pp. 170-171.

rappresentazione un personaggio che incarnasse la misteriosa cantatrice calva (un attributo comunque inusuale per una cantatrice), o uno o più riferimenti che potessero spiegare la ragione del titolo, si sentirà preso in giro dallo stesso autore.

Originariamente il titolo era L'anglaise sans peine, ma, sotto suggerimento del regista Nicolas Bataille, Ionesco ne cercò uno più consono e propose L'heure anglaise,

Big Ben folies, Une heure d'anglaise, ma tutti avevano una connotazione ironica troppo

forte nei confronti degli inglesi e perciò venne presa la decisione di cambiarlo, anche perché, nonostante l'ambientazione caricaturale, l'opera non poteva essere ridotta ad una satira della vita inglese. Particolare è il modo in cui Ionesco riesce ad ideare un titolo nuovo così originale: durante le prove dello spettacolo tetrale l'attore Henri-Jacques Huet, della compagnia di Nicolas Bataille, nella parte del Pompiere, invece di recitare correttamente le parole “istitutrice bionda”, pronuncia “la cantatrice calva”, un accostamento così insolitò tra il significato del sostantivo e del suo attributo, da attirare subito l'attenzione del drammaturgo93.

I primi personaggi che appaiono sulla scena sono Mr. e Mrs. Smith, dai nomi tipicamente inglesi, inseriti in un contesto chiaramente inglese, come viene ribadito più volte dall'autore nella lunga didascalia iniziale:

Interno borghese inglese, con poltrone inglesi. Serata inglese. Il signor Smith, inglese, nella sua poltrona e nelle sue pantofole inglesi, fuma la sua pipa inglese e legge un giornale inglese accanto a un fuoco inglese. Porta occhiali inglesi, la signora Smith, inglese, rammenda un paio di calze inglesi. Lungo silenzio inglese. La pendola inglese batte diciassette colpi inglesi94.

Il dialogo tra moglie e marito si presenta più come un monologo della signora Smith: il signor Smith, del tutto incurante delle parole pronunciate dalla consorte, è concentrato nella lettura del suo “giornale inglese”95 seduto sulla sua “poltrona inglese”96.

Un particolare stupisce: la pendola batte 17 colpi. Posta questa affermazione nella didascalia iniziale, lo spettatore può pensare ad un errore dell'autore o più banalmente ad un malfunzionamento della pendola dal momento che l'orario esatto, dichiarato dalla Signora Smith, si riferisce alle h. 9.00. Potrebbe essere un fatto del tutto trascurabile, ma questa tematica avrà poi un ulteriore sviluppo con l'andare avanti dell'opera.

93 Gian Luigi Falabrino, Ionesco, pp. 16-17.

94 Eugène Ionesco, La cantatrice calva, in Teatro, trad. di Gian Renzo Morteo, sesta edizione, Einaudi, Torino, 1961, [Ed. orig., Eugène Ionesco, Théâtre, Éditions Gallimard, Parigi, 1958], p. 9.

95 Ibidem. 96 Ibidem.

Signora Smith Già le nove. Abbiamo mangiato minestra, pesce patate al lardo, insalata inglese. I ragazzi hanno bevuto acqua inglese. Abbiamo mangiato bene, questa sera. La ragione si è che abitiamo nei dintorni di Londra e che il nostro nome è Smith.

Signor Smith (continuando a leggere, fa schioccare la lingua).

Signora Smith Le patate sono molto buone con il lardo l'olio dell'insalata non era rancido. L'olio del droghiere dell'angolo è di qualità assai migliore dell'olio del droghiere di fronte, ed è persino migliore dell'olio del droghiere ai piedi della salita. Non voglio dire però che l'olio di costoro sia cattivo.

Signor Smith (continuando a leggere, fa schioccare la lingua). […].

Signora Smith Questa volta Mary ha cotto le patate proprio a dovere. L'ultima volta non le aveva fatte cuocere bene. A me piacciono solo quando sono ben cotte.

Signor Smith (continuando a leggere, fa schioccare la lingua).

Signora Smith Il pesce era fresco. Mi sono persino leccata i baffi. Ne ho preso due volte. Anzi, tre. Mi farà andar di corpo. Anche tu ne hai preso tre volte. […].

Signor Smith ( fa schioccare la lingua).

Signora Smith Tutto sommato però la minestra era forse un po' troppo salata. Aveva più sale in zucca di te. Ah, ah, ah. […]97.

Già da questa citazione dell'inizio della prima scena, risaltano subito alcuni aspetti particolari sia del linguaggio di Ionesco, sia della costituzione della stessa opera.

La Signora Smith, nel suo lungo monologo, usa regole grammaticali fondamentali, evidenziate in rosso, che l'autore ha desunto proprio dal manuale che ha dato origine all'opera: l'uso del verbo mangiare e bere e di verbi irregolari, il paragone, il verbo essere al passato, i diversi usi della parola ʽsaleʼ e la derivazione aggettivale.

