4. L'EDIPO A COLONO E LA PRODUZIONE DRAMMATICA DI SOFOCLE
4.2 Il Coro del Filottete e dell'Edipo a Colono a confronto
L'aderenza del Coro all'azione drammatica contraddistingue anche la produzione più tarda di Sofocle, nonostante il fatto che i drammi appartenenti a questa fase siano datati agli ultimi anni del V secolo, quando sulla scena teatrale vengono introdotte alcune innovazioni, che coinvolgono anche il ruolo del Coro. Pertanto, in controtendenza rispetto al distacco del gruppo corale dalla vicenda rappresentata, le ultime opere di Sofocle mostrano un coinvolgimento attivo da parte del Coro nei fatti scenici, forse ancora maggiore rispetto a quello dei drammi precedenti. Infatti, il Filottete si distingue per la partecipazione diretta del Coro e la sua stretta collaborazione con gli attori, che si realizza nell'adesione ed effettivo sostegno al piano ordito da Neottolemo. Infatti i coreuti, soldati dell'esercito greco, rispondono agli ordini del giovane: fin dalle prime parole che pronunciano entrando in scena (vv. 135-7), “cosa devo, cosa devo, o signore, straniero in terra straniera, nascondere o dire allo sguardo dell'uomo? Dimmelo” essi si rivelano parte dell'equipaggio al suo seguito. Da subito dunque il Coro dimostra di collaborare all'inganno macchinato da Neottolemo e di svolgere una funzione drammaturgica connessa alla vicenda sulla scena, tanto che alcuni critici, tra cui Kirkwood417 e Gardiner418, considerano il gruppo corale di questa tragedia alla
stregua di un personaggio minore. A questo proposito è rilevante osservare che le sezioni liriche si riducono ad un solo stasimo, mentre gli altri interventi corali sono strutturati in dialoghi commatici e canti infraepisodici, che permettono al gruppo corale una maggiore incursione nel dramma, accrescendo il livello di integrazione nei fatti scenici. Di struttura commatica è la sezione della parodo, definita anche epirrematica, dal momento che si tratta di un continuo scambio tra il Coro e Neottolemo, che risponde in anapesti recitativi, dando l'impressione di un colloquio tra i due419. Oltre alla struttura, l'apertura del canto con richiesta
di informazioni sulla situazione da parte del Coro continua l'azione avviata nel prologo e dimostra che i coreuti sono già inseriti nella vicenda. Inoltre, occorre notare un tratto comune con l'Edipo a Colono: il sentimento di pietà provato nei confronti di Filottete. Tuttavia, Gardiner420 sottolinea che a differenza della tragedia successiva, il coinvolgimento emotivo
417 Kirkwood 1958. 418 Gardiner 1987.
419 Burton 1980, p. 228, che interpreta il contrasto tra il canto del Coro e gli interventi di Neottolemo in anapesti recitativi come un mezzo per rendere i diversi stati d'animo: l'ansia del gruppo corale per la reazione di Filottete ed il tono misurato del giovane.
corale non è rivolto tanto verso il protagonista quanto per la situazione in cui si trova e che la compassione dichiarata non è tale da influenzare l'adesione al piano di Neottolemo, mentre nell'Edipo a Colono l'iniziale repulsione del Coro verso Edipo evolve in benevolenza ed ospitalità. In quest'ottica dunque l'espressione di compassione non è in contraddizione con la posizione iniziale del Coro, ma produce l'effetto drammatico di accrescere la commiserazione verso il protagonista. In questo modo, l'immagine di un uomo degno di pietà creata dal Coro ha un forte impatto sulla scena successiva, perchè contrasta con l'umana e forte presenza di Filottete421.
Pertanto, dalla parodo emerge una funzione drammatica corale dinamica di risonanza e dissonanza rispetto alla vicenda per il comportamento doppio del Coro, che da una parte supporta l'inganno di Neottolemo e dall'altra commisera le sofferenze del protagonista422,
creando un vivace contrasto emotivo. La stessa ambigua compassione verso lo stato di Filottete viene dimostrata anche nel corso dell'azione, in particolare nel canto di supplica all'interno del primo episodio (vv. 507-18), in cui il sentimento di pietà del Coro, autentico o no, mira a sostenere l'inganno423.
Secondo Gardiner424, l'atteggiamento del Coro è contraddistinto da ambiguità anche nei
confronti del comandante. Infatti i coreuti dimostrano da subito di essere agli ordini del giovane, ma poi sembrano mettere in discussione la sua autorità sottolineando l'inesperienza dovuta alla giovane età. Questo aspetto sembra confermato dalle esortazioni e consigli che indirizzano a Neottolemo (vv. 201-18) e le espressioni con cui si rivolgono a lui, alternando δέσποτ' (v. 135) e ἄναξ (v. 150) a παῖ (v. 201) e τέκνον (v. 210).
