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La cooperazione giudiziaria in materia civile: dal Trattato di Maastricht a quello di Amsterdam

La Cooperazione giudiziaria in materia civile e il tentativo di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membr

3.1 La cooperazione giudiziaria in materia civile: dal Trattato di Maastricht a quello di Amsterdam

Anteriormente all’emanazione del Trattato di Amsterdam160, la base giuridica su cui trova fondamento la possibilità di realizzare concretamente la cooperazione giudiziaria in materia civile tra gli Stati membri è data dall’articolo 220 del Trattato CE, che prevede per gli stessi l’avvio di negoziati per promuovere la semplificazione delle formalità cui sono sottoposti il reciproco riconoscimento e la reciproca esecuzione delle decisioni giudiziarie e delle sentenze arbitrali. Attraverso tale norma, se da un lato si conferma il principio dell’autonomia normativa dei singoli Stati membri, dall’altro si sollecita a regolare il tema attraverso l’utilizzo delle fonti pattizie.161

Tale attività nel corso degli anni ha contribuito a costruire una base giuridica minima per il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni, agevolando un lento processo di conformazione delle prassi e delle procedure giurisdizionale a livello dei singoli Stati membri. Tuttavia già con la pubblicazione del Trattato di Maastricht162, al fine di agevolare la libera circolazione dei cittadini nell’ambito

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In vigore dal primo maggio 1999.

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In proposito si vedano le convenzioni di Bruxelles del 1968 e di Lugano del 1988 che riguardano la competenza giudiziaria e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale. Esse sono completate nel 1995 dalla convenzione relativa alle procedure di insolvenza e infine nel 1980 dalla convenzione di Roma in merito alle obbligazioni contrattuali.

In seguito nel 1998 è stipulata la convenzione “Bruxelles II”, concernente la competenza, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni nelle cause matrimoniali, che determina lo Stato membro in cui può essere presentata la domanda di divorzio e le condizioni in base alle quali la decisione potrà essere riconosciuta ed eseguita.

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del terzo Pilastro,163si promuoveva la cooperazione giudiziaria in materia di giustizia e affari interni.164

Nel procedere ad un graduale processo di armonizzazione ha contribuito anche la Corte di giustizia, che pur in presenza del principio dell’autonomia,165 ha di fatto sanzionato eventuali violazioni dei principi fondamentali del diritto comunitario nel conoscere le normative processuali degli Stati membri.I principi dell’ordinamento comunitario che sono stati chiamati in causa in tale ambito sono stati in particolare:

a) il principio di equivalenza, secondo il quale i singoli Stati membri non possono adottare nella tutela dei diritti di fonte comunitaria procedure meno favorevoli di quelle che riguardino ricorsi analoghi di natura interna;

b) il principio di effettività della tutela giurisdizionale, che prevede che i sistemi di diritto processuale dei singoli Stati non rendano impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento comunitario.

Nel corso degli anni le innumerevoli pronunce sul tema in oggetto hanno contribuito al delinearsi dell’elaborazione giurisprudenziale in merito al giusto processoa livello comunitario.166

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Il sistema su cui si fondava l’Unione Europea si incentrava su tre pilastri: Primo pilastro, rappresentato dalla Comunità europea, che impiega gli strumenti giuridici e le procedure definiti dai trattati istitutivi delle tre originarie Comunità; Secondo Pilastro, che si occupa della Politica estera e di Sicurezza comune (PESC); Terzo pilastro, nel quale viene disciplinata la cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni, che, nell’originaria impalcatura del Trattato di Maastricht, comprende la cooperazione giudiziaria penale.

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Nella formulazione originaria di tale atto è compresa la cooperazione giudiziaria in materia penale. Si veda Art. K, del titolo VI del TUE, secondo un assetto che è stato in parte modificato dal Trattato di Amsterdam.

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Secondo cui le modalità di tutela degli interessi giurisdizionali sono riservati ai singoli Stati membri.

