Innanzitutto, bisogna sottolineare che il fenomeno della moda ha origini remote, che risalgono addirittura alla preistoria: alcuni bas-sorilievi policromi rinvenuti in Mesopotamia testimoniano infatti, fin da allora, una variegata ricchezza di vesti ed ornamenti, la ricerca-tezza dei tessuti e quindi un senso del gusto e dello stile già profon-damente differenziato. Altrettanto chiaramente bisogna aggiungere che è solo con l’età moderna, e più precisamente con la rivoluzione indu-striale, che la moda conquista un dominio ed un pubblico più consisten-te attraverso l’assottigliarsi delle differenze di genere, l’allargarsi di quelle di classe, un nuovo senso della praticità e dell’igiene e le nuove conquiste scientifiche e tecnologiche. Ma che cos’è esattamente la moda? Potremmo definirla, rifacendoci all’etimologia della parola,47 come l’usanza più o meno mutevole, che diventando gusto prevalente, s’impone nelle forme del vestire, nelle abitudini, negli stili di vita.
Di conseguenza la moda, nella sua accezione più generale, riguarda tut-ta l’esistenza sovrastrutturale dell’uomo (dalla politica, all’arte, al
47 Dal francese mode, e questo dal latino mŏdu(m), “modo, maniera”. Si può far riferimento anche alla voce inglese (oggi tanto di “moda”!) fashion, dal francese façon, “modo”.
costume, ecc…) e si ricollega a quel suo riferimento diretto che è l’abbigliamento solo nello specifico e a partire dal senso comune.
Ad ogni modo, per l’importanza universale che riveste e per la sua straordinaria estensione, la moda è stata oggetto di innumerevoli studi che hanno fatto uso delle chiavi interpretative più disparate. In psi-canalisi l’abito è ciò che nasconde la nostra fisicità (tant’è che ri-spetto all’eros la moda ha seguito l’evoluzione storica della nozione di pudore) e al tempo stesso la valorizza tenendo desta la curiosità sessuale. Inoltre, a livello più o meno cosciente, la moda esprime la doppia pulsione del vedere e dell’esser visto.
Ricco di felici intuizioni è poi, in semiotica, lo studio che Bar-thes compie sulla moda scritta intesa come sistema linguistico altamen-te complesso.48 Egli interroga della moda le parole e non le cose, evi-denziando tuttavia il fatto che quelle stesse parole sono in qualche modo “cosificate”. La moda, infatti, per ragioni prima di tutto econo-miche, “parla” abbondantemente l’indumento interponendo tra esso ed il soggetto una quantità smisurata di parole (e di immagini) e di reti di sensi. In tal modo la descrizione di moda dissimula da un lato il si-gnificante sotto il funzionale e dall’altro l’arbitrario sotto il ne-cessario. Barthes studia quindi l’immaginario contemporaneo su cui si fonda la moda e che la pone come una sorta di diritto naturale.
48 Roland Barthes, Sistema della moda, Einaudi, Torino 1967.
Nel campo della statistica e della ricerca sociale, in stretto con-tatto con ricerche economiche e di mercato, sono stati attentamente e-saminati i profili di produzione e ricezione più efficaci, giungendo ad evidenze a cui oggi si ricorre quasi automaticamente. Così, tanto per fare alcuni esempi, è ormai assodato che le modalità più efficaci per la moda si incontrano non a livello dell’offerta, e nemmeno della “ma-crodomanda”, ma nel gioco dei meccanismi informali che si sviluppano nell’ambito di piccoli gruppi di recettori.49 Oppure che, rispetto all’età, oggi i settori più ricettivi sono quelli compresi tra i 20 ed i 30 anni (mentre prima la soglia era più alta); che, rispetto all’e-strazione sociale, oggi il target di riferimento è la media borghesia urbana anche per le couture (e non più l’alta società); e che, rispetto al genere, la moda ha trasformato il rapporto uomo-donna da esclusiva-mente sessuale (e di subordinazione) ad un rapporto di seduzione este-tica.