Inizia così a delinearsi quello che sarà il linguaggio tipico di Ionesco, tendente all'assurdo, nelle parole e nelle frasi evidenziate in verde: l'acqua viene definita inglese, come gli altri oggetti della casa, ma è un aggettivo abbastanza strano da associare con questa particolare sostantivo. Inoltre la Signora Smith spiega il motivo della loro ottima cena, non elogiando la cuoca e i prodotti che hanno consumato, ma dicendo che la ragione

del loro mangiar bene risiede nell'abitare nei dintorni di Londra e nel chiamarsi Smith. Una spiegazione che non ha alcun nesso logico con ciò di cui la Signora stava parlando in precedenza.

Gli esercizi grammaticali continuano anche nelle parti successive, con l'elenco di vocaboli relativi alla famiglia, alla casa e al cibo:

Signora Smith Il nostro bambino avrebbe voluto bere della birra, un giorno o l'altro non lo terrà più nessuno. Ti rassomiglia. Hai visto a tavola, come fissava la bottiglia? […]. Elena invece rassomiglia a me: brava donna di casa, economa, suona il piano. Non chiede mai di bere birra inglese. È come la più piccola, che beve solo latte e non mangia che pappa. Da ciò si può capire che ha solo due anni. Si chiama Peggy.

Il pasticcio di mele cotogne e fragole era formidabile. Alla frutta avremmo forse potuto concederci un bicchierino di Borgogna australiano, ma non ho voluto mettere in tavola il vino per non dare ai ragazzi un cattivo esempio di golosità. Bisogna insegnare loro ad essere parchi e misurati nella vita.

Signor Smith (continuando a leggere, fa schioccare la lingua).

Signora Smith La signora Parker conosce un droghiere rumeno, chiamato Popesco Rosenfeld, che è appena arrivato da Costantinopoli. È uno specialista di yoghurt. È diplomato alla scuola di fabbricanti di yoghurt di Adrianopoli. Domani andrò da lui a comprare una

grossa pentola di yoghurt rumeno folkloristico. Non si trovano sovente cose così nei dintorni di Londra98.

Non continua soltanto l'esposizione di parole e regole grammaticali, ma anche di frasi senza alcun senso logico. La Signora Smith cita un particolare tipo di vino rosso australiano proveniente dalla Borgogna, fatto molto strano dal momento che in Australia non esiste alcuna regione che possiede questo nome. Anche il “formidabile pasticcio di mele cotogne e fragole”99, risulta un elemento assai ʽparticolareʼ dal momento che le mele

cotogne sono un frutto tipicamente invernale, al contrario delle fragole che nascono in estate. Come possono essere utilizzate entrambe dentro una torta?

L'ultima frase della battuta della Signora Smith, relativa alla modestia che vuole insegnare ai propri figli, sembra essere un'espressione troppo forte da associare alla sola volontà di non mettere il vino rosso in tavola durante la cena.

Nella battuta successiva sono presenti altre illogicità: Popesco Rosenfeld,

98 Ivi, pp. 10-11. 99 Ibidem.

produttore di yoghurt, è un rumeno che possiede un cognome tipico degli ebrei e proviene da Costantinopoli. Produce e vende uno yoghurt speciale definito ʽfolkoristicoʼ, aggettivo inusuale per descrivere tale prodotto e la Signora Smith desidera acquistarne una pentola intera, contenitore inadatto per quel genere di alimento. L'ultima frase è la summa di tutte le stranezze elencate dalla donna, dal momento che queste non solo non potrebbero essere trovate spesso nei dintorni di Londra, ma in nessuna parte del mondo.

Nelle battute successive assistiamo ad una modifica sostanziale del monologo portato avanti dalla signora Smith, che diventa finalmente dialogo, grazie all'intervento di suo marito:

Signora Smith Lo yoghurt è quel che ci vuole per lo stomaco, le reni, l'appendice e l'apoteosi. Me l'ha detto il dottor Mackenzie-King, che cura i bambini dei nostri vicini, i Johns. È un bravo medico. Si può aver fiducia in lui. Non ordina mai dei rimedi senza averli prima sperimentati su di sé. Prima di far operare Parker, ha voluto farsi operare lui al fegato, pur non essendo assolutamente malato.

Signor Smith Come si spiega allora che il dottore se l'è cavata, mentre Parker è morto?

Signora Smith Evidentemente perché sul dottore l'operazione è riuscita, mentre su Parker no.

Signor Smith Quindi Mackenzie non è un bravo medico. L'operazione avrebbe dovuto riuscire su tutti e due, oppure tutti e due avrebbero dovuto soccombere.

Signora Smith Perché?

Signor Smith Un medico coscienzioso dovrebbe morire insieme col malato, se non possono guarire assieme. Il comandante di una nave perisce con la nave, nei flutti. Non sopravvive mica.

Signora Smith Non si può paragonare un malato ad una nave.