Nello sviluppo dell'azione il comportamento dei coreuti continua ad apparire equivoco. Nel primo e unico stasimo, il Coro, solo sulla scena, afferma che Neottolemo porterà Filottete in patria, quando invece sa che la reale intenzione del giovane è condurre l'eroe a Troia. In questo modo sembra crearsi una contraddizione con l'attiva partecipazione al piano ingannevole del comandante avuta fino a questo punto. Secondo Burton425 in questo caso
l'intervento corale non è da intendere come espressione del personaggio drammatico del Coro, bensì come focalizzazione sui sentimenti di gioia e speranza di Filottete per il ritorno a casa.
421 Kamerbeek 1984, p. 48.
422 Questa funzione proposta da Reinhardt citato in Pucci 2003, p. 179. 423 Jebb 1962, nota ai vv. 507-18; Kamerbeek 1980, nota ai vv. 507-18.
424 Gardier 1987, p. 20. Burton 1980, p. 228, non è della stessa opinione, perchè non individua un
atteggiamento diverso del Coro verso Neottolemo, da cui il gruppo corale dipende completamente secondo lo studioso.
Lo scopo del canto sarebbe quindi quello di creare un'illusione per poi mandarla in frantumi. Tuttavia, il canto può ancora essere considerato nell'ambito di una continuità drammatica con il ruolo che il Coro ha dimostrato: il riferimento al ritorno a casa continuerebbe la simulazione strumentale all'inganno di Neottolemo, senza essere indizio di un mutamento dell'atteggiamento del Coro. Infatti, la pietà dei coreuti per lo stato del protagonista non implica necessariamente che essi non prendano parte al piano del giovane comandante, come accedeva già nella parodo. Riguardo al ruolo corale in questo stasimo, occorre osservare anche che i riferimenti mitici e le riflessioni di più ampio respiro che caratterizzano il canto possono rendere il gruppo corale un mezzo per rispondere all'esigenza di introdurre considerazioni più generali e uno sguardo più ampio sulla vicenda. La funzione del Coro non è necessariamente unica: piuttosto deve essere considerata la pluralità di funzioni che il Coro può assolvere.
Lo stasimo è seguito dal secondo episodio, in cui si trova un nuovo intervento corale nella forma di kommos o dialogo lirico, in cui partecipa anche Neottolemo, con l'effetto di enfatizzare il coinvolgimento generale nella situazione426. Inizialmente il Coro invoca il
Sonno guaritore con la richiesta di un intervento benefico a favore di Filottete e sembra quindi assumere un atteggiamento empatico verso il protagonista, ma subito dopo il Coro ricorda l'inganno da compiere ed esorta Neottolemo ad agire, approfittando dell'occasione per partire con le armi trafugate427. Alle considerazioni del giovane riguardo alla necessità di riportare
nella Troade anche il proprietario insieme all'arco, il Coro risponde con una nuova esortazione ad agire, che occupa entrambe le stanze dell'antistrofe e dell'epodo del canto.
Nell'episodio successivo si svolge il kommos finale tra i coreuti e Filottete, sebbene inizialmente non ci sia comunicazione tra i due interlocutori428. Il Coro commenta la
disperazione dell'eroe e la situazione in cui si trova, da una parte facendo riferimento al destino che sfugge al controllo degli uomini come causa dei mali del protagonista, dall'altra difendendo le azioni di Odisseo e Neottolemo (e implicitamente le proprie, vista la sua collaborazione). Nella parte epodica, l'eroe biasima il Coro e lo esorta ad andarsene, pregandolo poi di non farlo quando vede che l'invito viene accolto. I coreuti, fino alla fine del dialogo, continuano ad incalzare il protagonista sulla necessità di recarsi a Troia. Infine, con l'annuncio dell'arrivo di Odisseo e Neottolemo, il Coro interviene di nuovo solo per
426 Burton 1980, p. 240. 427 Perrotta 1935, p. 443.
428 Burton 1980, p. 244, ritiene che lo scopo della forma dialogica sia solamente quello dare espressione alla disperazione del protagonista.
pronunciare i versi a chiusura del dramma (vv. 1469-71).
Dall'avvio alla conclusione della vicenda, pertanto, il Coro resta fermo sulla sua posizione iniziale, sostenendo il piano ingannevole e presentandolo come necessario per la salvezza comune. Infatti, nel momento in cui l'inganno viene abbandonato, il ruolo dei coreuti si esaurisce.
Dalle considerazioni che sono state fatte emerge il coinvolgimento attivo del Coro nell'azione ed il suo ruolo di personaggio drammatico particolarmente sviluppato. Allo stesso modo che nell'Edipo a Colono, il gruppo corale si dimostra partecipe alla vicenda rappresentata ed i suoi interventi lirici pertinenti ed attinenti ai fatti scenici. Dunque, dal confronto tra le due ultime opere del tragediografo, è possibile affermare che la tecnica drammatica sofoclea, per quanto riguarda il ruolo del Coro, non è caratterizzata dal distacco del gruppo corale dall'azione drammatica, come invece parte della produzione teatrale coeva e successiva, che dimostra l'impossibilità di interpretare rigidamente l'evoluzione del fenomeno tragico riducendolo ad un'unica linea di sviluppo.