Anche in ambito sociologico esiste un’ampia letteratura sull’argo- mento moda. Tuttavia, considerato che non è compito di questo paragrafo addentrarsi in un ambito vastissimo che riguarda solo marginalmente il nocciolo di questo lavoro, proponiamo qui semplicemente alcune
49 Cfr. paragrafo 5.2.
razioni tratte da un piccolo ma notevole (e per nulla datato) saggio di Simmel del 1911.50
La forza delle intuizioni di questo saggio51 risiede innanzitutto nell’aver spostato l’angolo d’osservazione dal “cos’è la moda?” al “a che cosa serve?”. Dopo aver determinato genericamente la moda come for-ma di vita che vive di confini e dualismi (vedremo tra breve che cosa s’intende con ciò), Simmel trasferisce la questione dalla sostanza alla funzione, definendone le condizioni ed il contesto sociale d’attuazio- ne. Tali presupposti sono individuabili in un certo grado di stratifi-cazione e di mobilità sociale da ricondurre poi alle atmosfere nevroti-che ed iperaccelerate della metropoli moderna.
Ad ogni modo, il punto di partenza di tutto il discorso è rappre-sentato dalla tendenza psicologica all’imitazione, all’interno della dialettica tra stabilità e uguaglianza da un lato e cambiamento e dif-ferenziazione dall’altro. La moda è pertanto quel modello dato che ap-paga queste due inclinazioni dell’individuo nei confronti della cerchia e del gruppo attraverso le due funzioni antitetiche e complementari del separare e del collegare. C’è chi imita, chi si abbandona totalmente al
50 Georg Simmel, La moda, Mondadori, Milano 1996.
51 Possiamo davvero affidarci ad una rilettura di un lavoro d’inizio secolo? Considerata la gran capacità di veggenza di Simmel nel trovare in anticipo tutto il senso del Novecento ed il fatto che la ricchezza sociale della moda si esprime pienamente già molto prima che la cultura di massa odierna ne facesse la forma dominante dei suoi discorsi, siamo convinti che una lettura attualizzata di questo libretto sia non solo utile, ma necessaria.
senso di protezione che la moda offre, chi tenta di differenziarsi52 e anche chi, vestendosi di proposito “fuori moda”, ricade di fatto nei meccanismi che questa impone. Tutto ciò si configura, all’interno della dinamica sociale (fondamentalmente classista), come un puro prodotto di necessità psicologiche in cui non c’è traccia d’utilità pratica.53 Ed è proprio questa sua “estraneità al reale” che costituisce uno dei fonda-menti più profondi della moda conferendole un certo “statuto estetico”, fatto di noncuranza verso le norme pratico-oggettive, che tra l’altro la avvicina per certi versi ad una forma d’arte. Al contrario, specie oggi che la creazione di moda non si sviluppa più per un vezzo o una volontà di singole personalità eccellenti (un re, una nobildonna, ecc…), ma è del tutto inserita nelle logiche complesse dell’economia contemporanea, l’aderenza al reale, all’utile, al produttivo costitui-sce un fattore decisivo per la moda. In quest’ulteriore dialettica fra astrattezza ed organizzazione imprenditoriale (in cui sempre più fre-quentemente non si produce la moda perché diventi prodotto, ma si pro-duce l’articolo perché diventi una moda), si ripropone così quella
52 Riportiamo, al riguardo, questa acuta osservazione di Franco Moschino: “Ora come ora, i maglioni che stanno in un armadio sono più importanti dell’armadio, della stanza in cui l’armadio sta o della ragione per cui sono nell’armadio. Sono il desiderio di essere quello che uno non è”, [Ceriani Giulia e Grandi Roberto (a cura di), Moda: Regole e rappresentazioni, Franco Angeli, Milano 1995, pag. 23].
53 Ancora Franco Meschino: “a volte sono di moda cose così brutte e sgradevoli che sembra che la moda voglia dimostrare il suo potere facendoci portare quanto c’è di più detestabile…”, [Ceriani Giulia e Grandi Roberto (a cura di), Moda: Regole e rappresentazioni, cit., pag. 24].
doppia polarità tra arte e business che abbiamo posto in evidenza fin dal titolo di questa tesi.54
Soffermandoci ulteriormente sul momento “sociale” del fenomeno, possiamo constatare come la moda rappresenti una forma in cui ogni cre-scita conduce alla sua fine in quanto elimina la diversità. Pertanto la moda è una manifestazione che tende ad un’estensione illimitata e ad una realizzazione perfetta, ma che raggiungendo una tale meta si con-traddirebbe implodendo in sé stessa. Proprio alla luce di ciò è deci-frabile il peso incredibile che la moda ha acquisito nel nostro tempo:
il ritmo frenetico ed insofferente della vita moderna si concilia per-fettamente con quest’essenza della moda e ciò esalta il suo fascino di presentarsi come confine, come novità e caducità, come spartiacque tra passato e futuro, risolvendosi in un’assoluta esaltazione del presente.