Signor Smith E perché no? Anche la nave ha le sue malattie; d'altronde il tuo medico è sano come un pesce; ragione di più, dunque, per perire assieme al malato come il dottore con la sua nave.

Signora Smith Ah! Non ci avevo pensato...Forse hai ragione...E allora cosa si deve concludere?

Signor Smith Che tutti i medici sono ciarlatani. E anche tutti i malati. Solo la marina è sana, in Inghilterra.

Signora Smith Ma non i marinai.

Signor Smith Beninteso100.

Finalmente il Signor Smith interviene nel monologo della moglie, rispondendo al suo paradosso con un'altra affermazione illogica: il dottor Mackenzie-King è un buon medico perché sperimenta in prima persona le cure che prescrive ai pazienti, così fa anche con gli interventi, tanto che si è fatto operare al fegato quando non ne avrebbe avuto alcun bisogno. Parker, il paziente realmente bisognoso dell'operazione, non è però sopravvissuto. Il Signor Smith replica a questo: se Mackenzie-King fosse stato davvero un buon medico, sarebbe dovuto morire anche lui durante l'operazione, così come è successo al Signor Parker, oppure entrambi avrebbero dovuto sopravvivere, così come fa il capitano di una barca che affonda insieme alla nave tra i flutti nella tempesta. La morte è presentata come questione morale, non fisica e scientifica. Il Signor Smith reclama logica, ma esprime esattamente il contrario101.

La Signora Smith replica al marito con la prima frase di senso compiuto: “Non si può paragonare un malato ad una nave”102, tuttavia da questo primo suggerimento di

logicità, il discorso ritorna nuovamente nel ʽnon sensoʼ, dal momento che il Signor Smith risponde con un gioco di parole, di cui Ionesco farà molto uso, associando la tematica navale alla buona salute del dottore che ʽè sano come un pesceʼ. La moglie, nonostante il barlume di logica dimostrato precedentemente, cade nuovamente nel paradosso, dando ragione al marito, a cui chiede quali siano le conclusioni da trarre, che si dimostreranno chiaramente senza alcun filo logico, poiché senza nessuna motivazione valida i medici vengono definiti dei ciarlatani mentre la marina inglese sana, al contrario però dei marinai.

Le scene appena citate descrivono un universo in cui il dialogo è impossibile103.

Secondo le massime conversazionali, che governano il dialogo secondo logica, pertinenza e cooperazione tra i parlanti, definite dal filosofo Herbert Paul Grice nella teoria della conversazione, un colloquio per esistere e poter essere chiamato tale deve rispettare 4

100 Ivi, pp. 11-12. 101 Ibidem. 102 Ibidem.

principi: la ʽquantitàʼ: il dialogo non deve essere ridondante, il parlante non deve dare né troppo informazioni né troppo poche, ma solamente quelle giuste e richieste; la ʽqualitàʼ: il parlante darà informazioni veritiere, non false o di cui non dispone prove sufficienti; la ʽrelazioneʼ: il parlante sarà pertinente con l'argomento principale della conversazione; il ʽmodoʼ: il parlante dovrà scegliere parole chiare, non dovrà risultare oscuro o ambiguo104.

Le massime costituiscono delle norme e possono essere violate. Qualora venga violata solo una regola, la conversazione è comunque possibile, tuttavia qualora tutte le norme non siano rispettate, il dialogo è impossibile e quindi non può esistere.

Inizialmente la Signora Smith, desiderosa di parlare con il marito, ma non ricevendo alcuna risposta, porta avanti un lungo monologo senza logica. In seguito, anche quando il Signor Smith accetta di prendere parte al dialogo con la moglie, questo si dimostra totalmente illogico e quindi nuovamente impossibile per la totale assenza di chiarezza nel messaggio.

Da ciò vediamo che nessuna delle norme conversazionali di Grice è rispettata: la quantità del dialogo è del tutto sbilanciata verso la Signora Smith, specialmente all'inizio della narrazione, quando la conversazione non può esistere a causa della non collaborazione all'atto dialogico del Signor Smith, il quale si limita a schioccare la lingua, usando sì l'apparato fonico, ma nel modo sbagliato, cioè producendo suoni che non hanno alcun significato105; la qualità è assai bassa, soprattutto nel dialogo riguardante il dottor

Mackenzie-King, dal momento che né la Signora Smith, né suo marito, hanno competenze mediche tali da poter giudicare l'operato del dottore.

La relazione è pressoché inesistente, tutta la conversazione è basata sull'illogicità e i cambiamenti repentini di tematiche senza alcun nesso logico con le precedenti; il modo di dialogare dei due parlanti è oscuro e non chiaro, non tanto per la difficoltà delle parole scelte, quanto per il loro uso che non sempre rispetta le norme grammaticali, come l'attribuzione di aggettivi a sostantivi lontani semanticamente: il vino definito ʽBorgogna australianoʼ, lo yoghurt ʽromeno folkloristicoʼ, ….