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In merito al principio di equivalenza citato, si portano ad esempio le pronunce della Corte attraverso le quali si è giunti a ritenere confliggenti con i principi del diritto comunitario le disposizioni degli ordinamenti che nel condizionare l’operatività di determinati strumenti cautelari di tutela alla loro esigibilità entro il territorio nazionale, rendevano meno agevole l’accesso alla giustizia da parte degli stranieri rispetto ai cittadini: in Saldanha, del 2 ottobre 1997; Mund &Fester, del 10 febbraio 1994. Inoltre con riguardo al principio di effettività della tutela giurisdizionale, hanno particolare rilevanza le pronunce interpretative della Corte di Giustizia che hanno costituito il fondamento comunitario della garanzia alla tutela cautelare: Factortame, del 19 giugno 1990; Zuckerfabrick Suderdithmarschen, del 21 febbraio 1991 e Atlanta, del 9 novembre 1995.

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Con la redazione del Piano d’azione di Vienna,167che ha anticipato il Trattato di Amsterdam, si è perseguito l’obiettivo di operare una semplificazione della normativa relativa alla cooperazione giudiziaria, nonché di anticipare la creazione del cd. spazio giudiziario europeo.

Un’accellerazione di tale processo di integrazione normativa si è compiuta con la pubblicazione del Trattato di Amsterdam.In sostanza si è assistito ad un processo di comunitarizzazionedella materia della cooperazione giudiziaria in materia civile, attraverso l’inserimento nel Titolo IV del Trattato Ce ed il trasferimento di tale materia all’interno del cd. primo pilastro, passando da un modello di cooperazione tra Stati (che si esplica attraverso la conclusione di accordi internazionali), ad un altro di vera integrazione a livello sopranazionale, con la possibilità per le istituzioni comunitarie di intervenire attraverso gli strumenti tipici della Comunità europea, in modo particolare attraverso i regolamenti.168 Dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, la base giuridica è costituita dall’articolo 81 e successivi (ex articolo 65 del TCE).169

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3 dicembre 1998.

168In particolare l’articolo 61 ha previsto esplicitamente la creazione di uno “spazio di libertà, di sicurezza e

giustizia.” E, in base al successivo articolo 65, entro 5 anni dalla data di entrata in vigore dello stesso, il Consiglio adotterà “misure nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile che presenti implicazioni transfrontaliere e per quanto necessario al corretto funzionamento del mercato interno” e ciò al fine di: a) migliorare la semplificazione del sistema per la notifica transnazionale degli atti giudiziari ed extragiudiziari, dell’assunzione dei mezzi di prova, del riconoscimento ed esecuzione delle decisioni; b) promuovere l’eliminazione degli ostacoli al corretto svolgimento dei processi civili.Inoltre l’articolo 66 prevede che potranno essere adottate dal Consiglio “misure atte a garantire la cooperazione tra i pertinenti

servizi delle amministrazioni degli Stati membri” nelle materie disciplinate dal Titolo IV TCE .

1691. L’Unione sviluppa una cooperazione giudiziaria nelle materie civili con implicazioni transnazionali,

fondata sul principio di riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie ed extragiudiziali. Tale cooperazione può includere l’adozione di misure intese a ravvicinare le disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri.

2. Ai fini del paragrafo 1, il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, adottano, in particolare se necessario al buon funzionamento del mercato interno, misure volte a garantire:

a) il riconoscimento reciproco tra gli Stati membri delle decisioni giudiziarie ed extragiudiziali e la loro esecuzione;

b) la notificazione e la comunicazione transnazionali degli atti giudiziari ed extragiudiziali; c) la compatibilità delle regole applicabili negli Stati membri ai conflitti di leggi e di giurisdizione; d) la cooperazione nell’assunzione dei mezzi di prova;

e) un accesso effettivo alla giustizia;

f) l’eliminazione degli ostacoli al corretto svolgimento dei procedimenti civili, se necessario promuovendo la compatibilità delle norme di procedura civile applicabili negli Stati membri;

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3.2 La cooperazione giudiziaria in materia civile secondo le conclusioni del