E’ questo quello che vogliamo; è questo che vuole il nostro tempo. Sim-mel esprime questa condizione, come meglio non si potrebbe, affermando che “il cambiamento della moda indica la misura dell’ottundimento della sensibilità agli stimoli nervosi: quanto più nervosa è un’epoca, tanto più rapidamente cambieranno le sue mode”.55 E difatti questa “nevrosi”
per il cambiamento è ben espressa da chi spinge oggi la moda. Da un la-to le grandi masse hanno oggettive difficoltà di sviluppo ed una minore
54 Cfr. paragrafo 1.1.2.
55Georg Simmel, La Moda, cit., pag. 25.
mobilità sociale; dall’altro i ceti più elevati sono fortemente conser-vatori e scollati dal resto del tessuto pubblico. Di conseguenza, come abbiamo già accennato, è la classe media che domina e che ha imposto questa nuova e rapida cadenza. Difatti è dall’ascesa al potere della media borghesia che la moda, così come tutte le altre forme contrastan-ti e mutevoli della vita, è soggetta a questa scontrastan-timolazione più intensa.
Naturalmente il terreno di crescita di tutto questo fenomeno non può che essere quello della metropoli, dei suoi ritmi e della sua vivacità.
E’ nella dinamicità della città moderna che il mercato orienta la pro-duzione e fa assumere alla moda la forma di un circolo: quanto più ra-pidi sono i ritmi e le sollecitazioni, tanto più rapidamente cambia la moda ed i suoi oggetti devono diventare economici; quanto più questi oggetti sono economici, tanto più attraggono i consumatori e costringo-no i produttori ad un rapido cambiamento della moda. In tale logica febbrile il sistema moda deve, per forza di cose, tendere al risparmio delle energie e quindi instaura un nuovo cerchio (quello degli stili) in cui torna ciclicamente sempre a forme precedenti.56
Spostandoci ora sul versante più strettamente “individuale” consi-deriamo un’altra peculiarità (in parte forza ed in parte limite) della moda. Di frequente, i travestimenti che la moda offre ai propri “eroi”
determinano un equilibrio veramente originale tra impulso sociale ed
56 Basti pensare, tanto per fare alcuni esempi, agli attuali fenomeni del vintage e del revival.
impulso individuale. Come abbiamo già visto, rispetto al primo essa li-bera da responsabilità, fornisce appartenenza ed offre anche un terreno di differenziazione confortante rispetto alla propria singolarità. In-vece, rispetto al secondo, il potere fascinoso della moda è limitato nella propria influenza sempre ad un qualcosa di esteriore rispetto al-la totalità dell’uomo e quindi molto spesso il suo luogo rimane quello della periferia dell’individuo. Questo è l’uso che fanno della moda le personalità più accorte e sottili: la utilizzano consapevolmente come maschera al fine di preservare la propria sensibilità più intima.
Come conclusione, cerchiamo ora di ricondurre schematicamente que-sto breve sguardo d’impronta sociologica, alle problematiche specifiche della fotografia di moda. I punti essenziali sono i seguenti:
rispetto ai ritmi frenetici, ai cicli sempre più brevi e all’e-saltazione di un presente istantaneo che la moda deve attualmente gestire negli spazi della metropoli, risulta decisivo per la fo-tografia proteggere (e proteggersi) dall’eccesso di stimoli e dall’insignificanza per assuefazione,57 attenendosi al criterio della RILEVANZA COMUNICATIVA.
57 Cfr. paragrafo 5.1.
nei confronti dell’attuale scenario sempre più mutevole e com-plesso e dell’ineliminabile diritto d’infedeltà alla moda, la fo-tografia deve costruirsi dei percorsi flessibili di ADATTAMENTO TEMPESTIVO ALLE VARIABILI.
pur ammettendo che la moda trovi un suo limite nel non poter varcare quella che abbiamo definito come periferia della persona-lità, la fotografia deve essere consapevole di poter frantumare quella soglia marginale attraverso la possibilità che gli appar-tiene di SUSCITARE EMOZIONI.